“LA PIETRA DI LUNA” DI WILKIE COLLINS, TRA STORIA E MITO

di Giuliana Arena -

È riconosciuto come il primo romanzo giallo della storia. Partendo da fatti realmente accaduti durante l’espansione britannica in India, mostra il carattere secolare dello scontro tra Oriente e Occidente e denuncia, tra le righe, il colonialismo europeo. 

L'ultimo sforzo e la caduta del sultano Tippu, episodio dell'assedio di Seringapatam, di Henry Singleton

L’ultimo sforzo e la caduta del sultano Tippu, episodio dell’assedio di Seringapatam, dipinto di Henry Singleton

1868. The Moonstone. A Romance, opera a dispense scritta da William Wilkie Collins, appare per la prima volta sulla rivista dickensiana All the Year Round. In un’India di fine Settecento, suggestivo scenario in cui si mescolano storiche battaglie, oscure maledizioni e riti religiosi, il prologo “L’assalto di Seringapatam” (1799) tratta delle vicissitudini che conducono alla sottrazione della pietra di luna, una preziosa e venerata gemma. Sono gli anni precedenti ai controversi fatti storici delle guerre Anglo-Sikh (1848-49) e della rivolta indiana (1857); nella ‘Quarta Guerra Anglo-Mysore’ (dal 5 aprile al 4 maggio 1799) avviene il confronto finale tra la Compagnia britannica delle Indie Orientali e il Sultanato di Mysore. Il regno, la cui capitale Seringapatam è lo scenario delle prime pagine dell’opera, è governato dal sultano Fateh Ali Tipoo (soprannominato la ‘Tigre del Mysore’) salito al potere nel 1782, dopo la scomparsa del padre. Le avventure, come si apprende da subito, cominciano a partire dall’undicesimo secolo dell’era cristiana e continuano negli anni a seguire per gli eventi legati al possesso della pietra, divenuta ornamento del manico di un pugnale custodito in uno dei tanti forzieri di Tipoo. Nella prefazione dell’autore all’edizione del maggio 1871 si legge: «Riferendomi alla storia del Diamante […] La magnifica pietra che adorna l’estremità dello Scettro Imperiale Russo era stata un tempo l’occhio di un idolo indiano. […] si ritiene che esso sia stato oggetto di una predizione, la quale profetava certe sventure alle persone che l’avessero distolto dal suo antico impiego» (Collins, 2002, pp. 4-5).
L’azione muove dall’India verso l’Inghilterra per narrare le vicende di casa Verinder dove la pietra di luna trova una nuova collocazione, ma tre sacerdoti indiani sono disposti a tutto pur di riportarla sull’altare votato a Brahmah, divinità della luna. Otto sono i racconti di Collins che strutturano tre volumi in cui ogni singola opinione dei personaggi acquisisce un peso specifico per il diramarsi della prosa e i successivi colpi di scena. Rachel Verinder, nipote di John Herncastle, è la prima destinataria della pietra offerta in dono per il suo diciottesimo compleanno; dopo i festeggiamenti in suo onore avviene la misteriosa scomparsa. Proprio l’ufficiale britannico Herncastle, responsabile del furto del diamante indiano, darà impulso all’azione. Il maggiordomo Betteredge, custode di casa Verinder, comincia la narrazione con il suo memoriale, assicurando la presenza degli elementi tipici della commedia e aiutando il detective a scoprire il vero colpevole. Quest’ultimo viene connotato in maniera ironica a causa della sua ossessione per il Robinson Crusoe (una sorta di libro dei perché in cui ritrovare moniti, consigli o responsi): il bizzarro personaggio è pervaso dalla detective fever (Collins, 2012, p. 158). Tra gli attanti è poi fondamentale la presenza del sergente Cuff, tratteggiato in modo pittoresco grazie alla sua profonda passione per le rose: «Cominciai la vita fra le rose […] e fra loro finirò la vita, se posso […] mi ritirerò dall’acchiappare ladri, per mettermi alla prova nella coltivazione di rose» (Collins, 2002, p. 118).

Il 2012 è l’anno in cui la Penguin English Library ripropone una serie di grandi classici della narrativa inglese, tra cui proprio il volume collinsiano: ora lo scritto di T. S. Eliot è in postfazione, già edito dalla Oxford University Press nel 1928. Proprio Eliot sostiene che Cuff sia: «the perfect detective […] a real and attractive personality and he is brilliant without being infallible» (Collins, 2012, p. 622). Spiccano poi Godfrey Ablewhite, filantropo che avrà un’incidenza determinante sulla storia, così come Franklin Blake che intreccerà un’amicizia amorosa con Lady Verinder. Nell’alternarsi degli eventi emergono numerosi richiami all’Oriente, ad esempio, grazie alla controversa figura di Ezra Jennings (alter ego del romanziere) citata nel contributo di Blake: «Eccovi le famose Confessioni di un oppiomane […] Ecco quanto posso dirvi circa la capacità per un uomo di tenersi attivamente occupato e di andare da un luogo all’altro sotto l’influenza dell’oppio» (Collins, 2002, p. 440). Il suo decisivo contributo per la risoluzione dell’enigma lo rende funzionale alla storia, infatti, nel suo promemoria vengono disseminati indizi e proposti metodi investigativi particolari (grazie all’ipnosi ricostruisce il senso di frasi frammentarie, poi abilmente decifrate nella loro completezza). La storia viene arricchita dalla presenza di personaggi femminili come Rosanna Spearman, cameriera dal passato burrascoso e principale sospettata, apparsa fin dalle prime pagine nel memoriale di Betteredge: «Rosanna Spearman era stata una ladra, ma non essendo di quei ladri che formano le Società Anonime per Azioni e rubano da migliaia invece di rubare da un solo, la legge l’agguantò e la prigione e la Casa delle Corrigende seguirono la guida della legge» (Collins, 2002, p. 33), grazie a lei emergono i canoni propri della tragedia; apparirà, in seguito, la pedante e moralista Ms Clack, nipote del defunto John Verinder, il cui caratteristico contributo suscita ilarità e simpatia: «Gli è venuto il singolare capriccio di esumare il deplorevole scandalo della Pietra di Luna, e io lo devo aiutare con lo scrivere un resoconto di ciò che io stessa ho veduto mentre ero in visita nella casa di mia zia Verinder a Londra […] Debbo riaprire ferite che il tempo ha appena cicatrizzate […] Mi è costato una dura lotta, prima che l’umiltà cristiana riuscisse a debellare l’orgoglio peccaminoso, e l’abnegazione accettasse l’assegno. […] Col mio diario, la povera lavoratrice, che perdona al signor Blake di averla insultata, è degna della sua paga» (Collins, 2002, p. 226).

the_moonstone_1st_edLa realtà pluridimensionale di questa detective story è fatta proprio di tipi umani un po’ sui generis, ma sempre Eliot afferma che «The Moonstone contains no characters as memorable as Count Fosco and Marion, but it exhibits all of Collins’s qualities in more perfect proportion than any other of his novels» (Collins, 2012, p. 620). Si conoscono le personalità dei protagonisti attraverso cronache come: diari, resoconti epistolari, stralci di indagine e spezzoni narrativi, su cui è imperniata la costruzione dell’intreccio e che mostrano quindi una visione multipla, nonostante ciò è possibile rintracciare nessi causali tra i fatti che si alternano dopo la sottrazione della pietra di luna. Anche l’effetto domino, creato dall’alternarsi fatale delle circostanze, contribuisce a tenere vivo l’interesse del lettore-detective il quale, procedendo dall’effetto alla causa, analizzerà le personalità dei protagonisti di un’opera caleidoscopica e multiforme per rintracciare finalmente il responsabile. Da qui una visione stereoscopica e un linguaggio in prevalenza di tipo descrittivo, indispensabili per rendere il romanzo squisitamente enigmatico: una prosa diaristica in cui si riportano singoli dettagli, finalizzati tutti a ricostruire le parti essenziali della storia.
Garzanti propone la ristampa, in formato pocket, de La pietra di luna (2002) per una lettura comoda e scorrevole anche come ‘giallo da ombrellone’. L’impalcatura romanzesca, eretta magistralmente, permette di far rinvenire un seppure invisibile trait d’union tra le diverse visioni tragicomiche degli accadimenti. Quindi il device narratologico risulta impostato sulla successione degli eventi, esposti attraverso testimonianze più o meno attendibili, che costituiscono la prima storia; l’indagine condotta da più personaggi investigatori e con diverse modalità narrative rappresenta la seconda storia. Lo scrittore utilizza un metodo documentario che apre la strada al procedural thriller: l’ispirazione viene fornita da un fatto di cronaca realmente accaduto, “Il delitto della casa di campagna”, in cui Costance Kent è una giovane ragazza il cui onore rischia di essere macchiato in circostanze sospette. Il frammentario svolgimento romanzesco de La pietra di luna non impedisce però di trarre le deduzioni finali perché le riflessioni e gli indizi forniti nel corso della storia conducono a un’incontestabile, anche se inattesa, soluzione del caso. La dinamica evenemenziale segue, a volte, sentieri non battuti, approdando a conclusioni imprevedibili e spiegazioni inaspettate. Dunque, il racconto corale è ripartito in due periodi presenti tra il prologo e l’epilogo: il finale è aperto e i lettori potranno fantasticare su quei luoghi la cui cultura, religione ed etnia si scontrano con antiche credenze ovvero, un mondo dominato da convinzioni ancestrali sul potere di un oggetto che rende possibile l’incontro-scontro tra due diverse realtà. Il risultato è una vorticosa e strabiliante inchiesta in cui il detective procede sì per logiche tortuose ma, alla fine, approda alla verità.

Nel 2016 Fazi Editore inserisce la versione italiana di Martina Rinaldi nella collana “Le strade”; dopo The Woman in White (1860) il romanzo in oggetto svela la stessa ammaliante capacità autoriale di incantare il pubblico grazie a trovate geniali, cambi repentini di prospettiva e fulminee prese di coscienza sull’evolversi della storia. L’impianto diegetico, in particolare, rispetta le costanti del genere poliziesco sebbene sussista un’evidente contaminazione con altri generi e sottogeneri e, di fatto, il lettore attinge al sensation novel così come alla commedia e al dramma. La fabula è chiaramente impostata sul connubio mistero e svelamento, con un’oscillazione topologica in base al paradigma ordine-disordine-ordine. L’ordine corrisponde all’India, topos da cui parte la storia, e il disordine è riferito all’Inghilterra, luogo centrale per lo svolgimento degli accadimenti legati all’indagine; in ultima istanza ci sarà un ulteriore cambio di prospettiva verso est. In tal modo viene descritto un universo, quello vittoriano, dominato da un disorientamento ideologico creato proprio dalla vocazione al progresso e alla conquista. Sono poi le contraddizioni di una cultura in continua transizione a rendere manifesto un decentramento prospettico. Non è un caso che lo scrittore inserisca il concetto di alterità, oltre al motivo esotico di un diamante indiano trafugato che entra nella sfera domestica per effettuare una critica, seppure in maniera velata, al colonialismo britannico e ai suoi eccessi. È per questo che l’investigazione rappresenta l’approdo ultimo, il punto d’arrivo di un romanzo-enigma con un disequilibrio topologico: l’ordine esterno e interno al mondo borghese vengono minati da usurpazione e avidità coloniale durante gli anni d’oro dell’Impero britannico. La suspense è assicurata dai colpi di scena e il significato storico del racconto orchestrato da Collins emerge in modo evidente: esiste una logica della differenza dietro l’allegoria di un’Inghilterra vittoriana dove i conflitti, di cui si rende protagonista la classe borghese, sono fatalmente legati a realtà globali e paludose, come le sabbie mobili presenti nell’opera. Oriente e Occidente, in questo melodramma polifonico, interpretano un teso confronto in cui emerge la dualità imprescindibile tra un’esocultura e un’endocultura dalla storia secolare.
Eliot dixit: «The Moonstone is the first, the longest, and the best of modern English detective novels» (Collins, 2012, p. 615), affidando proprio a Collins la paternità del genere poliziesco. La curiosità del lettore viene soddisfatta, come viene assicurato un armonico ritorno all’ordine, per cui si rivela appropriata la frase pronunciata dall’autore: «Falli ridere, falli piangere, falli attendere». L’attesa dello svelamento del mistero è lunga, per questo il pubblico ha il tempo necessario per commuoversi e anche per sorridere, osservando la galleria di attanti acutamente delineata per essere del tutto funzionale alla comunicazione artistica. Intorno a Wilkie Collins si fa largo una piccola folla di personaggi eccentrici, creati ad arte per un’opera sensazionale, mimetica, complessa e acclamata da un’altra piccola folla, quella dei lettori che da anni si appassionano a un’opera da leggere una volta sola, come tutti i polizieschi che si rispettino.

 

 

 

Per saperne di più
Andrew Lycett, Wilkie Collins: A Life of Sensation, Hutchinson, 2013
Gian Franco Orsi e Lia Volpatti, C’era una volta il giallo. L’età d’oro del mystery, Alacran Edizioni, 2005
William Wilkie Collins, La pietra di luna, Fazi Editore, 2016
William Wilkie Collins, La pietra di luna, Garzanti, 2002
William Wilkie Collins, The Moonstone. A Romance, Penguin, 2012