L’ORIGINE DELLA VIA CRUCIS AL COLOSSEO

di Stefano Pierfederici -

Risale al 1750 la prima celebrazione nell’anfiteatro Flavio del percorso di Cristo che si avvia alla crocifissione sul Golgota. Un’iniziativa voluta da Benedetto XV per restituire al monumento, divenuto ricovero di banditi e malfattori, la sua memoria di luogo di martirio dei cristiani nella Roma imperiale.

San Leonardo

San Leonardo

San Leonardo di Porto Maurizio a conclusione dell’anno santo 1750, quasi a sigillo di tutto il suo impegno, inaugurò ufficialmente la Via Crucis al Colosseo.
Era stato papa Benedetto XIV a volere questa iniziativa cogliendo l’occasione del giubileo per diffondere nella città di Roma questa devozione, la cui importanza si stava diffondendo proprio in quegli anni nella religiosità popolare, soprattutto grazie a frate Leonardo. Erano ormai diversi anni che il padre francescano andava erigendo in ogni paese dove arrivava le stazioni della Via Crucis, sembra addirittura 572, e sua era stata l’importante innovazione di commentare e spiegare ogni stazione, affinché anche tale rito venisse a giovamento spirituale dei fedeli [1].
L’idea di far svolgere la Via Crucis nel Colosseo è presente in frate Leonardo già nel dicembre 1749, quando il santo predicatore rivolse un’istanza ufficiale alla magistratura romana del Campidoglio allo scopo di ottenere il relativo permesso. Recita il documento: «Ill.mi, ecc.mi signori. Fra Leonardo da Porto Maurizio della Riforma di San Francesco nel Ritiro di San Bonaventura, U. Mo. O.re, delle E.E. L.L. con ogni devoto rispetto le rappresenta aveva esposto a N. S. porre in esercizio la S.ma divozione della Via Crucis anche nel Colosseo, il che fu sommamente applaudito dalla S.a S.a, e solamente le insinuò farne convenienza con l’Ec.mo Magistrato Romano, onde l’O.re, per adempiere la Mente di S.a Beatitudine, divotamente si dà l’honore rappresentarlo alle E.E. V.V. a ciò voglino anche loro benignamente compiacersi condiscendere all’ adempimento di sì devotissima rimembranza della Pretiosissima Passione di N.S.G». [2]
Il permesso fu concesso il 13 dicembre 1749 e dopo pochi mesi si diede inizio ai lavori per costruire all’interno del Colosseo le quattordici stazioni della Via Crucis.

Benedetto XIV

Benedetto XIV

Non era la prima volta che l’anfiteatro Flavio veniva fatto oggetto di interventi ristrutturativi. L’edificio era stato sempre luogo di venerazione perché si riteneva che al suo interno vi fossero stati martirizzati i seguaci cristiani al tempo della Roma imperiale. Già dal Medioevo vi era stata eretta una cappella, quella della Pietà; in seguito vi si erano tenute delle sacre rappresentazioni finché papa Clemente X non lo aveva consacrato alla memoria della Passione. Lo stesso pontefice nel 1675, visto che era diventato covo di banditi e malfattori, aveva provveduto a far murare tutti gli archi esterni e a limitare lo spazio interno, che sarebbe servito solo per tenervi gli uffici della Via Crucis [3]; in seguito il carmelitano Angelo Paoli, più appropriatamente, aveva ottenuto dal papa il permesso di sostituire i muri con delle cancellate, ma dopo il terremoto del 1703, che lo aveva danneggiato seriamente, era stato nuovamente lasciato in stato d’abbandono fino al 1714.
In quell’ anno si ricominciò un parziale e sommario restauro dell’edificio, specialmente all’ interno. I molti passaggi fra gli archi furono chiusi e ne rimasero solo due per accedere all’arena. Dopo qualche anno all’interno di uno degli archi maggiori fu dipinta un’immagine della città di Gerusalemme e nei quattordici archi più piccoli si dipinsero i corrispondenti misteri della Via Crucis; in questo modo il Colosseo riprese ad essere frequentato dai fedeli che vi recitavano le preghiere di quel rito sacro [4]. Tale felice condizione non durò a lungo, le cappelline cominciarono a sgretolarsi, il luogo ridivenne asilo per delinquenti di ogni specie e insieme deposito di stabbio e carretti, finché nel 1743 il titolare della chiesa del Colosseo venne aggredito e lasciato in fin di vita sotto gli archi.
Sopravvissuto, costui ricevette la visita di Benedetto XIV che, appreso lo stato pessimo in cui versava l’anfiteatro, decise di restaurarlo a sue spese e di chiuderlo completamente, lasciando solo qualche cancello per accedervi; emanò quindi un editto in cui si comminavano sanzioni corporali per chi si fosse fermato nei pressi o all’ interno dell’edificio, sia di giorno che di notte [5].

Il Colosseo in una illustrazione medievale

Il Colosseo in una illustrazione medievale

Nel 1746 nacque in alcuni fedeli l’idea di costituire una confraternita che avesse la sede in una chiesa fatta erigere fra gli archi del Colosseo e che restaurasse le stazioni della Via Crucis, per essere di aiuto a chi praticava questo ufficio, perché «ogn’uno ben riconosce a qual segno si accrescerebbe la divozione verso questo Santuario, non solamente ne gli abbitanti di Roma, ma eziando ne’ pellegrini, che da tutto il Mondo Cattolico, nel vicino Anno Santo 1750, concorreranno alla visita de’ Limini de’ SS. Apostoli Pietro, e Paolo, e delle Basiliche»[6].
Arriviamo così al 1750, anno nel quale appunto, dopo la richiesta di padre Leonardo, il papa stesso contribuì alle spese dei lavori e delle pitture; oltre al pontefice parteciparono al finanziamento dell’ opera cardinali e prelati, principesse e principi [7] nonché frate Leonardo stesso, con il denaro raccolto allo scopo con le elemosine [8]. In mezzo all’arena venne eretta una semplice croce e intorno si restaurarono le antiche cappelline che Benedetto XIV affidò in custodia a quei fedeli di cui aveva approvato la costituzione in “Confraternita degli Amanti di Gesù e Maria”.
Costoro si impegnarono a celebrare ogni venerdì e domenica, due ore prima dell’ Ave Maria, la devozione della via Crucis; così il 26 dicembre padre Leonardo potè annunciare ai fedeli dal pulpito di S. Andrea della Valle che l’ indomani si sarebbe tenuta al Colosseo una solenne Via Crucis, dopo la benedizione del pontefice alle quattordici stazioni [9].
Il giorno fissato il frate predicatore si avviò a piedi scalzi all’anfiteatro, seguito dal popolo che cantava le litanie; in quel luogo che «era pieno per la platea e d’ ogni intorno per le mura» [10] fu piantata la croce, consacrando quella devozione che entrò così a far parte della tradizione religiosa popolare [11]. Con questa celebrazione si concluse anche l’attività del francescano a Roma e fu per lui grande consolazione sapere «che quel Colosseo, che era divenuto un luogo malfamato, fosse divenuto un santuario, essendo la Via Crucis più frequentata di Roma» [12].

Il Colosseo - Diliff

Il Colosseo – Diliff

Vogliamo lasciare la descrizione della conclusione dell’anno santo alle testimonianze di due dei protagonisti del giubileo, Benedetto XIV e la confraternita di Trinità de’ Pellegrini; ci pare di scorgere nelle loro parole la consapevolezza del grande impegno profuso, insieme ad una affiorante stanchezza, mitigata dalla bontà della loro peculiare vocazione.
Scrive il papa al De Tencin: «Nella prossima passata vigilia di Natale facemmo la funzione di chiudere la Porta Santa di S. Pietro. La giornata fu bella, ed è indicibile il concorso, che vi fù di nobiltà forastiera, ed il concorso fu più che ordinario dell’altre persone. Ritornammo la sera stessa della vigilia di Natale a Monte Cavallo, e nella mattina del Natale cantammo pontificalmente la Messa nella Cappella dello stesso palazzo, e per complemento dell’Anno Santo dammo dalla loggia la Benedizione al popolo, che non contento d’aver occupata la piazza, si vide anche esteso sino a S. Silvestro, e per tutta la strada della Dataria. Nel tempo in cui chiudemmo la Porta Santa in S. Pietro, furono chiuse dai cardinali Legati le Porte Sante delle altre basiliche, né mancò il card. Carafa di portarsi con molta proprietà alla basilica di S. Paolo chiudendo quella Porta Santa in luogo del card. Ruffo Decano incommodato» [13].
All’ospizio di Trinità, dopo la chiusura delle porte sante e diminuito sensibilmente l’afflusso di pellegrini, la confraternita riebbe un po’ di respiro e il 28 del mese, ricorrenza dei SS. Innocenti, «…si chiusero le nostre solenni Fonzioni con il dovuto rendimento di grazie. Alle ore 22 si espose il SS.mo all’altare maggiore con decente illuminazione, e facendosi orazione dalli nostri sacerdoti a vicenda, sulle 23 e mezza venne l’E.mo Protettore, e l’E.mo Sig. Card. Guadagni Vicario, il quale vestito Pontificalmente, e servito dalli nostri sacerdoti di casa, e da dei nostri F.lli tutti con torce si portò in mezzo all’altare maggiore, ed intonò il Te Deum, fu fatto con sparo di mortaletti à spese di diversi F.lli, e poi cantatosi il Tantum Ergo si diede la Benedizione, e fu una fonzione veramente magnifica, e divota che rendeva tenerezza, e componzione. Li sud.ti due E.mi assisterono con altri Prelati, e Nobiltà alla Lavanda, e Tavola e quindi partiti si concesse alli F.lli un santo sfogo di cantare il Te Deum, di nuovo in più parti dell’ Ospizio, e fu cantato ne’ Refettori, nel Quartiere delle Donne, ed all’Imbandimento con nuovo sparo di mortaletti, e suono di campane, poi si condussero li Pellegrini à letto, e per la strada in vece delle litanie, come al solito, fù cantato il Te Deum» [14].

Note

[1] Cfr. Liberato di Stolfi, S. Leonardo e la sua predicazione, in “Studi Francescani”, a. XIV (1952).
[2] Arch. Cap.,”Decreti di Congregazione e Magistrati”,del 29.12.1750, Cred. VII. T.40; anche G. Brigante Colonna, Il Santo Ligure che impiantò la Via Crucis nel Colosseo,in “Urbe”, VIII (1943), 11-12.
[3] Cfr. Pastor L. Von, Storia dei Papi, vol. XVI, Roma 1967, p. 127; G. Brigante Colonna, loc. cit.
[4] BNVE. Sez. Manosc., G. Marangoni, “Delle Memorie Sacre e Profane dell’Anfiteatro Flavio di Roma volgarmente detto il Colosseo”, Roma, 1746.
[5] BNVE. Sez. Manosc., Marangoni, op. cit., p. 69; Pastor, op. cit., p. 128.
[6] BNVE. Sez. Manosc. Marangoni, op. cit. p.71.
[7] Bibl. Cas., D. O. n 5109 del 18-4-1750.
[8] Bibl. Cas., D. O. n 5220, del 2-1-1751.
[9] Bibl. Cas., D. O. n 5217 del 26-12-1750.
[10] Liberato di Stolfi, op. cit., p. 94.
[11] La Via Crucis si tenne fino al 1874, quando per decreto dell’on. Scialoia furono rimosse le quattordici stazioni, la croce, il pulpito e la cappelletta dedicata alla Pietà: cfr. G. Brigante Colonna, op. cit.; ma dal 1919 si riprese di nuovo a svolgere la celebrazione della Via Crucis al Colosseo, consuetudine che è giunta fino ai giorni nostri.
[12] L. di Stolfi, loc. cit.
[13] Morelli E. (a cura di), Le lettere di BenedettoXIV al Card. De Tencin dai testi originali, lettera del 30-12-1750, vol. I-III, Roma 1955-1984.
[14] ASR, OTPM, p. 356. 8