1807: QUANDO LA FRANCIA INVASE IL PORTOGALLO

di Massimo Iacopi -

Chi domina Lisbona e Oporto controlla il commercio con il Brasile e una parte dell’Africa. Napoleone lo sapeva bene e per questo si decise a cacciarne le forze inglesi, trasformando così il Portogallo per dieci lunghi anni nella posta in gioco della rivalità fra le due potenze.

 

Ritratto di Giovanni VI di Braganca, di Albertus Jacob Frans Gregorius (1825)

Ritratto di Giovanni VI di Braganca, di Albertus Jacob Frans Gregorius (1825)

Alla fine del XVIII secolo il Portogallo, legato agli Inglesi da una serie di accordi, inaugurati con il Trattato di Windsor nel 1836, era vittima delle bramosie permanenti della Spagna e non aveva possibilità di scelta nelle alleanze. Se voleva conservare i contatti con le sue colonie e i suoi stabilimenti (Brasile, San Tomé, Angola, Mozambico, Mascate, Ormuz, Timor, Macao) doveva evitare di scontrarsi con Londra: la Royal Navy controllava ormai tutte le coste europee e le rotte oceaniche. Questo dominio era peraltro accettato, in quanto le navi e le autorità britanniche alzavano in permanenza il loro pavese nei porti di Lisbona e di Oporto, pagando un sostanziale affitto di trecentomila sterline l’anno. A Parigi, dove la situazione non era affatto gradita, si stimava non conveniente né possibile intervenire direttamente nel regno dei Bragança nel bel mezzo delle guerre rivoluzionarie.
La situazione viene a modificarsi radicalmente con la comparsa di Napoleone Bonaparte. Questi, in effetti, suggerisce alla Spagna un’offensiva contro il Portogallo e nella primavera del 1801 ha luogo la breve Guerra delle Arance. Il primo ministro spagnolo, Manuel Godoy, infiammato dalle promesse dell’ambasciatore francese Luciano Bonaparte (fratello di Napoleone) e facile vincitore di qualche scaramuccia sulle truppe portoghesi, otterrà da questa avventura un bottino di scarso rilievo: la città di Olivenza o Olivença (in portoghese) e i suoi dintorni (dove si producevano succulente arance, da cui il nome del conflitto) passano nel girone spagnolo; in cambio della benevolenza francese, il Portogallo viene inoltre condannato a versare una forte indennità ai tesori spagnolo e francese (di cui una parte verrà sviata da Luciano Bonaparte).
La cosa più importante per Parigi era, tuttavia, il fatto che il principe Giovanni VI di Bragança, che governava il Portogallo dal 1791 a causa della follia di sua madre la regina Maria I, aveva promesso di chiudere i porti al commercio inglese. Il ministro degli esteri francese Charles Maurice de Talleyrand-Perigord, per assicurarsi di tale promessa, lo aveva costretto a firmare un trattato di “neutralità” il 19 marzo 1804.

Una costosa tranquillità

Napoleone alla battaglia del ponte di Arcole

Napoleone alla battaglia del ponte di Arcole

Per il Portogallo, però, si trattava di pagare (con un milione di franchi al mese) una tranquillità poco sicura. Incapace di far fronte all’ammontare dell’indennità dovuta alla Francia, il reggente e il ministro degli esteri Antonio de Araujo e Azevedo, conte de Barca cercano di guadagnare tempo. Una strategia rischiosa, tanto più che l’Inghilterra non poteva permettere che il suo vecchio vassallo potesse passare nel campo francese. La Royal Navy, senza bloccare totalmente le rotte marittime, riserva “libertà” agli scambi anglo-portoghesi rendendo per contro difficoltoso il commercio della madrepatria portoghese con il Brasile e i suoi altri possedimenti oltremare. Un’azione tale da far diminuire di più del 25% il volume commerciale in appena tre anni. Per uscire da questo vicolo cieco, il principe Giovanni adotta una politica di doppio gioco che col passare del tempo si rivela insostenibile.
Napoleone, non appena rientrato da Tilsit dove aveva firmato la pace con lo zar nel 1807, intima con al reggente portoghese di scegliere fra “il continente e le isole”. Egli conferma poco tempo dopo le sue intenzioni bellicose all’ambasciatore del Portogallo De Lima, in occasione di un ricevimento del corpo diplomatico: «La Casa di Bragança smetterà di regnare in Europa nel giro di due mesi ! Io non ne soffrirò molto, perché oggi esiste un inviato inglese in Europa». Come in passato, l’imperatore contava soprattutto sul suo alleato spagnolo per assecondare le sue idee.
Napoleone fa sapere al re di Spagna, Carlo IV di Borbone, che intende concedere la sovranità spagnola sul regno di Bragança. Ma, poiché non desiderava che si ripetesse la commedia della Guerra delle Arance, l’imperatore invia un corpo di spedizione di 20.000 uomini, agli ordini del generale Jean Andoche Junot, vecchio ambasciatore francese a Lisbona. Questa forza, riunita nei pressi di Bayonne attraversa i Pirenei il 17 ottobre 1807 dopo aver ottenuto l’autorizzazione di Madrid ad attraversare il suo territorio.
L’operazione franco-spagnola viene ufficializzata il 29 ottobre 1807 con un trattato segreto firmato a Fontainebleau fra il Gran Maresciallo di Palazzo, Geraud Duroc e il rappresentante spagnolo Izquierdo. Il piano delle operazioni del corpo di spedizione francese prevedeva un rinforzo da parte di un contingente equivalente di truppe spagnole e la garanzia del controllo delle vie di comunicazione e di rifornimento di Junot assicurato dai soldati Francesi, stanziati nel nord della penisola iberica con la missione di intervenire in caso di sbarco inglese. Il testo del trattato prevedeva inoltre la spartizione del Portogallo in tre zone: il nord al ramo di Luigi di Borbone Parma (un Borbone di Spagna, già re d’Etruria, regione che vuole annettere all’Impero), il sud per Manuel Godoy e il centro in “riserva”. Carlo IV, nello stesso trattato, si vedeva garantito il possesso della penisola “dai Pirenei fino al mezzogiorno” e la promessa di ricevere “nel giro di tre anni” il titolo di imperatore delle Due Americhe. Tenuto conto della sua debolezza politica e militare, Carlo IV non aveva alternative se non quella di far finta di crederci.

Junot a Lisbona

Junot in divisa da sergente dei granatieri nel 1792

Junot in divisa da sergente dei granatieri nel 1792

Nel momento in cui Junot assume il comando del Corpo di Spedizione arriva la notizia che il Portogallo si è finalmente piegato alle esigenze francesi, dichiarando guerra all’Inghilterra. I diplomatici francesi e lo stesso imperatore valuteranno, a ragione, questo nuovo voltafaccia di Lisbona come un ulteriore espediente per guadagnare tempo. In effetti una flotta inglese, comandata dall’ammiraglio Sydney Smith e salpata in direzione di Lisbona, stava facendo finta di effettuare un blocco navale. Il 17 ottobre 1807 Napoleone scriverà a Junot: «Continuate la vostra marcia… Occorre che voi siate a Lisbona entro il 1° dicembre, come amico o come nemico».
L’operazione viene conclusa nel tempo stabilito, senza grandi difficoltà. L’esercito era penetrato nel regno di Carlo IV fra due ali di soldati spagnoli che presentavano le armi. Il 16 novembre 1807, dopo una marcia resa difficile dal cattivo tempo, dallo stato delle strade e da difficoltà di rifornimento, Junot arriva ad Alcantara e inizia l’attraversamento delle montagne che lo separano dal Portogallo. Dieci giorni più tardi, il generale francese si insedia ad Abrantes, la cui conquista, senza combattere, gli varrà il titolo napoleonico di Duca. Il 26 novembre, senza attendere il raggruppamento delle sue forze, Junot avanza verso Lisbona, dove entra quattro giorni più tardi, senza incontrare nessuna seria resistenza. Il Portogallo era stato conquistato senza consumare molta polvere da sparo.

Un vespaio

La vigilia dell’ingresso di Junot nella capitale, il reggente del regno si era lasciato convincere di fare vela verso il Brasile, sotto la protezione della marina inglese, seguito da più di diecimila notabili. Il generale francese poteva a quel punto darsi arie da proconsole, cominciando con l’imporre 100 milioni di tasse per rimpinguare le casse del tesoro francese.
Da parte sua, il governo britannico aveva deciso di mettere piede sul continente e in questo era incoraggiato dalla debolezza numerica e operativa del contingente di Junot.
Per quanto riguarda gli Spagnoli, il loro entusiasmo iniziale verrà rapidamente meno. Un colpo di mano dei partigiani di Ferdinando (poi Ferdinando VII), principe delle Asturie, aveva costretto suo padre ad abdicare in suo favore e fatto imprigionare il potente ministro Godoy. Napoleone, con il pretesto di farsi arbitro della questione, ordina al generale Gioacchino Murat (suo “luogotenente” in Spagna e le cui truppe, sempre più numerose, occupavano il nord della Spagna) di occupare Madrid. Egli invita Carlo IV e Ferdinando a raggiungerli a Bayonne ma, invece di scegliere uno dei due, li costringe entrambi ad abdicare in suo favore, per poi offrire la corona di Spagna a suo fratello Giuseppe. L’operazione appena conclusa a Bayonne sarebbe stata straordinaria (conquista di un altro Paese senza sparare un colpo di fucile) se non ci fosse stata la rivolta del popolo spagnolo, che nessuno aveva saputo prevedere. Il 2 maggio 1808 la capitale si solleva e occorreranno diversi giorni di una violenta repressione per riportare la calma.
Da quel momento l’esercito napoleonico verrà a trovarsi in un vero vespaio. Due corpi di spedizione inglesi sbarcano nella penisola: uno in Spagna agli ordini del generale John Moore, uno in Portogallo, comandato dal generale Arthur Wellesley, il futuro duca di Wellington. Se il primo viene ributtato a mare dopo una fulminante campagna condotta personalmente da Napoleone, il secondo si dimostrerà un avversario molti più coriaceo. Da quel momento, in quello che è stato denominato da tutti gli storici il ”cancro spagnolo” che ha corroso i fianchi dell’Impero napoleonico, il Portogallo ne sarà una sua metastasi e sul suo territorio gli eserciti francesi passeranno da una sconfitta all’altra.

Sconfitte francesi

La battaglia di Vimeiro, che precedette la capitolazione a Cintra

La battaglia di Vimeiro, che precedette la capitolazione a Cintra

Primo episodio: il 21 agosto 1808, con circa 17 mila soldati anglo-portoghesi, Wellington costringe Junot a capitolare a Cintra. I 13 mila prigionieri potranno rientrare in Francia, con navi inglesi. Ma il Portogallo passa nelle mani degli Inglesi, che non si comporteranno molto meglio dei Francesi. L’influenza delle aristocrazie locali, riunite in un Consiglio di Reggenza, verrà accuratamente contenuta e la popolazione sottoposta alle esigenze britanniche. Il reggente don Giovanni, sul vascello che lo portava in Brasile, aveva egli stesso dato la prova della dominazione inglese, autorizzando i liberatori-occupanti a interessarsi degli affari correnti del regno fino al suo ritorno. I possedimenti sudamericani, sebbene dipendano sempre dall’autorità dei Bragança, passeranno anche loro sotto le forche caudine di Londra: un trattato del 19 febbraio 1810 porrà il loro commercio sotto la tutela inglese. Negli anni seguente quasi il 90% delle navi che entreranno nella baia di Rio de Janeiro (nuova capitale del Portogallo) batteranno bandiera inglese. Sul continente, per circa quattro anni, il Portogallo sarà posto sotto stretto controllo e i suoi mercati saccheggiati sia per effetto di continui combattimenti sia per i saccheggi imputabili a entrambi i campi in lotta.
In effetti – ed è il secondo episodio – Napoleone non viene fermato dalla cocente sconfitta di Cintra anzi, egli organizza una seconda invasione, condotta dal generale Nicole Jean de Dieu Soult, proveniente da La Coruna. Oporto viene riconquistata e quindi nuovamente evacuata a seguito di un violento contrattacco inglese, il 12 maggio 1809, mentre il generale Claude-Victor Perrin, detto Victo, duca di Belluno, viene pesantemente sconfitto il 28 luglio seguente a Talavera.
L’imperatore decide, a questo punto, una terza invasione con il generale nizzardo Andrea Massena, duca di Rivoli, che non sarà molto più fortunato dei suoi predecessori. Nonostante i suoi 75 mila uomini, alcune vittorie e una irresistibile marcia iniziale, egli si arenerà sulle linee difensive di Torres Vedras, un insieme sapientemente fortificato che gli sbarra la via per Lisbona. Fino alla fine di questa guerra “portoghese” (spesso confusa con la guerra di Spagna) le avanzate e le ritirate saranno numerose fino all’ultima battaglia, a Sabugal, nei pressi della frontiera spagnola, il 5 aprile 1811. A seguito di questa definitiva sconfitta, Massena e Soult saranno costretti a evacuare tutti territori che ancora controllavano.

Il re a Rio de Janeiro e a Lisbona

Liberato dal giogo francese ma non dall’amministrazione britannica, il Portogallo sarà costretto a vivere un decennio paradossale nel quale la metropoli sembrerà piuttosto una colonia del Brasile. Il reggente vi rimarrà, in effetti, fino al 1821, mentre il suo regno europeo veniva governato dagli ambasciatori inglesi che si appoggiavano inizialmente su un Consiglio di reggenza e quindi su delle Cortes, completamente nelle loro mani.
Proprio perché non aveva nulla da temere da questo lato, Londra farà ammettere il Portogallo fra i vincitori di Napoleone (insieme alla Spagna): esso sarà fra gli otto firmatari del Trattato di Parigi del 30 maggio 1814, che mette fine a ben ventitré anni di guerre continentali. Tre ambasciatori portoghesi – Dom Pedro de Sousa Holstein, conte di Palmela, Dom Antonio Saldanha da Gama, conte di Porto Santo e Dom Joaquim Lobo da Silveira, conte di Oriola – saranno fra gli animatori del congresso di Vienna, anche se con un ruolo secondario.
Il congresso non farà alcuna obiezione alla creazione di un “Regno del Portogallo del Brasile e dell’Algarve”, nominalmente governato dal principe Dom Giovanni. Questi, alla fine dovrà scegliere fra l’Europa e l’America e rientrerà a Lisbona nell’estate del 1821. Diventato Giovanni VI, egli regnerà fino al 1826. Aveva lasciato a suo figlio, Dom Pedro de Alcantara, la reggenza delle terre americane del suo impero. Il 7 settembre 1822 il Brasile si dichiarerà indipendente, con Pedro I come “imperatore costituzionale”, decisione che sarà accettata da Dom Giovanni VI solo il 15 maggio 1825. Ma perché questo avvenga ci vorrà la minaccia del governo britannico di ritirargli il sostegno.
Ironia della sorte, Dom Pedro I del Brasile, che aveva avviato la secessione dalla madrepatria, ridiventerà re del Portogallo dopo la morte del padre, ma solo per qualche mese nel corso del 1826, prima di abdicare al trono di Lisbona in favore di Maria II, sua figlia maggiore. Egli finirà i suoi giorni in Portogallo combattendo contro i Miguelisti, dopo aver abdicato anche alla corona brasiliana nel 1831.

Per saperne di più

J. Weller, Wellington in the Peninsula – London, Nicholas Vane, 1969
D. Chandler, Le campagne di Napoleone – Rizzoli, Milano, 1992
D. Gates, The Spanish Ulcer: A History of the Peninsular War – Da Capo Press, 2001
F. Pimenta, Storia politica del Portogallo 1800-2000 – Le Monnier