In libreria: Pragmatismo istituzionale made in UK

a cura di Alessandro Frigerio -

296e490cover25108.jpegPrivo di una Carta scritta, il diritto costituzionale inglese per secoli si è sviluppato con modalità peculiari. Quali sono le ragioni storiche, culturali e giuridiche alla base di questa specificità? Perché la Gran Bretagna, pur facendo parte da decenni dell’Unione europea, sembra sempre con un piede dentro e uno fuori dal processo di integrazione comunitaria? Questo volume di Caludio Martinelli, docente di Diritto pubblico comparato e Diritto parlamentare all’Università di Milano-Bicocca, fonde in un racconto unitario i concetti basilari del moderno pensiero politico britannico con l’evoluzione del diritto e delle istituzioni nazionali, concentrandosi sulle modalità di affermazione dei diritti fondamentali
nel passaggio dallo stato liberale a quello democratico.
L’obiettivo, scrive l’autore, è mostrare la specifica concezione della libertà e dei diritti costituzionali nella cultura britannica, nonché le modalità della loro affermazione nell’ordinamento del Regno Unito, dalla seconda metà del XVIII secolo, cioè a partire dal pensiero di Edmund Burke e di Jeremy Bentham, fino agli inizio del XXI secolo, passando attraverso “l’età del progresso”, la grande stagione delle riforme dell’età liberale (1825-1885), la transizione verso lo stato democratico (1885-1918) e la costruzione del welfare (1918-1951) fino alla rivoluzione conservatrice nella seconda metà del XX secolo. Il filo conduttore di questa lunga e complessa vicenda storico-politica è, se vogliamo, nell’assenza di una carta costituzionale scritta e nella contemporanea sedimentazione (secolare) di una serie di documenti costituzionali entrati a far parte del modus vivendi britannico. Una sedimentazione che si è rivelata decisamente più efficace dei principi espressi in minuziose e iperdettagliate carte costituzionali europee.
Da qui deriva «l’impossibilità intrinseca all’ordinamento e alla cultura giuridica britannica di fondare il riconoscimento e l’estensione dei diritti e delle libertà su ferree premesse di ordine astratto, pre-politiche e pre-giuridiche, vuoi di impostazioni giustanturalistiche, vuoi di matrice costruttivistico-deduttiva». Ne consegue quindi, ed è questa la tesi sostenuta efficacemente nel volume di Martinelli, che «i caratteri distintivi della storia e le peculiarità degli ordinamenti giuridici delle isole britanniche hanno creato le condizioni favorevoli ad uno sviluppo negoziale, pragmatico, gradualistico e asistemico dei diritti, nel quadro di conflitti sociali talvolta anche asperrimi ma sempre collocati in un contesto costituzionale strutturalmente refrattario a esplosioni o implosioni di sistema». Insomma un sistema razionale che diffida delle grandi costruzioni “teologiche” che si rifanno agli immortali principi, capace di tenere insieme una società multiforme gelosa delle proprie preprogative di libertà e forte di una radicata identità nazionale. Right or wrong is still my country.
Claudio Martinelli, Diritto e diritti oltre la Manica. Perché gli inglesi amano tanto il loro sistema giuridico – il Mulino, Bologna , 2014, pp. 336, euro 30,00

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E. Di Rienzo, Afghanistan, il Grande Gioco 1914-1947 – Salerno Editore, Roma, 2014, pp. 160, euro 12,00
L’Afghanistan, con i suoi confini, ha costituito fin dall’antichità il “crocevia” dell’Asia Centrale e il ponte naturale tra Eurasia, Medio ed Estremo Oriente. A causa di quella eccezionale posizione geografica, l’ Afghanistan è sempre stato terra di conquista, di competizione politica, di conflitto sordo o manifesto: per l’Impero mongolo, quello persiano, quello moghul dell’India e infine gli imperi britannico e russo. Le montagne e gli aridi altopiani afghani divennero, tra il 1838 e il 1906, la scacchiera del Grande gioco, gareggiato da militari e agenti segreti americani e russi, la cui posta era il “gioiello” del British Empire (l’India). Lo scoppio della Grande Guerra nel 1914 segnò la data di nascita del Nuovo grande gioco. Dopo il decennio dell’occupazione sovietica, il regime teocratico talebano, l’intervento statunitense del 2001, questa tragica partita continua ancora oggi.

S. Tazzer, Grande guerra, grande fame – Kellerman Editore, Vittorio Veneto, 2014, pp. 240, euro 18,00
Da sempre, la fame è stata una potente arma nelle guerre. Lo stesso Napoleone, che di battaglie e di campagne di guerra ne sapeva qualcosa, scrisse che «per gli stomaci vuoti non esistono né obbedienza né timore». Il conflitto mondiale 1914-1918 non fece eccezione. La Gran Bretagna con la sua flotta mise in atto un rigido blocco navale ai danni degli Imperi Centrali, la Germania rispose con l’insidiosa guerra sottomarina. Per tutti i paesi belligeranti, che avevano creduto in una guerra breve, presto divenne chiaro che le condizioni di vita generali sarebbero cambiate in peggio. Vennero introdotti i razionamenti alimentari, le tessere, i bollini, le requisizioni, gli ammassi. Durò più a lungo chi poté ricevere, soprattutto dall’America, aiuti e provviste tali da superare le emergenze. In questo quadro soffrirono i soldati al fronte (questo, per dei combattenti, era da mettere in conto), ma patirono soprattutto i civili, quelli più deboli. Queste pagine cercano di raccontare qualche sprazzo di storia e di storie non ben conosciuti o addirittura ignorati. Un ricordo, infine, di coloro che di fame morirono.

O. Frattolillo, Il Giappone tra Est e Ovest. La ricerca di un ruolo internazionale nell’era bipolare – Franco Angeli, Milano, 2014, pp. 208, euro 26,00
Questo volume delinea i caratteri di fondo della politica estera giapponese nello schema della contrapposizione Est-Ovest che ha contraddistinto gli anni del bipolarismo. Per rintracciare almeno una parte delle radici dell’esperienza giapponese della Guerra Fredda occorre tuttavia risalire alle sue immediate premesse storiche. L’autore prende le mosse dagli anni del militarismo, e quindi dalla Guerra del Pacifico in seguito alla quale il paese si arrese incondizionatamente, aprendosi alla delicata fase dell’occupazione americana. Buona parte dei risultati raggiunti in quegli anni, finirono per costituire gli elementi fondanti e di lungo periodo della politica estera giapponese durante gli anni del bipolarismo. Il libro è modellato su tale registro interpretativo e intende mettere in luce i problemi e le dinamiche utili a spiegare le modalità con cui il paese ha costruito la propria interazione politica con gli altri attori considerati, insieme all’evolversi del processo di istituzionalizzazione del loro dialogo diplomatico.

AA. VV., Donne nella Grande Guerra – il Mulino, Bologna, 2014, pp. 264, euro 22,00
«Storie che raccontano il coraggio, la tenacia, la forza di corpi femminili in azione, prima, durante e dopo una guerra devastante che ha impoverito e umiliato il nostro paese. Donne che hanno avuto una parte importante nelle cronache del tempo e che qualche volta sono state anche riconosciute e ammirate dai loro contemporanei. Ma poi, appena si è cominciata la sistemazione della memoria comune, sono passate nel silenzio di una sepoltura che viene considerata “naturale”, ma naturale non è». Qual è stato il ruolo delle donne italiane nella Grande Guerra? In tutti i paesi belligeranti, il conflitto fu un’occasione di emancipazione per le donne, che si trovarono a rimpiazzare in molte funzioni gli uomini partiti per il fronte, e in qualche modo andarono in guerra anche loro: come crocerossine, in Carnia come portatrici, nelle retrovie come prostitute a sollievo delle truppe. Ma il libro ci racconta anche di una spia, di un’inviata di guerra, della regina Elena che trasformò il Quirinale in ospedale, delle intellettuali che militarono pro o contro la guerra: da Margherita Sarfatti a Eva Amendola e Angelica Balabanoff, alla dimenticata maestra antimilitarista Fanny Dal Ry, per finire con Rosa Genoni, pioniera della moda italiana, che abbandona il lavoro e si batte contro la guerra.

N. Adduci, Gli altri. Fascismo repubblicano e comunità nel Torinese (1943-1945) – Franco Angeli, Milano, 2014, pp. 496, euro 35,00
In questo libro è scritta una pagina della storia di Torino, quella del Partito fascista repubblicano, che non era stata finora ricostruita se non per parti, né mai con indagini così accurate e scrupolose.
La scelta del titolo, Gli altri, riflette la proposta interpretativa dell’autore che ravvisa nell’azione politica dei protagonisti dell’ultima stagione fascista a Torino, un’estraneità, un’alterità e infine un’ostilità dichiarata, rispetto ai problemi reali, ai bisogni, e soprattutto al desiderio di pace, di coloro che vivono all’esterno delle piccole fortezze dentro le quali si rinchiudono progressivamente il Partito fascista repubblicano e le sue organizzazioni militari.
La Torino del 1943-1945, devastata e resa irriconoscibile dai bombardamenti della guerra, popolata da una comunità che lotta per lavorare, vivere e sopravvivere, quasi imprigionata ai margini delle grandi direttrici strategiche forma il contesto drammatico entro il quale si svolge la storia eminentemente politica del fascismo repubblicano.

S. Fabei, «Tagliamento». La legione delle camicie nere in Russia (1941-1943) – In Edibus, 2014, pp. 304, euro 20.00
“Ho combattuto contro gli Italiani nel bacino del Donetz ed avevo di fronte proprio le Camicie Nere, che ritenevo i più malvagi fra gli Italiani. Avevano combattuto bene e pensavo che fossero accaniti contro di noi. Dopo avere interrogato numerosi prigionieri ho dovuto constatare invece che non avevano odio nei nostri riguardi.” Forse più di qualsiasi altra, questa dichiarazione di Nikita Sergeevič Chruščev conferma il coraggio, la lealtà e la correttezza verso i civili delle Camicie nere della legione, poi gruppo, “Tagliamento”, di cui, senza propositi adulatori né denigratori, è qui ricostruita la storia. I legionari in camicia nera, oltre a essere la “rappresentanza politica” delle forze armate italiane sul fronte russo, pagarono in termini di vite umane un prezzo finora misconosciuto. Sulla base di una vasta documentazione d’archivio e dei diari storici dell’unità il lettore ha la possibilità di conoscere una pagina di storia nazionale finora volutamente ignorata.

P. Togliatti, La guerra di posizione in Italia. Epistolario 1944-1964 – Einaudi, Torino, 2014, pp. 378, euro 24,00
La svolta di Salerno, la questione di Trieste, la costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi, l’attentato del 14 luglio 1948, il caso Vittorini, la rivolta di Budapest. Sono solo alcuni degli argomenti affrontati da Palmiro Togliatti nelle sue lettere, di cui questo volume – un’assoluta novità – raccoglie un’ampia selezione, dal suo rientro in Italia alla morte. Grazie al profilo e ai ruoli d’eccezione dei suoi corrispondenti (da Pietro Badoglio a Benedetto Croce, da Alcide De Gasperi a Romano Bilenchi, da Pietro Nenni a Vittorio Valletta, da Stalin a Giuseppe Dossetti) e alle caratteristiche delle lettere prescelte, l’Epistolario costituisce una lettura piacevole e vivace. Ogni lettera, corredata da un apparato di note brevi ed essenziali, è accompagnata da un’introduzione che la inquadra storicamente. Nella loro sequenza, le lettere e le introduzioni dei curatori compongono il racconto straordinario di un ventennio di vita italiana, fra cronaca e storia, vent’anni di lotta per l’egemonia nell’Italia della guerra fredda.

P. Grillo, Le guerre del Barbarossa. I comuni contro l’imperatore – Laterza, Roma-Bari, 2014, pp. 278, euro 20,00
Una aristocratica cavalleria teutonica contro masse di fanti comunali appiedati. Un ambizioso progetto di governo universale contro l’autogoverno di città libere.Una società fortemente gerarchizzata contro comunità di uomini eguali in grado di autodeterminarsi. È questa la guerra durata oltre vent’anni che vede Federico Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero, tentare di piegare sul campo di battaglia i comuni italiani. Non solo uno scontro fisico e strategico ma anche ideologico tra due società agli antipodi. L’obiettivo dell’imperatore è di riacquisire il controllo perduto sul Regno d’Italia per poi assoggettare il Mezzogiorno normanno. Ma durante l’assenza del potere imperiale dalla penisola, le città italiane sono cambiate: sono città ricche, militarmente potenti, che pensano a se stesse come collettività di uomini liberi. Quando cala alla testa dell’esercito teutonico, Federico Barbarossa si trova di fronte i comuni italiani. Paolo Grillo ricostruisce per la prima volta la guerra che sconvolse l’Italia intera e durò dal 1154 al 1176, prima di giungere a una pace definitiva nel 1183: dagli scontri campali in Lombardia alle battaglie urbane a Roma, dagli assedi di Alessandria e di Ancona alla spedizione bizantina in Puglia. I protagonisti sono Federico Barbarossa, i papi che gli si opposero, i re normanni, l’imperatore di Costantinopoli e, soprattutto, le popolazioni dei comuni italiani del Nord, del Centro e del Sud che si batterono per difendere la loro autonomia e la loro idea di libertà.