STORIA E CINEMA: LUCY LUCIANO

di Umberto Berlenghini -

Il film di Franco Rosi dipinge un gangster “tranquillo, dallo sguardo triste”. Ma incredibilmente sanguinario e capace di introdurre per primo la novità di un potere illegale a servizio di quello legale.

 

manifestoll-copiaErano passati soltanto sette mesi dal successo che Francesco Rosi e Gian Maria Volonté avevano conseguito al Festival di Cannes del 1972, che i due si trovarono di nuovo insieme a Vicari, non lontano da Palermo, per l’inizio delle riprese di Lucky Luciano. Grazie a Joseph Losey, presidente di giuria, sulla Croisette era stato un trionfo con la Palma d’Oro ex aequo a Il caso Mattei di Rosi e a La classe operaia va in paradiso di Elio Petri, con Volonté protagonista di entrambi i film che gli fecero guadagnare una Menzione Speciale. La preparazione per Lucky Luciano era stata analoga a quella fatta per Enrico Mattei, con Rosi curatore del look di Volonté fin nei minimi dettagli, suggeriti anche da alcune foto di Salvatore Lucania, per tutti Lucky Luciano, che Volonté fissava su una specie di tecnigrafo. Durante le sue ricerche Rosi aveva interpellato l’ex capo del Narcotic Bureau americano il quale aveva dato di Luciano la definizione di “uomo tranquillo, dallo sguardo triste”. All’insaputa di Rosi, Volonté si fece applicare un leggero strato di finti denti superiori per poi presentarsi sorridente di fronte al regista: a Rosi si gelò il sangue per la somiglianza.

Lucky Luciano entra nella galleria dei ritratti con i quali il regista partenopeo si afferma come maestro di un cinema di denuncia, realizzato con uno stile che sta fra il documentario e l’inchiesta giornalistica. Se per Il caso Mattei Rosi si era avvalso della consulenza del reporter de “L’Ora” Mauro De Mauro, la cui attività probabilmente fu causa della morte per ‘lupara bianca’, per il gangster siciliano il regista partenopeo si rivolse a un altro celebre ‘pistarolo’, Lino Jannuzzi, da sempre appassionato dei rapporti di potere. Per “L’Espresso”, nel 1967, Jannuzzi era stato autore insieme a Eugenio Scalfari di un’inchiesta sul SIFAR, il servizio segreto militare italiano, e sul cosiddetto ‘Piano Solo’, un piano di emergenza per il controllo militare dello Stato predisposto nel 1964 da Giovanni de Lorenzo. Rosi e Jannuzzi, con la collaborazione di Tonino Guerra, scrissero la sceneggiatura presentata poi al produttore Franco Cristaldi. Nel raccontare il suo film Rosi sostenne che Luciano era stato «il primo genio criminale che abbia capito l’importanza di mettere il potere illegale a disposizione di quello legale»: Luciano aveva stretto alleanze fra mafie fino a quel momento acerrime nemiche fra loro, come quella ebraica, irlandese e italiana. Il rigore di Rosi è nella ricerca dell’esattezza dei fatti, sui quali poi dà una sua interpretazione. Di Luciano, Rosi non solo ha “studiato le carte”, ma ha anche visionato le case dove ha vissuto, consultato i libri che leggeva, studiato il suo abbigliamento e naturalmente ha incontrato le persone che lo hanno conosciuto.

Alberto Scandola è docente di Storia del Cinema all’Università di Verona e nel 2019 ha co-curato un saggio sul cinema di Rosi: «Lucky Luciano lo presenterei come ideale continuazione – non un sequel – di Salvatore Giuliano, che per me è il film che renderà immortale Rosi nei secoli futuri, più de Le mani sulla città». Salvatore Giuliano è un film in bianco e nero dove il protagonista appare poche volte, ed è inquadrato da lontano e di spalle; in Lucky Luciano, opera a colori, Volonté non è presente in tutto il film come, ad esempio, ne Il caso Mattei, ma quando appare lo vediamo in primo piano, nei dettagli, vestito di quei completi grigi che hanno aiutato Rosi ad evitare lo stile ‘macchiettistico’ che molti suoi colleghi hanno usato per i loro film di mafia. Rosi ha raccontato un personaggio freddo, distaccato, elegantemente sobrio nel look.

Il film è privo di scene spettacolari o melodrammatiche che, in quel periodo, tutto il mondo aveva ammirato nei due Padrini di Francis Ford Coppola. In Lucky Luciano Rosi si sbarazza di sparatorie e violenza relegandole all’inizio, per poi avere mano libera nel tratteggiare la psicologia del personaggio e degli eventi storici che ne hanno caratterizzato la vicenda, a cominciare dall’improvvisa scarcerazione avvenuta per mano dello stesso procuratore che lo aveva fatto condannare e che gli permise di tornare in Italia. Nel film non manca il riferimento al presunto aiuto che la mafia avrebbe dato all’esercito angloamericano durante lo sbarco in Sicilia: tesi questa che da tempo gli storici sono concordi nel ridimensionare. Scandola pone l’accento su uno dei punti fermi del cinema di Rosi, il giornalismo che indaga sul potere: anche in Lucky Luciano immancabile è la conferenza stampa in cui il protagonista risponde alle domande dei giornalisti, per Rosi un escamotage per approfondire il racconto dei fatti, evitando l’ausilio di noiose didascalie. Per Scandola, Rosi impone una riflessione sui modi con cui i media hanno raccontato la verità, «la mediatizzazione dei fatti».

In Lucky Luciano compaiono Carlo Mazzarella e John Francis Lane: entrambi vantavano un duplice curriculum di reporter e attori/comparse nel cinema italiano. Altro personaggio del film è Charles Siragusa nei panni di se stesso: rappresenta l’altra faccia della Sicilia, quella onesta, acerrima nemica della mafia. Siragusa era stato prima capo della Commissione Investigativa Legislativa dell’Illinois, poi dell’Ufficio Europeo del Narcotic Bureau: per anni aveva dato la caccia a Luciano, ma quando raccolse le prove sufficienti per riportarlo in prigione, a salvare il boss dalle sbarre arrivò un provvidenziale infarto. Il cast di Lucky Luciano è formato anche da attori americani che negli anni ’70 erano degli affermati second role: Vincent Gardenia, Charles Cioffi, Edmond O’Brien e Larry Gates. Ma è la presenza di Rod Steiger nei panni di Gene Giannini a far tremare i polsi di chi ama il cinema di Rosi. In una sequenza girata per le vie di Napoli, Giannini chiede a Luciano: «Ma come fate a vivere dentro ‘sta munnezza?» Ne Le mani sulla città di dieci anni prima Steiger era Edoardo Nottola, l’imprenditore edile e assessore al comune partenopeo che con le sue spregiudicate speculazioni aveva messo le sue mani sulla città.

Scheda del film
Lucky Luciano di Francesco Rosi – 1973 – 106’
Con Gian Maria Volonté, Rod Steiger, Charles Siragusa, Edmond O’Brien.
Produzione Vides/Les Films La Boetie; distribuzione Titanus. Uscita cinema 19 ottobre 1973, prima tv canale francese (programmi bilingui per Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta) 24 luglio 1979; prima tv nazionale Canale5 16 maggio 1986; prima tv Rai Rai2 28 maggio 1992.
Salvatore Lucania, alias Lucky Luciano (Volonté), è capo della malavita italoamericana sin dagli inizi degli anni ’30; condannato a 20 anni di reclusione, ne sconta 9 e viene rispedito in Italia come “persona indesiderabile”. Luciano si sistema a Napoli per condurre una vita apparentemente tranquilla e ineccepibile. Charles Siragusa (se stesso), capo dell’Ufficio Europeo del Narcotic Bureau, tenta invano di smascherare le reali attività di Luciano; intanto a New York, in un dibattito alle Nazioni Unite, Henry J. Anslinger (O’Brien) è autore di un j’accuse contro Luciano che spinge le istituzioni italiane a mettere il boss sotto stretta sorveglianza. Dagli Stati Uniti arriva Gene Giannini (Steiger), gangster di lungo corso, convocato da Luciano che vuole sottoporgli un progetto.

Fonti
“RadioCorriere Tv”, n. 30, 22/28 luglio 1979
Tullio Kezich, Il Millefilm, Il Formichiere 1980
“New York Times”, 19 aprile 1982
Michel Ciment, Dossier Rosi, Il Castoro 2008
Mirko Capozzoli, Gian Maria Volonté, ADD 2018
Nicola Pasqualicchio e Alberto Scandola (a cura di), Francesco Rosi: il cinema e oltre, Mimes 2019
Conversazione dell’autore con Alberto Scandola, 6 luglio 2020