CATTEDRA E CANNONE: MATEMATICI A CONGRESSO NEL 1928

di Maria Alessandra Risi -

Il congreso di Bologna fu uno dei primi tentativi di ricomporre le relazioni scientifiche internazionali dopo la spaccatura causata dalla prima guerra mondiale. Per la prima volta parteciparono matematici tedeschi, esclusi fino a quel momento dalle società scientifiche istituite dalle potenze vincitrici. Ma le contraddizioni del nascente regime fascista condizionarono più di un aspetto. Albert Einstein prese silenziosamente le distanze dall’iniziativa.

Il Congresso

L’onda d’urto del conflitto del 1914-1918, con il trionfo della modernità, dell’organizzazione industriale e della tecnologia usate a scopo distruttivo sui fronti di battaglia, aveva catalizzato ogni risorsa disponibile nei paesi coinvolti, investendo fortemente anche il campo della ricerca scientifica, e causando ovunque profonde trasformazioni culturali e strutturali. Non a caso il primo conflitto mondiale viene considerato una svolta fondamentale nell’interscambio fra scienza e guerra[1].
Subito dopo la fine del conflitto le potenze vincitrici avevano dato vita, al loro interno, a organismi scientifici internazionali, primo fra tutti l’International Research Council (IRC), creato a Parigi nel 1919 sotto la presidenza del matematico francese Émile Picard, e la vice-presidenza dell’italiano Vito Volterra. In ambito matematico, l’anno dopo era stata istituita a Strasburgo l’International Mathematical Union (IMU), affiliata all’IRC e a guida belga. Questi organismi avevano dato la spinta propulsiva al formarsi di una rete federativa di consigli scientifici nazionali, omologhi ma autonomi, costituiti all’interno di ogni paese. In Italia Volterra si fece promotore da un lato di quello che diventerà nel 1923 il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), e dall’altro dell’Unione Matematica Italiana (UMI) creata nel 1922, sotto la presidenza, voluta dallo stesso Volterra e dai Lincei, di Salvatore Pincherle, ordinario di Analisi Algebrica e Geometria Analitica all’Università di Bologna.
Gli organismi internazionali creati nel dopoguerra avevano escluso con astio gli scienziati tedeschi sconfitti, impedendo loro anche la partecipazione ai rispettivi congressi. Il mondo intellettuale, investito dall’euforia bellica del 1914, si era diviso e contrapposto fin dall’inizio del conflitto secondo le alleanze politiche, e l’aspra polemica avrebbe continuato per anni dopo la guerra. Dal canto loro i tedeschi rispondevano parlando chiaramente e con risentimento di boicottaggio nei loro confronti. La frattura si andò mitigando, con tempi diversi secondo l’area disciplinare, fino quasi alla fine degli anni venti.
Nel frattempo i matematici dei paesi vincitori avevano ripreso anche l’iniziativa periodica dei Congressi Internazionali di Matematica che erano stati svolti regolarmente ogni quattro anni a partire dal 1897, ma che la guerra aveva interrotto, impedendo lo svolgimento del previsto congresso di Stoccolma nel 1916. Quattro anni dopo, fu organizzato il primo congresso del dopo guerra a Strasburgo. La scelta politica della sede si presentava anch’essa come antitedesca e fu sostenuta soprattutto da parte francese, la più agguerrita contro i tedeschi: l’Alsazia era ritornata alla Francia solo grazie agli accordi di pace di Versailles. Da Strasburgo rimarranno esclusi tedeschi, bulgari, austriaci ed ungheresi, come da ogni altra iniziativa che facesse riferimento all’IRC.
Il successivo congresso di Toronto nel 1924 metterà in luce, con un deciso spostamento di asse anche geografico, una progressiva modificazione degli atteggiamenti. A Toronto era stata presentata una mozione statunitense, appoggiata da diversi paesi compresa l’Italia, in cui veniva chiesto di togliere le preclusioni politiche che gravavano sulla partecipazione agli organismi internazionali ed ai congressi. A Toronto era stato eletto presidente dell’International Mathematical Union l’italiano Salvatore Pincherle.
Due anni dopo, nel 1926, sarà in effetti consentita agli scienziati tedeschi la partecipazione all’IRC, ma a richiesta e a determinate condizioni. I tedeschi erano stati invitati a partecipare, ma la loro ammissione doveva essere ratificata da un voto di maggioranza, e, come disse Picard in una lettera a Pincherle di quel periodo, “la Germania non vuole essere sottomessa ad un voto… intende essere pregata di aderire al Consiglio Internazionale”[2].
Il successivo congresso si sarebbe tenuto all’Università di Bologna dal 3 al 10 settembre 1928 sotto la presidenza del prof. Pincherle.
L’intenzione di Pincherle, nella sua doppia veste di presidente sia dell’IMU che dell’UMI, fu quella di organizzare un convegno che riprendesse “le tradizioni dei Congressi Internazionali dell’ante-guerra, col togliere ogni esclusione dipendente da ragioni politiche”[3]. Per superare le scottanti polemiche in atto, soprattutto sul fronte dei rapporti franco-tedeschi, Pincherle aveva escogitato fin dall’inizio la soluzione di porre il Congresso del 1928 sotto l’egida dell’Università di Bologna e non dell’IRC o dell’IMU, sostituendo agli organismi internazionali, origine dei contrasti, un ente “terzo” prestigioso e millenario.
Se da un lato il convegno bolognese rappresentò il primo evento di grande risonanza internazionale organizzato dai matematici italiani, dall’altro fu anche l’ultimo in cui poterono conservare almeno una parvenza di autonomia scientifica ed organizzativa, in un quadro complessivo che stava portando rapidamente i matematici italiani al completo asservimento al regime. Capo indiscusso del governo italiano dal 1922 era Benito Mussolini.
Nel febbraio del 1926, due anni e mezzo prima della data del Congresso, Pincherle aveva inviato una lunga lettera a Mussolini, presentata al duce dall’allora deputato del PNF Balbino Giuliano, destinato a diventare ministro dell’Educazione nazionale al momento dell’obbligo di giuramento al regime da parte dei docenti universitari. In essa Pincherle sottolineava, oltre ai risultati scientifici attesi, l’opportunità di far conoscere il valore e i progressi raggiunti dal paese a un gruppo di scienziati stranieri provenienti di ogni nazione, in quanto per la prima volta dal dopoguerra sarebbero stati invitati “i Matematici del Mondo intero”. Dopo aver fatto presente di avere già sollecitato il sostegno economico del ministro della Pubblica Istruzione, Pincherle concludeva dicendo che “ritiene suo dovere di sottoporre alla benevola attenzione del capo del governo una proposta che si collega essenzialmente con quei fini di grandezza nazionale, che Egli ha indicati, come prima ragione di vita, al popolo italiano”[4].
Alle ripetute richieste di sostegno finanziario di Pincherle, avevano fatto eco i rimpalli interni al governo fra il ministero della PI, che affermava di non avere fondi e chiedeva l’intervento delle Finanze, e quest’ultimo ministero che concedeva all’inizio solo L. 50.000. A ottobre le Finanze arrivarono a L. 70.000, ma Pincherle, che non riteneva sufficiente questa somma a fronte di una previsione di spesa che lieviterà fino a mezzo milione di lire circa[5], si recò personalmente il 7 dicembre 1926 a colloquio con il duce insieme ad Umberto Puppini, ordinario di Idraulica all’Università di Bologna, e in quel momento sindaco della città.
Dopo il colloquio Mussolini aveva disposto la corresponsione di un contributo dello Stato per il Congresso di L. 250.000, poi ridotte a L. 200.000 “per sopravvenute circostanze”[6]. Si trattava dell’equivalente di circa Euro 180.000 attuali[7]. Il Congresso riceverà altri finanziamenti da privati e istituzioni, fino all’ammontare complessivo, comprese le quote di iscrizione dei congressisti, di quasi L. 540.000. La custodia e l’amministrazione di questi fondi furono affidati alle casse e all’economato dell’Ateneo bolognese, il cui direttore di segreteria era il comm. Gildo Borsari.
Nonostante i dubbi e i problemi incontrati, il rendiconto finale delle spese del Congresso, inviato a maggio del 1929 al governo, evidenziava un avanzo finale di amministrazione pari a quasi L. 286.000, corrispondenti alla metà dell’intera cifra delle entrate, che “dovrà servire per le spese che si incontreranno per la pubblicazione dei volumi degli atti del Congresso”[8]. Nessuna di queste somme figurava nei rendiconti finanziari dell’UMI.
In un contesto politico di questo genere non c’è da stupirsi se nel luglio del 1927 la stessa casa reale aveva chiesto il parere di Mussolini prima di dare seguito alla richiesta di concedere “l’Alto patronato di Sua Maestà il Re” al Congresso. All’inizio del mese successivo il sottosegretario Suardo confermava il parere favorevole.
Il Congresso si svolse quindi sotto l’alto patronato del Re, mentre il presidente d’onore era il capo del governo Mussolini.

I dissensi 

Dagli atti del Congresso emergono puntualmente i prevedibili ostacoli che il comitato organizzatore dovette affrontare prima che i lavori potessero avere inizio: l’opposizione di una parte dei matematici tedeschi, la loro mancata adesione formale agli organismi scientifici internazionali, e, da ultimo, l’opposizione di un matematico olandese a ridosso dell’inizio dei lavori[9].
L’atteggiamento oppositivo da parte tedesca era manifestato in particolare da Ludwig Bieberbach, presidente della Società Matematica Tedesca DMV e principale esponente della scuola matematica di Berlino, e da Erhard Schmidt e Richard von Mises[10]. Questi matematici continuavano a vedere negli organismi internazionali, quali l’IRC e l’IMU, una tendenza nazionalista, retaggio della Grande guerra, che non smetteva di manifestarsi con il boicottaggio della scienza tedesca. Nonostante gli sforzi di conciliazione messi in atto, al Congresso bolognese non sarà presente nessuna delegazione in rappresentanza dell’Università di Berlino[11], mentre interverranno le delegazioni di una decina di altre Università e Accademie tedesche.
Un secondo ostacolo, formale ma non piccolo, fu rappresentato dal fatto che gli scienziati tedeschi non avevano chiesto la partecipazione all’International Research Council, preliminare obbligatorio per poter accedere ai congressi. Nel giugno del 1928 Picard, rispondendo a Pincherle, che stava tentando di convincerlo sulla scelta internazionalista per il Congresso, ribadì che i matematici invitati ad aderire all’IRC “non si erano nemmeno degnati di rispondere”[12].
Lo stesso Picard, che fin dal luglio 1927 aveva acconsentito a tenere una conferenza plenaria, alla fine non parteciperà nemmeno al Congresso del 1928, a causa soprattutto dell’irrigidimento su questo problema formale. Il prefetto di Bologna Giuseppe Guadagnini aveva provveduto ad informare subito anche Mussolini del dissidio, facendo rilevare come l’illustre matematico francese avesse perduto due figli nella guerra contro la Germania. A suo parere la posizione di Picard era solo personale, in quanto l’IRC, da lui presieduto, non aveva trovato nulla da obiettare alle direttive del Congresso, e l’Università di Parigi aveva già scelto i propri delegati. Il prefetto concludeva dicendo “la conseguenza prevedibile di questa diversità di vedute, fra il prof. Picard e il prof. Pincherle non potrà, presumibilmente essere altro che quella di una astensione dal Congresso del Picard e del segretario del Conseil[13].
Anche Gabriel Koenigs, segretario generale dell’IMU guidata da Pincherle, che era stato all’inizio in apparenza favorevole al Congresso, dopo il chiarimento sulle linee di condotta intraprese dall’organizzazione era diventato sempre più ostile. Nel maggio 1928 aveva scritto a Pincherle dichiarando il proprio disaccordo sull’invio delle convocazioni alla riunione dell’IMU, che doveva tenersi durante il Congresso, firmate del rettore dell’Università di Bologna e non dal suo presidente, cioè da Pincherle stesso. Koenigs non invierà le convocazioni, ritenendole nulle e illegali. La riunione dell’IMU dovette essere tenuta al termine del convegno di Bologna dal solo Pincherle e in maniera informale, senza il segretario generale.
L’ultimo ostacolo politico era sorto a pochi giorni di distanza dall’apertura dei lavori del Congresso, nell’agosto 1928, quando venne divulgata la lettera a stampa[14] di uno scienziato non di nazionalità tedesca “per alienare dal Congresso i fautori di parte tedesca”, come dirà Pincherle negli atti, definendolo un “pervicace oppositore”. Si trattava dell’olandese Luitzen E. J. Brouwer, che Max Born avrebbe descritto, in una lettera all’amico Einstein dopo il Congresso di Bologna, come “il più tedesco-nazionale di tutti”[15].
L’organizzazione del Congresso fu tormentata anche da altri problemi politici minori, di cui non si trova cenno negli atti, ad esempio una presunta campagna svolta all’estero, in ambienti francesi, ai danni del convegno. L’eco riferiva di storie raccontate in odio al fascismo, secondo le quali la presidenza d’onore data a Mussolini rendeva l’evento una manifestazione fascista, con conseguente esclusione dei dissidenti politici. Ma la cosa non ebbe seguito[16]. Poi ci furono le lettere dell’ing. Gaetano Ivaldi di Genova, un millantatore molto noto nell’ambiente per le numerose pubblicazioni infarcite di grossolani errori scientifici. Aveva denunciato a Mussolini che il Congresso rifiutava la sua comunicazione, accusando la comunità scientifica di voler continuare a nascondere una verità che lui invece riteneva di possedere. Pincherle dovette ripetutamente giustificarsi con il governo, e alla fine Ivaldi fu ammesso ad intervenire, ma dopo aver accettato almeno di smussare i toni[17].

I conferenzieri

Il puntuale resoconto informativo sui lavori preparatori che Ettore Bortolotti, segretario del Congresso, inviò al duce nel gennaio 1928, nove mesi prima dell’inizio, specificava con molta enfasi riguardo alle conferenze scientifiche in corso di programmazione:
“Nell’All. N° 4 la E.V. troverà l’elenco di quelli che fino ad ora hanno accettato l’incarico di fare tali conferenze, e vedrà rappresentati tutti i più notevoli ed i più moderni indirizzi scientifici, dai più illustri cultori, nelle varie nazioni”[18].
L’elenco riportava 29 nomi. Le conferenze indicate nel programma definitivo del Congresso saranno 17. Tra i 29 nomi dell’elenco ben 10 non parteciperanno nemmeno al Congresso, tra cui Èmile Picard, Albert Einstein (che figura al n. 9 dell’elenco in ordine alfabetico) e Max Planck. Due di loro moriranno prima del Congresso. Fra coloro che poi effettivamente tennero una conferenza figurava invece David Hilbert di Göttingen.
La proposta di organizzazione scientifica del convegno, elaborata da Leonida Tonelli, allora tesoriere dell’UMI, prevedeva che il Congresso comprendesse alcune conferenze plenarie su questioni di interesse generale tenute da scienziati di chiara fama, e sette sezioni scientifiche riservate alle comunicazioni libere, divise secondo le branche della matematica.
L’elenco dei possibili conferenzieri da invitare (che non abbiamo) fu approvato nel maggio 1927. La minuta della lettera di invito reca la data del 2 luglio di quell’anno, ed è conservata negli archivi dell’UMI insieme ad alcuni elenchi, molto simili fra loro, contenenti in effetti gli stessi 29 nomi. Gli indirizzi dei singoli destinatari sono scritti a mano con grafie diverse su foglietti allegati. Da segnalare in particolare: Herrn Dr. Prof. A. Einstein – Haberlandstr. 5 – Berlin W. 30 (Germania)[19].
Il titolo di uno di questi elenchi dattiloscritti di nomi risulta parzialmente corretto con un tratto di matita: le parole “invitati a” sono state cancellate e sostituite con la dicitura a mano “che hanno accettato di”, riportata al di sopra. Quest’ultimo elenco, che in bella copia reca il titolo Elenco dei Professori che hanno accettato di tenere conferenze di carattere generale, corrisponde a quello inviato a Mussolini da Bortolotti nel gennaio 1928, come Allegato 4 alla relazione sui lavori preparatori.
Le risposte all’invito a tenere conferenze che è stato possibile reperire sono incomplete. Quasi tutte quelle che conosciamo erano pervenute già nell’estate 1927, subito dopo l’invito, ma alcune altre arriveranno in seguito. Una successiva lettera spedita dalla segreteria l’8 maggio 1928 chiedeva conferma dell’intenzione manifestata di tenere la conferenza, e dava alcune indicazioni tecniche[20]. I destinatari erano ridotti adesso a 18, in parte diversi dai precedenti, e fra di essi non figura più il nome di Einstein[21].
Subito dopo il Congresso, nel dicembre 1928, il Bollettino dell’UMI pubblicava, per i propri soci, alcune notizie e statistiche complessive sull’evento, sempre a firma Bortolotti, nell’attesa che fossero completati gli atti ufficiali. In questa sede finale i dati storici riferiti dal segretario ripartivano ancora da un elenco iniziale di coloro che “accettarono di fare conferenze in sedute plenarie”, simile a quello inviato a gennaio a Mussolini, ma nel quale adesso figuravano 28 nomi invece che 29: nell’elenco erano infatti del tutto scomparsi i nomi di Einstein e di Lorentz (deceduto il 4 febbraio1928), mentre era stato aggiunto quello di Veblen (Princeton). Si tratta di tre differenze rispetto a quanto comunicato in via riservata a Mussolini nel gennaio precedente, in un elenco che riporta lo stesso titolo. Bortolotti proseguiva dicendo che Luigi Bianchi, ancora compreso nell’elenco dei relatori che aveva appena citato, era mancato pochi giorni prima del Congresso, mentre “alcuni altri conferenzieri, come sempre avviene, furono poi, per vari motivi impediti dal recarsi a Bologna, e dovettero rinunziare all’incarico che avevano liberamente accettato”. Seguiva a questo punto l’elenco finale definitivo dei 17 conferenzieri del Congresso[22], lo stesso elenco che sarà poi presente anche negli atti.
Il nome di Albert Einstein scompare quindi a partire già dal primo elenco reso pubblico dei “conferenzieri che avevano accettato l’invito”, se escludiamo quello riservato a Mussolini di gennaio.
Fino al momento attuale non è emersa alcuna traccia né di un invito ufficiale recapitato ad Einstein, né di alcun tipo di risposta dell’interessato. Tacciono del tutto, a questo riguardo, anche i carteggi dello scienziato per il periodo 1927-1929, pubblicati di recente[23].
I relatori previsti nel programma definitivo erano: Amoroso, Birkhoff, Borel, Castelnuovo, Enriques, Fréchet, Hadamard, Hilbert, Young, Karman, Lusin, Marcolongo, Puppini, Tonelli, Veblen, Volterra, Weyl. Fra le loro conferenze, solo quella di Federigo Enriques non poté essere tenuta perché all’ultimo momento il relatore fu trattenuto in Sud America dal prolungarsi di un ciclo di conferenze. Mentre quella di Émile Borel dovette essere letta da Èlie Cartan, l’altro rappresentante dell’Università di Parigi al Congresso, perché l’interessato non era presente, probabilmente per motivi contingenti di salute. Borel aveva accettato di tenere una conferenza al Congresso fin dal luglio 1927 e aveva regolarmente versato uno chéque di 67 franchi per la propria iscrizione.

Dietro le quinte organizzative

Le autorevoli prese di posizione contrarie al Congresso di Bologna si riveleranno in definitiva punti di vista minoritari, chiaro segnale del progressivo superamento internazionale della politica di boicottaggio attuata dall’IRC. A Bologna saranno presenti i delegati di 36 nazioni e di circa 220 istituzioni scientifiche di tutto il mondo, per un totale di più di 1100 partecipanti, fra congressisti effettivi e aggregati. La delegazione tedesca risultò essere la più numerosa dopo quella italiana.
Oltre alle conferenze in seduta plenaria vennero presentate circa 420 comunicazioni libere suddivise nelle sette sezioni per argomento. Ognuna delle sezioni dovette essere a sua volta suddivisa in sottosezioni a causa dell’elevatissimo numero di partecipanti. Per ciascuna sezione erano stati designati un certo numero di introduttori.
Il Congresso si svolse in diverse sedi della Regia Università di Bologna, mentre rimasero a disposizione dei congressisti, che usufruivano di facilitazioni di ogni genere nei trasporti e nei visti, gli spazi della Casa del fascio in via Manzoni, e quelli del Circolo di cultura a Palazzo Hercolani. Per i congressisti furono inoltre organizzate visite alle città di Ravenna, Ferrara e Firenze, e la guida ad alcune opere idrauliche sul Po nel ferrarese e ad una centrale idro-elettrica a Riva del Garda. Ovunque vennero tenuti ricevimenti ufficiali e rinfreschi.
Mercoledì 5 settembre, all’interno della sezione VI Matematica elementare, dietro iniziativa dello svizzero Henri Fehr, venne ricostituita la Commissione Internazionale per l’Insegnamento della Matematica (International Commission on Mathematical Instruction – ICMI), il cui mandato non era stato rinnovato durante il Congresso dell’IMU di Strasburgo del 1920, per le note esclusioni politiche messe in atto alla fine della guerra.
Il concerto al Teatro Comunale di Bologna della sera del 6 settembre non fu diretto da Toscanini, come avrebbe desiderato Pincherle, che aveva fatto chiedere al governo, incautamente, di intervenire sul maestro. Il progressivo allontanamento di Toscanini dall’ideologia del regime era ben nota a Mussolini, che infatti fece rispondere di rivolgersi direttamente all’interessato[24].
Tra i lavori della sezione
Matematica elementare di sabato 8 settembre 1928, in una giornata dal programma mondano particolarmente intenso, si trovarono relegati anche gli interventi di tre personaggi particolari, che oggi potremmo definire outsider. Gli atti riportano che, al termine di quell’ultimo pomeriggio di lavori delle sezioni, quattro comunicazioni “pervenute direttamente alla Segreteria del Congresso (senza presentazione di Introduttori) sono state ammesse con espressa riserva, per la pubblicazione negli Atti, del giudizio del Comitato di Redazione”[25]. Sono quelle di Pietro Caminati (2 relazioni), Giuseppe Casazza e Gaetano Ivaldi. Nessuna delle loro relazioni è presente negli atti. L’episodio sarà oggetto di approfondimento in altra sede.
Va sottolineato il ruolo di primo piano rivestito durante i lavori congressuali da George David Birkhoff, di Harvard, esponente della Società Matematica Americana (AMS), che, dopo essere intervenuto nella seduta inaugurale per ringraziare gli organizzatori italiani a nome di tutti i congressisti stranieri, era stato incaricato anche di tenere la conferenza finale il giorno 10 settembre nella prestigiosa cornice di Palazzo Vecchio a Firenze, dove i congressisti furono ospiti di Antonio Garbasso, docente di Fisica sperimentale all’Università di Firenze e podestà cittadino. Era un segnale della crescente importanza internazionale che la scuola statunitense stava assumendo negli anni venti, accanto, probabilmente, ai generosi finanziamenti che l’International Educational Board della Fondazione Rockfeller stava concedendo a Parigi e a Göttingen in quegli anni, in base ai suggerimenti dello stesso Birkhoff [26].
Dietro le quinte apprendiamo che, fin dal gennaio 1928, a causa dell’elevato numero di adesioni che stavano arrivando da tutto il mondo, l’organizzazione del Congresso aveva fatto presente con molta discrezione al governo nazionale che era forse opportuno che le società di navigazione concedessero sconti sui transatlantici italiani, in quanto “sarebbe un’ottima occasione per far conoscere ed apprezzare ad un gruppo di forestieri colti i nostri eccellenti piroscafi”. E forse sarebbe stato altrettanto opportuno che gli scienziati russi avessero potuto ottenere senza difficoltà il visto dei consolati italiani sul passaporto. Inoltre veniva espressa la speranza di poter contare sulla presenza del capo del governo all’inaugurazione del Congresso.
Su ogni singolo punto del pro-memoria dattiloscritto, risaltano note autografe in matita blu firmate “M”. Si tratta di disposizioni autoritarie che sembra di poter interpretare come “interessare Ciano”, “segnalare esteri”, “interpellare Benni” (presidente della Confederazione Generale Fascista dell’Industria Italiana, CGFII). Tutte le richieste saranno soddisfatte, esclusa la presenza di Mussolini, e le relative informative inviate prontamente al podestà di Bologna Leandro Arpinati[27].
Il giorno dopo la conclusione dei lavori, Pincherle comunicava in una lettera a Mussolini “l’esito del grandioso convegno”, elencando i “quadruplici buoni risultati ottenuti”, sia dal punto di vista politico che scientifico. Al primo posto “Nel riguardo politico, il riconoscimento più esplicito, avuto da ogni parte, dell’ordine, del benessere, del regolare funzionamento di tutti i servizi sotto il Regime fascista…”. Poi citava nell’ordine “il risultato di ravvicinare gli scienziati appartenenti agli Stati già in guerra” e l’importanza scientifica delle Conferenze plenarie e delle comunicazioni effettuate che “lascieranno [sic] larga traccia nella Scienza”. Da ultimo il risultato finale riportato era “l’esaltazione della scienza italiana”. Un mese dopo Pincherle chiederà anche di essere ricevuto dal capo del governo “per esporGli i risultati e consegnarGli in omaggio una medaglia d’oro e relativi volumi atti”. In rosso su questo foglio compare la scritta “Sì M”. Un telegramma del 16 ottobre informava Pincherle che sarebbe stato ricevuto dal capo del governo venerdì 19 ottobre 1928 alle ore undici e un quarto al palazzo del Viminale[28].

L’aforisma di Hilbert e le divergenze dei matematici tedeschi

La scheda di adesione di David Hilbert

La scheda di adesione di David Hilbert

Sembra che il tedesco David Hilbert, notissimo caposcuola matematico di Göttingen, avesse in programma di tenere al Congresso di Bologna, oltre alla propria conferenza, anche un breve discorso politico, contenente il famoso aforisma a lui attribuito “La matematica non conosce razze … per la matematica, l’intero mondo della cultura è un solo paese”. Alla fine degli anni venti cominciava già a serpeggiare ovunque in Europa un diffuso anti-semitismo, in particolare verso i molti matematici di origine ebraica, motivando il riferimento alla razza nell’ipotetico discorso.
Hilbert, che fu accolto dall’ovazione dei partecipanti, fu uno dei vice-presidenti del Congresso e tenne la prima conferenza plenaria in programma lunedì 3 settembre.
Quello che sappiamo è che esiste effettivamente la bozza manoscritta di un discorso politico in tre pagine, senza data, vergata in apparenza dalla stessa moglie di Hilbert, Käthe, e conservata a Göttingen. Il discorso non è menzionato né gli atti ufficiali né in alcun altro report del Congresso nonostante che, considerato il tono celebrativo degli atti, una iniziativa del genere sarebbe stata senz’altro riportata con enfasi. Hilbert era in quel momento indebolito da una grave anemia perniciosa e alcuni passaggi della bozza del discorso sembrerebbero in effetti ancora in via di definizione [29].
Prima del Congresso il matematico era stato molto irritato dalla lettera a stampa divulgata dall’olandese Brouwer a cui abbiamo già accennato, espressione del rifiuto ideologico a partecipare al convegno da parte di un gruppo di matematici tedeschi. Lo stesso Brouwer e Bieberbach, seguiti dall’intera scuola di Berlino, avevano animato una sorta di movimento di contro-boicottaggio tedesco. Fra le due principali scuole matematiche tedesche, oltre alle divergenze politiche, esistevano anche opinioni scientifiche diverse: in tema di dimostrazione matematica la scuola di Berlino, con Bieberbach, seguiva la logica intuizionista o costruttivista, mentre quella di Göttingen, con Hilbert, la logica formalista o deduzionista.
A Bologna Hilbert maturò quindi l’intenzione, secondo un biografo di Brouwer[30], di rimuovere sia Bieberbach che Brouwer dal board editoriale dei Mathematische Annalen, rivista di cui era direttore.
La rimozione venne in effetti messa in pratica dopo Bologna, quando fu deciso, in accordo con l’editore Springer, che era stato minacciato di azioni legali dai due, di sostituire ex-novo l’intero board editoriale.
Einstein, che faceva parte anch’egli del board, parlò di questi contrasti in modo ironico come di “battaglia tra rane e topi”, cioè come di una contesa vana, futile e ridicola. Egli considerava Brouwer una sorta di psicopatico innocuo, pur rispettandone l’intelligenza e il carattere, e, nonostante volesse rimanere distante dalla querelle, Einstein alla fine si lasciò convincere ad approvare la proposta di costituire un nuovo board, che diventò operativo all’inizio del 1929, ma personalmente non ne volle più fare parte[31].
Max Born, fisico tedesco allievo di Hilbert a Göttingen, aveva informato Einstein di quanto successo al Congresso, un paio di mesi dopo la fine dei lavori, riferendo che Hilbert era gravemente malato, ma:
“… la sua mente è più che mai lucida e la voce messa in giro da Brouwer che Hilbert non sia più capace di intendere e volere è solo una grossa malvagità.. [Hilbert] considera Brouwer come un uomo eccentrico e privo di equilibrio, e non intende affidargli l’eredità di dirigere i Mathematische Annalen… la partecipazione al Congresso di Bologna… ha significato per Hilbert un pesante dovere… Ma nei rapporti tra gli scienziati dei vari paesi ha un occhio acutissimo per distinguere ciò che è necessario fare per il bene comune. L’atteggiamento di Brouwer, che si è presentato come più nazionalista degli stessi tedeschi, è stato giudicato buffonesco da Hilbert e da tutti noi; ma il guaio è stato appunto che i matematici di Berlino si siano lasciati trascinare da questa assurdità… la faccenda di Bologna non è stata determinante per la decisione di Hilbert di allontanare Brouwer, ma è stata solo un’occasione”[32].
Born faceva riferimento nella stessa lettera anche alla opposizione, alla vigilia della dichiarata apertura internazionale del Congresso di Bologna, di un gruppo di matematici tedeschi nazionalisti fra cui lo stesso Brouwer, Bieberbach, von Mises e Schmidt, i quali avevano sostenuto che, dopo una così lunga esclusione, non era il caso di aderire senza problemi all’IMU, “ma era necessario presentare a Bologna una mozione di protesta”[33].
Cinque anni più tardi Bieberbach aderirà al nazismo e sosterrà la teoria della “matematica tedesca”, che si poneva nello stesso solco della “fisica ariana” di quegli anni.
Per tornare al Congresso bolognese, l’olandese Brouwer aveva un proprio inviato non ufficiale all’evento, Hasso Härlen, che gli riferirà sui lavori il 27 settembre 1928 dalla Germania, nei giorni immediatamente successivi al Congresso, riassumendo fra l’altro in questo modo la conferenza plenaria di Hilbert sui fondamenti della matematica e la teoria della dimostrazione:
“La prima conferenza [è stata quella] di Hilbert, salutata da una selva di applausi. Ripetizioni frequenti; la sua capacità di concentrazione chiaramente molto influenzata dalla sofferenza fisica. Contenuti noti nella loro essenza da pubblicazioni recenti. Grandi applausi. Anche Hadamard è stato salutato con grandi applausi, e il suo intervento è stato molto buono anche nella presentazione, molto più efficace di quello di Hilbert. Con Hadamard gli applausi [fatti] dopo sono stati più forti di quelli [fatti] prima. Con Hilbert l’applauso è stato quasi solo per la persona, con Hadamard anche per la conferenza”[34].
Sembra che nemmeno Härlen faccia alcun riferimento ad un eventuale discorso politico di Hilbert.
Il matematico francese Jacques Hadamard, di origini ebraiche, che aveva tenuto la seconda conferenza generale al Congresso sul calcolo funzionale, scriverà anch’egli qualche tempo dopo ad Einstein nell’ottobre 1930 criticando l’azione indiretta svolta da Brouwer contro il Congresso, e il fatto che lo stesso Härlen avesse svolto una propaganda anti-francese e anti-Bologna al convegno[35]. Hilbert aveva scritto contro Brouwer e le sue idee fin dal 1922, ma nella sua conferenza plenaria del Congresso 1928 non lo nominò nemmeno, mentre nella bozza di discorso politico era presente solo un’allusione indiretta a “isolati dissidenti”. Probabilmente il matematico, che aveva capito bene i pericoli esterni alla matematica che si stavano addensando sulla disciplina, non si sentì in grado, anche per i propri gravi problemi di salute, di tenere nella Bologna fascista due discorsi diversi: uno sui fondamenti della matematica nella propria conferenza, e l’altro di stampo più decisamente politico.
La riconciliazione scientifica, che sembrava avverarsi in quel momento al Congresso di Bologna, non durerà a lungo: dopo la salita al potere di Hitler in Germania nel 1933, e le epurazioni razziali, pare che Hilbert abbia detto al ministro nazista dell’educazione “Non ci sono più matematici a Göttingen”[36]. Un altro dei famosi aforismi attribuiti al matematico.

E Albert Einstein?

Dopo le conferenze tenute presso l’Archiginnasio di Bologna a fine ottobre 1921, una progressiva malcelata insofferenza verso il regime italiano aveva impedito ad Einstein di partecipare in Italia al Quinto Congresso Internazionale di Filosofia del 1924 a Napoli, all’interno di una sessione matematica, e successivamente anche al Congresso Mondiale dei Fisici, a Como dall’11 al 27 settembre 1927, nel centenario della morte di Alessandro Volta. Ufficialmente Einstein si sarebbe definito per la prima volta antifascista in una lettera della fine del 1928[37].
Parteciperà invece al Quinto Congresso Solvay di Fisica che si tenne a Bruxelles nell’ottobre 1927.
Oltre un anno prima, rispondendo all’invito di Hendrik A. Lorentz, presidente di tutti i Congressi Solvay fino a quel momento, lo scienziato aveva affermato che, dal momento che l’esclusione per principio dei tedeschi dall’Istituto Solvay era terminata, lui, che per diversi motivi era sempre stato considerato una eccezione, non aveva più ragioni per tenersi lontano ed avrebbe accettato con piacere la selezione a far parte del comitato scientifico. Nella stessa lettera accennava alle informazioni ricevute da Planck sulle resistenze di una parte degli accademici tedeschi all’ingresso nell’International Research Council, commentando “mi riesce difficile entrare nella psiche di queste persone”. Da ultimo faceva allusione anche all’antisemitismo dei colleghi tedeschi nei riguardi di Fritz Haber, protagonista della guerra chimica durante la prima guerra mondiale, che Einstein riteneva invece persona di grande acume[38].
Il Convegno di Bruxelles di quell’anno vide anche, fuori dalle aule delle conferenze ufficiali, l’inizio del duello Einstein-Bohr sui principi della teoria quantistica. Nonostante entrambi abbiano continuato ad apportare perfezionamenti alla propria posizione negli anni, la contrapposizione non arrivò mai ad un punto di accordo[39]. Dal 1927 Einstein divenne sempre più critico verso le previsioni solo probabilistiche della meccanica quantistica, convinto della possibilità di costruire un modello della realtà rigorosamente causale, che non si limitasse ad indicare soltanto le probabilità del verificarsi dei fenomeni.
Nel gennaio di quello stesso anno è molto probabile che sia arrivata anche ad Einstein la Notificazione preliminare con l’annuncio del Congresso di Bologna, diramata dalla segreteria a tutte le istituzioni scientifiche interessate di ogni nazione.
Un anno dopo, la relazione di Bortolotti a Mussolini conteneva il fatidico primo elenco di 29 conferenzieri che “hanno già accettato di tenere conferenze generali”, fra i quali figurava lo stesso Albert Einstein, ma ricordiamo che il nome dello scienziato scomparirà invece del tutto da ogni documento successivo sul Congresso.
Ad Einstein era stato spedito il 17 marzo 1928 dalla segreteria del Congresso anche un misterioso plico di manoscritti, inviato in totale a quattro nominativi di professori, nessuno dei quali partecipò al Congresso: Ehrenhaft, Holder, Einstein, Heiberg[40].
La minuta di una lettera a firma Bortolotti recante la stessa data, in francese, senza indicazione dei destinatari e dal contenuto generico, non ha permesso per il momento di fare collegamenti con l’invio dei plichi[41].
Intanto, nei primi mesi del 1928 Einstein era stato vittima di un importante disturbo cardiaco in Svizzera, che lo aveva bloccato a letto per quattro mesi, e lo lasciò debole e astenico per un anno intero, giustificando ulteriormente la sua assenza al Congresso di Bologna.
Il 29 giugno la segreteria organizzativa spedirà anche allo scienziato, insieme ad innumerevoli altri destinatari fra cui Picard e Planck, la cosiddetta terza circolare, con ulteriori comunicazioni ed informazioni sul Congresso[42].
Nel luglio 1928, poco più di un mese prima del Congresso di Bologna, anche Madame Curie si rammaricava per la salute di Einstein, scrivendo ad una delle figlie che in quel periodo lo scienziato non poteva nemmeno essere presente ai lavori della Commissione Internazionale per la Cooperazione Intellettuale (ICIC), di cui Einstein faceva parte, a causa di problemi cardiaci[43]. A partire dal 1931 Einstein non parteciperà più ai lavori della Commissione. Diversi anni dopo dirà “Nonostante l’eminenza dei suoi membri, è stata l’impresa più improduttiva alla quale io abbia mai partecipato”[44].
Dopo il collasso, alla fine di agosto 1928, pochi giorni prima dell’inizio del Congresso di Bologna, Einstein scriveva all’amico Paul Ehrenfest dal Baltico, dove sarebbe rimasto in convalescenza fino ad ottobre, “Credo men che mai nella natura essenzialmente statistica degli eventi, e ho deciso di impiegare le poche forze che ancora mi sono concesse secondo i miei interessi, indipendentemente dalle fissazioni del momento”[45]. Una ulteriore allusione alla contrapposizione che lo separava da Niels Bohr sulla interpretazione statistica della meccanica quantistica, inviata ad Ehrenfest che era amico di entrambi.
Il problema cardiaco e la lunga convalescenza non impediranno quindi ad Einstein di continuare con costante impegno il lavoro scientifico e la corrispondenza.
Il 20 novembre 1928, un paio di mesi dopo il Congresso di Bologna, Max Born inviava ad Einstein la lettera contenente le notizie sull’antagonismo Hilbert-Brouwer al Congresso, e concludendo “spero che tu stia di nuovo bene”[46].

Per concludere

L’episodio del Congresso Internazionale dei Matematici, presieduto da Salvatore Pincherle all’Università di Bologna dal 3 al 10 settembre 1928, ha rappresentato sicuramente un prestigioso tentativo di ricomposizione delle relazioni internazionali fra matematici, dopo la spaccatura su due fronti opposti causata dalla prima guerra mondiale.
Dal punto di vista internazionale, l’analisi degli atteggiamenti nei riguardi del Congresso bolognese di David Hilbert e di Albert Einstein, entrambi fautori del ritorno all’internazionalismo della scienza, ha permesso di far luce sull’intreccio di relazioni contrastanti fra scienziati seguite al periodo bellico. David Hilbert di Göttingen, in aperto contrasto con la scuola matematica di Berlino, partecipò attivamente al Congresso con un nutrito gruppo di colleghi tedeschi, suggellando la fine della politica che li voleva esclusi dai congressi internazionali. Albert Einstein invece sembrò prendere silenziosamente le distanze dall’iniziativa, nonostante un presunto invito a tenere una conferenza a Bologna, di cui però finora non è stato possibile trovare alcuna traccia documentale. L’atteggiamento del fisico, di cui erano note da tempo le convinzioni del tutto favorevoli alla ripresa del dialogo scientifico, ma che solo a fine 1928 si sarebbe definito antifascista, appare coerente con una posizione personale di crescente insofferenza verso il regime italiano, a cui si era aggiunto, pochi mesi prima del convegno, un serio problema fisico.
Sul versante delle relazioni interne, l’acquiescenza al regime, ampiamente documentata durante tutte le fasi operative del Congresso, costituì un preoccupante prodromo di quello che sarebbe diventato negli anni successivi un completo asservimento dei matematici italiani alla politica e alle decisioni del governo fascista, culminato nell’atteggiamento passivo e opportunista assunto al momento dell’emanazioni delle leggi razziali nel 1938[47].

 

 

 

 

Note

[1] Si veda in particolare Tomassini, L. 2011, Guerra, scienza e tecnologia, in Storia d’Italia, Annali, vol.26, Scienze e cultura dell’Italia unita, Torino, Einaudi, pp. 103-128. Dell’ampia letteratura sull’argomento si segnalano inoltre Felisini, D. 2017, Il triangolo del fuoco. Parlamento, pubblica amministrazione e imprese nell’esperienza della mobilitazione industriale, in Meriggi, M. 2017 (a cura di), Parlamenti di guerra (1914-1945). Il caso italiano e il contesto europeo, FedOAPress, Napoli, pp. 203-218; Fussel, P. 2005, La Grande Guerra e la memoria moderna, Bologna, Il Mulino; Gibelli, A. 1991, L’officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Torino, Bollati Boringhieri; Guerraggio, A. 2015, La scienza in trincea. Gli scienziati italiani nella prima guerra mondiale, Milano, Raffaello Cortina; Isnenghi, L. 1989, Il mito della Grande Guerra, Bologna, Il Mulino; Leed, E. J. 1979, Terra di nessuno. Esperienza bellica e identità personale nella prima guerra mondiale, Bologna, Il Mulino.
[2] Archivio Storico UMI, b. 3, fasc. 25, sottofasc. 1/1, Picard a Pincherle, 18/5/1926, trad. propria.
[3] Atti Congresso Internazionale Matematici 1928, I, p. 5.
[4] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, Pincherle a Mussolini, 16/2/1926.
[5] Archivio di Stato Bologna, Prefettura, Gabinetto, b. 1485, fasc. Congr. Internaz. dei Matematici 1927-1928, Bortolotti a CNR, 16/3/1928.
[6] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, min. PI Fedele a PCM, 10/1/1927.
[7] Giacardi, L., Tazzioli, R. 2019, The UMI Archives – Debates in the Italian Mathematical Community, 1922-1938, EMS Newsletter, European Mathematical Society, 113, pp. 37-44.
[8] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, relazione Pincherle-Borsari a PCM, 15/5/1929.
[9] Atti Congresso Internazionale Matematici 1928, I.
[10] Siegmund-Schultze, R. 2016, «Mathematics Knows No Races»: A Political Speech that David Hilbert Planned for the ICM in Bologna in 1928, The Mathematical Intelligencer, vol. 38, n. 1, pp. 56-66.
[11] Archivio Storico UMI, b. 5, fasc. 25/8, rettore Università Berlino a rettore Università Bologna Albini, 15/6/1928.
[12] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, Picard a Pincherle, 15/6/1928, trad. propria.
[13] Ivi, Guadagnini a Mussolini, 22/6/1928.
[14] Archivio Storico UMI, b. 6, fasc. 25/12, Brouwer, agosto 1928 (doc. incompleto).
[15] Einstein, A., Born H. e M. 1973, Scienza e vita. Lettere 1916-1955, trad. it. di G. Scattone, Torino, Giulio Einaudi editore, p. 119.
[16] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, Guadagnini a PCM, 21/10/1927, e carteggi successivi fino a febbraio 1928.
[17] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, carteggi vari, luglio/agosto 1928; cfr. anche Archivio Storico UMI b. 3, fasc. 25, sottofasc. 1/8.
[18] Ivi, relazione Bortolotti a Mussolini, gennaio 1928.
[19] Archivio Storico UMI, b. 6, fasc. 25/11, documenti come indicato.
[20] Ivi, Tonelli, maggio 1928.
[21] Fondo Bortolotti, BiMFAI, UNIBO, spese postali Congresso, elenco V.
[22] Bollettino UMI 1928, 7, p. 267.
[23] The Hebrew University of Jerusalem 2021, The Collected Papers of Albert Einstein. Vol. 16, The Berlin Years: Writings & Correspondence, June 1927-May 1929, Princeton University Press, Princeton, NJ, USA.
[24] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, Mussolini, 15/6/1928.
[25] Atti Congresso Internazionale Matematici 1928, I, p. 130.
[26] Siegmund-Schultze, R. 2016, «Mathematics Knows No Races»: A Political Speech that David Hilbert Planned for the ICM in Bologna in 1928, The Mathematical Intelligencer, vol. 38, n. 1, pp. 56-66.
[27] Archivio Centrale dello Stato, PCM 1928-1930, b. 1328, fasc. 14/3, sottofasc. 3303, carteggi vari, gennaio 1928.
[28] Ivi, sottosegr. Beer a Guadagnini, 16/10/1928.
[29] Siegmund-Schultze, R. 2016, «Mathematics Knows No Races»: A Political Speech that David Hilbert Planned for the ICM in Bologna in 1928, The Mathematical Intelligencer, vol. 38, n. 1, pp. 56-66.
[30] Van Dalen, D. 2013, L.E.J. Brouwer: Topologist, Intuitionist, Philosopher, London, Springer.
[31] Sul coinvolgimento di Einstein nell’affaire Brouwer si rimanda ai carteggi di fine 1928 tra Hilbert, i componenti del board editoriale della rivista e altri protagonisti della vicenda, in The Collected Papers of A. Einstein, Princeton, vol. 16, con particolare riferimento ai doc. 282, 303, 317, 319, 323, 339.
[32] Einstein, A., Born H. e M. 1973, Scienza e vita. Lettere 1916-1955, trad. it. di G. Scattone, Torino, Giulio Einaudi editore, pp. 115-117.
[33] Ivi, p. 119.
[34] Lettera citata in Siegmund-Schultze 2016, p. 60, trad. propria.
[35] Einstein Archives Jerusalem, 13-176, cit. in Siegmund-Schultze 2016, p. 60.
[36] Reid, C. 1970, Hilbert. With an appreciation of Hilbert’s mathematical work by Hermann Weyl, Berlin, Springer, p. 205, cit. in Siegmund-Schultze 2016, p. 64.
[37] The Collected Papers of A. Einstein, Princeton, vol. 16, doc. 318, Einstein a Barbusse, 25/11/1928.
[38] The Collected Papers of A. Einstein, Princeton, vol. 15, doc. 254, Einstein a Lorentz, 12/4/1926, trad. propria.
[39] Pais, A. 1986, Sottile è il Signore. La scienza e la vita di Albert Einstein, trad. it. di L. Belloni e T. Cannillo, Torino, Boringhieri.
[40] Fondo Bortolotti, BiMFAI, UNIBO, spese postali Congresso, elenco Allegato IV.
[41] AS UMI b.3, fasc. 25, sottofasc. 1/3.
[42] Fondo Bortolotti, BiMFAI, UNIBO, spese postali Congresso, elenco VIII, all. n. 11.
[43] Ciardi, M., Gasperini, A. 2021, Il pianoforte di Einstein. Vite e storie in bilico tra Firenze, Europa e
America, Milano, Hoepli.
[44] cit. in Pais, A. 1995, Einstein è vissuto qui, trad. it. di M. Bruno e D. Mezzacapa, Torino, Bollati Boringhieri, p. 158.
[45] The Collected Papers of A. Einstein, Princeton, vol. 16, doc. 259, Einstein a Ehrenfest, prima del 24/8/1928, trad. propria; cfr. anche Pais, A. 1986, Sottile è il Signore. La scienza e la vita di Albert Einstein, trad. it. di L. Belloni e T. Cannillo, Torino, Boringhieri, p. 344.
[46] Einstein, A., Born H. e M. 1973, Scienza e vita. Lettere 1916-1955, trad. it. di G. Scattone, Torino, Giulio Einaudi editore, p. 118.[47] Su questo argomento è possibile consultare diversa letteratura specifica, in particolare si rimanda a: Nastasi, P. 1998, La matematica italiana dal manifesto degli intellettuali fascisti alle leggi razziali, Bollettino dell’Unione Matematica Italiana, serie 8, vol. 1-A, n. 3, pp. 317-345; e Guerraggio, A., Nastasi, P. 2005, Matematica in camicia nera. Il regime e gli scienziati. Milano, Bruno Mondadori editore.