TUNISIA, L’ULTIMO SUSSULTO TEDESCO

di Max Trimurti -

All’inizio del 1943 le difficoltà incontrate dalle truppe alleate in Tunisia permettono all’Asse di condurre diverse azioni offensive e di consolidare la loro ultima testa di ponte in Africa.

In Nordafrica, poste di fronte a truppe agguerrite e ben armate, le truppe anglo-americane evidenziano una carenza di coesione e di esperienza. Le sorti del conflitto sono ormai orientate a favore degli Alleati ma l’Asse, seppure in inferiorità di uomini e mezzi, è ancora in grado di sfruttare la migliore padronanza del teatro di guerra.

All’inseguimento di Rommel

Il generale Bernard Law Montgomery, avendo preso un certo tempo per ricostituire e riorganizzare le sue forze, riprende le attività operative a metà dicembre 1942, lanciando un attacco contro le posizioni tenute dall’Afrika Korps all’altezza di Buerat el Hsun. Ma ancora una volta il generale Erwin Rommel ne anticipa le intenzioni evacuando per tempo le sue forze. Nonostante le ripetute pressioni di Mussolini, il generale tedesco si rifiuta di difendere Tripoli. Le truppe italo-tedesche, tallonate da vicino dalla 7a Divisione corazzata, non possono irrigidire la loro resistenza che sulla linea Tarhuna-Homs e si preoccupano, pertanto, di distruggere le installazioni portuali prima di abbandonare la capitale libica.
Il 23 gennaio 1943 le avanguardie britanniche entrano nella città senza combattere. Fortemente irritato, il Duce ritira il comando al maresciallo Ettore Bastico, colpevole di non averlo ascoltato. “Monty”, dopo circa tre mesi dall’inizio dell’offensiva è riuscito a raggiungere il suo obiettivo, ma è in preda a gravi problemi di rifornimento. Il riattamento dei porti di Tripoli e di Bengasi richiedono diverse settimane di lavori e il solo porto disponibile, quello di Tobruk, con le sue linee di comunicazioni estremamente allungate, appare inadeguato a sostenere efficacemente le truppe impegnate in prima linea. In questa situazione, Montgomery non può sfruttare la sua superiorità numerica e lascia all’avversario la possibilità di proseguire il ripiegamento dalla Tripolitania verso il sud della Tunisia. Tre giorni più tardi, mentre le sue retroguardie conducono una azione ritardatrice, Rommel ispeziona le fortificazioni della Linea del Mareth, con le quali pensa di bloccare l’avversario.

La Maginot del deserto

Questa linea fortificata nella Tunisia meridionale era stata allestita fra il 1936 e il 1940 dall’esercito francese. La fronte difensiva, lunga circa 45 chilometri, va dal massiccio del Matmata fino a Mareth (di fronte all’isola di Djerba) ed è stata concepita al momento della sua costruzione per difendere la Tunisia da eventuali velleità espansionistiche dell’Italia fascista. La “linea Maginot del deserto” si compone di 40 casematte di fanteria, 8 casematte d’artiglieria, 15 posti comando e 28 punti d’appoggio. All’indomani dell’armistizio del 1940 con l’Italia tutte le opere erano state demilitarizzate da una commissione italo-tedesca, ma dopo la sconfitta di El Alamein, ben 35 mila italiani vi vengono impiegati per rimetterla in ordine. Il dispositivo originale viene rinforzato da un sistema di reticolati, 170 mila mine anticarro e antiuomo; vengono costruiti nuovi ricoveri e viene incrementata la potenza di fuoco con cannoni anticarro e difesa antiaerea. Rommel giudica la posizione di mediocre valore, ma il feldmaresciallo Albert Kesselring rifiuta categoricamente di ritirarsi fino a Gabes.

Operazione Eilbote

Dal canto suo, il generale tedesco Hans Jurgen von Arnim, comandante delle truppe tedesche in Tunisia, intende ridurre la minaccia del 19° Corpo d’Armata francese, in posizione sulla dorsale orientale tunisina, che pesa sulle sue linee di comunicazione. Egli decide pertanto di impegnare la 21a Panzer Divisione e una ventina di carri armati Tiger I nel punto di giunzione delle due dorsali. Il 18 gennaio, i corazzati tedeschi da 55 tonnellate sboccano dallo sbarramento dello Uadi el Kebir, mentre un’altra colonna blindata arriva dal ponte del Fahs. I vecchi cannoni anticarro francesi da 75 scheggiano appena le corazze d’acciaio dei Tiger, che costringono i legionari e i tiratori marocchini ad abbandonare le loro posizioni per portarsi sulle cime. Nel frattempo, il generale francese Louis Koeltz improvvisa uno sbarramento nei pressi di Maruf, per favorire un contrattacco di carri americani, ma al calare della notte i Tedeschi sfondano le posizioni dei Francesi, che sono costretti a rifluire in disordine sulla strada di Ousseltia. I soldati algerini del 2° Reggimento francese e del 1° Spahis, tagliati dalle loro retrovie e rimasti in posizione sulla dorsale, scendono verso sud attraverso il crinale; solo l’intervento dei carri americani riesce a stabilizzare la situazione. Il 28 gennaio la valle viene recuperata dagli Alleati, ma i Tedeschi riescono a mantenere il controllo della parte settentrionale della dorsale.

Rommel attacca Kasserine

tunisia30janto10apr1943legenda_in_italianoDa parte sua Rommel decide di approfittare del momento di pausa che gli viene concesso da Montgomery per condurre un’azione contro il 2° Corpo d’Armata statunitense del generale Lloyd Fredendall, che minaccia di tagliare le sue linee di comunicazione nella parte orientale della pianura costiera. In effetti, gli Americani hanno stabilito delle basi logistiche in Algeria e Tunisia e prevedono di avanzare fino a Maknassy, sul fianco orientale delle montagne dell’Atlante. Rommel, grazie ai rinforzi ricevuti, dispone ora di 78 mila uomini, ma risulta ancora carente in cannoni e carri armati. Per poter riuscire nell’intento deve colpire il più rapidamente possibile con un raggruppamento d’assalto, in modo da spezzare le prevedibili resistenze; l’avversario non deve però avere il tempo di impiegare in massa le sue riserve, dislocate sui passi.
Lasciando in copertura il 21° Corpo d’Armata italiano e la 164a Divisione leggera tedesca, Rommel riunisce un gruppo di combattimento forte di 200 carri armati, appartenenti alla 21a e 10a Divisione Panzer, per attaccare le linee americane e conquistare i passi che danno l’accesso all’altopiano. Il comando dell’operazione viene affidato al secondo di von Arnim, il generale Heinz Ziegler.
Il 14 febbraio 1943 due raggruppamenti di carri armati attaccano in direzione nord-est, abbastanza lontani sul retro della fronte nemica. Si impadroniscono del Col del Faidus, da dove passa la strada per Sfax. Nel corso della notte, la 21a Divisione Panzer aggira la posizione da sud e chiude la sacca all’altezza di Sidi Buzid, prendendo in trappola gli elementi avanzati della 1a Divisione corazzata USA. Dei battaglioni interi si arrendono e le carcasse fumanti di diverse decine di carri giacciono sul terreno di combattimento; i rinforzi inviati l’indomani subiscono la stessa sorte.
Opposti a unità esperte, le truppe e i comandi americani mancano di esperienza e non riescono minimamente a sfruttare la loro evidente superiorità materiale. Il raggruppamento dell’Afrika Korps condotto da Rommel, impegnato più a sud, raggiunge invece la città abbandonata di Gafsa. Arrivato a Kasserine, ai piedi della Dorsale occidentale, egli decide di marciare su Tebessa e quindi su Bona, sulla costa nord del Mediterraneo, per tagliare le linee di comunicazione dell’avversario e costringerlo a evacuare la Tunisia.
Il generale Dwight Eisenhower, che ha da poco ricevuto la sua quarta stella, accusa il colpo. Il comando alleato sospettava che i Tedeschi stessero preparando una offensiva, ma pensavano che questa avrebbe avuto luogo più a nord, nei pressi di Funduk.
Per loro fortuna, nel seno del comando tedesco regna la discordia. Von Arnim richiama le due divisioni blindate che aveva assegnato a Rommel, perché vuole condurre lo sforzo principale più a nord, nella valle del Medjerba. Rommel invia il generale Fritz Bayerlein a Roma per convincere Kesselring: il Comando Supremo decide in suo favore inviando un messaggio il 18 sera. Le due divisioni panzer rimangono ai suoi ordini, ma deve limitare la manovra e spingere in direzione di Thala e Le Kef, dove gli Alleati hanno potuto già raccogliere dei rinforzi, specialmente in artiglieria, e la 26a Brigata corazzata inglese.
L’indomani mattina la 21a Divisione tedesca progredisce in direzione del Colle di Sbiba, mentre l’Afrika Korps si ingaggia nell’Uadi Hatab in direzione di Kasserine. La 10a Divisione panzer e la Divisione corazzata Centauro vengono tenute in riserva. Il 19° Corpo d’Armata francese, rinforzato da carri armati britannici, riesce a resistere ai Tedeschi a Sbiba, ma le forze del colonnello Alexander Stark, difensore del settore di Kasserine mancano di esperienza e di combattività. Rommel lancia il suo attacco il 20 febbraio. Il fronte cede, gli Americani si ritirano, lasciando sul terreno una stupefacente quantità di materiale, sia per numero che per qualità.
Rommel invia due distaccamenti in direzione di Tebessa e di Thala, situata sulla strada per Le Kef, ma, contrariamente al solito, preferisce essere prudente lasciando il grosso delle forze in retroguardia, per poter meglio respingere un eventuale contrattacco. I rinforzi inviati in tutta fretta sul posto consentono agli Alleati di bloccare i blindati tedeschi, che cominciano a scarseggiare di carburante. Rommel che ha ormai capito che la sua offensiva non ha più sbocchi, ordina di ripassare i colli per concentrarsi sulla difesa della linea del Mareth. L’avversario, che non conosce lo stato esatto delle sue forze, non si arrischia a condurre un’azione di grande respiro. Alla fine delle operazioni di Kasserine, e con sua grande sorpresa, il generale Rommel viene nominato da Hitler comandante superiore del Gruppo Armate d’Africa.
Alla fine dell’offensiva tedesca, il 2° Corpo d’Armata USA ha perso 7 mila uomini, di cui 4 mila prigionieri, e 345 blindati, di cui 235 carri armati. Eisenhower rimpiazza il generale Fredendall con il focoso e indomabile generale George Smith Patton. Se gli Alleati hanno peccato per eccesso di prudenza, essi hanno appreso moltissimo dalla lezione impartita dal loro avversario e per il futuro dimostreranno qualità tattiche sempre migliori.

Operazione Capri

Una nuova minaccia si delinea a sud alla fine del mese di febbraio 1943. L’8a Armata britannica, che ha varcato la frontiera tunisina, è ormai in posizione davanti al Mareth. Lo sfondamento di questa linea avrebbe come effetto quello di prendere le forze dell’Asse in una morsa e di porle con le spalle al mare. Per questo Rommel intende colpire per primo e opta per una manovra di aggiramento del fianco. Il 6 marzo, la 10a, 15a e 21a Divisione Panzer e la 164a leggera effettuano un movimento in direzione di Metameur e di Medenine. I carri tedeschi vengono bloccati da uno schieramento di straordinaria densità e ben 52 carri, sui 141 lanciati nel combattimento, vengono distrutti, mentre i Britannici subiscono perdite minime, senza aver neanche avuto la necessità di impegnare i loro carri in combattimento. Per Rommel la sorte della battaglia della Tunisia è ormai segnata. Il giorno seguente vola a Berlino per convincere Hitler ad autorizzare un ripiegamento del fronte ed evacuare le truppe finché c’è tempo. Ma il Führer rifiuta di prendere in considerazione tale decisione, soprattutto alla luce della recente caduta di Stalingrado.

Operazione Pugilist

Alla partenza di Rommel, Von Arnim riprende il comando delle forze tedesche in Tunisia. Il 20 marzo, il 30° Corpo d’Armata inglese lancia un assalto frontale sulla linea del Mareth. I soldati italiani delle Divisioni Trieste e Giovani Fascisti resistono, aiutati anche dalle forti piogge che hanno ingrossato lo Uadi Zigzau. I carri britannici, incapaci di guadare, non possono accompagnare i fanti della 50a Divisione, che vengono inesorabilmente bloccati. Nello stesso tempo la 2a Divisione neozelandese del generale Bernard Freyberg, rinforzata dall’8a Brigata corazzata britannica e da una colonna francese (del generale Philippe Leclerc), effettua una larga manovra di aggiramento che la conduce a el Hamma, sul fianco della 1a Armata italiana del generale Giovanni Messe. Montgomery decide allora di spostare lo sforzo principale su questa direttrice e lancia il 10° Corpo d’armata sulla scia dei Neozelandesi. Von Arnim, preso atto della nuova situazione, invia la 164a leggera e la 21a panzer a Messe, per aiutarlo a sganciarsi e preparare la ritirata. Allorché il 26 marzo i carri della 1a Divisione corazzata britannica lanciano il nuovo attacco in direzione di Gabes è ormai troppo tardi; le truppe italo tedesche si sono ritirate in direzione di Gafsa e si sono rischierate sullo Uadi Akarit, lasciando peraltro sul terreno 10 mila prigionieri.
Il momento di respiro per gli Italiani è però di corta durata, in quanto, il 6 aprile, il 30° Corpo d’Armata lancia un nuovo assalto. Le truppe di Messe resistono tenacemente, ma progressivamente la loro posizione diviene insostenibile a causa del delinearsi di una nuova minaccia da nord-ovest. Il generale Patton, che è riuscito nel frattempo a rianimare le sue truppe, raggiunge il 17 marzo Gafsa; l’8 aprile effettua la sua giunzione con i Britannici, senza peraltro aver potuto prendere alle spalle il grosso dell’Armata italiana, ma comunque dimostrando appieno la giustezza delle previsioni di Rommel.