RUSSIA 1917: QUADRI DA UNA RIVOLUZIONE

Una mostra fotografica a Milano ripercorre la storia della Russia bolscevica, dal colpo di stato dell’ottobre 1917 al terrore staliniano.

 

In occasione del centenario della Presa del Palazzo d’Inverno a Pietroburgo il 7-8 novembre 1917 (25-26 ottobre secondo il calendario giuliano) da parte dei Bolscevichi, colpo di mano che ha dato inizio a uno dei regimi più violenti del ‘900 finito solo poco dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, la mostra fotografica “I Bolscevichi al Potere. 1917-1940: dalla Russia rivoluzionaria al terrore staliniano” (La Casa di Vetro, via Luisa Sanfelice 3, Milano, 11 novembre 2017-10 marzo 2018) con circa 60 immagini provenienti da archivi storici internazionali (tra cui alcuni musei russi) ripercorre tappa per tappa, utilizzando lo stile delle fotonotizie dei giornali illustrati dell’epoca, la discesa all’inferno della società russa sotto il giogo della dittatura comunista. Il percorso si dipana dalla rivoluzione di febbraio al primo governo democratico, dal tentato golpe di Kornilov al colpo di mano della Rivoluzione d’Ottobre, dalla guerra civile alla nascita dell’Unione Sovietica, dalla morte di Lenin alla nomina di Stalin come successore alla guida del partito, dalle grandi purghe e deportazioni degli anni’30 ai patti con Hitler e all’assassinio di Trotsky.
La mostra, curata da Alessandro Luigi Perna (www.alessandroluigiperna.com), è realizzata all’interno del progetto History & Photography (www.history-and-photography.com), con l’obiettivo di raccontare la storia attraverso la fotografia, valorizzare gli archivi storici fotografici e renderli fruibili al grande pubblico e ai più giovani. Alle scuole il progetto offre visite guidate, fotoproiezioni e l’innovativa possibilità, su richiesta e tramite connessione web al sito www.history-and-photography.com, di proiettare durante le lezioni in classe la selezione completa di immagini utilizzata per la mostra.
La rivoluzione russa è stata tante rivoluzioni insieme, cominciate nel marzo (febbraio secondo il calendario giuliano) del 1917 e finite con quella più famosa nel novembre (ottobre secondo il calendario giuliano) dello stesso anno quando i bolscevichi guidati da Lenin, Trotsky e Stalin presero d’assalto il Palazzo d’Inverno a Pietroburgo, sede del governo provvisorio in attesa che le imminenti elezioni insediassero la convenzione che avrebbe dovuto creare le basi istituzionali del nuovo stato repubblicano. A guidare il governo una coalizione interclassista – usando le categorie di Marx – di forze liberali, laiche, socialiste, populiste e radicali di centro-sinistra espressione della nascente società civile all’interno dell’impero zarista. Attori e protagonisti della caduta dello Zar, i partiti democratici e riformisti che ottennero le sue dimissioni e la fine dell’autocrazia non ebbero l’intelligenza, l’abilità politica e la forza per fare fronte alla montante aggressività del partito bolscevico e dei suoi alleati, i socialisti rivoluzionari di sinistra, che approfittarono della loro mancanza di determinazione per prendere il potere con un colpo di mano militare. A supporto della rivoluzione comunista c’erano molti operai e moltissimi contadini in nome dei quali il marxismo avrebbe dovuto trionfare per cambiare il mondo e renderlo un nuovo paradiso in terra. Ma le cose andarono subito in altro modo.
Una volta insediatisi nella stanza dei bottoni, i bolscevichi fecero lo stesso le elezioni pensando che sarebbe stato un plebiscito a loro favore. E invece le persero clamorosamente prendendo solo il 24% dei voti. Tra arrendersi all’evidenza e accettare la sconfitta e instaurare la dittatura, i bolscevichi scelsero la seconda strada, in una sorta di consapevole delirio di onnipotenza, giustificato a posteriori dall’incredibile talento nell’arte di governare attraverso la violenza. La convenzione di conseguenza non iniziò mai ma in compenso cominciò subito la repressione, nella quale mostrarono una notevole e macabra capacità di inventiva e determinazione. Una volta sconfitte le forze riformiste-democratiche e quelle reazionarie, piegati e dispersi i ceti nobiliari e borghesi, instaurato uno strano regime fatto di classi, anzi di caste, in contrapposizione tra loro, paradossalmente furono proprio gli operai e i contadini a diventare ben presto i più acerrimi nemici del nuovo potere e i suoi più strenui antagonisti.
La storia dei successivi 20 anni è quella di una lunghissima e ferocissima guerra civile, a volte combattuta con le armi, altre con le leggi, intrapresa dal partito comunista russo per domare e definitivamente soggiogare proprio quegli operai e contadini che avevano creduto, ingenuamente e/o colpevolmente, nelle promesse del marxismo e dei suoi carismatici rappresentanti rivoluzionari.
Di seguito, per i lettori di Storia in Network, una selezione delle immagini esposte.

 

 

 

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Nicola II in un momento di pausa dai suoi doveri istituzionali con i figli durante una crociera nel 1909. La foto è stata scattate da un amico di Frau Von Butzow, una delle dame di compagnia della Zarina.
Ultimo erede dei Romanov, dinastia iniziata nel 1613, a differenza del nonno Alessandro II (che ha abolito la servitù della gleba) Nicola II è un conservatore avversato dalla borghesia. Quando muore il padre, nel 1894, confida al cugino: “Non sono pronto a essere uno Zar. Non ho mai voluto esserlo. Non so nulla su come si governa. Non ho la minima idea di come si parli ai ministri”.
Dal 1905 si porta sulle spalle la colpa del disastro della guerra russo-giapponese che ha portato a una rivoluzione da lui repressa nel sangue. A capo dell’esercito durante la Prima Guerra Mondiale a partire dal 1915, quando scoppia la Rivoluzione del 1917 la sua figura è completamente screditata anche agli occhi della nobiltà: a pesare sono i fallimenti militari e l’importanza che ha l’eccentrico monaco avventuriero Rasputin come consigliere della sua corte. Nicola II abdicherà nel marzo del 1917. Lui e la sua famiglia saranno trucidati dai bolscevichi nella primavera del 1918.
© Keystone Pictures USA/ZUMAPRESS.com/ AGF

 

 

 

2-agf_editorial_1312119-webAlle manifestazioni che si succedono sulla Nevski Prospekt (la strada principale che attraversa San Pietroburgo) alla vigilia della Rivoluzione di febbraio 1917 (marzo per il calendario gregoriano), partecipano soprattutto le donne.
A supporto delle proteste c’è anche il Partito Socialdemocratico russo. Di cultura e ideologia marxista è diviso in Menscevichi e Bolscevichi. I primi sono riformisti e nei fatti desiderano solo il miglioramento delle vite di operai e contadini. I capi Bolscevichi sono invece rivoluzionari e considerano la violenza uno strumento politico necessario.
© Mary Evans / AGF

 

 

 

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Combattimenti nelle strade di Pietroburgo durante il primo tentativo dei bolscevichi di rovesciare il governo democratico provvisorio e prendere il potere, 17 luglio 1917.
Con il rientro prima di Lenin e poi di Trotsky, i Bolscevichi organizzano la conquista del potere. Godono dell’appoggio dei soldati della guarnigione di Pietroburgo, che temono di essere mandati al fronte e sono insensibili ai richiami patriottici. Seconde alcune fonti sono loro a bussare alla porta di Lenin per fare la rivoluzione. Il gruppo dirigente non è così sicuro che sia il momento migliore di agire. I Bolscevichi scendono comunque in piazza con loro per prendere con le armi il controllo del Soviet di Pietroburgo. Ma il governo provvisorio reagisce, manda truppe fedeli e disperde la manifestazione a colpi di mitragliatrice.
© Heritage / AGF

 

 

4-agf_editorial_1193715-webLenin (Vladimir Illitch Oulianov 1870-1924), qui travestito da operaio, con una parrucca, in una fotografia per il suo passaporto falso, dove era riportato il nome di Ivanov, utilizzato dal leader bolscevico per fuggire alla cattura delle forze del governo temporaneo dopo il tentato colpo di mano per prendere il potere del 17 luglio 1917.
I Bolscevichi sono sconfitti e dichiarati fuori legge dal governo: Trotsky è arrestato, Lenin scappa in Finlandia. Ma quando il menscevico Tsereteli, ministro dell’interno, chiede di applicare il pugno di ferro, molti suoi compagni di partito e socialisti rivoluzionari lo criticano: i Bolscevichi – affermano – sono compagni che sbagliano. Incapaci di leggere la realtà della violenza bolscevica, Menscevichi e Socialisti Rivoluzionari saranno vittime della loro stessa cecità. I Bolscevichi hanno già messo in chiaro nei loro comizi che una volta al potere non guarderanno in faccia a nessuno.
© Tallandier / Bridgeman Images

 

 

 

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Soldati fedeli al governo democratico accorrono contro le forze del generale Kornilov, 29-30 agosto 1917, Pietroburgo, Russia.
Il tentato colpo di stato controrivoluzionario del generale Kornilov viene sconfitto dalla mobilitazione delle forze rivoluzionarie, con l’apporto determinante delle milizie bolsceviche. A gettarle nella mischia è Lenin, contro il quale il governo temporaneo guidato da Kerenskij ha deciso di far cadere le accuse di insurrezione per i fatti del 17 luglio, quando i bolscevichi falliscono un primo tentativo di prendere il potere. È lo stesso Lenin a dichiarare che le forze bolsceviche intervengono non per difendere il governo provvisorio ma per reprimere tentativi reazionari di destra di riprendere il potere.
© Mary Evans / AGF5

 

 

 

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Vladimir Ilyich Lenin, il principale leader bolscevico, si rivolge a una folla di operai durante la Rivoluzione d’Ottobre, (novembre secondo il calendario gregoriano) 1917.
A settembre il governo di Kerenskij decide di accelerare gli eventi: il 14 proclama la Repubblica, quindi stabilisce data (28 novembre 1917) e regole per le elezioni dell’Assemblea Costituente da tutti fortissimamente voluta. I Bolscevichi, che quella elezione non la vogliono perché consoliderebbe il governo riformista, decidono di accelerare i tempi per la conquista del potere. A opporsi sono solo Kamenev e Zinovev, che vorrebbero, sulla scia dell’insegnamento marxista, prima la rivoluzione borghese e poi quella proletaria.
© Universal Images Group / AGF

 

 

 

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La presa del Palazzo d’Inverno da parte delle forze rivoluzionarie bolsceviche nella notte tra il il 7-8 novembre (25-26 ottobre secondo il calendario giuliano).
La foto, in realtà, è tratta da un fotogramma del film Ottobre diretto nel 1928 da Sergej Michajlovič Ėjzenštejn. Ad andare all’assalto, undici anni prima, sono le truppe controllate dal Soviet di Pietroburgo di cui Trotsky, tra i principali esponenti Bolscevichi, è divenuto presidente. I Socialisti Rivoluzionari si spaccano e la fazione minoritaria di sinistra appoggia la compagine di Lenin. Kerenskij si rifugia nell’ambasciata americana. Alcuni ministri si barricano inutilmente con le truppe rimaste fedeli. Tra loro le soldatesse del battaglione femminile, molte delle quali vengono violentate dai Bolscevichi. Scoppia così la guerra civile.
© Mary Evans / AGF

 

 

 

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Una soldatessa armena in una trincea in prima linea in difesa della città di Baku, in Armenia, agosto 1918.
La città è minacciata dalle truppe dell’Azeirbajan, autoproclamatosi indipendente, sostenute dall’esercito turco. Gli Armeni sanno quali pericolo corrono: due mesi prima, lasciati soli da Mosca, sono riusciti a fermare a stento l’avanzata delle truppe turche con una mobilitazione generale. Ma il territorio che sono riusciti a salvare dall’invasione è di appena 10.000 kmq. In Turchia, nel frattempo, è in corso il genocidio armeno. In più la Georgia, che si è messa sotto la protezione della Germania, nazionalizza le aziende private, per due terzi appartenenti agli Armeni. La perdita di ricchezza è enorme: gli Armeni rischiano così di non avere neppure le risorse per difendere l’ultimo lembo di patria rimasto loro.
© Mary Evans / AGF

 

 

 

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Vladimir Lenin attraversa la Piazza Rossa durante una manifestazione organizzata dal nuovo regime bolscevico pochi mesi dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Mosca, 1918.
Nato da una famiglia benestante della classe media a Simbirsk, con un nonno ebreo, Lenin si interessa alla politica socialista rivoluzionaria dopo che suo fratello viene condannato a morte per aver cercato di organizzare un attentato contro lo Zar Alessandro III nel 1887. Con il passare degli anni diventa una figura di spicco del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (POSDR). È il principale responsabile della Rivoluzione d’Ottobre. Anche lui, come Trotsky, ha le mani grondanti sangue. Eppure sono in molti a credere che violenze e repressioni siano un prodotto solo della follia sanguinaria di Stalin.
© Mary Evans / AGF

 

 

 

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Soldati dell’Armata Rossa in una stazione ferroviaria. Russia, 1917-1923.
A formare la base dell’Armata Rossa, che sostituì il vecchio esercito russo nel gennaio del 1918, in origine furono le Guardie Rosse, composte da gruppi armati di lavoratori controllati dai Bolscevichi. L’esercito poi rimesso in piedi da Trotsky con ex-ufficiali zaristi fa bene il suo mestiere: la Guerra Civile nel 1921 è ormai vinta, tutte le armate controrivoluzionarie sono state sconfitte. Finisce la Repubblica Socialista Federata Sovietica Russa e nel dicembre 1922 nasce l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, formalmente autonome e indipendenti, di fatto controllate da Mosca.
© Heritage / AGF

 

 

 

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Contadini durante la guerra civile. Russia, anni ’20.
Lo scontro tra il governo bolscevico e le campagne esplose già nei primi momenti della guerra civile. Il motivo del conflitto nasceva dalle requisizioni forzate dei raccolti, attuate dalle truppe dell’Armata Rossa con estrema ferocia e violenza, e dal tentativo di collettivizzare le terre a cui i contadini si opponevano, anche quando condividevano la proprietà con le altre famiglie dei villaggi, secondo un sistema comunitario tipico delle campagne russe.
© Heritage / AGF

 

 

 

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La scrittrice Lilya Brik (1891-1978) ritratta nel 1924 da Alexander Rodchenko, il più celebre fotografo sovietico.
Definita dal poeta cileno Pablo Neruda “musa dell’avanguardia russa”, Lilya Brik era in relazione con molte figure rilevanti dell’avanguardia artistica russa negli anni tra il 1914 e il 1930. Fu amante dello scrittore Vladimir Mayakovsky e fu sposata a lungo con il poeta, editore e critico letterario Osip Brik (1888-1945). Come nel resto d’Europa, le donne si emancipano in Russia durante la guerra sostituendo gli uomini nelle fabbriche e nei campi. Dopo la rivoluzione di marzo entrano anche nell’esercito e acquisiscono i primi diritti civili. Con i Bolscevichi le donne ottengono anche il diritto all’elettorato attivo, all’istruzione, all’assistenza durante la maternità, alla parificazione dei salari (almeno formalmente), al divorzio e all’aborto. Nel 1918 viene nominato il primo ministro donna del mondo: è Aleksandra Kollontaj, prima “Commissario del popolo per l’assistenza sociale” e poi ambasciatrice in Norvegia, Messico e Svezia.
© Heritage / AGF

 

 

 

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La notte in una città russa. 1928, foto di G. Vinogradov.
Con l’avvento del regime bolscevico l’economia, già minata dal recente conflitto, subisce un collasso. I Bolscevichi stampano grandi quantitativi di moneta: non lo fanno solo per finanziarsi, ma anche perché pensano che l’inflazione sia uno strumento per abbattere il capitalismo e creare un’economia nuova priva di denaro. Il potere d’acquisto dei salari operai crolla. La sicurezza sul posto di lavoro diminuisce e le ore lavorate aumentano. I sindacati sono nelle mani dei Bolscevichi.
© Universal Images Group / AGF

 

 

 

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Un soldato dell’Armata Rossa, 1930.
Nel febbraio-marzo del 1930 Stalin teme che la Polonia voglia approfittare delle rivolte nelle campagne per muovere guerra all’Urss e riprendersi i territori che le sono stati strappati nel 1921. Varsavia non ci pensa minimamente ma la paura nel regime è massima. L’esercito sovietico è impreparato, anche perché è in corso l’ennesima purga degli ufficiali zaristi arruolati durante la guerra civile da Trotsky. Allo sbando, Stalin accusa Tuchačevskij, generale di origine aristocratica, di “militarismo rosso, antimarxismo, irrealismo e sinistrismo prossimi al sabotaggio”. La sua colpa? Puntare su un grande esercito meccanizzato di milioni di uomini. Nel 1931, con l’invasione giapponese della Manciuria, Stalin si ricrede: scrive persino una lettera di scuse a Tuchačevskij e dà il via al grande riarmo russo. L’obiettivo è arrivare a produrre 10.000 carri armati all’anno. Ma il destino di Tuchačevskij è segnato. Nel 1937 viene arrestato con l’accusa di trotzkismo, processato per alto tradimento e fucilato.
© World History Archive / AGF

 

 

 

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Joseph Stalin in una foto del 1930 scattata da Pyotr Otsup.
Insieme a Lenin e Trotsky, Stalin fu uno dei protagonisti della rivoluzione d’Ottobre e soprattutto della successiva guerra civile. Fu eletto segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica dopo la morte di Lenin nel 1924. Ricoprì tale carica fino al 1953, passando alla storia come uno dei più violenti e sanguinari dittatori di tutti i tempi dopo che vennero alla luce i massacri, le deportazioni e gli omicidi ordinati direttamente da lui o dai suoi sottoposti su suo mandato.
© Russian State Film and Photo Archive, Krasnogorsk / Heritage / AGF

 

 

 

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Nikita Alexeevich Izotov, considerato dagli studiosi il primo stakanovista celebrato dalla stampa sovietica, 1934.
La sua immagine appare per la prima volta su un giornale l’11 maggio del 1932. A parlare di lui è un articolo sulla Pravda che riporta la sua impresa eccezionale: aveva infatti estratto in un giorno molto più carbone di qualsiasi altro minatore, e tutto ciò in un periodo in cui il governo sovietico tentava con ogni mezzo, coercitivo e di propaganda, di aumentare la produttività degli operai, accusati in massa di voler sabotare i piani quinquennali del governo invece di sacrificare la loro salute, la loro famiglia e la sicurezza sul lavoro per realizzare gli obiettivi prefissati.
© Heritage / AGF

 

 

 

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Foto segnaletica di Grigory Zinoviev (1883-1936) dopo l’arresto.
Dirigente bolscevico della prima ora, cadde in disgrazia all’epoca delle purghe staliniane con l’accusa di aver complottato per uccidere Sergej Kirov, importante dirigente del Partito a Pietroburgo.  Stalin decise di liberarsi di lui, come di tutti i protagonisti della rivoluzione del 1917, per sostituirli con nuovi quadri politici più giovani da lui forgiati e perciò più fedeli alla sua persona che non al partito.
© Heritage / AGF

 

 

 

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Sullo striscione c’è scritto “Producete più carri armati per il fronte!”. Sul manifesto si legge “Soldato dell’Armata Rossa, salvaci!”, 1939-1945.
Dopo la Guerra Civile Spagnola l’Urss viene lasciata sola dalle democrazie occidentali. Mai come ora Stalin investe nell’industria militare: la Russia si arma a ritmi vertiginosi. I pericoli non vengono solo da Occidente. Anche l’Oriente è una polveriera. Il Giappone invade la Cina e rivolge le sue armate verso la Russia, impegnandola in numerose scaramucce di confine che nel 1939 si trasformano in una grande battaglia campale in Mongolia. A perdere sono i Giapponesi: la sconfitta ha una portata enorme nell’immaginario nipponico. Da allora Tokyo decide di rivolgere il suo espansionismo solo verso il Sud-Est asiatico. E di fare dell’America il suo nuovo nemico.
© Mary Evans / AGF

 

 

 

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Jacques Mornard, alias Ramon Mercader, viene arrestato dalla polizia dopo l’attentato contro Trotsky. Messico, agosto 1940.
Esiliato da Stalin ad Alma Ata e poi espulso dall’Unione Sovietica, Trotsky vive in Turchia, Francia e Norvegia prima di stabilirsi in Messico sotto la protezione del governo di Lázaro Cárdenas del Río. Lì lo accoglie una cerchia di sostenitori locali, come gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo. Diventa icona di un possibile comunismo democratico in antitesi alla dittatura staliniana. In realtà ha condiviso in prima persona tutte le scelte della Rivoluzione bolscevica. Anzi, a capo dell’Armata Rossa durante la guerra civile, è tra i responsabili della scelta di schiacciare oppositori e contadini senza nessuna pietà. Viene assassinato da Ramon Mercader, agente segreto al servizio dellla polizia segreta sovietica, a colpi di piccozza nella sua casa in un sobborgo di Città del Messico.
© Rue des Archives / AGF

 

 

 

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In alto Lev Kamenev, Lenin e Trotsky nel terzo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, il 7 novembre del 1920. In basso la stessa foto ritoccata in epoca staliniana: Kamenev e Trotsky sono stati cancellati.
© Rue des Archives / AGF