ANDARE CONTROCORRENTE: GIOVANNI IL BATTISTA
di Pier Luigi Guiducci -
Abbandonata la vita agiata, vestito solo di peli di cammello, questo precursore del cristianesimo annunciò con la sua predicazione la venuta di Cristo. Le evidenze archeologiche e gli studi delle scritture evidenziano la portata del suo messaggio religioso.
Nella Storia della Salvezza, prima dell’inizio della missione pubblica di Gesù, si incontra un personaggio che ha incuriosito più autori. Su tale soggetto non sono mancate ricerche storiche. L’interesse per Giovanni[1] il Battista nasce dal fatto che la sua storia si trova indicata nella fonte “Q”,[2] nei Vangeli, negli Atti degli Apostoli (At 1,21-22; 10,37; 13,24-25), e nell’opera Antichità Giudaiche dello storico ebreo Flavio Giuseppe.[3] Rimane inoltre una figura[4] di riferimento anche per gli archeologi.[5] In effetti, esistono taluni aspetti che spingono a meglio comprendere il ruolo effettivo di questo Precursore (es. c’erano collegamenti tra Giovanni e il movimento degli esseni?[6]). Le indagini degli studiosi, poi, hanno cercato di collegare tale figura di “contestatore” nel suo tempo e nell’interazione con il Messia. Non sono inoltre mancate alcune missioni scientifiche sul luogo del suo martirio (si tende a indicare Macheronte, collina fortificata situata in Giordania), mentre in quattro luoghi (Roma, Amiens, Damasco, Monaco) sono attualmente custoditi i presunti resti del suo cranio.
Quest’ultima situazione si spiega con l’intensa ricerca di reliquie avvenuta in diverse epoche. Oggi, a distanza di secoli, la figura di Giovanni continua a essere attuale. Egli esce da un cursus familiare che gli era stato preparato, da schemi precostituiti, da prassi consolidate, e dallo stesso linguaggio religioso usato dai suoi contemporanei. Nell’annunciare il Salvatore, rende chiaro un punto: per seguire Colui che verrà tra breve occorre cancellare l’io guerriero, e seguire la strada di una fraternità realmente operaia.
… Apparve in pubblico
Scrive l’evangelista Matteo: «(…) In quei giorni, apparve in pubblico Giovanni il Battista, il quale predicava nel deserto della Giudea e diceva: ‘Ravvedetevi, perché è vicino il regno dei cieli’. Proprio di lui era stato detto per mezzo del profeta Isaia: ‘Voce d’uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri’. Giovanni aveva un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle intorno ai fianchi; e si nutriva di cavallette e di miele selvatico (…)» (Mt 3,1-4).
Con questi riferimenti ha inizio il racconto di Matteo riguardante la predicazione di Giovanni (un testo ove si nota un certo parallelismo con gli scritti di Marco e Luca). Il lasso di tempo di circa trent’anni di vita privata di Gesù viene affrontato da Matteo (come sua abitudine) con un collegamento cronologico di tipo generico.
Il precursore di Gesù, dall’attività del suo ministero, era conosciuto come il Battista. Come colui che battezzava.[7] Sulle sue origini si trovano indicazioni anche nel Vangelo di Luca.[8] Egli predicava nel deserto. Si tratta di una regione solitaria che si estendeva tra il massiccio centrale della Giudea e la depressione del Giordano e del mar Morto. Questa insistenza su un luogo arido, privo di qualsiasi “protezione”, implica un fatto significativo. Giovanni ha lasciato la propria casa. Non ha seguito le orme paterne, quelle cioè di Zaccaria. Quest’ultimo, svolgeva il proprio servizio sacerdotale (era della classe di Abìa[9]) nel Tempio di Gerusalemme.[10] Mentre il padre segue rigidamente tutti i rituali del tempo, il figlio si allontana da questa realtà che si svolgeva nel più grande edificio religioso degli Ebrei, e “celebra” un altro tipo di rito: quello segnato da uno stretto rapporto tra l’acqua che purifica e la conversione dei cuori che rinnova.
In realtà, esistono delle differenze tra l’uso dell’acqua fatto da altri predicatori del tempo[11] e il modus operandi del Battista. In situazioni analoghe, bastava un’immersione per confessare pentimento e una adesione alla Legge ebraica e al suo insegnamento dottrinale. Nell’agire del Battista, invece, l’uso dell’acqua assume le caratteristiche di una vigilia. Giovanni predica l’avvento del Messia, e dialoga con quanti lo interrogano riguardo alla sua identità.
Emerge, a questo punto, un altro aspetto significativo. In che momento il profeta ha avvertito la vocatio a “lasciare” la vita ordinaria per affrontare un nuovo itinerario esistenziale? C’è stato solo un ragionamento umano, un episodio significativo, o piuttosto il cambiamento è avvenuto per un’azione della Grazia? Ci sono state delle situazioni contingenti? Delle esperienze con altri ebrei religiosi, che hanno in qualche modo influito sulla scelta radicale di Giovanni?
Al riguardo, si è in genere propensi a considerare più fattori.
Certamente, è presente in Giovanni una personale capacità a leggere la storia del suo tempo, a riflettere sugli eventi che la caratterizzano. Nel comportamento presso il fiume Giordano colpisce, ad esempio, la sua libertà di azione. La sua ricerca di significati esistenziali. Il suo rifiuto verso atteggiamenti rituali di cui avvertiva interiormente un non coinvolgimento.
Non si può, però, dimenticare anche l’azione della Grazia. Tale evidenza è esplicita già nell’incontro tra la Vergine Maria e la parente Elisabetta (Lc 1,39-56), e troverà il suo culmine quando Giovanni, in modo diretto e convinto, indicherà ai presenti Gesù (Gv 1,29-34), Colui che salva.
Qualche studioso ha poi voluto aggiungere un possibile influsso degli esseni[12] sulla formazione spirituale del profeta. Tale posizione è interessante ma è considerata in genere debole. È una realtà che desta interesse nel senso che la comunità degli esseni aveva una propria dottrina (inclusa l’immortalità dell’anima), delle Regole da rispettare (incluse le abluzioni), e riservava un’attenzione particolare a una figura centrale: il maestro di giustizia, morto a causa della sua lotta contro l’empietà.[13]
Tale vicenda storica, che implicava per alcuni pure il rispetto del celibato, e che sosteneva la non violenza, rimane però difficilmente assimilabile all’insegnamento di Giovanni. Il Battista, infatti, era ascoltato da alcuni seguaci ma non predicava la vita in comunità autosufficienti. Non aveva difficoltà a usare l’elemento acqua ma non come rituale di semplice purificazione. Era proteso verso la salvezza del popolo ebraico ma divergeva da coloro che rimanevano favorevoli a metodi “rivoluzionari”. Nel Battista non si osserva lo sviluppo di una dottrina sistematica, o la trascrizione puntuale di regole di comportamento, ma le sue affermazioni sono tutte orientate in direzione della prossima venuta dell’unico Salvatore.
L’insegnamento di Giovanni
Questo profeta, incontrando la gente che gli si avvicina, esorta a un ravvedimento. Tale indicazione supera la concezione di una vita semplicemente onesta. Ampia la prospettiva. In pratica, è necessario un mutamento nel modo di pensare, nel consiglio e nella condotta. È la conseguenza di un vero pentimento, per seguire la volontà di Dio, il Suo Disegno.
In tale contesto, occorre ricordare che l’espressione “regno dei cieli” è una frase semitica, tipica dell’evangelista Matteo (gli altri scrittori del Nuovo Testamento preferiscono “regno di Dio”) nella quale “cieli” è una sostituzione ebraica del nome di Dio (cf Lc 15,18).[14] Regno di Dio equivale a regno del Messia. Tenendo conto di tutta la predicazione evangelica, esprime una realtà presente, in continuo perfezionamento e progresso, e una realtà futura, perfetta e totale. Ha un aspetto interiore, invisibile, per indicare il regno della grazia nelle anime, e un aspetto sociale, visibile, in quanto coincide con la Chiesa, fondata da Cristo (Mt 16,18-19).
Nell’Antico Testamento, la regalità di Yahweh è un argomento che si trova con significativa frequenza. Tale contenuto biblico ha, come parallelo, il tema della regalità del Messia.
Nel contesto descritto, la vittoria legata all’azione di Dio, nel senso della charitas e della giustizia, si realizza soprattutto nella misericordia del Signore. Questa, sostiene nel procedere verso la salvezza. In tale ambito, l’espressione “è vicino” si potrebbe anche tradurre “è giunto”, in quanto il Battista prepara i suoi contemporanei all’avvento di Cristo. Si tratta di un evento che inaugura il regno in terra, e che attua la missio redentiva.
Ma in Matteo, a ben vedere, esiste anche un altro dato significativo. Già nel Libro di Isaia (40,3), citato dall’evangelista, si parlava dell’araldo (la voce) che rivolge un messaggio al popolo d’Israele ancora in esilio a Babilonia: la liberazione dei deportati. Adesso, nella pienezza dei tempi, è il Messia che sta per guidare il popolo di Dio, per liberarlo dalla schiavitù del peccato.
È da annotare poi un ulteriore aspetto non debole. In Oriente, non esisteva la manutenzione delle strade da parte delle pubbliche autorità. Di conseguenza, in occasione della visita di un ospite di riguardo, un banditore avvertiva gli abitanti di sistemare in qualche modo le strade per preparare una degna accoglienza. L’evangelista Matteo si collega a questa prassi e la applica in senso spirituale alla venuta del Figlio di Dio.
Il modo di vivere giovanneo
Nelle pur brevi indicazioni di Matteo, si trovano ancora altre espressioni che possiedono un insegnamento ben compreso dai suoi contemporanei. Giovanni il Battista è descritto in modo essenziale. I suoi indumenti, diversi da quelli usati in genere dalla popolazione del posto, indicano un esercizio di penitenza (Mt 11,8). In particolare il ruvido tessuto di peli di cammello faceva contrasto con la lana e il lino usati in quel tempo per i mantelli e le tuniche. Le vesti del Precursore facevano subito pensare agli antichi profeti (cf 2 Re 1,8[15]; Zacc 13,4[16]). Le cavallette arrostite, dopo essere state private della testa, delle ali e delle zampe, e il miele selvatico, depositato nel cavo degli alberi e delle rocce da api in libertà, costituivano un cibo di fortuna per beduini ed asceti. “Miele” era detto anche il succo dei datteri pestati.
In tale contesto, nel modo di vestire giovanneo, emerge più una radicalità che un rigore. Quest’ultimo, infatti, si collega a delle regole di comportamento, a dei rituali, a delle prassi in uso in ambienti di una certa importanza. Nella radicalità, al contrario, si passa da un fatto esteriore a un vissuto interiore. È il cuore, prima di tutto ad essere “radicale” nel suo interagire con altre vite, altre esistenze, altre realtà esperienziali. Il cuore orienta la mente in un disegno di accoglienza vera della Parola di Dio. Dal formalismo, quindi, dalla ripetitività di atti stabiliti in norme, si passa a una normalità di vita segnata da una fede, dalla capacità di inginocchiarsi sulla nuda terra senza timore dei commenti di chi è “presente” ma non “vicino”. La radicalità si allontana da tutto ciò che è equivoco, e da quanto costituisce un compromesso. La radicalità è libertà nello Spirito.
Accorrevano a lui…
L’evangelista Matteo, dopo aver presentato la figura del Battista, mette in evidenza un secondo aspetto: l’interazione di Giovanni con quanti lo avvicinavano. Si riporta al riguardo il passo evangelico: «(…) Allora accorrevano a lui[17] Gerusalemme e tutta la Giudea e tutta la regione intorno al Giordano[18], ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano mentre confessavano i loro peccati. Veduti poi molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira che sta per venire? Fate, dunque, un frutto degno della penitenza, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Noi abbiamo per padre Abramo”, perché io vi dico che Dio può da queste pietre far sorgere figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero, dunque, che non fa buon frutto si taglia e si getta al fuoco. Io vi battezzo in acqua per la penitenza, ma colui che viene dopo di me è più potente di me; a lui io non sono degno di portare i sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco: nella sua mano tiene il ventilabro e purgherà la sua aia, e raccoglierà il suo grano nel granaio, brucerà, invece, la pula con un fuoco inestinguibile (…)» (Mt 3, 5-12).
Tre diverse situazioni
Nel brano evangelico citato si possono riscontrare tre situazioni. Nella prima, l’evangelista rende nota l’esistenza di uno spontaneo movimento di varie persone verso l’austero predicatore.
Ciò sta a significare, oltre a una coralità che indica le diverse provenienze dei discepoli, che esistevano realmente degli ebrei che, secondo l’uso del tempo, intendevano purificarsi da una vita non sempre rispettosa della dottrina, dei precetti religiosi.
A questo punto, anche un altro dato assume connotati di chiarezza. Se Giovanni si dimostra capace di “coinvolgere” diversi contemporanei, vuol dire che la sua persona è conosciuta, che la sua storia è nota, e che la sua missio sta diventando palese. In definitiva, l’agire del Battista non rimane alla stregua di un generico rituale religioso, ma diventa un riferimento che “spinge” a “cambiare” vita.
Nella seconda situazione la prospettiva si colloca invece dalla parte del profeta. È lui che accoglie e che orienta. In tal modo l’interazione è completa. Egli unisce alle esortazioni morali dei lavacri. Anche in questo caso può essere utile fornire qualche chiarimento.
I lavacri rituali (Mc 7,3-4), in greco “battesimi”, e la confessione dei peccati, non erano pratiche sconosciute agli ebrei. Secondo alcuni autori, in questo tempo era forse già in uso il “battesimo dei proseliti”. Quest’ultimi, convertiti al giudaismo, potevano essere probabilmente purificati dalle impurità contratte durante la vita precedente.[19]
Il punto centrale, però, è un altro. Il battesimo di Giovanni e la confessione dei peccati da lui richiesta si differenziano da altre pratiche ebraiche per l’immediato riferimento al regno di Dio collegato alla venuta del Messia. Una medesima sottolineatura riguarda i raffronti che si possono fare tra la predicazione del Battista e la dottrina/pratica della comunità religiosa ebraica contemporanea di tipo esseno. Di questa, sono stati rinvenuti (dal 1947 in poi) documenti e resti di costruzioni a Qumrân, in prossimità del mar Morto.
I reperti studiati consentono di ricostruire con più evidenza e ricchezza di particolari il clima religioso del Vangelo.[20]
Unitamente a quanto annotato, occorre ancora ricordare un aspetto che conserva un significato preciso. Giovanni Battista, seguendo la prassi dei profeti, attribuiva una particolare importanza al riconoscimento personale dei peccati (cf Ger 31,29ss; Ez 18,1-30ss). Tale preferenza è legata a un dato: ogni conversione deve nascere da un incontro diretto con Dio che salva. È davanti a Lui che il fedele conferma il proposito di conversione. L’impegno di prossimità, di fraternità con i propri contemporanei ne costituisce la conseguenza.
Lo scontro con intellettuali e religiosi
La seconda situazione, però, è segnata anche da una criticità non debole: l’atteggiamento severo del Battista verso l’aristocrazia intellettuale e religiosa del tempo. I membri di questa élite avevano sentito parlare di Giovanni. Decidono così di osservarlo da vicino. E di ascoltarlo. Ma il loro comportamento è fin dall’inizio critico, polemico.
Per questi soggetti, Giovanni rimane un individuo “irregolare”, “fuori” da ogni schema ebraico del tempo, “estraneo” a un modello da seguire. La sua posizione è vista apertamente in negativo anche perché il profeta si discostava dall’agire della propria famiglia sacerdotale. Si motiva così una situazione difficile con i farisei e i sadducei.
I farisei[21] (in ebraico perushim: separati) traevano la loro origine dall’eroismo di un nucleo di ebrei che si erano opposti con tenacia alla violenza di Antioco IV Epifane (al potere dal 175 al 164 a.C.),. Quest’ultimo, intendeva ellenizzare Israele. In tale contesto, avvenne un fatto. La preoccupazione di mantenersi immuni ed estranei all’influsso straniero, si tradusse poco alla volta nel mondo ebraico in atteggiamenti rigoristi esasperati. Tali comportamenti venivano giustificati con interpretazioni sottili e minuziose della legge. Le spiegazioni erano fornite dai dottori e maestri (i rabbini). A questo insegnamento si attribuiva un particolare valore.
I sadducei[22] (da Sadoc, sommo sacerdote del tempo di Salomone, 1 Re 2,35) seguivano delle linee operative meno rigide, con comportamenti più accomodanti. I loro membri, cercavano di conciliare le esigenze della teocrazia ebraica con l’adesione alle pubbliche autorità pagane (che dava loro anche la possibilità di lucrosi affari). Essi rifiutavano ogni prescrizione aggiuntiva al dettato letterale della legge. Ciò consentiva di mantenere a quest’ultima una certa indeterminatezza ed elasticità. I sadducei provenivano soprattutto dall’ambiente sacerdotale. Costituivano una corrente spirituale, mentre i farisei erano un nucleo politico-religioso.
In tale contesto, le frasi riportate dall’evangelista Matteo conservano dei significati precisi. Ad esempio, “razza di vipere” è un’espressione che significa in generale: pessimi figli di pessimi padri (cf Mt 12,34; 23,33). La vipera, in particolare, nell’ambito di una valutazione, di un giudizio, è simbolo delle potenze infernali avverse al regno di Dio. “Razza di vipere” designa così chi si mette accanto a satana (cf Gv 8,44). “Ira incombente” è il giudizio di Dio. Questo, separa i giusti dagli indegni che non avranno parte al regno di Dio.
Il riferimento ad Abramo
Il confronto, poi, tra Giovanni e i suoi oppositori si concentra anche sull’insegnamento di Abramo. Gli interlocutori del Battista, per sottolineare la propria ortodossia, affermavano: «noi abbiamo per padre Abramo».[23] Si tratta di un preconcetto teorico. Davanti a tale posizione, il profeta oppone la necessità di una concreta disposizione al ravvedimento, espressione di un impegno personale. A questo punto, si arriva a un concetto-chiave. Il privilegio della discendenza da Abramo, capostipite del Popolo Eletto non è un’automatica garanzia di salvezza. Alla dignità di origine deve corrispondere la dignità delle azioni personali secondo l’esempio dello stesso patriarca (Gv 8,39).
Alcune frasi-simbolo
In questo controbattere agli argomenti dei farisei e dei sadducei, il Battista usa anche delle espressioni “forti”. Queste, nell’uso del tempo, costituivano delle frasi-simbolo comprese dal popolo. Concretamente: 1] il paradosso delle pietre indica che non è il legame di sangue ma quello di fede a disporre alla salvezza. 2] La scure già posta presso l’albero significa che il giudizio è imminente. 3] Il fuoco indica, alla maniera ebraica, l’efficacia radicale dell’azione purificatrice dello Spirito Santo. Questa, non si verifica – al contrario – in un semplice battesimo di acqua (es. quello di Giovanni).[24] 4] La maggiore potenza (o fortezza) costituisce una superiorità nell’ordine della dignità e quindi della natura. Tale aspetto è legato al fatto che il Battista considera sé stesso un servo di nessun valore del Messia. Giovanni afferma che non è degno nemmeno di prestare quei servizi che l’ultimo degli schiavi era solito offrire al padrone portandogli i calzari. 5] Il riferimento, poi, al ventilabro conserva un significato particolare. Negli anni del Battista il contadino palestinese provvedeva alla spulatura[25] del grano. Lo faceva a inizio mattina e nelle ore serali sfruttando la brezza. Come avveniva questa operazione? Con il ventilabro (si trattava di una forca di legno) lanciava in aria grano e paglia. Quest’ultima, portata dal vento, ricadeva distante dai chicchi di frumento.
Ma qual è il valore simbolico delle parole? Il fatto secondo cui il Messia brucerà la pula (conservata in genere per più usi) disegna un’immagine che è comune nei profeti per indicare il giudizio di Dio. A questo punto, il granaio vuol significare un premio stabile, mentre il fuoco che non si estingue rimanda all’idea di una pena duratura (cf Mt 13,42.50).
L’incontro con Gesù
Nei successivi passi del Vangelo secondo Matteo viene poi descritto l’incontro tra il Battista e Gesù. È utile quindi riportare il brano: «Allora Gesù si reca dalla Galilea al Giordano da Giovanni, per essere da lui battezzato. Giovanni, però, cercava di distoglierlo dicendo: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni a me?”. Ma, rispondendo, Gesù gli disse: “Lascia, adesso, così; infatti ci conviene compiere ogni giustizia”. Allora lo lascia fare. Subito dopo il battesimo, Gesù uscì dall’acqua; ed ecco che i cieli si apersero per lui, ed egli vide lo Spirito di Dio discendere, come una colomba, e venire su di lui. Ed ecco una voce dai cieli che diceva: “Questi è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto”» (Mt 3,13-17).[26]
Gesù veniva da Nazareth (Mc 1,9). Il suo arrivo non era legato al caso. Aveva infatti l’obiettivo di presentarsi a Giovanni, e di compiere l’immersione in acqua in piena consapevolezza. (Mt 3,13). In tale contesto, gli elementi cronologici offerti dal quarto Vangelo richiedono una fase temporale di due mesi circa tra il battesimo di Gesù e la prima Pasqua della sua vita pubblica.
Nell’interazione riportata da Matteo, il Battista non è intenzionato a battezzare Gesù. Riconosce in Lui un’autorità superiore.[27] La risposta del Messia, però, indica una missio da compiere in ogni aspetto terreno.
Per il Cristo, il battesimo non è una necessità, non è un obbligo, ma è un modo per mettersi accanto a ogni persona. In seguito si passerà dalla prossimità all’accompagnamento guidato dal Figlio di Dio. Adesso, quest’ora dell’umiltà e della discrezione, conserva pure un insegnamento chiave: non è la dominanza che convince i cuori e le menti, ma è piuttosto la condivisione dei vissuti che attua una comunione e che partecipa di un corale cammino. Si comprende, allora, anche il significato dell’espressione “compiere ogni giustizia”. Quest’ultima, è agire secondo la volontà di Dio, attuando ogni condizione da Lui prestabilita per la manifestazione del Figlio. In definitiva, il compimento della giustizia esige la sua conservazione e il perfezionamento (Mt 5, 17-20).
“i cieli si apersero”
L’apertura dei cieli non è un’ideazione di tipo letterario dell’evangelista. È un linguaggio mistico che richiama il lettore alla presenza del Padre (con riferimento alla filiazione divina), e a quella dello Spirito Santo (presente già in Gen 1,2[28]). In tal senso Matteo intende far comprendere che il Disegno di Redenzione è trinitario. Tale visione trova significativi precedenti in Sal 2,7[29] e in Is 42,1[30]. Si può aggiungere, a questo punto, un ulteriore chiarimento: Il termine “diletto”, nel linguaggio biblico, è sinonimo di “unico”.[31]
Le successive criticità
La vicenda terrena di Giovanni il Battista non termina, però, con il “battesimo” di Gesù. Egli dovrà affrontare una “passio”.
Al riguardo, questo è il primo passo di Matteo che interessa: «(…) Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: “Non ti è lecito tenerla con te!”. Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta (…)». (Mt 14,1-5).
L’evangelista, in questo brano, fa riferimento ad Erode Antipa.[32] Questi, era uno dei figli di Erode il Grande e della sua quarta moglie, la samaritana Maltace. Nell’ambito della sua vita sentimentale aveva iniziato una convivenza con Erodiade. moglie di suo fratello Erode Filippo. L’episodio suscitò nel mondo ebraico sdegno. Erode Antipa, infatti, era già sposato con la figlia di Areta IV, re dei Nabatei. Inoltre Erodiade era anche sua cognata e la legge mosaica proibiva tali unioni.
Mentre è in prigione, Giovanni si trova ad affrontare una prova dolorosa perché interiore. spirituale. È la tentazione del dubbio, dell’improvvisa incertezza.
Scrive al riguardo Matteo: «(…) Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?”. Gesù rispose: “Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete[33]: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me”». (Mt 11,2-6).
Questo brano, ove Gesù segue la stessa didattica evidenziata in Mt 6,25-33, contiene un insegnamento particolare. I profeti non sono esenti dalle prove, dalle tentazioni. Anche il Precursore, ristretto nel buio di una dura segregazione, manifesta incertezza. Però, malgrado una situazione di dubbio, di improvvisa incertezza, non rimane passivo, non si chiude in sé stesso. Reagisce. Ha la volontà di chiedere, di voler capire, di confermare la propria sequela Christi.
La fine della vicenda è nota. La testa del profeta sarà tagliata per soddisfare la richiesta di Salomè[34], figlia di Erodiade. In realtà, dietro a un racconto che evidenzia gli intrighi del tempo, si cela un dato storico. Il Battista è seguito da un numero di seguaci che lo ammira e che lo sostiene. E che sicuramente preme per liberarlo. Per il potere del tempo si tratta di una minaccia da risolvere al più presto, considerando anche altre precedenti ribellioni.[35]
Morto Giovanni, «i suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù» (Mt 14,12). I Vangeli, però, non indicano ove fu depositato il corpo del profeta. A questo punto, quindi, è necessario tener conto delle tradizioni (cristiane e musulmane). Rufino di Concordia[36] narra (nel 361-362) che la tomba del Battista era a Sebastia.[37] Che alcuni pagani appiccarono il fuoco alla sepoltura. Che alcuni discepoli raccolsero le ceneri e le protessero.[38] San Girolamo informa di aver visitato la tomba del Precursore all’interno di un luogo di culto.[39] Eusebio di Cesarea evidenzia il fatto che la tomba di Giovanni era a Sebastia.[40] La Tradizione, poi, indica ulteriori vicende sulle quali non è facile sviluppare un’indagine storica.
Le successive criticità (segue)
Nel contesto finora delineato, occorre sottolineare il fatto che anche Giovanni il Battista venne seguito nella sua missio da un gruppo di discepoli. Questi, fecero proprio il suo insegnamento, lo andavano a trovare in prigione, e rimasero un nucleo autonomo dopo la morte del profeta (movimento penitenziale di natura escatologica). Non tutti i seguaci di Giovanni decisero di seguire la predicazione di Gesù, e di accogliere la Sua Rivelazione. Si costituirono in tal modo due nuclei di discepoli che seguirono un proprio percorso spirituale. Ci si chiede perché non fu possibile l’unione dei due gruppi. Il Battista, infatti, aveva riconosciuto in Gesù Colui che toglie i peccati del mondo. Una delle risposte che si offrono per superare la quaestio è che a non tutti i seguaci del Battista fu chiara la missio di Cristo. Da qui la scelta di rimanere distanti. D’altra parte, non bisogna dimenticare il fatto che anche tra i discepoli del Figlio di Dio rimasero delle convinzioni che attestano una poca comprensione dell’insegnamento di Gesù. L’episodio dei due discepoli di Emmaus ne rimane una conferma.[41]
Qualche annotazione di sintesi
Nel Vangelo di Marco (1,1-4) la figura di Giovanni il Battista è presentata in stretto collegamento con la missio del profeta Isaia: «Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. / Come sta scritto nel profeta Isaia: / Ecco io mando il mio messaggero davanti a te,/ perché ti prepari la via; / voce di uno che grida nel deserto: / Preparate la via del Signore, / appianate i suoi sentieri, / Giovanni venne nel deserto a predicare un battesimo di penitenza in remissione dei peccati (…)».
Questo brano, che si collega a ulteriori riferimenti, conserva una particolare attualità perché indica la missio di ogni cristiano.
Ogni figlio di Dio è messaggero, è testimone, è discepolo; il preparare la via al Signore implica l’impegno di evangelizzazione, di catechesi, e di formazione permanente; il gridare nel deserto significa una testimonianza che a volte può non essere ascoltata in diversi ambienti. In altri casi, può costituire un andare controcorrente affrontando umiliazioni e porte chiuse; appianare i sentieri vuol dire essere operatori di pace, di giustizia.
Queste sottolineature, poi, si possono riassumere in un’unica indicazione: l’incontro con Gesù implica la sequela Christi. È questa la scelta chiave che distingue lo spettatore passivo, il critico verboso, dall’apostolo sempre in cammino.
·
[1] Il nome Giovanni significa: “YHWH (Yahweh) è misericordioso”, o “YHWH ha favorito”.
[2] Con la lettera Q – in tedesco Quelle (fonte), da cui Q – si vuole indicare una possibile fonte utilizzata nella stesura dei Vangeli sinottici. Si tratterebbe di un elenco di detti di Gesù.
[3] Flavio Giuseppe, Antichità giudaiche, cap.18,5,2 e cap. 18,116-119.
[4] Giovanni Battista è l’ultimo profeta dell’Antico Testamento. Unitamente a ciò, è il primo apostolo di Gesù, perché gli rese testimonianza ancora in vita.
[5] M. Piccirillo, Sebastija, scoperte archeologiche nel nome di Giovanni il Battista, in: ‘terrasanta.net’, 26 settembre 2006.
[6] H. Stegemann, Gli esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù. Una monografia, EDB, Bologna 1996.
[7] “Battesimo” deriva dal greco baptizein e significa “immergere” in acqua.
[8] Lc 3,1-20;3,23-38.
[9] La classe di Abia era l’ottava del ciclo dei turni sacerdotali.
[10] «Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccarìa, della classe di Abìa, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni. Avvenne che, mentre Zaccarìa svolgeva le sue funzioni sacerdotali davanti al Signore durante il turno della sua classe, gli toccò in sorte, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, di entrare nel tempio del Signore per fare l’offerta dell’incenso. Fuori, tutta l’assemblea del popolo stava pregando nell’ora dell’incenso. Apparve a lui un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccarìa si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: “Non temere, Zaccarìa, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni (…)”». (Lc 1,5-13).
[11] La Legge mosaica sanciva l’obbligo per i servitori di Dio della purezza spirituale e fisica. Si poteva diventare impuri in vari modi. Per superare tale situazione era necessario bagnarsi in acqua e lavare le vesti. (Levitico 11,28; 14,1-9; 15, 1-31. Deuteronomio 23, 10-11).
[12] E.M. Laperrousaz, Gli esseni secondo la loro testimonianza diretta, Queriniana, Brescia 1988.
[13] Cf anche: J.P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico, vol. 3, cap. 30, ‘Compagni e antagonisti’, Queriniana, Brescia 2010.
[14] E. Manicardi, Il regno dei cieli e pieno compimento. Il discorso del monte nel Vangelo secondo Matteo, EDB, Bologna 2022.
[15] «(…) Risposero: “Era un uomo peloso; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi”. Egli disse: “Quello è Elia il Tisbita!” (…)».
[16] «(…) In quel giorno ogni profeta si vergognerà della visione che avrà annunziata, né indosserà più il mantello di pelo per raccontare bugie (…)». (Riferimento ai falsi profeti).
[17] Su questo punto cf anche Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, 18, 116-119.
[18] Il Giordano nasce dal monte Hermon (2700 m) in Israele al confine con Libano e Siria.
[19] Al riguardo si rimanda a: Bibbia ebraica, Mishnah e Talmud.
[20] T.H. Lim, I rotoli del Mar Morto. Una breve introduzione, Queriniana, Brescia 2019.
[21] Cf anche: L. Baeck, I Farisei. Un capitolo di storia ebraica, Giuntina, Firenze 2013.
[22] Cf anche: C. Broccardo, I farisei, i sadducei e tutti gli altri. I gruppi socio-religiosi nel I sec. d.C., in: ‘Credere Oggi’, settembre-ottobre 2014, volume 202, numero 5.
[23] Con riferimento alla figura di Abramo cf anche:C.M. Martini, Abramo, nostro padre nella fede, San Paolo, Cinisello Balsamo 2016.
[24] L’effusione dello Spirito Santo era una caratteristica dei tempi che riguardavano l’opera e la personalità del Messia (cf Atti degli Apostoli 2,15-22).
[25] L’operazione di spulatura serviva a eliminare i chicchi di grano dalle particelle di paglia rimaste, tra cui la pula (l’involucro del chicco).
[26] Cf anche: Mc 1,9-11; Lc 3,21ss; Gv 1,31-34.
[27] «Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (…)». (Gv 1,29).
[28] «In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque».
[29] «Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: “Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”».
[30] «Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; (…)».
[31] Cf ad esempio: Is 5,1-5.
[32] Erode Antipa fu tetrarca della Galilea e della Perea dal 4 a.C. al 39 d.C.
[33] Frase evidenziata in grassetto perché significativa.
[34] Nobile donna giudaica di origine idumea. Faceva parte della dinasta erodiana.
[35] Su questo punto cf anche Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, 18, 116-119.
[36] Rufino di Concordia (345ca-410). Iulia Concordia è vicino ad Aquileia.
[37] Villaggio palestinese non lontano dalla città di Nablus.
[38] Rufino, Historia Ecclesiastica.
[39] Sofronio Eusebio Girolamo, san (347-420). Epistulae.
[40] Eusebio di Cesarea (265ca-339ca), Onomasticon.
[41] «(…) Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute (…)». Lc 24,13-35.
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Per saperne di più
AA.VV., Giovanni Battista. Un profeta e tre religioni, a cura di P. Gamberini, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2011. Benedetto XVI, Il martirio di San Giovanni Battista, Udienza Generale, Castel Gandolfo, mercoledì, 29 agosto 2012. G. Enna, San Giovanni Battista: il luogo della sepoltura, in: ‘https://www.chiesadioristano.it/, 21 giugno 2020. G. Flavio, Antichità giudaiche, 18, 109-119. La Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, Roma 2008. P.L. Guiducci, Giovanni Battista, in: trasmissione ‘A Sua Immagine’, RAI, puntata del 9 gennaio 2022. L. Manicardi, “Venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto”, in: ‘https://www.monasterodibose.it/’, 8 dicembre 2019. J.P. Meier, Un ebreo marginale, vol. 2, Queriniana, Brescia 2003. G. Michelini, La Bibbia e la storia. Chi fu davvero Giovanni il Battista?, in: ‘Avvenire’, 23 giugno 2021. M. Pagnoni, San Giovanni Battista, Maglio Editore, San Giovanni in Persiceto (BO) 2017. G. Pesenti, San Giovanni Battista. Precursore di Gesù Cristo, Elledici, Torino 2010. G. Ravasi, Andata e ritorno per Elia-Battista, in: ‘Il Sole 24 Ore’, 7 gennaio 2024. Id., Con il Battista sul Monte Macheronte, in: ‘Il Sole 24 Ore’, 23 giugno 2024. Id., Il precursore, “amico dello sposo”, in: https://comboni2000.org/, 23 dicembre 2020. N. Sammartano, Il precursore, Edizioni Segno, Feletto Umberto (UD) 2021. H. Stegemann, Gli esseni, Qumran, Giovanni Battista e Gesù. Una monografia, EDB, Bologna 1996. L. Urbani, Giovanni Battista: colui che ha preparato la via al Signore, in: ‘Vatican News’, 24 giugno 2018. Vangelo di Matteo, nuova versione, introduzione e commento, a cura di O. Cavallo, Paoline, Milano 2018.
Ringraziamenti
Mons. Salvatore Garofalo, Biblista (†). Card. Gianfranco Ravasi, Biblista, Presidente emerito del Pontificio Consiglio della Cultura. Mons. Prof. Dario Viganò, Vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.