LA CULTURA E LA RELIGIONE SOTTO AUGUSTO

di Giovanni Pellegrino –

L’arte si fece strumento della propaganda imperiale mentre la pace ritrovata permise al regime di Augusto di sviluppare un’efficace politica di lavori pubblici, soprattutto a Roma. Nacque anche un nuovo culto, quello dell’imperatore.

 

Il passaggio dal lungo periodo delle guerre civili a una fase di pace stabile sembrò portare, in età augustea, a un risveglio della cultura.
Augusto, infatti, perseguì un’ampia politica di restaurazione culturale che prevedeva grandi investimenti nel campo delle arti insieme al sostegno delle correnti letterarie compatibili con le riforme da lui indette. Il “Princeps” agiva in prima persona o per mezzo di collaboratori, come il suo consigliere e amico Mecenate, il cui nome divenne sinonimo di protettore delle lettere e dei letterati.
Nella casa di Mecenate, infatti, si riunivano e trovavano protezione artisti di vario genere i quali – in cambio di questo privilegio – trasformavano le loro opere nello strumento per veicolare i valori della restaurazione morale di Augusto.
Dobbiamo dire che tale collaborazione non fu la conseguenza di un’imposizione forzata dal momento che Augusto investiva molto nelle arti e nella letteratura come anche nei lavori pubblici e negli spettacoli. Augusto in ultima analisi favoriva e proteggeva gli artisti che con le loro opere esaltavano e celebravano i valori ufficiali del principato. Era naturale, dunque, che la maggior parte degli artisti appoggiassero lo sforzo culturale generale dal momento, in accordo con le linee base della nuova politica augustea.
La letteratura latina, in particolare, visse sotto Augusto il suo periodo d’oro. La sua caratteristica più visibile e distintiva rimase l’ideologia politica, la glorificazione e la giustificazione dell’impero romano. Augusto ebbe a proprio servizio la penna di poeti quali Virgilio, Orazio e Ovidio, storici come Tito Livio, scienziati quali Vitruvio e geografi come Strabone. Tutti questi autori in modi diversi esaltarono la missione ecumenica dell’impero romano e il suo diritto naturale al dominio universale.
Vi furono anche sporadiche manifestazioni culturali di dissenso al regime di Augusto, puntualmente represse. Per fare un esempio concreto, uno dei poeti allontanati da Roma fu Ovidio, esiliato perché le sue opere erano considerate troppo licenziose. Anche Afinio Pollione, fondatore a Roma della prima biblioteca pubblica, fu in disaccordo con la politica di Augusto. Afinio Pollione scrisse anche qualche libro di carattere storico che non è giunto fino a noi. A parte tali personalità di rilievo la produzione letteraria sotto Augusto era molto ricca e variegata.
Anche il genere drammatico e numerose opere teatrali furono scritte e rappresentate.
Il periodo augusteo fu caratterizzato da una lingua latina molto matura ed evoluta, capace di raggiungere l’apice dello stile e della chiarezza linguistica.
A sua volta la cultura epigrafica latina assunse in questo periodo storico una forte unità. Tale unità è la prova concreta degli stretti collegamenti esistenti tra le comunità di lingua latina in tutto il mondo romano. Il latino, infatti, in questo periodo storico continuò a diffondersi nelle province divenendo un modello imprescindibile della cultura dell’Occidente. Addirittura, la lingua di Roma riuscì a prestare a quella greca (la grande rivale nel mondo civilizzato) alcuni termini tecnici della scienza del diritto e della burocrazia. Inoltre proprio il greco si unirà al latino nella narrazione delle vicende storiche e della gloria di Roma: storici come Polibio Diodoro Siculo e Dionigi di Alicarnasso diventeranno infatti gli storici di “Roma caput mundi”.
Nel nuovo quadro politico e sociale il mondo greco entrato nella dominazione romana offrì nuovi scrittori ed artisti dotati di grande talento e capacità. Tale dato di fatto deve essere considerato il segno di una rinnovata prosperità nonché di un felice adattamento alla nuova realtà socio-politica. La pace ritrovata e il notevole benessere materiale permisero al regime di Augusto di sviluppare un’ampia politica di lavori pubblici che determinarono l’abbellimento delle città in particolar modo di Roma. L’architettura la pittura e la scultura furono caratterizzate da un periodo di splendore mai visto in precedenza, tanto che Augusto affermò di aver trovato una città di mattoni e di averla molto abbellita coprendola di marmi.
Lo slancio edilizio fu naturalmente utilizzato per la propaganda del principato di Augusto: esso veicolò, attraverso i monumenti, gli slogan più importanti del principato quali “ pietas “ verso gli dei, la famiglia e la patria, nonché la “ virtus “ e i “ mos maiorum “. L’arte divenne così uno strumento della propaganda imperiale.

D’altra parte l’originalità e la qualità delle opere artistiche trovarono l’esistenza di un’arte romana tipica realistica paragonabile all’arte ellenistica. Le caratteristiche principali di questa arte furono l’ecclettismo e l’ideologia imperiale.
Il modello greco rimase tuttavia sempre visibile benché, a differenza dell’arte greca coi nomi dei grandi artisti ellenistici, quella romana fosse caratterizzata da un certo anonimato, rimanendo gli artisti generalmente sconosciuti.
Augusto fece edificare un altare che celebrasse la pace riconquistata vale a dire la famosa Ara Pacis , un foro e un grande tempio, il Pantheon.
Oltre all’edilizia pubblica anche quella privata ebbe un significativo impulso riflesso dell’agiatezza della sua committenza.
Una certa cura e attenzione venne infine dedicata alla riorganizzazione architettonica dei campi militari permanenti che divennero talvolta vere e proprie città.
Così come a Roma anche nei centri provinciali grande era l’attività edilizia pubblica. In molti luoghi sorsero templi di Augusto e di Roma e della Fortuna Augusta. Proprio la religione fu una delle maggiori preoccupazioni di Augusto. Egli con grandi sforzi ed impegno cercò di ripristinare la religione tradizionale romana ovvero tutti quei culti e quelle istituzioni religiose che erano stati gravemente trascurati durante l’età precedente. La politica augustea di rinnovamento morale passava anche attraverso la rinascita della religione degli antenati. Tuttavia questa nuova rinascita della religione tradizionale ufficiale rimaneva principalmente un fenomeno di conformismo politico e sociale. Infatti nel mondo romano era presente il bisogno di un nuovo ideale spirituale e di una nuova fede. Non vi erano comunque culti religiosi prediletti dai vari ceti sociali. Accanto ai culti ufficiali continuarono ad esistere nuove forme religiose come superstizioni straniere pratiche misteriche ed anche riti magici. Tutte queste nuove forme religiose facevano comunque presa su molte persone sebbene fossero prive di appoggio e avallo ufficiali.
Una diretta conseguenza del principato di Augusto fu la nascita di un nuovo culto ovvero quello dell’imperatore. In oriente la deificazione del principe regnante era una pratica molto diffusa da tempo. Tale pratica nel periodo ellenistico era stata persino accettata dal mondo greco. Gli stessi romani a loro volta la accettarono pure essendo incompatibile con i costumi degli antenati. Accettando tale deificazione del sovrano regnante i romani riuscirono a spiegare le ragioni di un impero universale. Certamente la religione tradizionale romana non era in grado di giustificare l’esistenza di tale impero universale.
Dapprima titubante, Augusto in un secondo tempo permise che la propria persona venisse onorata come una divinità nell’urbe e nelle province. Il culto imperiale nell’Urbe era accompagnato dal culto della dea Roma. Dal punto di vista socio religioso la venerazione dell’imperatore rivestì una grandissima importanza: essa fu un fattore di forte coesione sociale in quanto tutti gli abitanti dell’impero romano si riconoscevano in tal modo uniti da un medesimo culto.
Inoltre la venerazione dell’imperatore ebbe un’altra importantissima conseguenza socio politica: il rafforzamento dell’autorità imperiale.
Dopo Augusto la celebrazione dell’imperatore divenne un obbligo esteso a tutte le regioni dell’impero romano.