1918, LA GRANDE ILLUSIONE DOPO LA GRANDE GUERRA

di Max Trimurti -

Nel novembre 1918 viene annunciato l’armistizio e la fine della Prima guerra mondiale. Si nutrono speranze per una pace duratura che eviti il ripetersi di una tragedia di così vaste proporzioni. Ma in quel conflitto e in quella pace si nasconde la matrice del destino europeo del XX secolo.

Il 4 novembre 1918 e il mattino dell’11 novembre rispettivamente sulla fronte italiana e sulla fronte francese risuonano gli squilli del cessate il fuoco che annunciano la firma dell’armistizio e la fine dell’inferno della Prima guerra mondiale. In quasi tutte le trincee e i settori del fronte gli uomini si alzano, superano i parapetti per incontrarsi. La guerra è finita.

Bilancio del conflitto

La prima pagina del New York Times dell11 novembre 1918

La prima pagina del New York Times dell’11 novembre 1918

Complessivamente la guerra è durata 51 mesi, con un costo in vite umane di 800.000 uomini per l’Italia e 1.400.000 per la Francia. Nel complesso, fra vincitori e vinti, sono stati uccisi circa 9 milioni di soldati, senza contare i mutilati e le vittime civili. Dai tempi antichi, l’Europa e il mondo non hanno mai conosciuto nulla di così mortifero in un periodo equivalente.
Nel 1917 la guerra ha portato al potere in Russia una tirannia come non se ne erano mai viste. Per reazione la minaccia mondiale del bolscevismo farà sorgere il fascismo ed il nazionalsocialismo tedesco, anch’essi figli della guerra.
In quello stesso 1917 gli Stati Uniti sono entrati nel conflitto. Essi interverranno ancora nel 1919 nella falsa pace di Versailles, distruttrice dell’antico ordine europeo. In effetti tutti gli altri conflitti del XX secolo ne sono la conseguenza, a cominciare dalla Seconda guerra mondiale.

Il 14 febbraio 1919, durante la seduta plenaria della Conferenza di Pace, viene data lettura del Patto della Società delle Nazioni, con il quale si realizza il sogno di Woodrow Wilson. In termini enfatici egli esalta la “maestà del bene” che è appena riuscito a distruggere il male. Per il presidente americano, il mantenimento del Reich tedesco e delle altre grandi monarchie europee sarebbe stato non solo un pericolo politico ma anche economico. Ai suoi occhi, liberalismo e liberismo sono indissolubilmente legati. Egli è convinto che il cambiamento di regime si tradurrà ovunque in una vittoria del libero commercio, nell’abbandono dei metodi statali di espansione economica, nell’avvento della democrazia e della pace. In effetti in tutta Europa si mettono in opera dei regimi democratici, dei quali, meno di vent’anni dopo, non resterà più nulla.

La Grande Guerra è la chiave del destino europeo nel XX secolo

La Grande Guerra, matrice del secolo, risulta in effetti la chiave del destino europeo. Lo svolgimento dell’epoca successiva vi si trova inscritto dall’inizio alla fine: l’intrusione degli USA negli affari europei, la rivoluzione bolscevica del 1917 con tutto quello che segue, la rivoluzione fascista in Italia e quella nazionalsocialista in Germania. Vi si trovano ugualmente in germe le frustrazioni nate dalle ingiustizie di pace che porteranno alla Seconda guerra mondiale ed alla sue mostruosità. E’ ancora alla Grande guerra che occorre risalire per comprendere le conseguenze del 1945, la sottomissione dell’Europa all’influenza opposta dell’URSS e degli USA, le decolonizzazione, il caos mondiale, l’americanizzazione dei costumi e delle mentalità, la destrutturazione dell’arte e del pensiero, la rivoluzione degli anni ’60, il terrorismo e l’emigrazione.

Allorché l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo viene assassinato a Sarajevo nel giugno 1914, questa città faceva parte dell’Impero Austro-ungarico, come Praga e Budapest. Città come Helsinki o Varsavia si trovavano sotto l’autorità dello zar di tutte le Russie. Königsberg e Strasburgo appartenevano al Reich tedesco e Salonicco faceva parte dell’Impero Ottomano. Gli Inglesi regnavano sull’Irlanda e i Francesi in Algeria.
Fra il 1914 e la fine del secolo, città e nazioni sono passati di mano e le frontiere interne dell’Europa sono state sconvolte. Numerose popolazioni sono state spostate, cacciate, massacrate. Qualcosa di mai visto dalla Guerra dei Trent’anni.
Il trauma derivato dalle guerre di religione e dalla prima Guerra dei Trent’anni (1618-48) era stato così forte che aveva portato alla creazione di un nuovo ordine europeo, laico ante litteram, sanzionato dai Trattati di Westfalia. Quello che questi trattati avevano di ingiusto per l’ex Sacro Impero Germanico era compensato dalla instaurazione in Europa di un diritto delle genti, lo “jus publicum europeum”, che metteva fine al carattere illimitato delle guerre ed alla criminalizzazione del nemico. Questo diritto era fondato sulla sovranità degli stati e la legittimità delle guerre limitate che questi conducevano per regolare le loro divergenze. Nonostante i significativi strappi verificatisi durante le guerre della rivoluzione francese e dell’impero napoleonico, questo diritto resta in vigore anche all’indomani di questi conflitti, consentendo di riportare, nel 1815, la pace senza rappresaglie con il Congresso di Vienna. Il sistema non sarà però in condizioni di resistere agli eccessi delle due guerre mondiali, che per questo motivo possono essere considerate come una nuova guerra dei 30 anni (1915-1945). Come nel XVII secolo, le due guerre mondiali comportano uno sconvolgimento totale, ma in un senso contrario. Imponendo i loro principi, i due grandi vincitori, USA ed URSS, ripudiano l’antico “jus publicum europeum” a vantaggio di qualche cosa che, sotto una coltre di morale e di ideologia, assomiglia piuttosto al diritto del più forte.

Simultaneamente, degli sconvolgimenti immensi, venuti d’oltre Atlantico, colpiscono tutte le società europee. In cinquant’anni gli Europei, i Francesi in particolare, hanno vissuto il crepuscolo e la scomparsa di un mondo millenario, una rivoluzione di un’ampiezza decisamente più ampia di quella del 1789. Insomma, per fare un esempio, la Francia, che una volta era il centro del mondo, scopre che non ha quasi più nulla da dire. Il crollo dei riferimenti nazionali, ideologici e religiosi, l’esplosione degli egoismi individuali, l’implosione della coppia e della famiglia, lo smantellamento degli antichi modelli educativi, la scomparsa delle finalità collettive, la proliferazione del cinismo e della corruzione, hanno spezzato gli antichi ancoraggi, senza peraltro creare dei nuovi punti di appoggio.

Una nuova guerra di religione

Il presidente americano Woodrow Wilson

Il presidente americano Woodrow Wilson

Dopo aver ucciso 9 milioni di combattenti, senza parlare dei civili, la Prima guerra mondiale liquida i tre imperi e le aristocrazie che strutturavano l’Europa. Alle popolazioni sottoposte a questa “tabula rasa”, sospinte dalla collera o dalla speranza, nuovi profeti hanno promesso la costruzione di una società più giusta, che avrebbe fatto parte del loro avvenire. Mentre Woodrow Wilson annuncia al mondo l’instaurazione della pace e della prosperità attraverso la democrazia ed il libero mercato, nello stesso tempo Lenin promette ai proletari una società egualitaria, liberata dal bisogno e dallo sfruttamento. Mussolini sta progettando di rispondere alla crisi dello stato moderno forgiando una nazione unita e forte, una nazione di produttori e di soldati, mentre Hitler sta invece pensando a fondare un potente ed invincibile Reich dei Tedeschi, assicurandogli il suo spazio vitale (lebensraum). Nel corso dei decenni seguenti, quattro ideologie rivali, la democrazia liberale, il comunismo, il fascismo ed il nazionalsocialismo, si daranno da fare per mobilitare le masse. Tutte e quattro portano in sé la convinzione e la certezza di poter rifondare la società su delle nuove basi che consideravano provate dalla ragione e dalla storia.

I discepoli di Wilson che avevano dei sostenitori anche in Europa, devono molto rapidamente rinunciare ad estendere la loro utopia. Dopo aver imposto la democrazia parlamentare in quasi tutta Europa, la stessa entra in crisi negli anni ‘30 di fronte alla creazione di poteri autoritari, che si riallacciavano più o meno con la tradizione politica anteriore al 1918. Alla fine degli anni ‘30 l’utopia della Società delle Nazioni è ormai morta. Il Reich hitleriano registra vittorie spettacolari all’interno ed all’esterno, ma l’ebbrezza del successo provocherà anche la sua rovina. Avendo raggiunto il suo apogeo fra il 1940 ed il 1941, nonostante prodigi di tenacia che non fanno certo dimenticare tutti gli orribili eccessi di ferocia, lo stato hitleriano affonderà in seguito in una sconfitta assoluta che trascinerà con sé anche quella del fascismo.

Flying The FlagDopo il 1945, essendo state vinte le più dinamiche delle quattro ideologie attraverso la forza delle armi, le due restanti rimangono in competizione per circa mezzo secolo di guerra fredda, il cui esito è stato incerto per lungo tempo. Ma questa lotta è avvenuta senza una vera partecipazione delle popolazioni europee. Dissanguate, spossate, distrutte dagli sforzi titanici esercitati nelle due guerre mondiali, esse entrano in letargo, ad eccezione di minoranze sempre più deboli. L’onda possente delle passioni collettive è di nuovo caduta. I vecchi credenti si trasformano in nostalgici impotenti o in cinici apatici e rassegnati. E si scoprono la seduzione del ripiegamento sugli egoismi e le smorte ambizioni della sfera privata. E’ in tal modo che dopo il 1945, portata dalla vittoria americana, la democrazia liberale o sociale si installa in Europa, drogata spesso da metodi presi in “prestito” dal fascismo che sono appunto la personalizzazione del potere, il senso dello spettacolo, lo stile sportivo dei dirigenti, l’efficacia tecnocratica.

La lotta continua fra le due ideologie vittoriose della Seconda Guerra Mondiale si conclude nel 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, evento che precede l’implosione dell’URSS nel 1991. La vittoria assoluta della democrazia americana sul comunismo non è stata una vittoria scontata. Sessant’anni prima non era assolutamente certo che la democrazia americana avrebbe trionfato sul nazionalsocialismo e sul fascismo. Questo è stato il risultato della sua alleanza con l’URSS e l’effetto di una serie di concatenamenti imprevisti. Quella che è potuta sembrare a posteriori una necessità hegeliana non è stato altro che il frutto del caso. E tutto è oggi dimostrato dal fatto che l’iperpotenza americana e la sua ideologia messianica hanno incontrato rapidamente degli ostacoli che nessuno aveva previsto: sconfitte militari, risveglio di antiche civiltà, rancori islamici, affermazione di nuove potenze – a cominciare dalla più recente, quella della nuova Russia nazionale – ed infine le fragilità interne di una economia finanziaria fondata sull’artificio, senza parlare dei cambiamenti demografici interni. Ancora una volta, l’avvenire non è scritto da nessuna parte.

Per saperne di più
M. Macmillan, Paris 1919 - Random House, New York, 2003
S. Cordellier, Dizionario di storia e geopolitica del XX secolo – Bruno Mondadori,  2001
C. Jean, Geopolitica del mondo contemporaneo – Laterza, 2012