ARMENIA, PEDINA DELL’EURASIA

di Massimo Iacopi -

Nell’ottobre dello scorso anno l’Armenia è entrata a far parte dell’Unione Economica Eurasiatica, l’unione doganale costituita con Russia, Bielorussia e Kazakhistan: un’entità destinata a competere con il Partenariato orientale targato UE.

 

Erevan, pur continuando ad approfittare del Partenariato orientale (accordo d’associazione concluso fra l’Unione europea e l’Armenia, l’Azerbagian, la Georgia, la Moldavia, l’Ucraina e la Bielorussia nel corso del 2009) desiderava entrare nell’Unione euroasiatica, ma le due adesioni erano apparse del tutto incompatibili agli attori in scena. Il gioco delle alleanze sul confine tra Occidente e Oriente è alquanto delicato, come dimostrano i fatti contemporanei in Ucraina. La posizione fermamente difesa da Peter Stano, portavoce del commissario europeo all’allargamento è sempre stata chiara: scegliere una o l’altra unione.
Questo allineamento sullo spazio euroasiatico suona ad Erevan come un rintocco funebre sulla politica estera detta di “complementarietà”, propugnata dal vecchio ministro degli esteri (1998-2008), l’armeno-americano Vardan Askanian. Erevan intratteneva in quel momento, simultaneamente, rapporti stretti con Mosca e Teheran, pur conservando delle buone relazioni con gli USA e la Francia, Paesi che da sempre ospitano un’importante diaspora armena.
Che l’Armenia si orientasse verso la Russia non era tuttavia così evidente. Contrariamente agli ucraini e ai bielorussi ortodossi e di cultura slava, gli armeni hanno saputo preservare il loro carattere nazionale e resistere ai tentativi di assimilazione, propugnati nei decenni dal potere zarista e sovietico. L’attaccamento a simboli forti come l’alfabeto nazionale e il carattere autocefalo della Chiesa apostolica hanno favorito il mantenimento di un legame transnazionale con una diaspora numericamente più importante della popolazione attuale dell’Armenia.

Una adesione pragmatica

Il simbolo dell'Unione Economica Eurasiatica

Il simbolo dell’Unione Economica Eurasiatica

Il potere armeno ha soppesato i pro e i contro, lavorando su una visione pragmatica delle relazioni geostrategiche. È a Gyumri, nel nord del paese, che si trova l’unica base russa della Transcaucasia (l’affitto è stato rinnovato fino al 2044): dal 1992, soldati russi sono schierati lungo la frontiera con l’Iran e la Turchia. D’altronde, Erevan dipende al 100% dalle forniture russe di approvvigionamenti energetici. Mosca, soprattutto, beneficia di un indiscutibile prestigio in Armenia, sia come “scudo antiturco” sia come forza garante dello statu quo nell’ambito del conflitto dell’Alto Karabakh (il cessate il fuoco risale al 1994). La Russia ha peraltro tentato vanamente di appoggiare le rivendicazioni di Erevan nei confronti della Georgia, che ha grande difficoltà a rispettare i diritti culturali dell’importante minoranza armena del Djavakh.
Paese cerniera, incastrato fra la Turchia e l’Iran, sottoposto al blocco turco-azero, al margine del tracciato dei principali gasdotti regionali, l’Armenia forse non aveva altre scelte. Se la nozione di Eurasismo rimane ancora molto sfumata e poco familiare nei circoli delle decisioni, che vi intravvedono una nuova alleanza di ragione con la Russia, essa suscita a Erevan un dibattito nei Think tank pro governativi e in quelli dell’opposizione. Secondo le analisi del centro di studi strategici Noravank (pro governativo), l’Eurasia costituisce uno scudo supplementare nell’arsenale di difesa contro l’irredentismo panturco, nel momento in cui l’avversario turco accresce in maniera costante il suo bilancio della difesa (0,9% nel 2014 per un totale di 1,4 miliardi di Euro).
In tal modo, la scelta euroasiatica offre una vasta gamma di possibilità per una élite politica senza ideologie. I guadagni dall’Unione doganale vengono calcolati in centinaia di milioni di dollari, investiti per mezzo della banca euroasiatica di sviluppo nei diversi progetti di infrastrutture (ferrovie, costruzione di una seconda centrale nucleare e modernizzazione della prima, possibilità di nuovi sbocchi per la produzione industriale), ai quali va aggiunta la prospettiva di una riduzione del 30% delle tariffe del gas.
L’Unione doganale è stata accolta come una doccia fredda a Baku (Azerbaigian). Oltre ad accordare la possibilità di una assicurazione sulla vita a una Armenia circondata, l’integrazione euroasiatica consentirebbe di superare i traumi di una storia nazionale ferita dal genocidio del 1915 e la perdita consecutiva di due terzi del territorio dell’Armenia storica.
In definitiva, l’Armenia, appollaiata ai confini degli imperi e sulla rotta delle invasioni, ha scelto così di associarsi a un blocco geopolitico guidato dalla Russia.

Per saperne di più

Andrej Geraščenko, Dall’Unione Russia-Bielorussia all’Unione Eurasiatica – geopolitica-rivista.org, 19 aprile 2012
George A. Bournoutian, A History of the Armenian People  – California, Mazda Publishers 1994