SALVARE GLI EBREI PERSEGUITATI NELLA ROMA OCCUPATA

di Pier Luigi Guiducci -

 

 

La vicenda dei rifugiati nell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli, e delle persone che si attivarono per loro nel momento più cupo dell’occupazione nazista, è un insegnamento di umanità attuale ancora ai giorni nostri.

Nel trascorrere del tempo, si è cercato, da parte di più autori, di studiare meglio gli eventi dolorosi che colpirono Roma nel periodo dell’occupazione tedesca (1943-1944). Con riferimento a tali ricerche rimane significativa anche l’indagine sui perseguitati per cause razziali che trovarono riparo pure in istituzioni ecclesiali. Tra questi organismi si colloca l’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli. Esistono al riguardo diversi lavori scientifici che hanno individuato i nomi degli ebrei che trovarono riparo nel citato nosocomio. Questo saggio utilizza le risultanze di vari studi pubblicati e indica delle evidenze di merito. Al riguardo si specifica che tali ricostruzioni storiche vengono realizzate non per calcolare semplicemente un totale di rifugiati, ma piuttosto per individuare delle vicende di umanità che rimangono a tutt’oggi un insegnamento da non far cadere nell’oblio.

Le difficoltà della ricerca

La comunità dei Fatebenefratelli dell’Ospedale tiberino subito dopo la fine del conflitto.

La comunità dei Fatebenefratelli subito dopo la fine del conflitto.

La ricerca dei nominativi degli ebrei nascosti presso l’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli trae origine da precisi motivi. Da una parte permane l’affermazione corale che le tragedie avvenute a Roma non debbano più ripetersi. Per questo motivo occorre raccontare alle nuove generazioni ciò che avvenne nell’Urbe. Dall’altra, con l’istituzione del ‘Giorno della Memoria’, si è voluto individuare un appuntamento annuo per dare voce ai sopravvissuti (gli ultimi rimasti in vita), ai loro familiari, per indicare i nuovi ‘Giusti tra le Nazioni’ (coloro che protessero gli ebrei perseguitati), per divulgare studi storici, per approfondire delle riflessioni generali sulle radici di tante forme di violenza, per respingere in particolare l’antisemitismo e le sue forme aggressive.
In tale contesto, il processo di memoria ha ricevuto particolari supporti da parte di diversi ricercatori ebrei: Giacomo Debenedetti, Sandro Gai, Anna Foa, Claudio Procaccia, Silvia Haia Antonucci, Marcello Pezzetti e altri. Non mancano poi autori cattolici che hanno studiato la Shoah a Roma: Riccardo Vommaro, Dominiek Oversteyns, Andrea Riccardi, chi scrive, Matteo Luigi Napolitano, Maria Grazia Loparco, Francesco Motto e altri ancora.
Nell’ambito di quanto annotato, anche le ricerche su coloro che salvarono ebrei nascondendoli nell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli hanno offerto dei dati non deboli. Tali indagini, comunque, non hanno comunque dimenticato: 1] il nucleo di ebrei (protetto dall’infermiera Dora Focaroli) che rimase nascosto nella torre dell’edificio che accoglieva l’Ospedale Israelitico e un centro residenziale per ebrei anziani; 2] la comunità dei Frati minori del convento di San Bartolomeo all’Isola (nascosero molti ebrei); 3] e la persona del commissario di Pubblica Sicurezza, Gennaro Lucignano, che dichiarò ai tedeschi che nessun ebreo era presente sull’Isola Tiberina.
E arriviamo così alla ricerca storica che riguarda gli ebrei nascosti dai Fatebenefratelli. Con riferimento a tali studi occorre dire che l’indagine si è rivelata non semplice per più motivi: 1] perché i registri ufficiali (1943-1944) non indicano l’appartenenza religiosa degli ospiti accolti (per ovvi motivi); 2] perché in più casi non vennero trascritti i nominativi di ebrei; 3] perché diversi rifugiati del tempo non rilasciarono in seguito testimonianze scritte (finita la guerra si vollero dimenticare le disgrazie trascorse); 4] e perché il flusso di ebrei fu segnato da fasi alterne. Alcuni rimasero nascosti per un tempo prolungato (sopportando i molti disagi). Altri, restarono nel nosocomio per un periodo breve cercando nel frattempo un’altra sistemazione (ritenuta più sicura). Non mancarono inoltre coloro che, per diversi motivi, entrarono (in fase di emergenza), uscirono (per avere notizie dei propri cari), e rientrarono (in assenza di aiuti dall’esterno).

L’elenco di Adriano Ossicini

Nel contesto delineato, uno degli autori – che testimoniò sulla razzia del 16 ottobre 1943 – fu Il professor Adriano Ossicini.[1] In quell’anno non si era ancora laureato in medicina. Proveniva da una famiglia molto attiva nel mondo cattolico, ed era inserito nel movimento partigiano. Quest’ultimo fatto spiega perché la sua presenza nel nosocomio dell’Isola fu in taluni momenti non continuativa. Egli racconta di esser stato testimone del rastrellamento degli ebrei residenti nell’area dell’antico Ghetto. Fa poi riferimento a ebrei in fuga nascosti nel nosocomio. Scrive infine che nella stessa giornata del 16 ottobre lasciò Roma.[2] Non seguì quindi gli eventi successivi. Chi scrive lo ha conosciuto di persona. Nel 1999, Ossicini pubblicò un libro nel quale inserì un elenco di ebrei accolti nel nosocomio.[3] Ci si è chiesti: come ottenne i dati? Al riguardo, Ossicini scrive che un amico, Giulio Sella[4], aveva annotato in un elenco i nomi degli ebrei protetti. Aggiunge però di non sapere dove era poi finito questo pro-memoria. Annota un altro dettaglio. Aveva compilato un elenco di ebrei di propria iniziativa, con una ricerca negli archivi dell’Ospedale. Ammette comunque che nei registri del tempo la documentazione era confusa, dovuta all’esigenza di non rivelare la presenza di perseguitati nel nosocomio.[5] Secondo questo medico i rifugiati furono 62. Il totale include uomini, donne e alcuni bambini. Sei ebrei furono registrati due volte, perché rientrarono. Si riporta qui di seguito l’elenco (n. indica: nascita).

ANNO 1943
– Gabriella Aloisi (n. 31.3.1902; entrata 30.12.1943)
– Clotilde Altobelli (n. 29.9.1872; entrata 10.11.1943 e 15.12.1943)
– Beniamino Anav (n. 26.4.1884; entrata 23.10.1943)
– Ester Astrologo (n. 18.6.1930; entrata 9.11.1943)
– Pierluigi Briganti (n. 23.6.1939; entrata 30.12.1943)
– Virtuosa Citoni (n. 27.12.1875; entrata 17.10.1943)
– Samuele Dell’Ariccia (n. 14.12.1876; entrata 27.10.1943)
– Giacomo Di Castro (n. 9.10.1914; entrata 24.12.1943)
– Cesare Di Porto (n. 30.5.1894; entrata 14.12.1943)
– Giacobbe Di Porto (n. 1870; entrata 5.11.1943)
– Graziano Di Porto (n. 1.2.1891; entrata 19.10.1943)
– Enrica Di Veroli (n. 13.8.1922; entrata 10.12.1943)
– Luciano Efrati (n. 17.1.1932; entrata 2.12.1943)
– Leone Fiorentino (n. 9.1.1878; entrata 6.11.1943 e 11.12.1943)
– Rosa Fiano (n. 24.5.1877; entrata 23.10.1943)
– Alberto Moscati (n. 30.8.1892; entrata 7.11.1943)
– Angelo Moscati (n. 26.3.1876; entrata 31.12.1943)
– Sabatino Sereni (n. 10.10.1897; entrata 29.10.1943)
– Speranza Sonnino (n. 9.5.1891; entrata 4.12.1943)
– Giuditta Spizzichino (n. 18.1.1899; entrata 22.10.1943 e 25.12.1943)
– Augusto Terracina (n. 19.9.1911; entrata 31.12.1943)
– Otello Vivanti (n. 25.4.1917; entrata 19.19.1943)
– Giuditta Elisabetta Vivanti (n. 13.7.1914; entrata 14.11.1943)
– Chiara Vivanti (n. 17.4.1937; entrata 27.12.1943)
– Bettina Vivanti (n. 25.11.1943; entrata … )
– Vittorio Terracina (n. 22.3.1885; entrata 25.10.1943).

ANNO 1944
– Romolo Amati (n. 28.7.1927; entrata 18.1.1944)
– Settimio Anav, fratello di Beniamino (n. 28.11.1886; entrata 8.2.1944)
– Rosa Anticoli (n. 25.7.1870; entrata 11.4.1944)
– Maria Bianchini (n. 24.11.1885; entrata 6.2.1944)
– Romeo Bondi (n. 25.3.1891; entrata 3.1.1944)
– Samuele Calò (n. 19.12.1923; entrata 26.3.1944)
– Ester Citoni (n. 28.12.1886; entrata 5.1.1944)
– Emanuele Della Rocca (n. 25.7.1879; entrata 5.1.1944)
– Giacomino Della Rocca (n. 16.6.1922; entrata 31.1.1944)
– Lello Della Rocca (n. 22.10.1926; entrata 7.2.1944)
– Umberto Della Rocca (n. 24.8.1924; entrata 31.1944)
– Rubino Dell’Ariccia (n. 31.7.1895; entrata 18.3.1944)
– Giacomo Di Porto (n. 19.7.1889; entrata 3.1.1944)
– Umberto Di Porto (n. 3.3.1931; entrata 11.1.1944 e 19.5.1944)
– Angelo Di Segni (n. 13.10.1908; entrata 19.1.1944)
– Gilda Di Segni (n. 8.9.1877; entrata 6.4.1944)
– Pellegrino Di Nepi (n. 2.7.1896; entrata 21.4.1944)
– Stella Fiano (n. … ; entrata 5.1.1944)
– Cesare Molinari (n. 13.10.1893; entrata 7.2.1944)
– Guglielmo Molinari (n. 31.10.1926; entrata 7.2.1944)
– Eloisa Pavoncello (n. 30.6.1897; entrata 9.3.1944)
– Emanuele Pavoncello (n. 29.5.1910; entrata 30.1.1944)
– Italia Pavoncello (n. 20.3.1890; entrata 6.1.1944)
– Marco Pavoncello (n. 30.12.1868; entrata 13.1.1944)
– Alceste Pontecorvo (n. 13.12.1897; entrata 2.1.1944)
– Ugo Pucci (n. 1.6.1903; entrata 15.1.1944)
– Ugo Pucci (n. 1.6.1907; entrata 23.4.1944)
– Umberto Sermoneta (n. 3.8.1907; entrata 18.3.1944)
– Eugenio Sonnino (n. 6.12.1912; entrata 13.3.1944 e 30.3.1944)
– Speranza Sonnino (n. 26.6.1931; entrata 11.4.1944)
– Zara Sonnino (n. 31.7.1937; entrata 28.4.1944)
– Benedetto Spizzichino (n. 20.10.1892; entrata 7.1.1944)
– Giacomo Spizzichino (n. 8.6.1900; 26.5.1944)
– Roberto Spizzichino (n. 16.6.1871; entrata 10.1.1944)
– Eugenio Terracina (n. 20.1.1887; entrata 6.1.1944)
– Salvatore Terracina (n. … ; entrata 5.1.1944).[6]

Una sottolineatura

L’elenco pubblicato da Ossicini fu quasi certamente ottenuto da persone che ben conoscevano la Comunità ebraica. Tra queste il pensiero corre subito al medico ebreo dottor Vittorio Emanuele Sacerdoti.[7] Quest’ultimo, già prima del 16 ottobre 1943 curava ebrei. Inoltre, era riuscito a inserire nell’Ospedale tiberino anche dei parenti. Oltre che con Sacerdoti, Ossicini interagì con l’economo dei Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina. Si trattava del polacco fra’ Maurizio Bialek[8] (acceso antinazista). Ebbe inoltre buoni rapporti con il primario di medicina dottor Giovanni Borromeo. Comunque Ossicini conosceva bene anche i gesuiti. Quest’ultima pista è interessante perché conduce alla fine a padre Beat Ambord S.J..

Ulteriori ebrei accolti. Fonte: USC, Shoah Foundation

Nel 1994, per non disperdere le memorie ebraiche in tema di Shoah, venne istituita la Survivors of the Shoah Visual History Foundation (Los Angeles). Il fondatore fu Steven Spielberg.[9] Nel 2005, questa fondazione, attraverso un accordo con la University of Southern California, si è trasformata in USC Shoah Foundation Institute. Grazie a tale organismo è oggi possibile ascoltare una video intervista che Elio Limentani fece ad Angelo Di Segni. Quest’ultimo fu ricoverato sotto falsa identità nell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli. I frati compilarono una scheda clinica a nome Antonio Dionisi. Rimase nel nosocomio nove mesi. Pagò una retta. A seguito di una prima ispezione tedesca (senza conseguenze), i medici – non individuando altra scelta – praticarono ad Angelo una finta operazione (un taglio all’inguine che ricucirono subito), lo fasciarono dall’addome alle gambe e lo rimandarono in corsia.[10]

Altri ebrei ricoverati. Fonte: ‘Progetto Memoria della Salvezza’

Luciana Tedesco e Gabriele Sonnino, nascosti da piccoli  nell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli

Luciana Tedesco e Gabriele Sonnino, nascosti da piccoli nell’ospedale.

Oltre all’USC Shoah Foundation Institute occorre tener presente anche il lavoro svolto da coloro che hanno partecipato al ‘Progetto Memoria della Salvezza’. Tale iniziativa, promossa dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano (CDEC), è durata nove anni. Il suo obiettivo è stato quello di studiare i modi con i quali molti ebrei ebbero la possibilità di salvarsi malgrado le persecuzioni tedesche e repubblichine. Grazie a tale Progetto sono stati individuati altri ebrei che trovarono rifugio presso l’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli. Si tratta di:
– Aldo, figlio di Beniamino Anav
– Rosa Efrati in Sereni e le figlie: Letizia, Giuliana, Adua
– il giovane Ugo Bassan
– il giovane Fausto Fiorentini
– Umberto Polacco
– i fratelli Giorgio, Vittorio, Onesta Sonnino, figli di Alberto
– Marco Almagià e la moglie Claudia
– Clotilde Almagià in Ajò con la figlia Gabriella, il marito di questa, Alvise Tedesco, e i loro figli: Claudio e Luciana; un’altra figlia di Clotilde, Giorgia, sposata Briganti con il piccolo Pierluigi.[11]

Ricerca Oversteyns. Lo studio delle fonti

Anche il diacono olandese Dominiek Oversteyns, membro della Famiglia spirituale ‘L’Opera’ (FSO), ha cercato di fare il punto della ricerca studiando più fonti, e interagendo con la Comunità ebraica di Roma. Egli ha trascritto il quadro delle fonti studiate.

Oversteyns: la fonte Ambord

La prima fonte (riguarda il periodo 1945-1954) analizzata da Dominiek Oversteyns riguarda la lista compilata dal religioso padre Beat Ambord S.J.[12] Al riguardo, può essere utile ricostruire la vicenda legata all’iniziativa del gesuita.
Nel 1961, padre Robert Leiber S.J.[13] (già stretto collaboratore di Pio XII), scrisse un articolo sulla ‘Civiltà Cattolica’ dal titolo: Pio XII e gli ebrei di Roma 1943-1944.[14] In tale saggio affermò che era stato il confratello padre Ambord S.J. a preparare una lista delle Case religiose che avevano accolto ebrei perseguitati, con i nominativi di quest’ultimi. Leiber inserì nel suo testo anche dei dati sommari. L’indicazione rimane significativa perché, in periodo bellico, padre Ambord era incaricato delle trasmissioni in lingua tedesca alla Radio Vaticana. Aveva inoltre partecipato a operazioni segrete a favore degli ebrei ricercati dai tedeschi e dai repubblichini.
L’elenco del gesuita era suddiviso in: ‘Israeliti rifugiati nelle case religiose femminili’, e ‘Israeliti rifugiati nelle case religiose maschili’. Il documento venne trasmesso ai gesuiti della ‘Civiltà Cattolica’ da Iris Rub-Rothenberger. Tale signorina, originaria di Francoforte, operava in quel tempo presso la Radio Vaticana e collaborava con padre Ambord. Quest’ultima, assicurò che la cifra dei rifugiati nelle Case religiose era stata verificata nelle singole sedi con una ricerca minuziosa iniziata nel 1945. L’originale di tale elenco andò poi perso. In seguito, le ricerche nell’archivio della Radio Vaticana e della ‘Civiltà Cattolica’ non sono riuscite a trovare la lista originale di padre Ambord, o una qualche documentazione con riferimenti all’elenco. Non hanno avuto esito anche le indagini effettuate presso gli archivi dei gesuiti della provincia della Germania Superiore e della Svizzera (dove venne trasferito padre Ambord). Attualmente non si può quindi risalire oltre le informazioni della ‘Civiltà Cattolica’ per verificare l’attendibilità della fonte. In tale contesto, Dominiek Oversteyns ha comunque apportato delle correzioni alla lista Ambord.[15]

Oversteyns: fonti successive

Dopo aver fatto riferimento alla fonte Ambord, Dominiek Oversteyns riporta ulteriori fonti (apportando anche correzioni) che si riportano qui di seguito.
– Renzo De Felice: Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Einaudi, Torino 1961: con correzioni.
– Renzo De Felice 1963: con correzioni.
– Federica Barozzi: I percorsi della sopravvivenza. Tesi di laurea in Lettere e Filosofia, Università di Roma ‘La Sapienza’, anno accademico 1995-1996, pp. 96-98 e 109-110.1998: senza correzioni.
– Grazia Loparco: Gli ebrei negli istituti religiosi a Roma (1943-1944) dall’arrivo alla partenza, in: ‘Rivista di storia della Chiesa in Italia’, Vita e Pensiero, Milano 2004, pp. 207-208.
– Grazia Loparco: 2006 corretto ed esteso. Versione su internet CSR del 10 ottobre 2008.
– Israel Gutman, Liliana Picciotto, Bracha Rivlin: I Giusti d’Italia. I non ebrei che salvarono gli ebrei. 1943-1945, 2a ed., Mondadori, Milano 2006, pp. 59-61: Yad Vashem: dossier 4426.
– Andrea Riccardi: L’inverno più lungo. 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma, Laterza, Roma-Bari, 2008, pp. 17-18.
– Dominiek Oversteyns: correzioni apportate su Loparco: 2009.
– Grazia Loparco: con correzioni 2010.
– Daniel Della Seta: Ora Mai Più. Le leggi razziali spiegate ai bambini, Associazione culturale ex-alunni scuola elementare Umberto I, Roma 2006, pp. 170-174.
– Flavio Peloso: Giuseppe Sorani: un ebreo in convento, in: ‘Messaggi di Don Orione’, 2003 (35), n. 112, pp. 103-110.
– Oversteyns: 2013 lettura critica e correzioni.
– Oversteyns: 2017 lettura critica e correzioni.

Indagine Oversteyns: nosocomio tiberino Fatebenefratelli

Con riferimento all’Ospedale romano dei Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, Oversteyns riporta i dati che si trascrivono qui di seguito.
1] Prima del 16 ottobre 1943 furono presenti nel nosocomio dei Fatebenefratelli di Roma circa otto ebrei (7 romani + 1 straniero).
2] Il 16 ottobre 1943, in serata, vennero accolti 53 = 8 + 45 ebrei romani (= 52 ebrei romani + 1 straniero).
3] Nel periodo immediatamente successivo al rastrellamento del 16 ottobre si trovavano nel nosocomio fino a 80 ebrei, soprattutto romani.
4] In data 4 giugno 1944 furono protetti circa 66 ebrei (64 romani + 2 stranieri).[16]

Le indicazioni del medico ebreo Vittorio Sacerdoti

Esistono poi dati riferiti dal medico ebreo Vittorio Emanuele Sacerdoti (trovò riparo nell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli).[17] Il 16 ottobre 1943 lo raggiunsero in Ospedale circa 27 correligionari. Trovarono protezione insieme ad altri. Si arrivò così a una cinquantina di ebrei. In realtà il numero delle persone fu superiore se si tiene conto del fatto che molti perseguitati usarono il nosocomio dei Fatebenefratelli come tappa intermedia.

Qualche considerazione

Sacerdoti nel laboratorio dell'ospedale, 1942.

Sacerdoti nel laboratorio dell’ospedale, 1942.

I dati statistici che si possono ricavare dalle fonti citate in precedenza indicano dei flussi variabili.
1] Un primo movimento significativo verso l’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli si delineò nel momento del rastrellamento degli ebrei effettuato il 16 ottobre del 1943. Nell’ambito di questo dramma è pure da registrare il passaggio di alcuni ebrei infermi (ma non gravi) dall’Ospedale Israelitico dell’Isola Tiberina al nosocomio dei Fatebenefratelli. In seguito vari perseguitati trovarono rifugio in altri edifici.
2] Un secondo flusso si attivò quando molti ebrei si resero conto che gli arresti non erano cessati dopo il 16 ottobre 1943. Al contrario, erano ancora in corso. In questo caso, l’iniziativa non era supportata da militari tedeschi, ma da repubblichini (e collaborazionisti). Fu un periodo ove si accentuarono le delazioni.
Dall’insieme dei dati raccolti non è difficile affermare che l’azione di protezione degli ebrei risultò in più casi riuscita. Del resto, lo stesso tenente colonnello delle SS Herbert Kappler[18], con riferimento alla razzìa del 16 ottobre, fu costretto ad informare i propri superiori che “in gran numero di casi” la popolazione aveva offerto agli ebrei “prestazioni di aiuto attivo”. Inoltre si erano osservati “tentativi di nascondere i giudei in abitazioni vicine”.[19]
È indubbio, quindi, che molteplici persone si attivarono per proteggere gli ebrei perseguitati. Tra queste i frati dell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli di Roma. Da tale realtà di resistenza alla violenza e all’oppressione deriva un insegnamento di umanità che continua a rimanere particolarmente attuale nel presente periodo.

 

 

 

 


[1] Prof. Adriano Ossicini (1920-2019). Suo padre (Cesare; tra i fondatori del Partito Popolare) era amico del padre del dott. Giovanni Borromeo (1898-1961; ‘Giusto tra le Nazioni’; primario di medicina dell’Ospedale tiberino dei Fatebenefratelli).

[2] Divenne in seguito neuropsichiatra infantile, docente universitario, e uomo politico.

[3] A. Ossicini, Un’isola sul Tevere. Il fascismo al di là dal ponte, Editori Riuniti, Roma 1999.

[4] Giulio Sella era un anziano combattente antifascista. Dopo essere stato a lungo in carcere, cercò di guadagnare qualcosa lavorando come addetto al dormitorio di Santa Maria in Cappella (Trastevere).

[5] A. Ossicini, op. cit., p. 232.

[6] A. Ossicini, op. cit., pp. 233-234.

[7] Vittorio Emanuele Sacerdoti (1915-2005).

[8] Maurizio Bialek (1912-2009.

[9] Steven Spielberg (nato nel 1946). Regista. Sceneggiatore. Produttore cinematografico e televisivo.

[10] USC, Shoah Foundation, Videointervista di Elio Limentani a Angelo Di Segni, Roma 5 marzo 1998. Cf anche: L. Picciotto, Salvarsi, Einaudi, Torino 2017, p. 241.

[11] L. Picciotto, op. cit., p. 241.

[12] P. Beat Ambord SJ (1904-1969). Risiedeva nella Curia Generalizia dei Padri Gesuiti.

[13] P. Robert Leiber (1887-1967).

[14] In: ‘La Civiltà Cattolica’, 112, 1961, quad. 2657, pp. 449-458.

[15] Cf note successive.

[16] D. Oversteyns F.S.O., De geschiedenis van de Hebreeërs in Rome tijdens de nazibezetting en vervolging in Rome, en de rol van de Eerbiedwaardige Paus Pius XII in het redden van hen, volume I, Editie 3, Privaat – Rome, 10 maggio 2017, pp. 11-12, 124, 145, 195-196, 514. [Dominiek Oversteyns: La storia degli Ebrei a Roma durante la persecuzione nazista – fascista e il contributo del Venerabile Papa Pio XII per la loro salvezza, primo volume, terza edizione, edizione privata, Roma, 10 maggio 2017, pp. 11-12, 124, 145, 195-196, 514.

[17] P.L. Guiducci, La testimonianza del medico ebreo dott. Sacerdoti (1915-2005) sulle vicende del 1943-1944 a Roma. Una Resistenza civile nei mesi dell’occupazione nazista di Roma. Questo saggio si trova nel sito: http://www.storico.org/seconda guerra mondiale/testimonianza medico ebreo.html.

[18] Herbert Kappler (1907-1978). A Roma, fu comandante dell’SD (intelligence), della SiPo e della Gestapo.

[19] Rapporto di Herbert Kappler al Capo Supremo delle SS e della Polizia, Karl Wolf, Roma, 16 ottobre 1943. In: AA.VV., ‘16 ottobre 1943. La razzia’, a cura di M. Pezzetti, Gangemi Editore, Roma 2017, p. 56.

Per saperne di più

AA.VV., 16 ottobre 1943. La razzia, a cura di M. Pezzetti, Gangemi, Roma 2017.
Dopo il 16 ottobre 1943. Gli ebrei a Roma: occupazione, resistenza, accoglienza e delazioni (1943-1944), a cura di S.H. Antonucci e di C. Procaccia, Viella, Roma 2017.
Giuseppe Sorani, un ebreo in convento, intervista di don Flavio Peloso a don Giuseppe Sorani, (4 giugno 2003), in: ‘Messaggi di don Orione’, n. 112, anno 35, 2003, pp. 102-106 (il padre di Giuseppe Fiorani, Garibaldo, trovò riparo al Fatebenefratelli dell’Isola tiberina).
M. Hesemann, Der Papst und der Holocaust. Pius XII und die geheimen Akten im Vatikan, Langenmüller, Stuttgart (Stoccarda) 2018, p. 370. J.
Ickx, The Holy See and Refugees (1933-1945), in: ‘Refugee policies from 1933 until today; challenges and responsibilities’, International Holocaust Remembrance Alliance, IHRA series, vol. 4, Edited by Steven T. Katz and Juliane Wetzel, Metropol, Berlin 2018, pp. 63-95.
L. Picciotto, Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-1945, Einaudi, Torino 2017.
C. Procaccia, Gli ebrei accolti nel Fatebenefratelli durante gli arresti e i rastrellamenti, relazione, convegno: ‘La Comunità del Fatebenefratelli nell’ora delle tenebre. La difesa degli ebrei romani’ (Roma, Ospedale San Giovanni Calibita, 20 novembre 2019). Videoregistrazione effettuata da Radio Radicale (include anche la testimonianza del sopravvissuto Gabriele Sonnino).
F. Tagliacozzo, Gli ebrei romani raccontano la “propria” Shoah. Testimonianze e memorie raccolte e organizzate a cura di R. Di Castro, Giuntina, Firenze 2010, p. 196.