AMALASUNTA, L’UNICA REGINA DEGLI OSTROGOTI

di Max Trimurti -

La figlia di Teodorico il Grande e nipote di Clodoveo, dopo la perdita del marito e del figlio diviene reggente e sovrana degli Ostrogoti, la sola riconosciuta come tale dall’imperatore d’Oriente.

 

Procopio di Cesarea, il segretario del generale Flavio Belisario, descrive in questo modo la regina di un regno di cui il suo signore ha iniziato la conquista nel 535: “Amalasunta era di nobile nascita ed era regina. Essa era molto bella da vedere e soprattutto ardente nell’ottenere quello che voleva. Per questo, l’imperatrice Teodora diffidava della sua magnificenza e del suo temperamento particolarmente virile.” In quel momento Amalasunta (495 circa-535) è già morta, dopo essere stata tradita da tutti ed esiliata sulla piccola isola Martana, sul lago di Bolsena, nel cuore dell’Italia.
Amalasunta, principessa degli Ostrogoti, deve il suo destino eccezionale (in fin dei conti poco invidiabile) alle molteplici e multiformi condizioni che si sono prodotte nell’esercizio del potere con l’insediamento dei regni barbari sui territori dell’antico Impero Romano d’Occidente.
Come nella maggior parte dei casi, non è alle tradizioni germaniche che bisogna attribuire queste soluzioni, ma piuttosto a quello che è veramente specifico ai sovrani barbari di questi primi tempi: la loro capacità di inventare nuove istituzioni, impadronendosi della tarda eredità imperiale romana e attribuendo alla gestione del potere una nuova dimensione. In questo contesto, Amalasunta si è ispirata alle Auguste del tardo Impero, come Aelia Ariadne, imperatrice d’Oriente (moglie degli imperatori Zenone e Anastasio I). In origine il titolo di Augusta era attribuito dall’imperatore alle donne della sua famiglia, alle quali affidava il compito di rappresentare la carica imperiale in determinate occasioni. Ma non sempre si trattava della sposa dell’imperatore.

Senza che questo titolo sia stato la fonte della loro autorità, sempre peraltro concesso dall’imperatore, queste donne godevano di un vero potere e soprattutto potevano rappresentare la sovranità. Amalasunta va oltre questo concetto, rimanendo regina in assenza di autorità maschile nel suo regno e facendo persino riconoscere la sua posizione da Giustiniano, l’imperatore d’Oriente. Questa posizione Amalasunta la deve prima di tutto all’assenza di eredi maschi diretti al trono ostrogoto. Una situazione che non risulta poi così eccezionale, ma dalla quale la donna saprà trarre notevoli vantaggi. Anche se questo significa che il suo destino è stato in primo luogo determinato dai decessi dei diversi potenziali eredi di suo padre Teodorico il Grande. Questi si era impegnato a distinguersi fra i nuovi re d’Occidente come sovrano eminente, ritenendo di essere il solo a promuovere una civilitas, cioè una civiltà romana, che appariva come un fondamentale modello di riferimento culturale e politico. Tale messaggio di superiorità il re goto aveva cercato di metterlo in opera specialmente grazie alle donne della sua famiglia, che aveva fatto sposare con i re vicini. La loro educazione era stata particolarmente curata ed esse si erano presentate come fattori di civiltà per la propaganda teodoriciana. La stessa Amalasunta aveva indubbiamente beneficiato degli insegnamenti di una rinomata precettrice romana, Barbara.
In mancanza di figli maschi, Teodorico era quindi stato costretto a inventare nuove soluzioni per la sua successione. Egli non desiderava associare al poter suo nipote Teodato, figlio di un primo matrimonio di sua sorella Amalafrida, preferendo tenerlo lontano dalla corte. Inizialmente aveva quindi scelto di far sposare Amalasunta a colui che giudicava degno di essere suo successore, un lontano parente visigoto, Flavio Eutarico, che faceva parte della famiglia reale gotica degli Amali, come Teodorico. Tuttavia Eutarico morì intorno al 524, prima di Teodorico. Quest’ultimo, nel momento di morire, nel 526, designò finalmente come erede Atalarico, figlio di Amalasunta e di Eutarico.

Il giovane non aveva ancora 10 anni e, di fatto, era Amalasunta a reggere gli affari di governo in nome del figlio. Fu lei a proseguire la politica di buona intesa e di collaborazione con l’aristocrazia romana, che costituiva l’armatura delle funzioni civili del palazzo di Ravenna. Negli ultimi anni del regno di Teodorico, queste relazioni si erano degradate, a causa di sospetti di collusione fra questi dirigenti e la corte di Constantinopoli. Il regno di Amalasunta inizia con una serie di gesti di pacificazione, dopo le condanne e le esecuzioni della fine del regno di suo padre (e di Eutarico). La donna si affretta a far riconoscere l’autorità sua e di Atalarico da parte dell’imperatore. Le tensioni, peraltro, non cessano totalmente e alcuni membri dell’aristocrazia gotica dimostrano una certa reticenza rispetto al nuovo corso. Agli inizi degli anni 530, Amalasunta si raccomanda ufficialmente all’imperatore Giustiniano.

nuremberg_chronicles_f_143r_3Nel 533 Atalarico muore. Amalasunta si presenta da quel momento come la regina, senza avere al fianco un uomo disponibile a portare il titolo di re. La donna viene comunque riconosciuta come sovrana dall’imperatore a Constantinopoli. Tuttavia, questa situazione inedita invece di consolidare indebolisce il potere reale. La regina non sceglie uno sposo a cui trasmettere il potere, ma si ispira alla pratica romana che prevedeva che un imperatore potesse scegliersi un associato (un consorte). Teodato, cugino di Amalasunta, benché fosse stato allontanato dal potere da Teodorico, rappresenta un membro maschio della famiglia degli Amali. Egli sembra l’associato ideale per rinforzare il trono ostrogoto. In effetti, Teodato è già sposato con Gudelive e per questo è chiaramente associato in seconda posizione. Una situazione che non risolve ne migliora i rapporti già complicati fra i cugini. Amalasunta scrive a Giustiniano affinché riconosca la posizione di associato di Teodato, ma l’imperatore non accorda il suo assenso formale. Nelle lettere che sono state conservate, la regina appare come il membro attivo, decisionale, mentre a Teodato vengono attribuite qualità di ponderazione e il gusto per la filosofia. Giustiniano, presentandosi come il protettore di Amalasunta, ha tuttavia interesse al suo indebolimento e alla sua perdita. Giustiniano ha appena riconquistato l’Africa vandala, giustificando il suo intervento con il recente sanguinoso colpo di stato di Gelimero, che aveva assassinato suo cugino, il re Ilderico, prossimo dell’imperatore.
La situazione conflittuale fra i cugini ostrogoti ravennati offre le stesse opportunità a Giustiniano, anche se l’imperatore ufficialmente è il protettore di Amalasunta. Teodato, indubbiamente incoraggiato da emissari e agenti imperiali, decide nel 535 di accusare la regina di tradimento, per ottenere il suo riconoscimento e lo statuto esclusivo di re degli Ostrogoti. Alla fine del mese di aprile del 535, Amalasunta viene imprigionata sull’isola Martana del lago di Bolsena e Teodato scrive a Giustiniano per giustificarsi e presentarsi come re degli Ostrogoti. Allo stesso modo Gudelive, sua sposa, scrive all’imperatrice Teodora presentandosi come la regina. Amalasunta viene strangolata nei bagni del suo luogo d’esilio, ma Teodato non riesce ad approfittarne, in quanto verrà rovesciato e rimpiazzato nel 536 da Vitige, che, a sua volta, provvederà ad eliminarlo fisicamente nel corso dello stesso anno.

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Per saperne di più
Amory Patrick, People and Identity in Ostrogothic Italy, 489-554, Cambridge 1997.
Azzara Claudio, L’Italia dei barbari, Bologna, il Mulino, 2002.
Burns Thomas S., A History of the Ostrogoths, Boomington, 1984.
Bordone Renato e Sergi Giuseppe, Dieci secoli di medioevo, Torino, Einaudi, 2009.
Heather Peter, The Goths, Oxford, Blackwell Publishers, 1996.
Heather Peter, La caduta dell’Impero romano, Milano, Garzanti, 2005.
Herwig Wolfram, Storia dei Goti, Roma, Salerno editrice, 1985.
Pepe Gabriele, Il Medio Evo barbarico d’Italia, Torino, Einaudi, 1959.