Cattedra: Intenzioni forse buone e proposte forse concrete per il 2018

di Paolo Maria di Stefano -

Che la via dell’inferno sia lastricata di buone intenzioni pare sia un aforisma di Karl Marx, sul significato del quale si è esercitata un sacco di gente, non di rado con risultati quanto meno discutibili un po’ più del necessario. Paradigmatico di un brainstorming – dai maligni indicato come brain masturbation – in pratica senza fine e talvolta con risultati addirittura privi di senso. Come questo, almeno: che se le buone intenzioni portano all’inferno, in Paradiso andrebbero solo i male intenzionati. La fonte è la rete, ovviamente, e dunque l’affidabilità non del tutto certa.
Resta che il detto sembra assurto al rango di proverbio tra i più noti ed usati.
La mia idea, da sempre, è che il significato vero sia questo: che di buone intenzioni si può disegnare e riempire il mondo e la sua storia e tutti noi esseri umani operiamo in questo senso, ma che tutte quelle intenzioni ritenute e vendute come buone quando rimangono tali null’altro sono che promesse vane e dunque ingannevoli e perciò meritevoli di punizione.
Ora, è d’uso dedicare a fine d’anno un qualche tempo ad elaborare promesse per l’anno nuovo, tutte in genere relative a comportamenti migliorativi dei nostri usuali, in una con l’elencazione di speranze legate soprattutto ad un genere umano più e meglio consapevole di un bene comune che, proprio perché tale, è anche bene individuale.
Una intenzione non soltanto buona. Una intenzione ottima: far sì che il bene comune si affermi sull’egoismo personale, anche in forza dell’impegno di ciascuno di noi.
Ed ecco la prima delle pietre che lastricano la via che ci condurrà all’inferno: la falsa affermazione, che è anche una falsa promessa – che ciascuno di noi sarà disponibile a rinunziare a qualcosa per il bene comune.
E quando questa trascurabile cosa sia riferita alla Politica ed ai Politici, ecco che non più di una pietra si tratta, bensì di un ampio tratto di strada lastricato dalle promesse dei Politici, alle quali si aggiungono – seppur più sommesse – quelle della Economia e degli Economisti.
Che potrebbe anche essere una indicazione precisa: tra i propositi per l’anno nuovo, ciascuno di noi potrebbe impegnarsi a fare scelte politiche (programmi e persone) che premino obbiettivi, pianificazioni ed operatività che perseguano il bene della comunità, anche a costo di qualche sacrificio personale.
Con qualche effetto positivo anche immediato: per esempio, in termini di accoglienza e integrazione almeno a livello personale; una visione più aperta dei diritti di cittadinanza; una maggiore consapevolezza di cosa sia l’Unione Europea e di quali dovrebbero essere i rapporti con gli Stati e i sacrifici che ogni Stato dovrebbe sostenere perché l’Unione divenga una realtà, nell’interesse di tutti.
Ovviamente, dubbi e problemi e interpretazioni di tutti i tipi: già Terenzio attorno al 160 avanti Cristo sottolineava come ad ogni testa corrispondesse una opinione, cosa che certamente non facilitava e non facilita le cose, ma anche questo potrebbe tradursi in un impegno preciso: approfondire la conoscenza almeno delle discipline di base (Diritto, Economia, Politica, Etica…) e, anche e in particolare per chi si dedica (o intenda farlo) alla Politica, decidere una volta per tutte di individuare la scala dei bisogni della società di riferimento e dunque le priorità, e cominciare a pianificarne la soddisfazione migliore possibile.
Che in fondo altro non è se non il limitare il territorio della improvvisazione e dunque del lavorare a cucire pezze a colori per di più utilizzate per tappare i buchi di quello che dovrebbe essere uno smoking o comunque un abito almeno decorosamente presentabile.

L’anno che si apre vedrà la nuova consultazione politica. Non potrebbe essere una buona intenzione quella di costringere i partiti a presentarsi agli elettori con pianificazioni di gestione al posto di vane promesse e vaghe? E, anche, di costringere gli aspiranti Deputati e Senatori ad una sorta di giuramento di fedeltà ai partiti per i quali sono stati eletti?
A questo proposito, non sarebbe cosa positiva rivedere la posizione – che pare aprioristicamente definita – di rigetto delle così dette “larghe intese”? L’intesa comune a più parti politiche potrebbe tradursi nella traduzione del miglior modo per descrivere l’attesa della gente e in quella “pianificazione operativa” che consentirebbe la gestione dei fenomeni “nell’interesse della gente”, della nazione, dello Stato.
Premessa a tutto questo, l’attenzione da parte di ministri, vice ministri, politici in genere, alti funzionari a non intervenire in nessun modo, neppure limitandosi a chiedere notizie, nella gestione delle materie di competenza di ciascuno e degli uffici delle diverse organizzazioni per non influenzarne in nessun modo lo svolgimento e le conclusioni: è proprio impossibile che questo accada?
Che se, poi, il tutto fosse elaborato nell’ambito di una gestione di fenomeni più generali (le unioni di Stati, il genere umano, l’ambiente) non ci sarebbe nulla di male.
Come nulla di male ci sarebbe nel riconoscere che la nostra settantenne Costituzione soffre di una sola malattia: buona parte di essa è rimasta inattuata. Che potrebbe essere una ulteriore indicazione per un proposito importante per l’anno che si apre: realizzare appieno quanto i Padri Costituenti settanta anni orsono hanno stabilito per la rinascita e il futuro di una Nazione distrutta. La nostra.