LATRINE E ALTRI SPAZI DI “COMODITÀ” NEL MEDIOEVO

di Max Trimurti -

 

Dal semplice sedile con foro alla sedia di agiamento al pitale: breve storia dei luoghi e delle attrezzature legate alle imprescindibili esigenze fisiologiche dell’uomo.

Di norma, vanno sotto il termine generico di latrine una serie di svariati tipi di luoghi di agiamento, organizzati in funzione degli spazi scelti e della condizione sociale degli utilizzatori, adibiti per espletare le funzioni fisiologiche. La terminologia designa questi luoghi intimi, a seconda delle regioni e delle epoche, sotto il nome di “ritirata”, “camera”, “camera privata”, “privato”, “camera bassa”, “camera cortese”, tutti spazi che dispongono di norma di posti di agiamento, cioè di sedili con il classico buco. Le varianti dipendono anche dal numero di sedili forati, che vanno da una semplice ritirata individuale al piano, per le persone di alto livello, alle ritirate collettive a due, tre o quattro fori per il personale domestico, che implicano una minore comodità e una più significativa promiscuità. Non va dimenticato, per completezza di informazione, che i Romani utilizzavano già nelle latrine pubbliche questi sistemi a seduta pubblica, ma con risciacquo continuo.

Le latrine delle fortezze e dei castelli

Latrina a sporto sulla parete di un castello

Latrina a sporto sulla parete di un castello

I posti di agiamento nei castelli e nelle piazzeforti, costituiti da un banchetto-sedile di pietra con un foro di evacuazione, vengono organizzati in “ritirata” (in luogo appartato) all’interno delle spesse muraglie, sia per comodità, sia per discrezione. Un condotto porta gli escrementi verso i fossati, pieni o meno di acqua. Il sedile di pietra che si può ancora oggi osservare in numerose fortificazioni era di norma ricoperto da una tavola di legno, al fine di isolare l’utilizzatore dal freddo e dall’umidità della pietra. Un piccolo spioncino, della grandezza al massimo della testa, consente l’entrata della luce del sole e consente anche una pur ridotta, ma necessaria, ventilazione. A partire dal XIII secolo, ma forse anche prima, questi i sedili vengono muniti di un coperchio di legno al fine di limitare gli odori e di impedire l’accesso agli insetti.Progressivamente, numerosi castelli si dotano di una struttura separata, alla quale viene affidato il ruolo di latrina e a ogni piano delle torri è presente una ritirata. Esempio tipico è il castello dei cavalieri teutonici a Malborg. Il sistema delle latrine, allocato in una torre separata (Dansker), raggiungibile attraverso un ponte di legno e a picco sul fossato, è preceduto, come segno indicatore, dalla scultura di un diavolo pressato da impellenti necessità fisiche. I posti di agiamento al suo interno sono in batteria lungo le pareti della stanza, separati da pannelli in legno e sovrastati da ripiani da cui attingere foglie di cavolfiore, la carta igienica dell’epoca.
Se il sistema delle latrine non è a caduta diretta, una serie di canalizzazioni consente l’espulsione verso il fossato e quindi, successivamente, verso delle fosse settiche nel sottosuolo, munite di un sistema di filtraggio composto da detriti di pietra o pietrisco.
Le latrine dei castelli rivestono anche un ruolo “strategico”. Converrà qui ricordare l’episodio della conquista della prima cinta di mura di Château Gaillard (il castello di Riccardo Cuor di Leone), assediato dalle truppe di Filippo Augusto nel 1204. A dare ascolto al testo del poema La Philippide (canto VII), un sergente, condotto di notte da un certo Bogis, riesce a penetrarvi attraverso una finestra delle latrine a sporto. Nel 1303, allorché le truppe dei Colonna e i contingenti italiani condotti da Guglielmo di Nogaret danno l’assalto al palazzo cardinalizio fortificato di Anagni, alcuni cardinali riescono a fuggire passando per le latrine.
Spesso, per necessità di economia, la stanza della ritirata viene realizzata a sporto, agganciata alla muraglia e realizzata con legname a piombo diretto sul fossato. Non è sempre facile individuarla nelle miniature che rappresentano castelli medievali. La struttura a sporto, infatti, può abilmente confondersi, per motivi di discrezione estetica, con quella dei camminamenti di ronda in legno o dei barbacani in pietra. Tuttavia, un occhio attento può scovarla sia per una posizione che non risponde ad alcuna utilità militare (né agli angoli, né al di sopra di una porta) sia per il numero degli appoggi dello sporto, ridotti di norma a due. Si sa, per esempio, che alcune ritirate riservate al signore feudale o alla sua famiglia, disponevano all’interno o all’esterno di uno stanzino, di accessori di igiene e spesso di un piccolo bacino di pietra dotato di un orifizio di scolo delle acque e sui bordi del quale erano disposti degli incavi per una brocca per l’acqua. Qualche principe poteva permettersi anche altre raffinatezze, come è testimoniato da un documento del 1396, citato da Léon de Laborde in Les Ducs de Bourgogne: dodici contenitori di acqua di rose di Damasco. Inoltre, in questo caso, il sedile di agiamento era ornato con ricchi tessuti e qualche cuscino.
A partire dal XIV secolo lo spazio assegnato al gabinetto privato tende a ingrandirsi e a essere usato da due o tre persone. Di notte, l’utilizzo della latrina, sprovvista di illuminazione, avveniva con l’accompagnamento di un servitore o di un compagno incaricato di portare una torcia o una lanterna. Secondo Gregorio di Tours, un prete era morto nella latrina mentre un servitore che portava una torcia lo aspettava dietro una tenda che ne nascondeva l’accesso.

Le latrine dei conventi e delle abbazie

Le latrine dei conventi erano poste di norma all’estremità dei dormitori, dal lato opposto alla chiesa, e nel punto più basso dell’edificio, vicino al bordo di un ruscello. Nel Segretain Moine, Fabliau anonyme du XIIIe siècle, le latrine erano in un luogo appartato e per raggiungerle occorreva “prendere un sentiero per il quale i monaci vanno a fare pipi”. In una di queste versioni, il religioso si reca in maniera esplicita, verso una chambre priveé, una sedia di agiamento (perché le latrine comuni erano chiuse). Le latrine dei monaci, come quelle pubbliche delle città, potevano prevedere numerosi posti, come del resto le latrine pubbliche di epoca romana. Il comfort e l’igiene imporranno presto alcune migliorie tecniche, come l’uso delle sedie di agiamento: nel 1324, i domenicani di Arras riportano la spesa di 20 soldi per la realizzazione di due sedie di agiamento con coperchio rimovibile.

Nelle dimore borghesi e urbane

Nei borghi o nelle città, solo poche abitazioni disponevano di gabinetti/latrine e alcune case o alcuni piani della costruzione ne erano sprovvisti. Fino alla metà del XV secolo, solo le ricche dimore possedevano delle latrine a sporto sulla facciata posteriore o su strette stradine. Se le grandi arterie delle città più grandi sono lastricate e dispongono di canalizzazione di scolo, le strade dei quartieri periferici sono delle vere cloache a cielo aperto, dove ognuno getta gli escrementi dalle finestre, spesso senza neanche avvertire (a Parigi, nel XV secolo le persone educate prima di vuotare il pitale fuori dalla finestra, avvisavano il passante con l’espressione Garde a l’eau!). Nel 1374, nella Francia di Carlo V, verrà imposto a tutti i proprietari di case in città o nella periferia di Parigi di “avere latrine e gabinetti in numero sufficiente nelle loro abitazioni”. All’inizio del XVI secolo verranno realizzate ritirate o latrine nei granai, con l’impianto di fosse biologiche nel sottosuolo. Nel 1533 un’ordinanza del Parlamento di Parigi dispone la realizzazione di fosse biologiche sotto ogni casa. Prescrizioni sanitarie di natura simile, accompagnate dall’interdizione a “gettare nelle strade dalle finestre, sporcizie, urina e altre acque infette o corrotte” si susseguiranno nelle città per diversi decenni ma senza risultati decisivi. Nello stesso periodo vengono messe in azione, di notte e nella stagione fredda, alcune squadre per svuotare e pulire le fosse biologiche.

Le latrine pubbliche

Latrina, particolare di Proverbi fiamminghi, Pieter Brueghel il Vecchio

Latrina, particolare da Proverbi fiamminghi, di Pieter Brueghel il Vecchio

In molte città erano disponibili latrine pubbliche con diversi posti di agiamento di pietra o di legno. Erano realizzate lungo corsi d’acqua o a sporto su ponti, al fine di favorire una evacuazione naturale degli scarichi e dei fanghi. Jehan Taccoen, signore di Zeilbeke o Zillebeke (1453-1531), nei pressi di Ypres, gran balivo di Commines, durante il suo quarto pellegrinaggio a Santiago di Compostela (1511), si dimostra critico nei confronti della qualità e del comfort delle latrine delle città che attraversa. Annota infatti: “Nelle maggior parte delle case non esistono né camini ne ritirate. Essi fanno i loro bisogni in un vaso o in dei piccoli recipienti ed i loro servitori, di mattino presto, li portano sulla loro testa verso il fiume. Ma per gli uomini esiste un grosso orinatoio e delle latrine sui bordi del fiume e ciascuno può andare quando vuole”. In alcuni dipinti del XV e XVI secolo, soprattutto quelli dei fiamminghi (Memling, Brueghel, ecc.), si possono vedere le latrine alle estremità dei ponti o in corrispondenza delle pile del ponte stesso, al fine di non disturbare il traffico fluviale sotto gli archi. Altre latrine dovevano esistere anche presso i molini che bloccavano alcuni archi laterali dei grandi ponti.

Vasi da notte, sedie di agiamento e altro

Latrina e foglie di cavolo

Latrina e foglie di cavolo

Le ritirate in pietra realizzate nelle abitazioni in posizioni strategiche per sfruttare condotte e canalizzazioni d’evacuazione, presentano, a volte, il difetto di essere lontane allorché sopravviene un’urgenza o si ha a che fare con bambini in tenera età, malati costretti a letto, anziani con difficoltà di deambulazione. Ecco, dunque che nelle camere si impongono strumenti intermedi: i vasi da notte di terracotta, di piombo, di stagno o di rame e le sedie d’agiamento, il cui contenuto il personale di servizio scaricherà senza vergogna dalle finestre sul malcapitato passante. I lavori di Brueghel ci hanno trasmesso, con discrezione, le immagini di sedie di agiamento per bambini, dalla semplice cassapanca di legno contadina, alla piccola sedia urbana. I dipinti fiamminghi evidenziano persino i vasi da notte di lussuose dimore, dissimulati sotto un letto o in scomparti. A partire dal XV secolo, allorché l’agiatezza sociale lo permette, i vasi vengono sistemati sotto una sedia di agiamento, scolpita in legno, munita di lunetta e di coperchio a ribaltina, foderata di tessuto e di cuscini, di modo tale che chi osserva il dipinto riceve, in definitiva, la sensazione di una sedia imbottita in prossimità del letto.
La sedia d’agiamento di Isabella di Baviera (1370-1435) era guarnita di velluto blu, mentre quella di Filippo V il Lungo (1293-1322) era ricoperta di panno nero. Re Luigi XI (1423-1483) utilizzava una sedia da bagno circondata da tendine, mentre dai suoi conti privati si evidenziano acquisti di stoppa di lino, antenata della carta igienica, utilizzata a tal fine dalle categorie benestanti. Le grosse foglie di piante (vedi il cavolo citato sopra) o gli scarti di tessuto, conoscono la stessa sorte per la maggior parte della popolazione comune. A partire dalla fine del XV secolo i chierici si orientano verso la carta: questa abitudine sarà la causa della distruzione di numerosi documenti d’archivio. Ne sono testimonianza i più di 700 sigilli del XVII secolo scoperti nelle latrine del Louvre in occasione di alcuni scavi archeologici.
Per concludere questo argomento vale la pena ricordare un aneddoto riguardante Luigi XIV e la sua chaise percée. La principessa palatina, che ci ha lasciato dei piccanti ricordi di vita alla corte francese, narra che Luigi XIV aveva abitudini alimentari esagerate (“Ho visto il re mangiare quattro piatti di minestroni diversi, un fagiano intero, una pernice, un gran piatto di insalata, due grandi fette di dolce e poi ancora frutta e alcune uova sode”, da Claude Pasteur, La princesse Palatine, Tallandier, Parigi, 2001). Questo disordine alimentare imponeva al re Sole lunghe soste sulla sua “sedia”, in presenza di cortigiani che pagavano molto caro l’onore di essere alla sua augusta presenza. Anzi, per non lasciare dubbi a riguardo, la principessa tedesca aggiunge che il re teneva spesso il Consiglio dei ministri nella camera della sua sposa morganatica (Madame de Maintenon) e di tempo in tempo era costretto ad allontanarsi nel vicino gabinetto dove si trovava la sua sedia di agiamento e sulla quale si liberava “di una tempesta di venti”. Anche la principessa, pur criticando le abitudini poco regali del sovrano francese, si adatta ben presto alle usanze oltremontane, disponendo nel suo appartamento una sedia di agiamento sulla quale si accomodava per ricevere i suoi amici.

L’utilizzo di ritirate e gabinetti privati

Nel basso medioevo le nozioni di intimità o di privato erano diversamente percepite rispetto a oggi, con numerose variabili a seconda dell’educazione e del livello sociale.
La frequentazione o l’utilizzo di ritirate e gabinetti privati avveniva spesso con compagnie selezionate. Un vicino stimato, un familiare, un servitore, poteva essere invitato a fare conversazione in compagnia del “ritirante”. Questa ammissione all’intimità era spesso considerata un favore e un segno di stima, sebbene non sia dato sapere cosa ne pensasse il compagno ospitato.
L’abitudine a utilizzare le sedie di agiamento nelle stanze, indipendentemente dalle latrine fisse, si sviluppa alla fine del medioevo per evitare di doversi recare in bagno di notte al buio. Jean Berthelin scrive nelle sue memorie (XVI secolo) che un cavaliere del re alloggiato all’hotel del Cavallo Bianco di Rouen “Essendo ancora in piedi se ne andò verso il gabinetto con il servitore dell’albergo, ed entrambi precipitarono e caddero nei suddetti gabinetti, rimanendo affogati nel pozzo nero”. Le urgenze notturne esigevano vasi o recipienti in terracotta o vetro, come gli orinali richiesti dal delfino della contea di Vienne, Umberto II Le-Vieux de la Tour-du-Pin (1312-1355), a un maestro vetraio nel 1338: 432 pezzi a integrazione della tassa annuale dovuta dall’artigiano. L’orinale di vetro trasparente costituiva inoltre lo strumento per il medico incaricato di osservare il colore delle urine dei pazienti.

Le latrine sulle navi e le difficoltà connesse con la navigazione

Partito nel 1511 da Nieuwpoort (Ostenda), per il suo terzo viaggio a Santiago de Compostela, Jehan de Zeilbeke, arrivò a Portsmouth in Inghilterra, dove ebbe la possibilità di ammirare una grossa nave appartenente al re d’Inghilterra, la Regent. Il bastimento, un cinque alberi a più ponti da 1100 tonnellate, disponeva di quattro belle ritirate. Ma nei suoi consigli ai pellegrini spiegò: “Voi dovete comprare dei vasi di terracotta. Un tale strumento può esservi utile se per caso la notte, vi doveste trovare lontano dalle ritirate o dal bordo della nave, oppure anche per vomitare quando starete male”. Il bordo della nave, dove erano allocate le latrine (dei banchi forati organizzati di norma nel castello di poppa) risultavano infatti di difficile accesso di notte, mentre i vasi di terracotta erano utilizzabili sotto una piccola sedia forata, del tipo di quelle rinvenute nel relitto di una nave anseatica da trasporto affondata nel fiume Weser nel 1380.

Misfatti e occultamenti di cadaveri

Nel Segretain Moine, Fabliau anonyme du XIIIe siècle, il marito di una donna borghese, dopo aver assassinato un sacrestano libertino, a notte fonda si libera del cadavere nelle latrine dell’abbazia. Il corpo viene poi scoperto dal priore, seduto nella latrina in preda ai tormenti della diarrea, che decide a sua volta di far sparire il corpo fuori dall’edificio.
Sembra che Gilles de Rais (1405-1440), capitano dell’esercito francese e compagno d’armi di Giovanna d’Arco, condannato a morte per il suo coinvolgimento in pratiche alchemiche e occulte in cui torturò, stuprò e uccise almeno 140 bambini e adolescenti, abbia fatto sparire i cadaveri smembrati di alcune sue vittime nelle latrine delle abitazioni dei suoi complici.
Che le latrine e i pozzi neri fossero utilizzati dagli assassini per far sparire le loro vittime sembra dimostrarlo anche il celebre predicatore francescano bretone Olivier Maillard (1430-1502), che accusava l’empietà dei suoi contemporanei lamentando che dal fondo delle latrine, dei fiumi e degli stagni uscivano i richiami dei ragazzi che vi erano stati precipitati. Questi terribili misfatti non erano casi isolati. Lo scrittore e poeta francese Theodore Agrippa d’Aubigné (1522-1630) scriverà che “le latrine del Louvre sono orrendi cimiteri di ragazzi, uccisi dagli Apoticari”. Non a caso, nelle fosse delle latrine scavate dagli archeologi sono state rinvenute più volte ossa umane e animali.
Da ultimo, per dare una degna chiusura a questa sommaria descrizione, vale la pena ricordare due personaggi, sconosciuti al grande pubblico, ma certamente benemeriti del progresso della società. In particolare l’inglese sir John Harington, che nel 1584 mise a punto un meccanismo a flusso d’acqua progenitore dello sciacquone del moderno water closet. Dopo di lui, nel 1775 l’orologiaio inglese Alexander Cummings perfezionò il sistema con l’introduzione del sifone, brevettando questo sistema che diventerà completo nel 1886 con l’introduzione dello sciacquone a catenella.