NIGER: IL DIFFICILE PERCORSO VERSO LA STABILITÀ

di Daniela Franceschi -

La storia politica del Niger è il paradigma di tante difficoltà statali e regionali africane: sette repubbliche e quattro colpi di Stato in meno di cinquant’anni. E nonostante l’indipendenza raggiunta nel 1960, il legame di stampo “coloniale” con la Francia non si è mia concluso del tutto.

 

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Un soldato della Guardia nazionale nigeriana – Nicola Pinault

Le recenti crisi politiche nell’Africa occidentale sono il risultato di diversi fattori, tra cui una cattiva governance, una irregolare distribuzione della ricchezza nazionale e la manipolazione delle comunità su base etnica. Le crisi che affliggono la regione mostrano altresì la confluenza di complesse dinamiche locali, regionali e extra-regionali.
Nonostante alcuni successi nel contrastare gli effetti dei conflitti armati nell’Africa occidentale, la regione continua ad affrontare delle serie minacce per la sicurezza della sua popolazione. Questi rischi si estrinsecano in una varietà di forme, molte delle quali si connettono vicendevolmente: interventi dei militari nell’arena politica, manipolazioni elettorali o costituzionali, networks criminali internazionali, intolleranza religiosa, e disastri naturali.
La storia politica del Niger è esemplificativa per le conseguenze della mancanza di governance e per le sfide della transizione verso la democrazia non soltanto nel Paese, ma anche nella regione nel suo complesso. Con la formazione di sette repubbliche e quattro colpi di Stato in meno di mezzo secolo, il passato instabile del Niger si è caratterizzato per un’aspra lotta per il potere. Le cesure periodiche che costellano la storia del Paese riflettono i tentativi delle élite di trovare il giusto equilibrio per governare la Nazione.

La colonizzazione del Niger arrivò tardi e si dimostrò difficile. Inizialmente collegato al vasto territorio formato dai francesi sotto il nome di Alto Senegal-Niger, il Niger includeva popolazioni di origini diverse in un territorio che rimase sotto l’esclusivo controllo militare fino al 1920. Territorio remoto e arido, il Niger aveva la dubbia reputazione di essere una “colonia penale” in cui erano trasferiti i funzionari pubblici meno docili e competenti. Insieme alla Mauritania, era il territorio dell’Africa occidentale francese in cui Parigi aveva investito meno in infrastrutture; infatti, tra il 1947 e il 1957, il Niger riceveva meno del 3% del fondo reso disponibile per l’Africa occidentale francese, mentre, per esempio, il Senegal riceveva circa il 30%.
L’amministrazione era carente e squilibrata, trascurando le popolazioni più esigue del nord e dell’est e i rari investimenti erano effettuati nel sud-ovest. A corto di personale, l’amministrazione coloniale faceva affidamento su leader e capi locali; nel 1960, il Niger aveva soltanto 6.000 pubblici ufficiali per una popolazione di più di tre milioni di persone. Le autorità tradizionali hanno quindi mantenuto un potere significativo, una situazione che si è protratta anche dopo l’indipendenza. La relativa debolezza della presenza francese ha condotto il Governo a gestire il territorio coloniale molto più brutalmente che negli altri possedimenti, il che significa che le autorità coloniali erano considerate negativamente dalla popolazione. Incapace di gestire e controllare la popolazione, le autorità coloniali attuavano un giro di vite sulla disobbedienza civile e sui movimenti di protesta con estrema violenza. Tuttavia, nonostante la sua natura violenta, la colonizzazione inaugurò un periodo di relativa pace, che l’Islam usò per diffondere la sua influenza tra le masse. Inoltre, il periodo coloniale creò opportunità per alcuni gruppi e individui.
La colonizzazione francese ebbe un forte impatto sulla riconfigurazione politica delle élite. L’amministrazione coloniale reclutò i suoi membri principalmente tra le popolazioni Djerma-Songhai del sud-ovest, che hanno goduto di alcuni vantaggi, come un migliore accesso alle scuole statali e all’amministrazione anche dopo l’indipendenza. Inversamente, le élite nomadi, in particolare i Tuareg, persero gradualmente il controllo esclusivo degli itinerari trans-sahariani. La burocrazia coloniale operava largamente senza il supporto dei Tuareg, ad eccezione dei loro capi tradizionali; i Tuareg furono ulteriormente emarginati dal trasferimento del potere statale al sud.

La riorganizzazione delle relazioni di potere ha danneggiato anche altri gruppi; per esempio, il ruolo degli Hausa nell’amministrazione coloniale non sembrava corrispondere alla loro importanza demografica. Nel 1926, ciò fu esemplificato dallo spostamento della capitale da Zinder a Niamey. L’impatto della colonizzazione sulle diverse comunità fu comunque variegato; per esempio, nonostante l’esercito francese promuovesse il mito romantico dei Tuareg, la vita nomade divenne difficile. Alcuni clan e capi Tuareg scelsero di collaborare con i francesi, mentre altri preferirono resistere, esacerbando le divisioni all’interno della comunità di appartenenza.
La graduale estensione del diritto di voto dopo il 1945 ha incoraggiato lo sviluppo di un’intensa vita politica. Gli anni Cinquanta videro lo scontro tra diversi Partiti, in particolare tra il Parti Progressiste Nigérien, guidato da Diori Hamani, e l’Union Démocratique du Niger-Sawaba, il cui leader era di Djibo Bakary. Bakari era stato in precedenza un membro del PPN, che aveva lasciato quando questo si era separato dal Partito Comunista Francese nel 1950. L’Unione Démocratique du Niger-Sawaba si posizionava a sinistra nell’arena politica nazionale. Altri Partiti, come Union nigérienne des indépendants et sympathisants, erano stati creati dagli amministratori coloniali per difendere i loro interessi e dividere l’opposizione.
Dopo aver vinto le elezioni e formato il primo consiglio governativo nel 1957, Bakary diede inizio ad una campagna per l’indipendenza e invitò i nigerini a votare “no” nel referendum sulla comunità franco-africana. Nel 1958, la costituzione della quinta repubblica francese prevedeva la creazione di una comunità di Stati autonomi che condividessero la responsabilità per la difesa, la politica economica, la giustizia. Con questo progetto, sostenuto da De Gaulle, la Francia intendeva preservare e rinnovare i vecchi legami coloniali.
Bakary fu battuto dal PNN, sostenuto dall’amministrazione francese e dai dissidenti dell’Union Dèmocratique. Come nel resto dell’Africa occidentale francese, ad eccezione della Guinea che rifiutò di aderire alla comunità franco-africana nel 1958, il Niger negoziò l’indipendenza nel 1960, sotto la presidenza del leader del PNN, Diori Hamani.
I primi governi comprendevano rappresentanti delle diverse comunità, tra cui i Tuareg. Questa pratica, legata alla necessità iniziale di cementare un’unità nazionale fragile, persiste ancora oggi. La formazione di un Governo in Niger richiedeva un delicato equilibrio tra interessi divergenti, in cui l’etnicità a volte prevaleva sulle competenze. Tuttavia durante il mandato di Diori, una minoranza istruita, principalmente proveniente dal sud-ovest, ricoprì la maggior parte delle posizioni amministrative di alto livello. Il potere si concentrò nelle mani di un piccolo gruppo di individui, in generale appartenenti all’etnia Djierma-Songhai, che formava la leadership del PNN in quello che era in effetti uno Stato a partito unico. L’esperienza democratica del Niger ebbe una fine repentina e divenne de facto, anche se non de iure, uno Stato a Partito unico; la costituzione del 1960 stabiliva la libertà di espressione, ma dopo la dissoluzione della formazione politica Sawaba nel 1959, il Presidente Diori intraprese delle azioni per prevenire la formazione di altri partiti.

Nonostante l’indipendenza, l’influenza della Francia in Niger è rimasta forte come evidenziano gli accordi di cooperazione del 1961 che gli conferivano la libertà di stabilire delle installazione difensive e l’uso prioritario delle materie prime e dei prodotti strategici. Gli accordi garantivano alla Francia anche la libertà di movimento attraverso il territorio nigerino e lo spazio aereonavale. Parigi era il più grande acquirente di arachidi nigerine, che rappresentavano oltre il 65% delle esportazioni del Paese. La Francia ha beneficiato particolarmente della produzione di uranio, iniziata nel 1968 ad Arlit e successivamente ad Akokan, da parte di società a capitale prevalentemente francese; le società minerarie Somaïr (Société minière de l’Aïr), costituita nel 1968, e Cominakpagnie des mines d’Akokan), formed in 1974, were initially attached to the French Atomic Energy (Compagnie des mines d’Akokan), creata nel 1974, erano inizialmente collegati alla Commissione per l’Energia atomica francese (CEA). Nel 1976, la COGEMA divenne la principale azionista, mentre il Niger mantenne una quota di minoranza. I geologi avevano confermato la presenza di uranio negli anni Cinquanta, ma la Francia si interessò a questa materia prima con lo sviluppo della sua politica nucleare alla fine degli anni Sessanta e la crisi petrolifera degli anni Settanta. Sebbene la Francia non abbia mostrato molto interesse per il Niger durante il periodo coloniale, la sua presenza divenne più visibile nel periodo post-indipendenza, presenza incoraggiata dal Presidente Diori, ardente francofilo. Diori si circondò di consiglieri francesi, la cui predominanza irritava la popolazione. Il possesso del potere da parte di élite strettamente associate agli interessi francesi provocò un forte malcontento. La decolonizzazione aveva avuto luogo durante la violenta repressione del movimento Sawaba, che divenne un’organizzazione clandestina dopo essere stato bandito nel 1959. Insediatosi nella regione degli Hausa e, in misura minore, nel nord, mirava a rovesciare il Governo di Diori con l’aiuto del Mali, del Ghana e dell’Algeria. Nel 1964, il tentativo di insurrezione fallì e provocò una dura repressione. Nel contempo non vi furono significative rivolte dei Tuareg durante la Presidenza Diori, mentre, nel 1963, il vicino Mali si confrontava con la prima grande ribellione dei Tuareg. È importante evidenziare che la regione di Agadez, di importanza strategica per i suoi collegamenti tra il Sawaba e l’Algeria, fu sottoposta da parte del Governo ad una dura repressione; i leader Tuareg sospettati di collaborare con il Sawaba furono arrestati.
Diori perse successivamente anche il sostegno dell’esercito, irritato per la presenza di ufficiali francesi tra le sue fila; i militari si sottrassero al piano del Presidente di coinvolgerli nei piani di sviluppo del Paese. Dopo un tentativo di ammutinamento nel dicembre del 1963, durante il quale la Francia intervenne per proteggere il Presidente, il Governo creò una milizia di Partito direttamente sotto il controllo della Presidenza, con la funzione di contrappeso al potere dell’esercito.

Nei primi anni Settanta, gravi siccità colpirono le popolazioni contadine e nomadi e Diori fu aspramente criticato per la sua incapacità di rispondere adeguatamente alla preoccupante carenza di cibo. Al fine di ottenere le risorse di cui aveva bisogno e modificare la sua immagine, ritenuta troppo vicina agli interessi francesi, Diori cercò di negoziare un aumento delle royalties della produzione di uranio, perdendo l’importante sostegno estero. Diori fu rovesciato da un colpo di Stato militare nel 1974, senza che l’ex potenza coloniale intervenisse come nel 1963.
Gli ufficiali dell’esercito che avevano deposto il Presidente Diori formarono un Consiglio Supremo militare, Conseil militaire suprême, guidato dal tenente colonnelloCommission (CEA). Seyni Kountché, che divenne rapidamente l’uomo forte del Niger. Kountché sospese la costituzione e concentrò il potere legislativo ed esecutivo nelle sue mani, inaugurando un periodo dominato da “politici militari”, durante il quale l’esercito prese il controllo dello Stato. Questa interferenza ricordava le pratiche attuate dagli eserciti coloniali, finalizzate a reprimere piuttosto che proteggere la popolazione civile. Era raro che un esercito avesse degli ufficiali africani durante la colonizzazione, tuttavia, addestrati in fretta dopo il 1960, gli ufficiali africani hanno rapidamente gareggiato con le élite civili che intendevano limitarne l’influenza.
Sebbene il Governo militare avesse affermato che stava ricominciando di nuovo, alcuni aspetti della Prima Repubblica erano stati mantenuti e il potere ha continuato a concentrarsi nelle mani di un piccolo gruppo, molti dei quali del sud-ovest, con un crescente slittamento verso l’autoritarismo. I colpi di Stato creano un clima di sfiducia e di tensione; Kountché protesse se stesso attraverso l’arresto e talvolta anche l’eliminazione fisica dei suoi avversari e con la creazione di una polizia, inoltre, delimitò il Partito unico e la sua milizia, ma, come il suo predecessore, utilizzò le associazioni della società civile per sorvegliare l’opinione pubblica; per esempio, l’Association islamique du Niger e l’Association des femmes du Niger e Samarya, un’organizzazione giovanile che ha avuto una maggiore presenza nelle aree degli Hausa, mobilitavano e supervisionavano la popolazione in nome dello Stato, utilizzando una combinazione di legami e coinvolgimento nazionalista. Infine, sebbene il nuovo Presidente fosse meno francofilo del suo predecessore, il Niger ha continuato ad essere uno stretto partner della Francia.
Il Governo ha dovuto affrontare in seguito crescenti ribellioni dei Tuareg nel nord del Paese; infatti, le ripetute carestie negli anni Settanta e Ottanta hanno accelerato la crisi della vita nomade, che si basava su un’economia pastorale, inoltre, anni di siccità avevano notevolmente indebolito l’area pastorale spingendo molti Tuareg ad emigrare nei Paesi vicini, in particolare in Libia. Le popolazioni Tuareg hanno iniziato a sentire che il Governo non le stava aiutando; la partecipazione di ufficiali Tuareg in tre tentativi di golpe contro Kountché, in combinazione con la crescente importanza delle miniere di uranio nella zona di Aïr, nel nord, ha aumentato la tensione. Anche se molti giovani erano emigrati per sfuggire alla povertà, molti li seguirono per sfuggire alla repressione politica.

L’economia fu colpita in seguito da un calo del prezzo delle arachidi, continuando a beneficiare, ciò nonostante, del boom dell’uranio durante gli anni Settanta, che rappresentava la metà delle risorse governative. Diversamente dall’agricoltura, tuttavia, il settore dell’uranio generava soltanto un migliaio di posti di lavoro diretti. Il Governo utilizzò i proventi dell’uranio per investimenti nell’ambito dei lavori pubblici e in progetti idro-agricoli, ottenendo risultati contrastanti. Nonostante l’impegno di Kountché per mettere fine alla scarsità di cibo, il Niger fu colpito da una grave crisi alimentare nel biennio 1983-1984. Di fronte ad un debito pubblico notevole e ad una dipendenza finanziaria esterna, la leadership del Paese concordò sulla politica di riforme strutturali imposta dal Fondo Monetario Internazionale nel 1982. Gli anni Ottanta si caratterizzarono per il rigore di bilancio, la privatizzazione e la razionalizzazione dell’amministrazione. Sebbene alla figura di Seyni Kountché si associasse l’immagine di un leader brutale, egli rafforzò l’autorità dello Stato, infatti, la fine del suo Governo inaugurò un periodo di debolezza dell’autorità statuale.
Il Governo militare non durò a lungo dopo la morte di Kountché nel 1987; il suo successore, il colonnello Ali Saïbou, cercò di ottenere legittimità imponendo un’aurea repubblicana al suo Governo. Nel 1988, creò un Partito politico, il Mouvement national pour la société de développement, e, nel 1989, fece approvare una nuova costituzione attraverso un referendum.
Nel dicembre del 1989, Saïbou divenne il Presidente della seconda Repubblica del Niger mentre un vasto desiderio di cambiamento permeava le popolazioni dell’Africa occidentale che protestavano contro le politiche di austerità e i problemi economici, in particolare, nel Niger, la società civile era in fermento e si stavano diffondendo gli scioperi nonostante la repressione. Di fronte ad un’insurrezione nel nord e alla minaccia di uno sciopero generale nella capitale Niamey, il Governo accettò di introdurre un sistema politico multi-partito nel novembre del 1990 e organizzò una conferenza nazionale; Saïbou rimase in carica come presidente, ma perse la maggior parte dei suoi poteri, Cheiffou Amadou fu nominato Primo Ministro, mentre André Salifou, un accademico universitario, fu nominato Presidente del Consiglio superiore della Repubblica, incaricato di sovrintendere alla transizione verso la democrazia. Iniziata nel luglio del 1991, la Conferenza stabilì delle istituzioni di transizione che avrebbero restituito il potere ai civili. Nel gennaio del 1993, una nuova costituzione stabiliva una nuova architettura istituzionale, con meno poteri concentrati nella figura del Capo dello Stato.

La Conferenza nazionale, tuttavia, evidenziava le divisioni all’interno della società, così come tra le fila dell’esercito, che ha continuato ad intervenire nella sfera politica; nel 1992, i militari avevano arrestato dei politici, tra cui André Salifou e Mohamed Moussa, ex Ministro degli Interni di etnia Tuareg, accusati di trasmettere informazioni ai ribelli. Inoltre, crescevano le tensioni tra lo Stato e le componenti religiose della società. La democrazia aveva fatto nascere molte aspettative, ma la sua costruzione stava avvenendo in un contesto di tagli di bilancio e crisi economica. Nella capitale, le liti tra i Partiti e i politici stavano bloccando le istituzioni; nel 1993, non meno di nove Partiti erano rappresentati nell’Assemblea Nazionale, e sebbene la Terza Repubblica vietasse le formazioni politiche su base etnica, la maggior parte delle formazioni politiche aveva una forte identità etnica-regionale: la Convention démocratique et sociale era fortemente associata agli Hausa e soprattutto con la regione di Zinder, da dove provenivano il Presidente, Mahamane Ousmane, e oltre il 40% dei suoi rappresentanti; l’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale era associata con i Tuareg; e l’ Alliance nigérienne pour la démocratie et le progrès con i Djerma-Songhai delle regioni di Tillabéry e Dosso. Mahamane Ousmane, eletto Presidente nel marzo del 1993, dovette fare affidamento su una fragile coalizione che comprendeva il suo Partito, la Convention démocratique et sociale, il Parti nigérien pour la démocratie et le socialisme guidato da Mahamadou Issoufou, il suo Primo Ministro, e Alliance nigérienne pour la démocratie et le progrès, guidato da Moumouni A. Djermakoye. La fragile alleanza si basava più sul rifiuto delle vecchie élite che su un programma e aspirazioni comuni. Inoltre, Moumouni Djermakoye era stato un ufficiale delle forze armate e Ministro degli Esteri sotto la Presidenza di Seyni Kountché. La sua incapacità di ottenere la leadership del MNSD di Mamadou Tandja spiega in gran parte la sua decisione di fondare l’ANDP e unirsi all’alleanza presidenziale formata da Mahamane Ousmane nel 1993. Il MNSD, fondato da Ali Saïbou, ha continuato ad essere la più grande forza politica del Paese con il maggior numero di rappresentanti eletti, tuttavia, respinto dall’opposizione in quanto ritenuto strettamente connesso alle vecchie élite dirigenti. I disaccordi all’interno del Governo causarono le dimissioni di Issoufou e spinsero il suo Partito, il MNSD, ad aderire all’opposizione nel 1994. In ottobre, il Presidente sciolse l’assemblea dopo che questa aveva rifiutato di approvare la nomina di un nuovo Primo Ministro della Convention démocratique et sociale.

Nel gennaio del 1995, il Partito presidenziale perse le elezioni legislative inaugurando un periodo senza precedenti di coesistenza nella sub-regione. Il Presidente fu costretto a nominare Hama Amadou, segretario generale del Mouvement national pour la société de développement, come Primo Ministro e dovette accettare che Mahamane Issoufou divenisse Presidente dell’Assemblea Generale. Tuttavia, ancora una volta, le istituzioni si sono trovate in una fase di stallo e l’esercito intervenne nel gennaio del 1996; il Presidente aveva rifiutato di firmare alcuni decreti e di partecipare a riunioni del Consiglio dei Ministri per un lungo periodo, inoltre, le nomine governative di alto livello erano state aspramente contestate. Il leader del colpo di Stato, il colonnello Ibrahim Baré Maïnassara, promise un programma di “rettifica democratica” prima di restituire il potere politico ai civili. Maïnassara organizzò l’adozione di una nuova costituzione nel maggio del 1996, imponendosi come Presidente in seguito a elezioni farsa. Alla vigilia delle elezioni, il Governo aveva annunciato che il voto si sarebbe tenuto nell’arco di due giorni anziché uno, tuttavia, alla fine del primo giorno, fu sciolta la commissione elettorale e installata un’altra che convalidò il capovolgimento dei risultati iniziali e dichiarò Baré Maïnassara vincitore delle elezioni presidenziali al primo turno. La Francia, che aveva sostenuto l’esercito nell’organizzazione di rapide elezioni, riconobbe il risultato di questa farsa. Tuttavia, gli Stati Uniti contestarono i risultati e chiusero l’ufficio della sua agenzia di aiuto allo sviluppo a Niamey.
Il Governo, con Seyni Kountché come riferimento, segnalava il ritorno dell’esercito al potere e mostrava la debolezza del processo democratico. Tuttavia, non durò a lungo: nell’aprile del 1999, il Presidente-generale fu assassinato dagli stessi membri della sua guardia personale; il colpo di Stato era stato organizzato da giovani ufficiali che rimasero al potere soltanto per pochi mesi. Una nuova costituzione, la quinta dal 1960, fu adottata nel giugno del 1999.
L’instabilità politica degli anni Novanta fu dovuta anche alla radicalizzazione delle richieste dei Tuareg e all’emergere delle ribellioni armate nel Nord. La diaspora dei Tuareg si era organizzata militarmente in Libia dagli anni Ottanta; dagli anni Settanta, Gheddafi aveva accolto l’opposizione nigerina dei Tuareg o di origine araba su suolo libico, invitando le comunità nomadi del Sahara, nel 1980, a costituire uno Stato autonomo, attirando migliaia di Tuareg per l’addestramento militare in Libia. Insieme con i migranti economici, essi formarono la spina dorsale dei movimenti armati degli anni Novanta. Nel 1987, il Presidente Saïbou cercò di ridurre la tensione invitando i migranti a ritornare; decine di migliaia di Tuareg in Algeria e in Libia tornarono in effetti in Niger, trovando, tuttavia, un Paese indebolito dalle politiche di austerità e governato da un regime militare vicino alla fine. Questo fu il contesto in cui le grandi ribellioni armate del 1990 ebbero luogo.

Nel maggio del 1990, il massacro di Tchintabaraden perpetrato dall’esercito nigerino contro le comunità civili Tuareg innescò la rivolta; Dopo gli scontri con i giovani a Tchintabaraden, nella regione dell’Aïr, le forze di sicurezza nigerine attuarono una violenta repressione. Anche se il numero delle vittime rimane controverso, il massacro continua a rappresentare la repressione inflitta al popolo Tuareg da parte dello Stato del Niger.
La ribellione è stata inizialmente condotta da un movimento di liberazione unitario, il Front de libération de l’Aïr et de l’Azawouar, fondato nel 1991, che prevedeva la creazione di uno Stato federale con una grande autonomia per le regioni settentrionali. Dopo il 1993, il FLAA si è diviso in molti “fronti”, tutti con interessi specifici dei propri clan di appartenenza. L’Armée révolutionnaire du Nord-Niger e il Front de libération Temoust furono creati nel 1993. Il Front populaire de libération du Sahara si è costituito nel 1994. Quattro gruppi scissionisti dell’Armée révolutionnaire du Nord-Niger entrarono in scena nel 1994-1995: l’Armée populaire de libération du Nord, il Front des forces de libération, il Front d’action révolutionnaire e il Mouvement révolutionnaire de libération du Nord-Niger. Durante i negoziati con il Governo, che avrebbero portato agli accordi del 1995, molte di queste formazioni crearono delle alleanze, incluso l’Organisation de la résistance armée, guidata da Rhissa ag Boula, e la Coordination de la résistance armée, guidata da Mano Dayak. Alcuni gruppi rimasero fuori da queste alleanze e più tardi siglarono degli accordi specifici, particolarmente l’Union des forces de la résistance armée, il cui leader era Mohamed Anacko, il Front d’action révolutionnaire, le Forces armées révolutionnaires du Sahara, un gruppo composto prevalentemente da combattenti Toubou dell’est del Paese e il Front démocratique du renouveau, attivo nella regione di Kawar vicino al confine con la Libia.
Nel contempo, il Governo incoraggiò la creazione di milizie della comunità per combattere i movimenti Tuareg e Toubou. Questo conflitto a bassa intensità è durato più di sette anni, ampliando il divario tra le popolazioni civili nel nord e le forze di sicurezza del Niger.

I negoziati ebbero inizio nel 1993, portando nel 1995 agli accordi di Ouagadougou e Niamey, integrati da quelli di Algeri (1997) e N’Djamena (1998). Questi accordi avevano tre componenti principali: il decentramento, con il trasferimento dei poteri dallo Stato verso la città, i dipartimenti e le regioni; l’integrazione dei combattenti nell’amministrazione e nelle forze di sicurezza; lo sviluppo socio-economico del nord del Niger. Inoltre, la nomina di diversi leader della rivolta in posizioni chiave, conferì a costoro una quota di potere del Governo centrale e implicitamente riconobbe la loro capacità di regolare l’arena politica nel nord del Paese.
L’elezione nel novembre del 1999 di Mamadou Tandja inaugurò un periodo di stabilità istituzionale, coniugando l’autorità militare con la legittimità democratica. Ex ufficiale vicino a Seyni Kountché, Tandja guidava un Partito che includeva anche le élite civili che avevano partecipato alla Conferenza Nazionale e ai dibattiti democratici negli anni Novanta. Tandja era stato Ministro degli Interni sotto i Presidenti Kountché (1979-1981) e Ali Saïbou all’inizio degli anni Novanta. Inoltre, occupò questo incarico durante il periodo di repressione del movimento Tuareg e il massacro a Tchintabaraden. Nel luglio del 1991, successe a Saïbou come leader del MNSD. Perdente alle elezioni presidenziali del 1993 e del 1996, è stato finalmente eletto nel 1999 e nuovamente nel novembre del 2004.
Tandja cercò di rafforzare il potere statuale e, durante il suo secondo mandato, allentò la dipendenza dalla Francia accogliendo l’interesse di altri Paesi, in particolare della Cina. Tandja denunciò anche le ONG, accusandole di aver inventato le carestie del 2005 e del 2008.
Tuttavia, la stabilità della presidenza Tandja non deve far passare in secondo piano le turbolenze che hanno contraddistinto i due mandati; avvennero, infatti, ricorrenti proteste sociali, con grandi manifestazioni studentesche nel 2001 e nel 2004, manifestazioni contro il costo della vita nel 2005 e continui disordini nell’esercito. Nel 2002, un ammutinamento scoppiò a Diffa, nell’est del Paese. Gli ammutinati chiedevano le dimissioni del Capo di Stato Maggiore, il pagamento dei salari arretrati e migliori condizioni di vita. Dopo il 2007, il Governo di Tandja ha affrontato la ribellione del Mouvement des Nigériens pour la justice nel nord del Paese.

Negli anni Duemila, la tensione sociale e politica era rimasta alta nel nord del Niger. La scarsa applicazione degli accordi degli anni Novanta aveva provocato una grande frustrazione; gli ex combattenti e i giovani Tuareg erano stati delusi dal fallimento dell’integrazione e dalla lentezza dello sviluppo economico. All’inizio del 2007, un nuovo gruppo, il Mouvement des Nigériens pour la justice fu responsabile di una serie di attacchi armati, tra cui uno alla postazione militare di Iférouane. Il MNJ è stato senza dubbio un’iniziativa di trafficanti ed ex combattenti, presto raggiunti da militanti e membri della diaspora, che diedero al movimento una dimensione più politica. Sotto la leadership di Aghaly Alambo, un ex membro del Front de libération de l’Aïr et de l’Azawouar e precedente sotto- prefetto di Arlit, il MNJ domandava una maggiore integrazione nello Stato e più autonomia per le regioni del nord.
Questa seconda ribellione dei Tuareg fu di breve durata. In primo luogo, fu duramente colpita dai militari, aiutati dagli elicotteri da combattimento recentemente acquistati. Il Presidente Tandja e i suoi sostenitori insistettero sulla descrizione del MNJ come di una banda criminale e terroristica che fingeva di essere formata da militanti Tuareg. Inoltre, il movimento non ebbe il sostegno ottenuto dai suoi predecessori; la popolazione sembrava stanca dei gruppi armati, che alimentavano la violenza e servivano principalmente gli interessi di pochi uomini. La presenza all’interno del MNJ di gruppi sospettati di coinvolgimento nel traffico di droga ha ulteriormente ridotto la legittimità locale del movimento. Infine, come nel passato, le faziosità e le dispute personali hanno indebolito il movimento. Nell’aprile del 2009, il coinvolgimento personale di Gheddafi ha posto fine al conflitto dopo la sua promessa di elargire grandi somme di denaro. Ufficialmente i gruppi furono disarmati durante una cerimonia organizzata in Libia ma non fu stipulato un accordo di pace. Nel 2010, quando il Presidente Tandja è stato deposto, non si poteva affermare ragionevolmente che la questione dei Tuareg fosse stata risolta.

Nel 2007, un altro importante tema politico è stato l’emergere di un dibattito sulla riforma costituzionale che avrebbe permesso al Presidente di candidarsi per il terzo mandato, il dibattito ha diviso il Mouvement national pour la société de développement, poiché il Primo Ministro, Hama Amadou, era interessato a succedere al Presidente Tandja. Tuttavia, Amadou era stato messo da parte da una mozione di sfiducia votata dal Parlamento il 31 maggio del 2007 e costretto a dimettersi. Fu arrestato nel giugno del 2008 con l’accusa di appropriazione indebita di fondi pubblici. Nel maggio del 2009, Tandja annunciò la sua proposta di riforma, che l’opinione pubblica etichettò tazartché, continuità nella lingua Hausa. Gruppi della società civile e partiti politici formarono il Coordination des forces pour la démocratie et la république per opporsi alla riforma.
Nonostante questa opposizione, il Presidente andò avanti e annunciò un referendum, inoltre, il 25 maggio, sciolse l’Assemblea Nazionale dopo che la Corte costituzionale rigettò la sua proposta di referendum. Nel mese di giugno, Tandja assunse i pieni poteri e fece dimettere i sette giudici della Corte costituzionale che avevano respinto la sua proposta per la seconda volta. La prima proposta di referendum mirava a cambiare la Costituzione estendendo il mandato presidenziale di tre anni. La Corte costituzionale stabilì che un tale referendum era inammissibile e affermò che la costituzione non permetteva al Presidente di rimanere in carica oltre il suo termine, e che l’articolo 49, che riguardava le disposizioni per i referendum, non poteva essere utilizzato per rivedere la Costituzione. La Corte ha poi invalidato un decreto presidenziale di convocazione di un referendum su una seconda proposta di modificare la costituzione.
Ma l’adozione di una nuova costituzione con una larga maggioranza, il 92%, con il referendum del 4 agosto del 2009 non disinnescò la crisi e le forti proteste continuarono contro quello che l’opposizione denunciò come un “colpo di Stato costituzionale”.
Al di fuori del Niger, la tazartché causò un forte imbarazzo e ricevette poco supporto; la Francia, coinvolta nel negoziato sull’uranio con il Presidente Tandja, mantenne un basso profilo e non condannò pubblicamente ciò che stava accadendo. In quel periodo il Niger era responsabile per la fornitura di un terzo dell’uranio usato dalle imprese francesi, dato destinato a salire dopo l’inizio della produzione a Imourarem, 160 km a nord di Agadez. Durante il suo secondo mandato, Tandja ha intaccato il monopolio francese dell’uranio aprendo il settore alla concorrenza, in particolare cinese e canadese. Dal 2011, l’azienda Somina, in cui la quota di maggioranza era capitale cinese, produceva circa 700 tonnellate di uranio all’anno ad Azelik, regione di Agadez. Una società canadese, Goviex, si era impegnata a estrarre uranio dal sito di Madaouella, nella regione di Arlit, scoperto nel 1963. L’Unione Europea sospese i suoi aiuti allo sviluppo il 6 novembre 2009, poco dopo le elezioni legislative, boicottate dall’opposizione nigerina. La Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) esercitò una fortissima pressione sul Presidente Tandja affinché tornasse sui suoi passi. In giugno, il Presidente dell’ECOWAS, il nigeriano Yar’Adua nominò come mediatore tra il Governo e l’opposizione il generale Abdulsalami Abubakar. Nel mese di ottobre, di fronte alla caparbietà delle autorità nigerine, che avevano già organizzato le elezioni legislative, i capi di Stato dell’ECOWAS sospesero il Niger. La sesta Repubblica fu di breve durata: il Presidente Tandja fu rovesciato da un gruppo di ufficiali dell’esercito il 18 febbraio del 2010, pochi giorno che i colloqui sponsorizzati dall’ECOWAS a Niamey si erano interrotti.

Il 18 febbraio del 2010 un colpo di Stato ha sospeso la sesta Repubblica e il Presidente Tandja è stato arrestato dopo brevi combattimenti. Il colpo di Stato fu effettuato dal Conseil suprême pour la restauration de la démocratie, composto da alti ufficiali, tra cui i colonnelli che avevano partecipato al colpo di Stato del 1999, e guidato da Salou Djibo, un ufficiale originario di Djerma.
Nei giorni successivi, diversi Paesi e organizzazioni internazionali hanno condannato formalmente il golpe, ma dopo mesi di crisi politica, molti lo videro come il male minore. Il Conseil suprême pour la restauration de la démocratie si impegnò rapidamente ad organizzare le elezioni, promettendo che i membri delle forze armate non si sarebbero candidati. L’11 marzo 2010 un decreto firmato da Salou Djibo impediva ai membri del CSRD e del Governo di transizione di contestare le elezioni. Nel mese di aprile, il nuovo Governo istituì un Consiglio Nazionale consultivo per vigilare sulla transizione e una Commissione per redigere una nuova costituzione. Tutto questo fu sufficiente a convincere diversi membri della comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, a riprendere gli aiuti in Niger.
La tazartché aveva provocato una vasta opposizione tra i politici dell’opposizione, la società civile e le forze di sicurezza. Per questo, il colpo di Stato è stato accolto positivamente in Niger, ed ha segnalato un certo attaccamento ai valori democratici da parte delle forze armate. Tuttavia, l’azione dei militari è servita anche agli interessi dei politici esclusi a causa della deriva autoritaria del Presidente Tandja. Inoltre, interessi esterni hanno influenzato il corso degli eventi, se non altro per il tacito appoggio fornito ai golpisti nonostante la condanna formale dei loro atti.
Il CSRD mantenne la sua promessa di ripristinare rapidamente l’ordine repubblicano. La nuova costituzione, sottoposta a referendum il 31 ottobre 2010, includeva alcune nuove disposizioni, come l’obbligo che i candidati alle elezioni legislative dovessero essere in possesso di certi diplomi (art.84); piena trasparenza dei contratti per l’esplorazione e la produzione delle risorse naturali (art.150); e l’obbligo di condividere i ricavi dalle risorse minerarie tra le autorità governative centrali e quelle locali (art. 152).
Il 31 gennaio del 2011, poco meno di un anno dopo la deposizione di Tandja, le elezioni legislative portarono ad una vittoria qualificata per il Parti nigérien pour la démocratie et le socialisme di Mahamadou Issoufou, che ottenne 39 seggi, sui suoi rivali, il Mouvement national pour la société de développement di Seyni Oumarou, 26 seggi, e il Mouvement démocratique nigérien di Hama Amadou, 23 seggi. Nel ballottaggio per le presidenziali, il 12 marzo 2011, Issoufou ha battuto Seyni Oumarou con il 58% dei voti. Diverse missioni di osservatori internazionali, inclusi quelli inviati dall’Unione Africana e dall’Unione Europea, evidenziarono la trasparenza del processo elettorale.

Tuttavia, il bilancio della giunta non è stato del tutto positivo; gli ultimi mesi della transizione furono molto tesi, infatti, nell’ottobre del 2010, quattro alti ufficiali, tra cui il colonnello Abdoulaye Badie, secondo in comando della giunta, furono arrestati con l’accusa di complotto contro l’autorità dello Stato. Ciò poteva indicare un disaccordo all’interno della giunta sull’opportunità di restituire il potere ai civili. Le tensioni erano forse dovute alle alleanze concorrenti che gli ufficiali stabilirono con i leader politici in corsa per le elezioni.
Inoltre, il processo elettorale è stato contestato nonostante i rapporti positivi degli osservatori internazionali. Citando le nuove disposizioni sulla necessità per i candidati di avere un diploma, il Consiglio di transizione costituzionale, istituito il 12 giugno 2010, invalidò quasi la metà dei candidati per le elezioni parlamentari. La mossa non risparmiò nessuno dei principali partiti politici, ma colpì particolarmente l’ex Partito di Governo. Il MNSD interpretò tale decisione come un tentativo della giunta di mantenere fuori dall’arena politica coloro che avevano escluso dal potere politico. I membri del MNSD affermarono che i membri della giunta supportavano alcuni politici per proteggere i beni e i benefici acquisiti durante la transizione. Rispetto agli esempi del Ghana e del Mali, la transizione dal Governo militare è stata in Niger veloce e positiva, tuttavia, essa è dipesa strettamente da molti compromessi tra le autorità militari e i leader politici, che alcuni hanno creduto, e credono, indispensabile, ma che altri vedono come l’anello debole su cui si basava, e si basa ancora oggi, il Governo del Presidente Issoufou.

Mahamadou Issoufou appartiene ad una generazione di politici emersa nel contesto della conferenza nazionale del 1991; ha ricoperto incarichi governativi di alto livello, come Primo Ministro, poi Presidente dell’Assemblea Nazionale, prima di fare parte dell’opposizione durante il colpo di Stato del 1996. Negli anni Duemila, è stato uno dei leader dell’opposizione e uno dei fondatori della Coordination des forces pour la démocratie et la république, che aveva rigettato il piano di Tandja per modificare la costituzione.
Issoufou è stato eletto dopo aver predisposto un piano di riforma molto ambizioso, di ampio respiro, denominato “Renaissance”, il cui costo approssimativo era di circa 6,238 miliardi di franchi CFA (acronimo di Franc de la Communauté Financière Africaine). Il programma si basava su otto punti tra cui la rinascita delle istituzioni democratiche, la lotta contro la fame, la sicurezza della popolazione, la creazione di 50.000 posti di lavoro ogni anno per i giovani e lo sviluppo dell’istruzione. La metà dei fondi necessari per questo programma doveva essere coperta da aiuti esteri e l’altra metà dalle entrate fiscali dello Stato. I donatori hanno supportato il programma ma alcuni osservatori sono rimasti molto cauti, altri argomentavano che il Presidente stava soltanto utilizzando vecchie iniziative facendole sembrare nuove e che il suo programma non era altro che una trovata pubblicitaria. Altri sosteneva che Issoufou avesse raggiunto pochi obiettivi nonostante la campagna di auto-promozione del Governo. Il Governo era evidentemente sotto pressione, per questo era spesa molta energia per evidenziare i progressi ottenuti, come suggeriva la tensione nei negoziati con l’azienda francese Aréva sull’apertura della miniera di Imouraren. La società francese Aréva, specializzata in energia nucleare e che ha base nel Niger, fornisce alla Francia il 75 % della sua elettricità. La perdita di questa società sarebbe disastrosa, e impensabile per Parigi, tanto che le truppe francesi sono state schierate sul sito della società per garantire la sicurezza del personale. Fin dall’inizio del conflitto nel nord del Mali, la Francia ha inviato altri soldati in Niger per proteggere l’estrazione di uranio, infatti, Parigi temeva che le turbolenze nel Mali avrebbero avuto un effetto negativo anche sul Niger.
Al fine di attuare il suo programma, Issoufou si è circondato di una squadra composta prevalentemente da uomini politici che erano in carica dal 2011, nonostante nell’agosto del 2013 vi fosse un rimpasto di Governo. Brigi Rafini, descritto sia come un tecnocrate sia come un nomade della politica per la sua capacità di operare in diversi Governi e Partiti, è stato nominato Primo Ministro il 7 aprile 2011. Rafini era un Tuareg di Iférouane, che non aveva preso parte alla ribellione e cercava un compromesso non avendo grandi ambizioni politiche; la sua nomina si presentava come un gesto di buona volontà verso la comunità Tuareg. Tuttavia, molti osservatori hanno ritenuto che la sua autorità fosse molto limitata.

Tra gli uomini forti del Gabinetto vi erano una serie di figure chiave del Parti nigérien pour la démocratie et le socialisme, tra cui il Ministro degli Esteri, Mohamed Bazoum, il Ministro della Difesa, Karidjo Mahamadou, e il Ministro dell’Energia e del Petrolio, Foumakoye Gado. Questa “vecchia guardia”, molto influente nel Partito, deteneva un potere significativo in un Paese in cui le nomine ad ogni livello del Governo erano estremamente politicizzate. Inoltre, vi erano Ministri la cui presenza era il risultato delle alleanze costruite dal Presidente Issoufou con altri Partiti politici o con la società civile, che aveva combattuto contro la tazartché, rappresentata da leader come Amadou Marou, Ministro della Giustizia e portavoce del Governo dal 2011. Con rare eccezioni, le attuali élite politiche sono emerse nei primi anni Novanta, ciò indica che il rinnovamento delle élite nigerine è in ritardo. Inoltre, in un Paese dove la metà della popolazione ha meno di diciotto anni, la tensione tra le generazioni è comune nell’arena politica.
Il Presidente e il suo team hanno trovato molte difficoltà nell’applicare il programma Renaissance e nel dimostrare di possedere la capacità di rompere con l’inefficacia dei Governi precedenti. Il settore dell’energia è esemplificativo a questo riguardo. Il Governo non fu in grado di evitare i prolungati blackout a Niamey nel giugno del 2013. In luglio, l’Esecutivo annullò il contratto per la costruzione di una diga idroelettrica a Kandadji, uno dei progetti di punta del programma Renaissance, provocando il disappunto della popolazione, tanto più che il Niger fornisce uranio alla Francia fin dagli anni Settanta. In questo contesto, le tensioni sociali hanno ricominciato a crescere. Anche i sostenitori del Presidente erano preoccupati per la mancanza di realizzazioni pratiche, mentre il Niger stava attraversando un periodo di instabilità preoccupante.
Di fronte ad un crescente malcontento sociale in un contesto molto teso, il Presidente ha avuto bisogno di consolidare le alleanze con le forze armate e con gli altri Partiti politici che gli permettevano di governare, ma che sembravano essere, per non dire che erano, alquanto instabili.

Le forze di sicurezza hanno due componenti principali: le Forces armées nigériennes e Forces nationales d’intervention et de sécurité. Queste forze sembravano essere in una condizione migliore rispetto alle loro controparti nella regione. Tuttavia, non erano esenti da disfunzioni preoccupanti, squilibri e problemi logistici che riducevano la loro efficacia nel controllo delle frontiere. Le FNIS soffrivano anche di un numero insufficiente di ufficiali, un serio ostacolo alla realizzazione di operazioni su vasta scala. Infine, le forze di sicurezza erano note per gli episodi di ripetute violenze contro la popolazione civile durante le repressioni degli anni Novanta e Duemila.
L’esercito si basava anche su una dimensione etnica, in una misura che è difficile da stimare. La gerarchia militare presumibilmente preferiva reclutare i soldati dal gruppo etnico dei Djerma e l’integrazione di altri gruppi etnici nell’esercito spesso creava delle tensioni. Tuttavia, vi sono molti esempi che contraddicono questa affermazione; è possibile che più di ogni altro elemento, siano i vincoli personali all’interno dell’esercito a distorcere le procedure per la promozione provocando squilibri e frustrazione.
La storia del Niger è disseminata da ripetuti interventi dei militari negli affari pubblici. Dall’indipendenza, quattro colpi di Stato militari hanno rovesciato i Governi e solo tre civili sono stati Presidenti. Tuttavia, questi interventi hanno permesso sia un Governo militare (1974 e 1996) sia il ritorno al potere dei civili dopo la transizione di rettifica (1999 e 2010). L’esercito ha avuto talvolta un ruolo dirompente, ma ha anche agito come mediatore nel caso dello stallo politico. Dato che l’interferenza militare è comune nella politica del Niger, i politici sono riusciti, a volte, a istituire dei rapporti clientelari con gli ufficiali. I Governi civili devono tener conto delle forze di sicurezza e hanno imparato che è necessario formare delle alleanze con loro. Per queste ragioni, il Presidente Issoufou ha proceduto con cautela nel gestire le forze armate, che avevano rovesciato il precedente Governo e forse, come qualche osservatore ha evidenziato, hanno agevolato anche la sua elezione. A questo proposito, è interessante notare che la Legge del 20 giugno 2012 ha riorganizzato il bilancio raddoppiando gli investimenti pubblici nella difesa, che sono aumentati di 40.4 miliardi di franchi CFA, per un budget che inizialmente era fissato a 35 miliardi. Il budget per la difesa assorbe quasi il 7% delle entrate del Governo, inoltre, questo aumento ha determinato dei tagli in altri comparti, tra cui i Ministeri delle finanze e dell’istruzione e la stessa Presidenza. Il Presidente non ha mai messo in discussione né le immunità e i benefici di cui godono gli ex membri del Conseil suprême pour la restauration de la démocratie, che organizzarono il golpe del 2010, né ha mai effettuato un audit finanziario della transizione come richiesto dall’opposizione. Il contesto di insicurezza regionale ha permesso al Presidente di aumentare sostanzialmente il bilancio della difesa, a volte a scapito dei servizi rivolti alla popolazione. Il Governo ha continuato gli sforzi avviati dal predecessore per equipaggiare l’esercito, con l’aiuto dei Paesi occidentali coinvolti nella lotta contro il terrorismo. Inoltre, il Presidente ha concesso altri vantaggi per il personale militare sotto forma di aumenti dei bonus e alloggi.

Il Governo civile non ha quindi il pieno controllo dei militari; quando sono state fatte delle promozioni nel giugno del 2011, il Presidente Issoufou ha visibilmente cercato un compromesso tra le proprie preferenze e la necessità di mantenere dei buoni rapporti con gli ex membri del CSRD. Nei mesi successivi, ha nominato ambasciatori all’estero degli ufficiali. Sussiste, tuttavia, ancora molta diffidenza tra le due parti: nel luglio del 2011, i servizi di sicurezza hanno sventato un tentativo di assassinio del Presidente, e poco dopo, ufficiali militari, tra cui il colonnello Abdoulaye Badie, ex secondo in comando della giunta, sono stati arrestati. Inoltre, la posizione favorevole all’intervento in Mali e il recente dispiegamento di truppe occidentali sul territorio nazionale hanno provocato un forte malcontento nell’esercito, la cui entità è difficile da valutare.
È stato raggiunto un fragile equilibrio tra il Governo e l’esercito, che potrebbe intervenire nuovamente nell’arena politica, in particolare in caso di un nuovo stallo istituzionale. L’insicurezza regionale potrebbe fornire un altro motivo di intervento, soprattutto se i militari dovessero essere bersaglio di altri attacchi come quello di Agadez.
Il Partito di Governo non ha avuto la maggioranza nell’Assemblea Nazionale. Per governare fu formata una coalizione, denominata Mouvance pour la renaissance du Niger, composta dal Parti nigérien pour la démocratie et le socialisme, 37 seggi, dal Mouvement démocratique nigérien, 23 seggi, dall’Alliance nigérienne pour la démocratie et le progrès, 8 seggi, e dall’Union pour la démocratie et la république, 6 seggi. Tali alleanze sono comuni nella storia politica del Niger, dato che raramente un solo Partito ottiene la maggioranza assoluta. Tuttavia, le alleanze di Issoufou sembravano essere molto deboli. La coalizione era nata dalle ceneri della Coordination des forces pour la démocratie et la république, che si era sciolta durante le elezioni del 2011. Dopo la vittoria del PNDS nelle elezioni del gennaio 2011, il MODEN e il CDS decisero di unirsi al MNSD nell’Alliance pour la reconciliation nationale, costituita il 25 gennaio, pochi giorni prima delle elezioni legislative e presidenziali. Tuttavia, dopo che il PNDS aveva vinto le elezioni legislative e il primo turno delle presidenziali, Hama Amadou e il MODEN invertirono le loro alleanze, unendosi a Mahamadou Issoufou contro132 Seyni Oumarou.
L’alleanza tra il MODEN e il PNDS diede luogo ad una maggioranza parlamentare. In cambio, Hamadou ottenne la presidenza dell’Assemblea Nazionale e sei Ministeri. Tuttavia, il MRN ha più volte dato segnali di debolezza in parte a causa della posizione inusuale di Hama Hamdou, che data l’età non ha avuto molte possibilità nelle elezioni presidenziali del 2016, che hanno riconfermato Issoufou nella carica presidenziale.

Nel giugno del 2013, il PNDS si è trovato in minoranza nell’Assemblea Nazionale durante la votazione su un disegno di Legge doganale. Si sono così diffuse rapidamente voci su un rimpasto di Governo; infatti, il 13 agosto, il Presidente Issoufou ha annunciato la formazione di un Governo di unità nazionale poiché, ha sostenuto, le sfide per la sicurezza erano senza precedenti. Tuttavia, il rimpasto è stato molto limitato, molti esponenti di primo piano del PNDS sono rimasti nei loro incarichi, inoltre, Brigi Rafini ha guidato nuovamente l’Esecutivo. Il MODEN, vedendo danneggiati i suoi interessi, ha sospeso la sua partecipazione. Tuttavia, quattro dei suoi sei Ministri hanno rifiutato la linea del Partito, dando inizio ad una crisi del Partito. Nel contempo, la partecipazione del MNSD al nuovo Governo ha provocato lotte intestine e ha indebolito il suo Presidente, Seyni Oumarou, a lungo ostile all’idea di entrare nell’Esecutivo. Il riavvicinamento con il PNDS è frutto del lavoro di Mamadou Tandja, che continua ad avere una forte influenza nel MNSD.
Infine, la formazione del Governo, che solo nominalmente era di unità nazionale, sembra essere stata più una manovra politica che una risposta ai problemi della sicurezza del Niger. Non vi è stato alcun chiaro vincitore in questo episodio e ciò potrebbe indebolire tutti i Partiti nel lungo termine: il MODEN si è diviso sulla questione della partecipazione al Governo, il MNSD non è stato unanime e la nuova coalizione formata dal PNDS sembrava debole. La maggioranza presidenziale si basava sempre più sulle connessioni personali tra i politici e il Presidente Issoufou, piuttosto che su una solida alleanza tra formazioni politiche. In questo contesto, la minaccia di uno stallo istituzionale, come quello avvenuto nel 1994-1995, non poteva essere escluso.
Dal punto di vista istituzionale, il Niger ha gradualmente costruito delle istituzioni per proteggere la democrazia. Alcune di esse, come ad esempio la Corte istituzionale, si sono guadagnate la reputazione di essere relativamente indipendenti. Nel 2009, la Corte istituzionale ha resistito al progetto della tazartché; nel 2012, le sue sentenze hanno indotto due Ministri a dimettersi; nell’aprile del 2012, ha stabilito che la revoca dell’immunità a otto deputati, accusati di appropriazione indebita di fondi pubblici, era costituzionale.

La capacità delle altre istituzioni create recentemente è apparsa più incerta. Istituito nel 2004, il Conseil national du dialogue politique aveva il compito di garantire relazioni ottimali tra il Governo e l’opposizione, ma secondo i suoi critici non è stato in grado di assolvere veramente a questa funzione. La figura del mediatore nella Repubblica, creata nel 2008, è stata detenuta solitamente dal leader di un Partito politico, caratteristica che ne può minare l’indipendenza. Alcune istituzioni sembrano essere troppe dipendenti dal Governo e la loro efficacia è ridotta dall’attivismo politico spesso interessato.
Le agenzie che avrebbero dovuto combattere la corruzione e la criminalità finanziaria sono un buon esempio dell’influenza negativa dell’attivismo politico. La Cellule nationale de traitement des informations financières fu creata nel 2004; l’Haute Autorité de lute contre la corruption et les infractions assimilées nel luglio del 2011; e l’Ufficio informazioni e reclami contro la corruzione e reati simili nell’ottobre del 2011. La creazione di queste agenzie, realizzate su richiesta dei donatori allo scopo di promuovere il buon governo, è stata molto positiva, ma il loro funzionamento e la mancanza di indipendenza sono stati criticati, infatti, anche se non dovrebbero essere trascurate, queste istituzioni giocano ancora un ruolo incerto e contestato come garanti della democrazia e della buona governance.
Oltre alle istituzioni statuali, la società civile ha svolto un ruolo importante nella difesa dei diritti politici e sociali durante gli anni Novanta. Organizzazioni come l’Association nigérienne de défense des droits de l’homme e l’ONG Timidria hanno contribuito alla democratizzazione. Le organizzazioni della società civile, in particolare i sindacati, sono state le forze dietro i movimenti di protesta sociale, alcuni dei quali avrebbero potuto divenire violenti. Tuttavia, il Governo era guidato da un Partito politico che era stato all’opposizione per molto tempo ed aveva quindi costruito legami importanti con la società civile. Alcuni attivisti ritengono che questo rappresenti una problematica e mini il dovere della società civile di mantenere un atteggiamento critico. La società civile è attualmente alla ricerca di una seconda possibilità e le organizzazioni più militanti come il Réseau des organisations pour la transparence et l’analyse budgétaire potrebbero fornirgli questa opportunità. Fondato nel 2006, si è sempre focalizzato sulla delicata questione dei ricavi delle industrie estrattive, essendo molto critico delle imprese estere e del Governo. La richiesta principale era una revisione dei contratti minerari e la trasparenza nella distribuzione dei fondi pubblici generati da tali contratti.

Nelle complesse dinamiche politiche del Niger gioca un ruolo particolare la religione islamica. Dal 1990, le associazioni religiose, in particolare quelle che pretendono fedeltà all’Islam, hanno svolto un ruolo sempre più importante negli affari pubblici e nei dibattiti a volte accesi sulle questioni sociali e politiche. Il loro primo movimento nazionale di protesta ebbe luogo nel 1993, in risposta ad un disegno di Legge del Governo sul diritto di famiglia. Molti rappresentanti islamici respinsero il disegno di Legge, sostenendo che avrebbe promosso valori occidentali che contraddicevano l’Islam. Di fronte ad una forte mobilitazione, il Governo fece cadere il disegno di Legge. Nel marzo del 2011, manifestazioni dei movimenti islamici si svolsero nella capitale dopo che erano circolate voci che il Governo di transizione fosse pronto ad approvare un nuovo diritto di famiglia. Più recentemente, nel gennaio del 2013, le manifestazioni hanno avuto luogo contro un disegno di Legge per la protezione del diritto delle ragazze all’istruzione superiore. L’Esecutivo è stato spesso accusato di essere influenzato dai Paesi occidentali che, secondo i movimenti islamici, stavano cercando di abbattere i valori dell’Islam, imponendo il controllo delle nascite e combattendo la crescita delle popolazioni islamiche con la “scusa” della protezione dei diritti delle donne.
Alcuni analisti ritengono che le organizzazioni religiose, non i Partiti politici, siano la principale forza di opposizione in Niger. Queste associazioni non solo svolgono un ruolo di opposizione, ma promuovono attivamente la “re-islamizzazione” della società, che per alcuni significa la islamizzazione dello Stato. Dal 1999, la costituzione prevede che il Presidente della Repubblica, il Primo Ministro, il Presidente dell’Assemblea Nazionale e i membri della Corte costituzionale debbano giurare sul libro sacro della loro fede. Nel corso dei dibattiti sulla tazartché nel 2009, il Collectif des associations islamiques du Niger presentò formalmente una proposta per una nuova costituzione che avrebbe messo fine alla separazione fra Stato e religione.

La crescente influenza dell’Islam sullo Stato riflette in parte l’aumento del conservatorismo e una tendenza verso la riaffermazione dell’identità e dei valori musulmani. Inoltre, rappresenta anche l’emergere di una società civile islamica che vuole moralizzare la vita pubblica, mentre il Governo incontra delle difficoltà nell’adottare una governance che si basi su principi laici. Tuttavia, il ruolo dell’Islam nella vita pubblica non deve essere interpretato in modo semplicistico; è un fenomeno plurale e riflette l’estrema frammentazione della società civile islamica nigerina. L’islamismo politico si è sviluppato molto in Niger, ma sarebbe esagerato affermare che tutte le forme della sua espressione appartengano alle correnti fondamentalistiche e jihadiste, che rimangono una minoranza.
Sebbene impegnato a fianco dei suoi alleati occidentali nella lotta armata contro i gruppi terroristici islamici, il Governo deve anche rispondere alla parte dell’opinione pubblica che ritiene la guerra al terrorismo un attacco all’Islam. Compresso tra gli imperativi della sicurezza e le aspettative popolari, il Governo presenta due facce per il pubblico: una chiaramente è mostrata agli alleati occidentali nella lotta contro il terrorismo, mentre l’altra pubblicizza le sue credenziali islamiche nella ricerca di legittimazione popolare.
Come evidenziato in precedenza, la questione dei Tuareg rimane un problema politico attuale.
Stimata al 10% della popolazione del Niger, i Tuareg sono il più grande etnico dopo gli Hausa e i Djerma-Songhai. Vi sono molti Tuareg nelle regioni di Azawak e Aïr, ma sono presenti in tutte le otto regioni del Paese. Agadez, cuore storico del popolo Tuareg in Niger, ha una popolazione sempre più diversificata. È interessate notare che il divario nord-sud in Niger è meno pronunciato che nel vicino Mali; la dispersione dei Tuareg su gran parte del territorio nazionale e la loro lunga convivenza con altri gruppi spiegano perché il separatismo è visto in modo diverso e forse con meno intensità che in Mali. Molti Tuareg pensano a se stessi come nigerini, ma hanno anche un senso di identità separato legato ad una storia politica e socio-economica di emarginazione.

Il Presidente Issoufou è salito al potere quando la questione dei Tuareg era relativamente tranquilla, infatti, l’ultima ribellione del MNJ si era conclusa con diverse sconfitte militari senza precedenti. La violenza inflitta da entrambe le parti ha accentuato le difficoltà del Governo contro le lotte armate. La crisi in Mali ha certamente riproposto il problema dei Tuareg, ma le preoccupazioni occidentali per la sicurezza della regione offrono nuove risorse al Governo per affrontarlo.
Anche se non ha completamente rotto con le pratiche del passato, la politica del Presidente Issoufou ha aperto nuove prospettive. La nomina di un Primo Ministro Tuareg, Brigi Rafini, rappresentò un gesto importante verso le comunità del nord. Tuttavia, la sua carriera nella Pubblica Amministrazione non gli concedeva molto legittimità agli occhi degli ex leader ribelli e degli ex combattenti. Più in generale, un numero rilevante di Ministri e alti funzionari provenivano dalla comunità Tuareg. Questo era avvenuto anche durante la settima Repubblica, ma il Governo di Issoufou era più esplicito nei suoi sforzi per promuovere la figure Tuareg in base alla loro istruzione e alle competenze possedute piuttosto che all’identità.
Il Governo è stato cauto nei suoi rapporti con i capi precedenti, ma il decentramento ha offerto loro un percorso verso la normalizzazione del loro status. Politici e leader militari Tuareg, come Mohamed Anacko, Issouf Ag Maha e Rhissa Feltou, hanno mutato il loro orientamento diventando assessori e sindaci.
Allo stesso modo, con il sostegno dei donatori, il Governo ha cercato di sviluppare programmi di reinserimento economico per i Tuareg nelle regioni di Agadez e Tahoua. Tali programmi non erano nuovi, ma il Governo ha cercato di dargli un rinnovato impulso. Ad esempio, le autorità intendevano affrontare problemi come i giovani a rischio e gli ex combattenti, indicando il desiderio di rompere con l’idea che la ribellione potesse essere liquidata con la violenza. Inoltre, questi programmi sono stati gestiti con l’Alta Autorità per il consolidamento della pace, un’istituzione creata nel 2011 che ha continuato il lavoro dell’Alto Commissariato per il ripristino della pace, fondato nel 1994. Questo cambiamento di nome riflette la preferenza del Governo per un approccio basato sullo sviluppo socio-economico, piuttosto che un controllo politico degli accordi di pace che sono, in ogni caso, appartenenti al passato. Issoufou è stato anche il primo Presidente a raccomandare pubblicamente il reclutamento locale nel settore minerario. L’accesso ai posti di lavoro creati dall’industria dell’estrazione dell’uranio era in effetti stata una domanda pressante della popolazione Tuareg.
Si tratta di innovazioni interessanti e riflettono il desiderio del Governo di rompere con la posizione più intransigente del Presidente Tandja verso i Tuareg. Tuttavia, questi programmi fanno parte di un processo di pace ancora debole e che non ha messo fine definitivamente alla tensione tra il Governo centrale e le comunità Tuareg.

La posizione del nuovo Governo verso la questione dei Tuareg non è unanime, poiché il suo focalizzarsi sulla comunità Tuareg irrita le altre, inoltre, alcuni gruppi minacciano la ribellione. La regione di Agadez è certamente una area molto povera, ma non è la più marginale del Niger. Inoltre, la posizione del Governo sulla crisi del Mali aveva suscitato un grande scalpore tra i Tuareg, che non comprendevano l’intransigenza verso il Mouvement national de libération de l’Azawad, ritenuta eccessiva rispetto a quella verso i gruppi terroristi. Inoltre, paventavano che il conflitto avrebbe potuto diffondersi anche in Niger, se la repressione contro il MNLA e i Tuareg in Mali fosse continuata.
È importante evidenziare che vi sono sempre stati dei collegamenti tra i movimenti ribelli nigerini e maliani. Nel 2012, piccoli gruppi di Tuareg nigerini si sono uniti al MNLA, motivati in parte dall’opportunismo e in parte dal sostegno alla causa. Il rischio di una ricaduta della ribellione dei Tuareg del Mali in Niger era molto concreto, tuttavia, altri leader Tuareg sostenevano la posizione del Governo sul MNLA.
A livello locale, il decentramento aveva permesso ai rappresentanti Tuareg di aver accesso a posizioni nella gestione pur non avendo competenze e nonostante il Governo fosse stato lento nel trasferire le risorse agli enti locali. Le relazioni tra le autorità locali e il Governo centrale rimangono tese, come dimostrano i rapporti complessi tra il Governatore, l’ufficiale militare che rappresenta il Governo centrale e il Presidente regionale ad Agadez. In generale, i progetti di reinserimento e la ripresa economica sembrano essere troppo limitati per affrontare la disoccupazione e il crollo del turismo. I traffici illeciti rimangono una delle poche opportunità per i disoccupati. Anche se non tutti i traffici sono criminali, alcuni implicano la violenza, rendendo il crimine una preoccupazione reale nelle regioni del nord.
I rapporti tra le forze di sicurezza e la popolazione civile rimangono tesi; infatti, l’abbandono dei contingenti Tuareg in Mali e in Niger durante le recenti ribellioni hanno condotto le autorità militari ad adottare un atteggiamento prudente verso l’utilizzo delle truppe Tuareg, anche se i comandi generali cercano di mescolare le unità e distribuirle in tutto il territorio nazionale, indipendentemente dall’origine etnica. Ciò è necessario per trasformare l’esercito in un vero e proprio melting pot nazionale, metodo che incontra, comunque, molti ostacoli. Tuttavia, la questione della rappresentanza in altri settori della pubblica amministrazione, come la sanità e l’istruzione, raramente è stata sollevata. Nonostante gli sforzi del Governo per demilitarizzare la questione dei Tuareg, il “problema” è ancora visto attraverso le lenti della sicurezza.
La società Tuareg e le élite sono divise nei loro rapporti con il Governo. Alcuni rifiutano la lotta armata e vogliono conquistare Niamey dall’interno delle istituzioni, non credendo più nei micro-Stati, e tanto meno negli Stati su base etnica. Altri credono che la comunità Tuareg sia ancora discriminata; essi chiedono l’autonomia per l’Aïr e l’Azawak, dicendosi pronti a riprendere la lotta armata, se necessario. Questi giovani intellettuali hanno preso una posizione di principio, anche se molti altri cercano di proteggere la loro posizione come intermediari tra il Governo e il nord. Essi hanno sollevato regolarmente lo spettro della lotta armata per evidenziare la loro capacità di disinnescare la rabbia dei giovani e degli ex combattenti.

Le divisioni sono sia generazionali sia sociali. Molti giovani emarginati ed ex combattenti accusano i leader della lotta armata di tradire la loro causa e monopolizzare le risorse messe a disposizione a seguito dei trattati di pace. Questo risentimento è forte quanto il risentimento verso il Governo centrale. Alcuni giovani rifiutano di sostenere la lotta armata che servirebbe soltanto per gli interessi criminali e personali. Altri giovani credono di doversi assumere la responsabilità di organizzare una terza ribellione e prendere le redini del proprio destino, come avevano fatto i loro antenati. Sebbene la società nigerina sia profondamente stanca della violenza armata, la situazione attuale offre a questi giovani poche opportunità per superare le difficoltà economiche.
Un malessere quindi pervade ancora vasti settori della società Tuareg in Niger. Le autorità, preoccupate per la potenziale ripresa della violenza armata nel nord, pongono molta attenzione nei loro rapporti con i Tuareg e con i leader arabi che sospettano possano provocare dei disordini. Così, ad esempio, Abta Hamidine, ex leader del Mouvement des jeunes Arabes du Niger, e Aghali Alambo, del Mouvement des Nigériens pour la justice, sono stati arrestati a seguito di un’inchiesta sul traffico di armi che coinvolgeva Al Qaida nel Maghreb islamico nel 2011 e nel 2012. Entrambi furono rilasciati alla fine di marzo del 2012. Le autorità temevano che i loro sostenitori avrebbero preso le armi. Tale politica consente senza dubbio al Governo di garantire la sicurezza nel breve termine, ma presenta delle somiglianze preoccupanti con il Mali, dove il Presidente Amadou Toumani Touré ha permesso ai capi del nord di mantenere i gruppi armati e il controllo dei traffici illeciti.
Le relazioni tra il Governo e le comunità Tuareg continueranno a restare in un fragile equilibrio, tra la rottura e la continuità. Il Governo ha messo in atto dei tentativi per demilitarizzare la questione dei Tuareg integrando le élite nell’amministrazione pubblica, offrendo delle prospettive ai giovani attraverso lo sviluppo economico. Tuttavia, l’Esecutivo è vincolato dal lento sviluppo economico e dalle problematiche della sicurezza che non consentono la rottura con gli ex capi dei movimenti armati, alcuni dei quali sono ora coinvolti nell’economia criminale.
Dal punto di vista economico, i vicini del Niger sono partner economici indispensabili e, allo stesso tempo, una fonte frequente di preoccupazione. Il deterioramento della sicurezza nel nord del Mali, in Libia e nella Nigeria settentrionale ha avuto importanti implicazioni per la stabilità interna e il benessere socio-economico del Niger.

La Libia è sempre stata un vicino indispensabile, ma fastidioso. La politica di Gheddafi verso la regione del Sahel e del Sahara era particolarmente invadente e volatile. Il colonnello libico aveva proposto inizialmente l’idea di unificare le comunità nomadi della regione sotto la bandiera della Jamahiriya libica. In seguito, aveva chiesto la formazione degli Stati Uniti del Sahel. Negli anni Settanta e Ottanta, aveva accolto i giovani Tuareg nigerini e maliani per l’addestramento militare, giovani che avrebbero costituito la spina dorsale dei fronti armati in Niger e in Mali negli anni Novanta. Nonostante i legami che li univa, Gheddafi non ha sostenuto la rivolta separatista Tuareg in Niger, ma ha agito come intermediario tra i ribelli e il Governo, infatti, ha giocato un ruolo particolarmente importante durante la ribellione del 2007-2009, utilizzando le sue risorse finanziarie e la sua influenza per negoziare la fine delle ostilità e sovvenzionare il disarmo dei ribelli.
La guerra civile in Libia del 2011 ha avuto conseguenze importanti per il Niger. Gheddafi aveva utilizzato i combattenti Tuareg provenienti dal Niger e dal Mali che, dopo la caduta del regime, avevano lasciato la Libia insieme a circa 200.000 lavoratori nigerini. Il Presidente Issoufou era molto preoccupato, durante la fase iniziale, delle ricadute del conflitto libico, inoltre, ha pubblicamente disapprovato i bombardamenti aerei occidentali chiedendo una soluzione negoziata. Issoufou ha anche ottenuto dei fondi per la reintegrazione economica dei migranti e degli ex combattenti.
Quando Gheddafi è caduto, l’esercito nigerino ha lanciato l’operazione Malibéro per monitorare il movimento di armi e uomini, prevenire l’emergere di una minaccia terroristica e scoraggiare la ripresa della ribellione armata nel nord. Le Forces armées nigériennes hanno organizzato il disarmo dei combattenti di ritorno dalla Libia, anche se permangono dei dubbi sul fatto che siano riusciti a controllare effettivamente il flusso di uomini e armi dalla Libia, che un osservatore ha descritto come “un mercato a cielo aperto”.
Il disordine in Libia ha colpito anche il Niger. La maggior parte del sud-ovest del Paese è rimasto fuori dal controllo del Governo e le milizie delle comunità hanno iniziato a combattere per il possesso del territorio e dei traffici. L’instabilità si rovescia periodicamente su un confine particolarmente poroso. Questa regione è divenuta anche il nuovo rifugio per i gruppi jihadisti in fuga dal Mali. Nel maggio del 2013, Niamey ha annunciato che il doppio attacco contro Agadez e Aïr era stato preparato nel sud della Libia. Tripoli ha protestato contro queste accuse, criticando il Niger per aver dato riparo ai sostenitori dell’ex dittatore, tra cui suo figlio, Saadi Gheddafi.
Il Governo nigerino ha poi attenuato la sua retorica verso il vicino libico, dato che entrambi devono cooperare per trovare metodi di controllo pacifici degli uomini e delle merci nella zona di confine. Il Niger ha anche bisogno di superare la fine del regime di Gheddafi, che era certamente invadente, ma aveva anche una influenza moderatrice nella regione.

Un altro problema geopolitico per il Niger deriva dall’area del Sahara, che non è stata controllata abbastanza per impedire che gruppi armati vi si stabilissero. I movimenti jihadisti armati hanno iniziato ad emergere durante gli anni Duemila sviluppando complesse relazioni con le popolazioni locali, i movimenti ribelli e le bande criminali. L’intervento militare internazionale in Mali ha ostacolato, ma non interrotto, il traffico di droga. I trafficanti hanno cambiato le loro rotte, trasferendosi verso la parte orientale del Paese.
In Niger i primi scontri armati sono avvenuti nel 2003, tra le Forces armées nigériennes, le forze speciali degli Stati Uniti ed ex membri del gruppo salafita algerino per la predicazione e il combattimento, divenuto poi nel 2007 Al Qaida nel Maghreb islamico, che annunciò la sua presenza con il sequestro di ostaggi occidentali nel Sahara. Inizialmente, l’organizzazione non operava sul suolo nigerino, ma delegava i rapimenti a gruppi criminali locali che trasferivano in seguito gli ostaggi nel nord del Mali, dove AQIM aveva consolidato la sua presenza negli anni Duemila. Il gruppo terroristico ha cambiato la sua strategia nel 2010 e ha condotto attacchi diretti contro l’esercito e obiettivi occidentali in Niger. Nel gennaio del 2010, uno scontro tra le forze armate nigerine e elementi legati presumibilmente ad AQIM ha avuto luogo nei pressi di Tilia. Nel mese di marzo, un attacco alla base di Tiloa, vicino al confine con il Mali, portò alla morte di cinque soldati nigerini. Nel settembre del 2012, un piccolo gruppo in possesso dell’esplosivo semtex fu intercettato nella regione di Arlit. La minaccia di un attacco con esplosivi agli impianti minerari del Niger è arrivata alla ribalta ben prima del maggio del 2013.
Nonostante una presenza numerica esigua, le azioni di AQIM hanno avuto in Niger un forte impatto. I rapimenti hanno compromesso il turismo, che aveva conosciuto un incremento durante gli anni Duemila, portando, inoltre, ad un forte ridimensionamento della presenza occidentale nel Paese, ormai concentrata nella capitale, Niamey. Mentre nella prima metà degli anni Duemila il Paese non sembrava essere una delle aree più in pericolo del Sahara, adesso il Niger, insieme con il Mali, è un teatro strategico della lotta tra gruppi jihadisti e Paesi occidentali.
La comunicazione delle autorità nigerine a poco a poco è cambiata; soltanto il Presidente Tandja ha utilizzato la retorica della lotta contro il terrorismo per convincere i Paesi occidentali ad aiutarlo nella sua battaglia contro il Mouvement des Nigériens pour la justice, mentre Issoufou ha presentato la lotta contro il terrorismo come uno dei temi principali della sua presidenza. Come nel caso di Amadou Toumani Touré in Mali e le sue controparti in Mauritania, è possibile che Issoufou abbia colto l’opportunità di accedere alle risorse impiegate nella lotta contro il terrorismo. Tuttavia, questo coinvolgimento presenta una contropartita; per esempio, l’adozione di una posizione più aggressiva verso la crisi del Mali.
A differenza della crisi libica, Issoufou si è affrettato a scegliere l’opzione militare in Mali. L’esercito nigerino è stato tra le prime truppe che hanno contribuito alla missione africana in Mali, AFISMA. Schierate a Gao e Menaka, gli esperti militari hanno giudicato queste truppe tra le più operative della forza africana. Il Paese ha anche consentito alle forze armate francesi e statunitensi di utilizzare il suo territorio e lo spazio aereo, e il dispiegamento di aerei e droni durante l’operazione Serval.

Il coinvolgimento militare del Niger in Mali si basava sulla convinzione che AQIM nel nord del Mali rappresentasse una minaccia diretta per il Paese da molto tempo. Il coinvolgimento poneva il Niger anche in una buona posizione per ottenere l’accesso ai fondi utilizzati per lo sviluppo e la sicurezza del Sahel, notevolmente aumentati dopo l’inizio nel 2012 della crisi del Mali. Tuttavia, il coinvolgimento militare ha comportato anche rischi e costi; nonostante ricevesse aiuti esteri, il Paese ha contribuito direttamente al finanziamento del suo intervento militare, inoltre, il Governo aveva riassegnato alcuni fondi dei servizi sociali alla difesa e alla sicurezza, una scelta che potrebbe rivelarsi socialmente dirompente nel lungo periodo. Oltre a ciò, è importante evidenziare che, impegnandosi 236 nella lotta contro il terrorismo, che alcuni nigerini credono essere un problema prettamente occidentale, il Governo si è esposto a forti critiche interne. Infatti, erano presenti notevoli voci critiche tra i leader politici sull’intervento in Mali, poiché vi era il timore di una accoglienza favorevole da parte dell’opinione pubblica della retorica radicale islamista, che raffigurava il conflitto come una guerra di religione. Emergevano preoccupazioni anche nell’esercito per la presenza di truppe straniere sul suolo nazionale. Si paventava, inoltre, che il Niger sarebbe divenuto un bersaglio come rappresaglia da parte dei gruppi islamisti che volevano punirlo per la sua alleanza con i Paesi occidentali. Il doppio attacco contro Arlit e Agadez, rivendicato dai gruppi legati ad AQIM, fece aumentare la preoccupazione di una ricaduta terroristica in Niger.
Dall’inizio della crisi in Mali, il Governo aveva intensificato il monitoraggio delle predicazioni in alcune moschee. Sebbene tale sorveglianza non fosse nuova, mostrava che le autorità stavano divenendo sempre più nervose per la presenza di cellule jihadiste nel territorio del Niger.
Vi erano anche preoccupazioni che la regione di Aïr avrebbe potuto fungere da rifugio per i membri di AQIM che avevano dovuto lasciare il nord del Mali. Anche se il prestigio del movimento è debole in questa area a maggioranza Tuareg, le sue risorse finanziarie potrebbero attirare delle reclute. Alcuni osservatori temono lo sviluppo di collegamenti tra i religiosi radicali e i Tuareg, come accaduto nel nord del Mali.

L’istituzione del Movimento per l’Unità e la Jihad nell’Africa occidentale, MUJAO, nella regione di Gao, al confine con il Niger, è stata un’altra fonte di ansia. I leader del movimento provengono da varie comunità arabe della regione del Sahel-Sahara, spesso percepite come popolazioni bianche. Tuttavia, il gruppo reclutava anche “neri” nella valle del Niger, in particolare giovani Songhai e Peuls. Queste reclute locali includevano nigerini che avevano trovato rifugio nel Paese dai bombardamenti francesi in Mali. Si sono quindi sviluppati dei legami tra i nigerini e movimenti jihadisti armati in Mali, tuttavia, resta difficile affermare fino a che punto essi continuerebbero la lotta armata in Niger; alcuni hanno aderito al MUJAO per opportunismo, altri per fedeltà alla causa, ma ancora nulla indica che il movimento saprà affermarsi e crescere in Niger. Vi sono evidenti ragioni per preoccuparsi che gli attacchi terroristici aumentino in Niger, ma il Governo non dovrebbe sopravvalutare questi rischi o fraintendere la loro natura. D’altra parte, i rapimenti e gli attacchi contro gli occidentali sono molto probabili e rappresentano una grave minaccia per un Governo fragile che viene criticato per le sue posizioni sul Mali. Inoltre, deve essere ricordato che, nella storia recente del Niger, la principale fonte di violenza è stato lo Stato stesso e meno la religione. La lotta al terrorismo ha condotto soltanto ad una limitata violenza contro la popolazione civile, ma i recenti sviluppi in Nigeria dovrebbero incoraggiare il Governo a rimanere vigile.
Come la Libia, la Nigeria è un vicino utile ma fastidioso. I forti legami commerciali tra i due Paesi hanno consentito molti benefici alle reti commerciali transfrontaliere, ma non hanno avvantaggiato le popolazioni rurali del sud del Niger, tra le più povere del mondo. Le persone e le idee circolano liberamente, perché le popolazioni sono unite da legami storici, linguistici e culturali molto solidi.
La violenza politica e religiosa nel nord della Nigeria si è regolarmente trasposta nel Niger; nei primi anni Ottanta, i seguaci di Maitatsine, tra cui molti nigerini, sono fuggiti dalla violenta repressione dell’esercito nigeriano e hanno attraversato il confine con le regioni di Maradi e Zinder. Negli anni Novanta, il movimento Izala nel nord della Nigeria ha reclutato molti seguaci nel sud del Niger. La sua volontà di purificare le pratiche islamiche e la sua critica delle confraternite sufi hanno causato una tensione che ha portato all’incendio delle moschee e agli scontri tra i credenti. Anche se il Niger era preoccupato per la possibile diffusione della tensione religiosa sul proprio territorio, non ha adottato lo stesse pratiche politiche repressive della Nigeria nei confronti di questi gruppi religiosi radicali, preferendo un approccio che combinava la tolleranza, la sorveglianza dei predicatori e un’azione mirata.

Il recente sviluppo di Boko Haram in Nigeria ha provocato una rinnovata attenzione. Impegnati in una lotta armata contro le forze di sicurezza nigeriane dal 2009, il movimento ha sviluppato delle basi in Niger, soprattutto nelle regioni di Diffa e Zinder, destando le preoccupazioni del Governo nigerino e delle ambasciate occidentali. Finora, il Niger è stato un rifugio e non un teatro delle operazioni di Boko Haram, ma vi sono alcune indicazioni di un possibile cambiamento di strategia.
Per tutto il 2012, il movimento ha rafforzato i suoi contatti con i gruppi jihadisti nel nord del Mali, anche se la misura in cui si scambiavano reclute, materiali e denaro rimane sconosciuta. Nel febbraio 2012, nella regione di Diffa, la polizia nigerina ha smantellato una rete di quindici persone che stavano preparando un’operazione contro la guarnigione militare locale. Dall’inizio del 2013, la violenza ha raggiunto un nuovo livello nello Stato di Borno, provocando un afflusso di migliaia di civili a Diffa. Le autorità temono che Boko Haram si sia infiltrato nell’area. Nel mese di giugno, l’attacco al carcere di Niamey ha causato una grande ansia; anche se non è ancora chiaro chi abbia organizzato l’operazione, diversi membri di Boko Haram erano tra i reclusi fuggiti. Il recente sviluppo di Ansaru, un gruppo scissionista di Boko Haram che si concentra su obiettivi occidentali, ha rinnovato i timori di rapimenti e attacchi contro gli interessi stranieri in Niger dalle basi del movimento situate in Nigeria.
La Nigeria ha incoraggiato il suo vicino ad agire con maggiore fermezza nella lotta contro Boko Haram. Nell’ottobre del 2012, i due Paesi hanno firmato degli accordi per organizzare il pattugliamento congiunto della frontiera. Tuttavia, il Niger, desideroso di evitare il deterioramento della situazione, ha adottato un atteggiamento prudente nei confronti di Boko Haram, essendo più preoccupato di scongiurare gli effetti di una possibile fuoriuscita di questo gruppo dal nord della Nigeria, che di reprimere un movimento che sembra restare relativamente tranquillo in Niger.
Per quanto concerne la presenza militare occidentale nel Sahel, soprattutto in Niger, questa è cresciuta negli anni recenti. Sin dai rapimenti del 2010, la Francia ha consolidato le sue forze al fine di migliorare la sua capacità di rispondere ai rapimenti e di rafforzare la sicurezza delle miniere di uranio, che hanno una rilevanza strategica. All’inizio del 2013, il Niger ha concesso alla Francia servizi migliorati negli aerodromi di Niamey e Agadez. Inoltre, forze speciali di riservisti sono state usate come guardie di sicurezza presso il sito di Aréva e assistere le forze nigerine nella lotta contro il terrorismo. La presenza militare francese in Niger è andata oltre la semplice fornitura di un “supporto occasionale” di cui parlava il Ministro della Difesa francese nel maggio del 2013. Dall’ottobre 2009, la Francia ha anche sostenuto il progetto JUSSEC, un programma di riforma dell’apparato giudiziario e dei sistemi di sicurezza interni.

A partire dagli anni Duemila, anche gli Stati Uniti hanno rafforzato la cooperazione militare nel Sahel attraverso la Pan-Sahel Initiative (PSI) e il Trans-Saharan Counter Terrorism Initiative (TSCTI). Gli sforzi statunitensi, inizialmente incentrati su Mali e Mauritania, si sono estesi al Niger negli ultimi anni. Nel 2013, gli Stati Uniti hanno donato attrezzature militari, compresi i veicoli e parti di aeromobili, alle forze nigerine. Dal febbraio 2013, il Niger è l’unico Paese africano occidentale in cui vengono distribuiti droni americani. Gli Stati Uniti hanno anche aggiornato i programmi di sviluppo e aiuto direttamente legati alla sicurezza e alla lotta al terrorismo.
La maggiore presenza militare occidentale è unita ad una maggiore cooperazione di polizia, in particolare nella lotta al terrorismo e al traffico di droga. L’Europa ha investito molto in questi due ambiti, come parte della sua strategia per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel, linea politica adottata nel marzo 2011.
Più in generale, i partner del Niger si concentrano sempre più sui programmi di sicurezza, rappresentando una percentuale considerevole degli aiuti esteri per il Paese. L’attenzione crescente per la sicurezza nel Sahel ha i suoi limiti, come mostrato in Mali. Una eccessiva attenzione sulle minacce terroristiche corre il rischio di far ignorare cruciali questioni interne, come la governance e la democrazia. Un approccio basato sulla sicurezza comporta dei cambiamenti nelle priorità della politica, come dimostra la decisione del Niger di trasferire risorse alla difesa da altri comparti.
Il problema della sicurezza è legittimo. Tuttavia, il Governo sta incontrando delle difficoltà nel mantenere le sue promesse in materia di servizi sociali, nonostante stia cercando di porli al centro di un programma politico. Concentrarsi sulla sicurezza non sarà sufficiente per costruire la fiducia necessaria tra il Governo e la popolazione.
Inoltre, i partner occidentali del Niger stanno sempre più collegando le iniziative di sviluppo alle preoccupazioni per la sicurezza. Questo può essere un passo positivo, ma può anche portare a pericolose confusioni tra i diversi tipi di aiuto. Purtroppo, gli aiuti umanitari e per lo sviluppo sono sempre più percepiti dalla società civile nigerina come strumenti utilizzati dall’Occidente per proteggere i propri interessi.
L’attuale Governo sta ancora cercando di trovare la sua strada. Deve ottenere legittimazione in un contesto socio-economico difficile, frenato dai più bassi indici di sviluppo del mondo. Tuttavia, le prospettive non sono necessariamente negative per un Paese in cui le crisi istituzionali sono state intervallate da lunghi periodi di stabilità politica.
La società civile nigerina ha mostrato la sua capacità di mobilitarsi. The Il Governo sembra anche ansioso di “demilitarizzare” la questione dei Tuareg, anche se le tensioni rimangono e non è stata raggiunta una soluzione permanente.
L’instabilità nel Sahel rappresenta una minaccia ulteriore per un Paese che deve affrontare molte sfide. Il Niger è ora al centro degli interessi geostrategici che si estendono ben oltre i suoi confini. I partner occidentali sono determinati a difendere i loro interessi e contenere ciò che essi percepiscono come una minaccia islamista senza precedenti. Influenzato dai suoi alleati, il Presidente Issoufou si è impegnato in una battaglia regionale contro il terrorismo, ma questo coinvolgimento non è scevro di pericoli.
Il concentrarsi esclusivamente sulla sicurezza ha mostrato i suoi limiti nel vicino Mali, contemporaneamente nel Niger è molto forte la tentazione di farne il fulcro dell’azione governativa, con il rischio di deludere le aspettative della popolazione che ha priorità differenti.

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