CARLO III GRIMALDI, L’INVENTORE DEL PRINCIPATO DI MONACO

di Massimo Iacopi -

 

Al suo avvento al trono, nel 1856, eredita un minuscolo principato. Tuttavia, in meno di 30 anni il sovrano ne opera una metamorfosi trasformandolo in un luogo di villeggiatura fra i più ricercati del Mediterraneo.

Colpito da un inizio di cecità, poco dopo la scomparsa nel 1864 della sposa adorata, la contessa Antonietta de Merode (Antoinette Ghislaine), il sovrano monegasco vive recluso nel suo palazzo, quasi estraneo alla frenesia che da qualche tempo si è impadronita della rocca. Un “rinascimento” che egli ha pur tuttavia avviato, trasformando il principato dei suoi antenati, un borgo di origini medievali, in una ricercata stazione balneare. Una parentesi mediterranea e soleggiata alla “vita parigina”, dove qualche decennio più tardi le nuove fortune americane faranno scintille al casinò, affiancando donne di mondo dallo sguardo ammaliatrice, come Liane de Pougy (Anne-Marie Chassaigne, detta poi Madame Henri Pourpre e, dopo il suo secondo matrimonio, principessa Georges Ghika), la Bella Otero (pseudonimo di Agustina Carolina del Carmen Otero Iglesia) e Cleo de Merode (Cléopâtre-Diane de Mérode), sulfurea cugina della defunta principessa Antonietta, permanentemente a caccia di banchieri o di principi ereditari.
Eppure, nel giugno 1856, quando Carlo III Grimaldi Goyon de Matignon diventa sovrano a soli 37 anni, Monaco è veramente lontana dall’assomigliare a questa immagine. La secessione delle città di Roquebrune e di Mentone, passate a far parte della Contea di Nizza del Regno di Sardegna, riduce il suo territorio come la pelle aggrinzita. Nel 1861 i due comuni, dopo la Seconda guerra d’Indipendenza italiana, optano, insieme a tutta la contea di Nizza, per la definitiva annessione all’Impero francese di Napoleone III. Questa la descrizione del principato, tratta da una relazione del 1861: “Ridotto alla sua più semplice espressione, questo impercettibile Stato conta una popolazione indigena di 1.200 anime al massimo. Qualche pianta d’olivo e di limone, una piccola industria o un piccolo impiego… “.

Grandi fasti per un piccolo Stato

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Carlo III

Carlo III, al limite della bancarotta, fa appello alla memoria dell’imperatore dei Francesi. All’epoca del ripudio dell’imperatrice Giuseppina Beauharnais da parte di Napoleone Bonaparte, suo zio Onorato V di Monaco era stato uno dei rari signori rimasti fedeli alla nonna di Napoleone III. Abbandonando la sua carriera militare, egli aveva anche condiviso con l’ex imperatrice il suo esilio alla Malmaison. Il sacrificio dello zio non viene dimenticato. In compenso dei feudi che gli sono sfuggiti, Carlo III ottiene la costruzione di una strada carrozzabile che collega Nizza a Monaco, il passaggio attraverso il principato della futura ferrovia Parigi-Lione-Mediterraneo e una indennità di 4 milioni di franchi oro.
Da quel momento, Carlo III si prefigge di surrogare la modestia del suo Stato, poco più di un centinaio di ettari, con un surplus di fasto. Invece di impressionare i suoi visitatori egli riuscirà ad abbagliarli. I suoi agenti cercano i quadri per la collezione Grimaldi, rivolgendosi ad antiquari che rivendono opere saccheggiate o vendute come beni nazionali durante la Rivoluzione Francese. Parallelamente, pittori, tappezzieri e marmorai lavorano senza sosta per dare nuovo lustro agli appartamenti di palazzo Grimaldi. Vengono creati un grande vestibolo di marmo e una galleria degli specchi, a somiglianza di quella di Versailles. Viene realizzata anche la nuova sala del trono, dove Carlo III, seduto sotto un baldacchino monumentale con le armi della casata, riceve i suoi “parenti” europei: l’imperatrice Elisabetta d’Austria, assidua della Costa Azzurra, il re del Belgio Leopoldo II di Sassonia Coburgo Gotha o il granduca Michele di Russia, fratello dello zar Alessandro II.
La pompa di cui si circonda il sovrano monegasco fa spesso sorridere i visitatori. Uno di questi, accolto con grandi cerimonie nel cortile d’onore, schernisce la compagnia dei carabinieri: “Ho potuto ammirare tutto l’esercito del Principe: un sergente, un caporale e circa mezza dozzina di uomini”. Ma per rendere solidi i fasti di questa svolta Carlo III è sempre in cerca di nuove entrate. La salvezza gli viene dalla parte di sua madre. A circa 70 anni, la principessa madre Maria Carolina Gibert de Lametz non ha perduto nulla del solido senso degli affari ereditato dagli antenati borghesi. Da qualche anno la donna ha notato l’infatuazione dell’aristocrazia russa e britannica per i bagni di mare, molto in voga nelle città vicine di Nizza e di Cannes. Perché Monaco, che gode dello stesso clima, non potrebbe diventare una gradita stazione balneare? Il principato potrebbe, tra l’altro, offrire a questi turisti anche un supplemento di distrazione, proponendo loro dei giochi di denaro, proibiti in Francia.

Il principe disprezza i giochi del casinò

La rocca con la città vecchia nel 1890.

La rocca con la città vecchia nel 1890.

Senza più attendere la principessa invia i suoi emissari a Bad Homburg vor der Höhe, città termale dell’Assia il cui casinò assicura prosperità a tutta la comunità. Se François Blanc, fondatore dello stabilimento, esita alquanto a installarsi sulla rocca di Monaco, la moglie Maria Blanc si lascia invece sedurre dalla proposta di Maria Carolina. La giovane donna soffre di artrite, “male sconosciuto a Monaco” le spiega Maria Carolina, dilungandosi sui benefici effetti del luogo: “l’aria marina, combinata con la dolcezza degli inverni consente di passeggiare tutto l’anno con un semplice scialle sulle spalle”. La “nuova e molto cara amica”, ricevuta a palazzo con gli onori generalmente riservati ai sovrani, riesce rapidamente a convincere il suo recalcitrante sposo. Il 1° aprile 1863, associato al banchiere Giacomo de Rothschild, François Blanc fonda la Società dei Bagni di Mare (SBM) con un capitale di 8 milioni di franchi. Si tratta di una società votata ai divertimenti e ai giochi, che vedrà tra i suoi primi investitori il cardinale Vincenzo Gioacchino Pecci, futuro papa Leone XIII.
Con decreto sovrano del 1° giugno 1866, la spianata di Spélugues diventa il nuovo comune di Monte-Carlo, “Mont Charles”, in omaggio del principe. Su questa distesa arida, dove vegeta qualche filare di olivi rinsecchiti, vengono edificati un casinò, l’hotel de Paris e alcune ville di lusso. Nella parte bassa, sulla spiaggia della Condamine, lo stabilimento di bagni del dottor Gillebert d’Hericourt riceve i suoi primi clienti. Ogni sera, all’ora nella quale si accendono i lampadari “come una catena d’oro che illumina la Rocca”, l’espresso da Nizza scarica nella stazione di Montecarlo un nugolo di signore indiamantate e di gentiluomini in frac, pronti a perdere qualche milione alla roulette o al tavolo di baccarà.
Carlo III nel suo intimo disprezza i giocatori e vieta l’accesso al casinò ai suoi sudditi. Tuttavia, la manna del gioco gli assicura una rendita annuale di 50 mila franchi, alla quale vanno aggiunti il 10% degli utili della SBM e un sussidio settimanale di 2 mila franchi. Una prosperità che permetterà, nel 1869, di abolire le imposte dirette.
In quegli anni Carlo III incrementa anche la propria attività diplomatica. Nel 1864 conclude un trattato di alleanza con il bey di Tunisi, Muhammad III al-Sadiq, e per la prima volta stabilisce relazioni diplomatiche ufficiali con altri governi nel mondo. Contemporaneamente il principe contribuisce alla riscoperta dell’identità nazionale del Principato, implementando gli studi linguistici sul dialetto monegasco (nel 1858 aveva creato la prima onorificenza ufficiale di stato, l’Ordine di San Carlo).
Nessun principe di Monaco prima di lui ha mai goduto di tanta popolarità. La gioia raggiunge il culmine quando il palazzo annuncia il matrimonio del principe ereditario Alberto con lady Mary Douglas-Hamilton nipote dell’imperatore Napoleone III. Il matrimonio durerà fino al 1880.
Carlo III muore mentre si trova in villeggiatura al castello di Marchais, in Francia, il 10 settembre 1889. Nello stesso anno il figlio Alberto salirà al trono e sposerà la duchessa de Richelieu.

Per saperne di più
Françoise de Bernardy, Princes of Monaco: the remarkable history of the Grimaldi family, Barker, 1961.
L. H. Labande, Histoire de la Principauté de Monaco, Parigi, 1934.
Didier Laurens, Monaco: un pays ensoleillé dirigé par un prince magnifique, Hachette, 2007.