UCRAINA: GUERRA DI BUGIE
di Mattia Ferrari -
Di fronte a una guerra di aggressione la solidarietà dell’opinione pubblica si rivolge solitamente al Paese aggredito; invece nel caso dell’Ucraina si osserva il fenomeno di trovare attenuanti all’attacco russo. E non di rado si assiste alla diffusione di fake news volte a giustificare il conflitto di Putin.
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Non intendo qui discutere delle numerose disinformazioni fornite durante la guerra ucraina, ma ritengo giusto elencare quelle principali.
La prima riguarda il “colpo di Stato” che nel 2014 avrebbe fatto cadere un presidente democraticamente eletto solo perché filorusso: Viktor Yanukovich. Le ragioni della deposizione di quest’ultimo vanno, in realtà, ricercate nel malcontento provocato dalle sue politiche che rischiavano di trasformare l’Ucraina in uno Stato autoritario: la Costituzione del 2004 che limitava i poteri del presidente venne abrogata, la magistratura – passata sotto il suo controllo – cominciò a perseguitare i leader dell’opposizione, le aziende degli oligarchi «anticonformisti» vennero fatte oggetto di controlli e sanzioni amministrative, e la corruzione riprese sempre più a diffondersi nella vita politica del Paese. Le proteste che si susseguirono nei mesi del 2013-14, che portarono alla caduta del presidente ucraino, furono dovute non tanto al mancato accordo commerciale con l’Unione Europea, ma al timore che l’Ucraina potesse sprofondare in una dittatura, specie dopo che la polizia fece sgomberare con la violenza Piazza Maidan il 30 novembre 2013. 1
Un’altra notizia priva di fondamento è quella della persecuzione dei russofoni che avrebbe scatenato la guerra civile nel Donbass. Quello che in realtà è accaduto è che gruppi paramilitari russi ( i cosiddetti «omini verdi») invasero nel 2014 l’Ucraina occupando la Crimea e alcune regioni del Donbass (le prime operazioni per l’invasione della Crimea cominciarono ancora prima che Yanukovich lasciasse il Paese). Che dietro a questi gruppi vi fosse la Russia basti considerare che il capo militare dei separatisti era Igor Girkin, un ex membro dei servizi di sicurezza russi. Nel 2016 la procura dell’Ucraina ha inoltre reso pubbliche una serie di telefonate tra Sergej Glaz’ev, economista e membro dell’amministrazione russa, con una serie di attivisti filorussi in Ucraina, nella quale dava istruzioni per organizzare proteste e assalti ad edifici pubblici. Il numero di 14.000 morti nel Donbass – citato per accusare Kiev di pulizia etnica contro i russofoni – si riferisce in realtà a tutte le vittime del conflitto, compresi i militari ucraini: si stima che le vittime civili siano state 3404, di cui la quasi totalità nel 2014-15, per poi calare drasticamente negli anni successivi (nei tre anni del 2019 al 2021 si stimano 25 morti all’anno). La maggioranza dei civili morì probabilmente perché si trovava intrappolata in territori teatro di combattimenti, e non vi fu quindi un genocidio contro un gruppo giudicato etnicamente diverso. 2
L’argomento più citato è comunque quello della presunta minaccia NATO alla Russia. A prescindere dalla supposta promessa infranta della non espansione nell’Europa dell’Est della NATO, basterebbe notare che l’ingresso dell’Ucraina – come aveva dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz – non era all’ordine del giorno. L’Ucraina non aveva neppure i requisiti per entrarvi dato che questi comprendevano il non avere territori contesi (come lo era invece la regione della Crimea, occupata dalla Russia e rivendicata dall’Ucraina). Vi sarebbe anche molto da dire sulla presunta minaccia NATO che, almeno prima dell’invasione russa, era tutt’altro che in condizioni ottimali, al punto che nel 2019 il presidente francese Emmanuel Macron aveva dichiarato che l’alleanza si trovava in «stato di morte celebrale».
È curioso, tra l’altro, notare che i difensori della causa russa tendono spesso a ignorare il suo imperialismo. Mosca ha più volte ha affermato di non considerare l’esistenza autonoma della popolazione ucraina perché parte integrante dei territori russi: «La presenza di uno Stato indipendente sui territori storici russi sarà una ragione costante per la ripresa delle ostilità» ha dichiarato l’ex presidente russo, e attuale vice capo del Consiglio di sicurezza nazionale, Dmitry Medvedev. 3
Per evitare di dare sostegno all’Ucraina si usano anche argomentazioni capziose. Una di queste descrive il conflitto come uno scontro tra opposti nazionalismi: se la Russia è imperialista, l’Ucraina non è da meno in quanto nella società sono assai diffuse simpatie naziste. A parte la falsità dell’affermazione (l’estrema destra in Ucraina ha ottenuto scarsi risultati elettorali), la condanna di una guerra d’aggressione non dipende dalla forma di governo del Paese attaccato. La Polonia del 1939 era uno Stato che discriminava fortemente i tedeschi di Danzica ma ciò non giustifica la guerra di Hitler scatenata, per sua stessa ammissione, per conquistare lo «spazio vitale» a Est. Così come il fatto che Saddam Hussein sia stato un feroce dittatore non esime dal condannare l’invasione dell’Iraq da parte degli USA con il pretesto di una fantomatica minaccia di armi chimiche (mai trovate).
Si afferma inoltre la contrarietà a inviare armi all’Ucraina perché ciò non farebbe altro che prolungare la guerra e quindi il numero delle vittime, e che occorrono invece negoziazioni. Tuttavia, non si può certo incolpare l’Occidente per mancanza di disponibilità nel trattare: lo stesso Zelensky ebbe a dichiarare cinque giorni prima dell’invasione russa: «Siamo pronti a sederci e parlare. Scegliete la piattaforma che preferite». Viene poi da domandarsi se disarmare l’Ucraina possa effettivamente portare a un minore numero di morti: una conquista russa del Paese non porterebbe a una feroce epurazione di tutti i veri e presunti oppositori di Putin? Non vi è rischio di altri massacri come a Bucha? E l’Occidente non sarebbe poi accusato, in futuro, di aver voltato le spalle all’Ucraina come con la Cecoslovacchia nel 1938? L’ideale della non violenza – sostenuto sovente da chi è contrario ad armare Kiev – può sembrare un grande valore, ma il pacifismo portato alle estreme conseguenze rischia di favorire indirettamente i dittatori: cosa sarebbe successo se gli inglesi avessero scelto, gandhianamente, la strada della non violenza e quindi di non impugnare le armi contro Hitler e Mussolini?
Tra l’altro, risulta sospetta la buona fede di certo pacifismo volto in realtà non a terminare il conflitto, ma ad avvantaggiare l’aggressore, in modo simile a ciò che fece Stalin durante il Patto Molotov-Ribbentrop, quando dichiarò sulla Pravda: «dopo l’apertura delle ostilità, la Germania si è rivolta alla Francia e l’Inghilterra con proposte di pace, e l’Unione Sovietica ha sostenuto apertamente le proposte della Germania, perché riteneva e continua a ritenere che una rapida fine della guerra possa alleviare in modo risoluto la situazione di tutti i paesi e di tutti i popoli». 4 Anzi, si può notare che certo pacifismo sembra in realtà diretto unicamente in funzione antiamericana: non risulta che durante la guerra di Corea e del Vietnam vi fossero manifestazioni contro la Russia, «colpevole» di prolungare il conflitto rifornendo di armi la Cina e i vietcong, come invece si è visto attualmente nei confronti degli Stati Uniti per il loro appoggio all’Ucraina.
Ignota a oggi è la conclusione che avrà il conflitto russo-ucraino, ma indipendentemente da ciò si può affermare una cosa: l’inaspettata resistenza all’invasione ha dimostrato che l’Ucraina è una vera nazione e non uno Stato artificiale o una mera espressione geografica.
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1 Per le vicende sul regime di Yanukovich e l’Euromaidan, Simone Attilio Bellezza, Il destino dell’Ucraina. Il futuro dell’Europa, Scholé, Morcelliana, Brescia 2022, pp. 99-130.
2 Sulla vicenda della guerra nel Donbass, Niccolò Pianciola, “Donbass: il pretesto per l’invasione”, in Russia. Anatomia di un regime, a cura di Memorial Italia, a cura dio di Marcello Flores, “Corriere della Sera”, Milano 2022, pagine 93-121.
3. Medvedev, “L’Ucraina è russa, con Kiev verranno altre guerre”, ANSA, 17 gennaio 2024.
4 Citazione da Antonella Salomoni, Il protocollo segreto. Il patto Molotov-Ribbentrop e la falsificazione della Storia, Il Mulino, Bologna 2022, p. 47.