ALDO MANUZIO, EDITORE UMANISTA A VENEZIA

di Max Trimurti -

Alla fine del XV secolo Venezia è la capitale europea della stampa. Merito anche di Aldo Manuzio, inventore del carattere “italico” e delle edizioni tascabili.

Nella Venezia della fine del XV secolo, nonostante le devastazioni della peste – con la popolazione ridotta del 50% in un secolo e mezzo – e le guerre contro gli Ottomani, fervono la vita intellettuale e le attività culturali, artistiche e scientifiche. Anche se l’umanesimo veneziano è meno celebre di quello della sua rivale Firenze, nondimeno la città lagunare ha nei giovani nobili che hanno ricevuto una formazione presso l’Università di Padova il suo centro propulsore.
Il più dotato di questi giovani intellettuali è Ermolao Barbaro il Giovane (1454-1493) che cerca di riconciliare i due filosofi della Grecia antica, Platone e Aristotele, esamina le traduzioni dello scienziato mussulmano Averroé (Abū al-Walīd Muḥammad ibn Aḥmad Ibn Rushd), traccia un vasto programma di rinnovamento degli studi filosofici e intraprende una nuova traduzione degli scritti di Aristotele. E’ possibile che sia lui uno dei tre personaggi raffigurati nell’enigmatico quadro I tre filosofi (1505) del Giorgione.
La pittura incontra anche a Venezia una prima epoca d’oro con i fratelli Gentile (1429-1507) e Giovanni (1433-1516) Bellini e il cognato Andrea Mantegna (1431-1506), con Vittore Carpaccio (1465-1525 circa), le cui tele divulgano al pubblico i nuovi canoni architettonici ispirati all’Antichità, con Giorgione, naturalmente, e il suo giovane concorrente arrivato dal Cadore, Tiziano Vecellio (1489 circa-1576), autore, nella chiesa francescana dei Frari, di quella Assunzione che rivoluzionerà la pittura religiosa del tempo introducendo a Venezia lo splendore dei colori vivi.
Venezia attira anche numerosi maestri tagliatori di pietre provenienti dalla Lombardia, dalle Alpi bergamasche e dal Ticino. Fra essi, i Lombardo (un cognome derivato dalle loro origini) architetti e scultori che edificano la chiesa di Santa Maria dei Miracoli, segnando la fine del gotico fiammeggiante e inaugurando il rinascimento architettonico.
E’ in questo ambiente che arriva da Roma un giovane che darà un impulso decisivo all’Umanesimo e al Rinascimento a Venezia ed in tutta l’Europa.

Precettore di latino e greco

aldus_manutiusAldo Pio Manuzio nasce fra il 1449 e il 1452 a Bassiano, un villaggio del Lazio meridionale. Egli riceve una formazione letteraria a Roma quindi si trasferisce a Ferrara dove apprende il greco. Egli diventa allora, su consiglio dell’umanista Pico della Mirandola (1463-1494), il precettore dei figli di Lionello Pio, signore di Carpi. L’esperienza nell’insegnamento lo persuade dell’importanza degli studi classici e della necessità di apprendere la filosofia degli Antichi direttamente dalla lingua greca.
Verso l’anno 1489 Manuzio si installa a Venezia, sede di numerose stamperie, città arricchita dal commercio e dall’industria, dove può sperare di incontrare mecenati e una manodopera esperta, ma forse anche attirato dalla ricchezza dei manoscritti greci e latini delle biblioteche private o dai circoli dei patrizi conquistati dall’Umanesimo.
Egli vi annoda rapidamente strette relazioni con i nobili eruditi. Alvise Barbaro (1454-1533), Bernardo Bembo (1433-1519) e i suoi figli, Marco e Pietro. Di Venezia scrive che è “un luogo che si assomiglia al mondo intero piuttosto che ad una città”, e della quale avrà molte volte l’occasione per sottolineare il cosmopolitismo e la funzione di crocevia culturale e scientifico fra Oriente e Occidente.
Venezia ha accolto e adottato la stampa a partire dal 1469 e diverse decine di laboratori pubblicano fra il 1485 ed il 1494 non meno di 1336 titoli. Manuzio scrive, nel novembre del 1495, che in tempi torbidi per le guerre e le epidemie, “dove l’uso delle armi risultava più conosciuto di quello dei libri”, egli non avrebbe avuto pace fino a quando non avesse prodotto una abbondante edizione di buoni libri.
I libri vengono diffusi dai numerosi librai della città e Manuzio si mette in collegamento con il libraio Andrea Torresano detto Asolano (1451-1528), con il quale costituisce una società (1495), nel capitale della quale entra Pietro Francesco Barbarigo, figlio e nipote di due dogi, Marco ed Agostino. Il Barbarigo contribuisce con il 50% del capitale, Torresano con il 40% e Manuzio con il 10%.

I manoscritti più affidabili

The house of Aldus, di Frederick Wilson

The house of Aldus, di Frederick Wilson

Audace imprenditore, capace di mettere l’economia al servizio della cultura, Manuzio è convinto che senza denaro la stampa non ha un futuro certo. Supplica gli amici di comprare i suoi libri: “datemi del denaro affinché io vi possa procurare i migliori libri dell’Ellenismo, in quanto senza denaro sarebbe impossibile stamparli”.
Spirito metodico, inizia col pubblicare la Grammatica di Constantino Lascaris (1434-1501), utilizzando i caratteri incisi dal suo amico bolognese Francesco Griffo (1450-1518). Nel novembre 1495 edita il primo tomo delle Opere di Aristotele, più precisamente la Logica, concepita come prolegomeni (introduzione) alle scienze.
Manuzio dedica molta attenzione nel recuperare i manoscritti più affidabili, effettuando una ricostruzione filologica dei testi e mettendo in evidenza i passaggi dubbi. Trae queste opere dall’oblio, anche a costo di realizzare una edizione provvisoria, che potrà essere superata dagli ulteriori progressi della conoscenza, atteggiamento che è tipico di un procedimento scientifico.
Nel 1496 pubblica il De Aetna, del suo amico Pietro Bembo, in cui l’autore, sul modello dei dialoghi di Platone, racconta al padre l’ascensione del vulcano in occasione di un viaggio in Sicilia dove si era recato per perfezionare la conoscenza del greco. Per questo libro il suo amico stampatore Francesco Griffo incide un carattere raffinato denominato poi “Bembo”.
Nel 1499 Manuzio edita gli scritti antichi d’astronomia (Scriptores astronomici veteres) e lo stesso anno esce dalla stamperia l’Hypnetonomachia Poliphili (il sogno di Poliphile), un racconto onirico ed erotico scritto in un latino imbastardito del 1467 da un autore anonimo. Si è molto discusso sull’identità dell’autore e dell’incisore, ma nessuno ha mai messo in discussione il fatto che si tratti di uno dei capolavori della stampa di tutti i tempi. L’anno seguente, a testimonianza del suo eclettismo, Manuzio pubblica le Lettere devote (Epistole devotissime) di Santa Caterina da Siena.

Leggere senza il supporto di un leggio

manuzio_2Nel marzo 1501 Manuzio ottiene il privilegio per un nuovo carattere messo a punto ancora una volta da Francesco Griffo. Si tratta “di una lettera corsiva, di cancelleria, di una grande bellezza, mai realizzata”, elegante e ispirata alla scrittura della cancelleria pontificia. Questo nuovo carattere, che verrà denominato “Italico”, viene destinato ai classici latini, che vengono pubblicati con un formato anch’esso inedito.
Maneggevole, l’in 8° (in-octavo: il foglio stampato viene piegato tre volte, dando, in tal modo, 8 foglietti ovvero 16 pagine) viene destinato non più alla sola clientela ristretta del grosso in-folio, ma a un pubblico più largo, attirato da questa edizione tascabile che Manuzio denomina “enchiridi”. Questi libri si possono portare in viaggio e leggere senza il supporto di un leggio. Insomma, si tratta di attirare verso il libro numerosi nuovi clienti; questo successo commerciale arriva a compensare la carenza di guadagni delle edizioni greche, di lenta diffusione.
Manuzio, in tal modo, fa del libro uno strumento di cultura a buon mercato di cui egli ha reso più facile la lettura, introducendo segni di punteggiatura intermediari (la virgola), apostrofi, virgolette, accenti, numerazione delle pagine e indice. Le due edizioni dei poeti latini superano frequentemente i 3 mila esemplari. Dopo aver stampato le tragedie di Sofocle, pubblica nel 1503 diciotto tragedie di Euripide nel suo formato preferito.
Manuzio ha messo a punto anche un marchio editoriale – un delfino attorcigliato ad un’ancora di marina, circondata dal nome proprio, Aldus – che contribuisce al suo successo, ma che purtroppo non gli evita le contraffazioni, in particolari da parte di librai italiani e lionesi, che trasgrediscono il doppio privilegio (autorizzazione esclusiva di stampare un libro, approvato dalla censura; questa viene concessa allo stampatore al fine di proteggerlo dalle contraffazioni), veneziano e pontificio, concesso a Manuzio.

Al ritmo delle alleanze

Nel 1505 sposa la giovane Maria, figlia del suo associato Andrea Torresano e trasferisce la sua stamperia e il domicilio nella casa del suocero. In quest’epoca Manuzio entra in relazione con Erasmo da Rotterdam, che gli propone le sue traduzioni latine delle tragedie di Euripide (Ifigenia in Aulide, in particolare). Nel 1508 Erasmo viene a stabilirsi nella casa di Manuzio a San Paterniano, nel cuore del quartiere di San Marco.
Dalle presse escono altre opere di Erasmo, gli Adagi (1508) e l’Elogio della follia (1515). In una ventina di anni, Manuzio edifica la sua biblioteca ideale, “una biblioteca che aveva per frontiera il mondo stesso”, secondo le affermazioni di Erasmo.
Le relazioni con gli ambienti umanisti europei legati al re di Francia, all’imperatore Massimiliano d’Asburgo e a papa Giulio II fanno temere Aldo per i suoi affari e la sua libertà, nel momento in cui una coalizione europea (la Lega di Cambrai), stipulata, su istigazione del pontefice, infligge a Venezia, il 14 maggio 1509, la terribile sconfitta di Agnadello. Le truppe della lega si impadroniscono delle province italiane della Serenissima e si accampano sulle rive della laguna. Manuzio, che non si sente più sicuro, preferisce chiudere il suo laboratorio e si rifugia presso Lucrezia Borgia, duchessa di Ferrara.
Il rovesciamento delle alleanze per iniziativa del papa, preoccupato di mantenere un equilibrio nella penisola fra i re di Francia e di Spagna, provoca la sconfitta dei Francesi a Ravenna (aprile 1512). Nel frattempo, il vecchio protettore di Aldo, Alberto III Pio di Savoia (1475-1531), signore di Carpi, ha negoziato un riavvicinamento fra Venezia e il pontefice e così l’editore stampatore può finalmente ritornare a Venezia per riprendere l’attività.
Nel marzo 1513 pubblica una prestigiosa edizione delle opere di Platone che dedica a Giovanni de’ Medici, recentemente eletto al soglio pontificio con il nome di papa Leone X. Costantemente sollecitato dagli autori, pressato dai tipografi che reclamano le prove di stampa da correggere con minuzia, Aldo Manuzio si consuma nella sua attività quotidiana. Nonostante sia gravemente ammalato, trova ancora il tempo di pubblicare in 8°, nel gennaio 1515, il De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro, prima di morire il 6 febbraio dello stesso anno.
Per i funerali, il suo corpo viene esposto nella chiesa di San Paterniano, sopra un catafalco circondato dai libri che ha editato, un giusto omaggio all’uomo che ha traghettato la cultura dall’età del manoscritto a quella del libro stampato e che tanto si è prodigato per la conoscenza della scienza antica in un mondo che si ingrandiva rapidamente a seguito delle scoperte geografiche.