In libreria: Pius XII archives

pioxiiIl 2 marzo 1939 il cardinale Eugenio Pacelli veniva eletto papa, e dieci giorni dopo saliva al soglio pontificio con il nome di Pio XII. Fu dunque suo il compito – tutt’altro che semplice – di guidare la Chiesa negli anni terribili della Seconda guerra mondiale. A conflitto finito, Pacelli fu salutato come il salvatore di Roma dallo scempio dell’occupazione nazista: politici di primo rango e influenti personalità del mondo ebraico ne elogiarono il comportamento e l’operato. Di lì a poco, però, quella visione cambiò radicalmente. Prima la stampa sovietica poi la celebre pièce teatrale Il vicario lo descrissero all’opinione pubblica sotto tutt’altra luce. Cominciò a serpeggiare la cosiddetta «accusa del Silenzio», che voleva Pio XII omertoso rispetto all’orrore dei campi di concentramento e in buona sostanza complice dei nazisti. Dove stava la verità? Cosa sapeva davvero il papa delle atrocità commesse durante la guerra? Quanto erano fondate le ricostruzioni che parlavano di uno scambio epistolare tra lui e Roosevelt per prevenire l’escalation della guerra, di reti segrete per supportare la fuga dei perseguitati dal regime, di battesimi improvvisati volti a salvare migliaia di ebrei dalla deportazione? Da allora le valutazioni su Pio XII non si sono più ricomposte, e ciclicamente le discussioni sulla sua controversa figura tornano a infiammarsi. Così, deciso a spiegare le azioni del suo predecessore, papa Francesco ha da poco desecretato i documenti a riguardo. Johan Ickx lavora da più di due decenni negli archivi della Santa Sede, e oggi dirige l’Archivio Storico della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato: chi meglio di lui, dunque, può raccontarci cosa dicono quelle carte, e fare finalmente chiarezza? Affidandosi alle sole testimonianze documentali autentiche, l’autore di questo libro ricostruisce per noi le vicende che videro protagonisti Pacelli e i suoi più stretti collaboratori, il celebre Bureau, dipingendo una serie di ritratti tanto vividi quanto accurati. E provando a fare luce su uno dei grandi misteri irrisolti della Seconda guerra mondiale.
Johan Ickx, Pio XII e gli ebrei: l’archivista del Vaticano rivela finalmente il ruolo di Papa Pacelli durante la seconda guerra mondiale – Rizzoli, Milano 2021, pp. 416, euro 22,00

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Antonio Leggiero, Mancò la fortuna non il valore: storia militare dei soldati italiani in Africa – Odoya, Città di Castello 2020, pp. 364, euro 24,00
Tra racconto e saggio storico, un resoconto suddiviso in tre ampie parti della lunga, drammatica e tragica campagna militare delle nostre forze armate in Africa dall’inizio delle ostilità della Seconda Guerra Mondiale, nel fatidico giugno 1940, fino a quando, nel 1943, l’ultimo soldato italiano abbandonò il suolo africano. La prima parte tratta l’avanzata in Nord Africa delle truppe dell’Asse e la frenetica, concitata e tumultuosa “fase del pendolo”, durante la quale gli eserciti in campo si avvicendarono in offensive e ripiegamenti sullo scacchiere dell’Africa Settentrionale. L’autore prosegue, per afferenza cronologica e quindi per omogeneità descrittiva, con la narrazione e la rievocazione delle disperate vicende del nostro impero in Africa Orientale.
Nella seconda è descritto il lungo periodo di stasi e di blocco del fronte, sebbene denso di aspri combattimenti fra le nazioni, in attesa delle vicende risolutive della battaglia di El Alamein. La terza parte conclude la narrazione con l’epica, leggendaria e per noi tanto gloriosa, ma sfortunata, battaglia di El Alamein, descritta minuziosamente in tutti i suoi passaggi più significativi. La parte finale di ogni sezione è dedicata alle vicende dell’ultima, disperata resistenza in Tunisia da parte delle truppe dell’Asse.

Ferdinando Fedi, Nemici ma con onore: da Ruffo di Calabria a Durand de la Penne, quando in guerra prevale l’aspetto umanitario – Panda Edizioni, 2020, pp. 182, euro 15,00
Può esistere l’etica in guerra? Questo libro è una raccolta di episodi avvenuti nel contesto di conflitti armati in cui soldati di eserciti avversari si sono rispettati, in taluni casi addirittura mettendo a rischio la propria vita per salvare persone indifese o in difficoltà, pur appartenenti a schieramenti avversi. Il libro dopo una prefazione di Sergio Romano e un’introduzione recante cenni sulla natura della guerra e sulle regole che ne disciplinano la condotta, riporta un certo numero di casi specifici tracciando un profilo dei protagonisti dei fatti narrati. Un capitolo è infine dedicato a racconti di salvataggio di beni culturali da parte di soldati stranieri: un capitano sudafricano che rischia la corte marziale per aver disubbidito a un ordine di bombardamento che avrebbe sicuramente distrutto opere di Piero della Francesca e un capitano medico tedesco che porta in salvo di sua iniziativa i tesori dell’Abbazia di Montecassino. Il libro si conclude con una breve storia dell’evoluzione del diritto umanitario che adesso consente di avere regole che salvaguardano i civili e i soggetti più vulnerabili nei conflitti armati.

Christian Grataloup, Atlante storico mondiale: la storia dell’umanità in 500 mappe - L’Ippocampo, Milano 2020, pp. 656, euro 29,90
L’Histoire è una prestigiosa rivista di divulgazione scientifica, fondata nel 1978 a Parigi. Da più di 40 anni pubblica i contributi di storici di punta, arricchiti di mappe disegnate ad hoc dal suo dipartimento cartografico. Attingendo a questa sorgente unica al mondo, Christian Grataloup, docente emerito all’università di Paris Diderot, ha realizzato con un team di storici, geografi e cartografi il presente atlante, ricco di 515 mappe. L’opera, in corso di pubblicazione in più Paesi del mondo, è un evento editoriale. L’Atlante storico mondiale ritraccia la storia dell’Umanità, dalla comparsa dei primi ominidi fino agli eventi contemporanei. L’approccio rivoluzionario si emancipa dalla visione eurocentrica finora in auge nella storiografia tradizionale. Tutte le culture vengono illustrate (Polinesia, Artico, Africa subsahariana…) e le tematiche trattate in modo spesso inaspettato: il dominio dei Comanche, i ghetti nell’Italia medievale, la genesi dell’Ungheria o dell’impero khmer, i viaggi di Zeng He, l’Europa dei libertini, la mappatura dei Gulag e quella della Shoah fino alle sfide del mondo attuale, dalla complessa rete di cavi sottomarini che collega tutto il pianeta ad Internet fino alla crisi climatica dovuta al riscaldamento globale.

Erik Larson, Splendore e viltà – Neri Pozza, 2020, pp. 704, euro 22,00
Il 3 settembre 1939, in risposta all’occupazione della Polonia da parte di Hitler, la Gran Bretagna dichiara guerra alla Germania, e l’intero paese si prepara ai bombardamenti e all’invasione naziste. Le istruzioni del governo, impartite alla popolazione, non smorzano affatto la gravità dell’ora: «Dove il nemico atterrerà» avvertono, «i combattimenti saranno violentissimi». Vengono smontati i segnali stradali, distribuite trentacinque milioni di maschere antigas ai civili, l’oscuramento è così totale che nelle notti senza luna i pedoni urtano contro i pali della luce e inciampano nei sacchi di sabbia. La paura di ritrovarsi i tedeschi nel giardino di casa è tale che persino gli alti vertici dello Stato si preparano a scelte estreme. Harold Nicolson, futuro segretario parlamentare al ministero dell’Informazione, e la moglie, Vita Sackville-West, mettono nel conto la possibilità di suicidarsi pur di non cadere in mano nemica. «Dovrà essere qualcosa di rapido, indolore e poco ingombrante» scrive Vita al marito. Nel maggio 1940 i bombardamenti cominciano realmente. Dapprima con attacchi apparentemente casuali, poi con un assalto in piena regola contro la città di Londra: cinquantasette notti consecutive di bombardamenti, seguiti nei sei mesi successivi da una serie sempre più intensa di raid notturni. Nel maggio 1940, alle prime incursioni aeree sul suolo britannico, il primo ministro Neville Chamberlain, sfiduciato di fatto dal parlamento, si dimette e re Giorgio vi nomina al suo posto Winston Churchill. Dal 10 maggio 1940 al 10 maggio 1941 si svolge l’anno decisivo delle sorti del Regno Unito, l’anno che si conclude con «sette giorni di violenza quasi fantascientifica, durante i quali realtà e immaginazione si fusero, segnando la prima grande vittoria della guerra contro i tedeschi». L’anno in cui «Churchill diventò Churchill – il bulldog con il sigaro in bocca che tutti noi crediamo di conoscere – e in cui tenne i suoi discorsi più memorabili, dimostrando al mondo intero che cosa fossero il coraggio e la leadership». Erik Larson lo narra in questo libro, cronaca dei giorni bui e di quelli luminosi di Churchill e della sua cerchia ristretta, e racconto dei «piccoli ma curiosi episodi che rivelano come fosse realmente la vita durante le tempeste d’acciaio di Hitler».

Andrea Salvo Rossi, Il Livio di Machiavelli: l’uso politico delle fonti – Salerno Editrice, Roma 2021, pp. 292, euro 22,00
Troppo disorganici per essere un trattato politico, troppo frammentari per essere un’opera storica, i Discorsi mettono da sempre a disagio chi voglia inquadrarne il genere.
Inoltre, l’impossibilità di risalire al manoscritto di Livio presente sullo scrittoio di Machiavelli ha reso più complicata la definizione di un puntuale confronto tra i due, spesso risolto in più generali riflessioni su Machiavelli e la storia antica. Le decadi liviane non sono, però, una fonte tra le altre dell’elaborazione machiavelliana, ma rappresentano il terreno decisivo per la definizione di un metodo che tiene costantemente insieme politica e storia (« lunga esperienza delle cose moderne » e « continua lezione delle antiche »).
Con questa convinzione, il presente studio ricostruisce le vicende che – nel solco dell’Umanesimo – avevano imposto la canonizzazione degli Ab urbe condita, così da restituire l’orizzonte entro il quale era maturata la lettura di Machiavelli, fornendo poi di questa un’analisi tipologica attraverso l’esame di citazioni, traduzioni e riscritture. Le puntuali indagini sul testo consentono di mettere a fuoco gli strumenti con cui l’autore dei Discorsi, inserendosi in una tradizione consolidata (quella che faceva di Roma la misura di ogni tempo storico), prova a fare i conti con la radicale, tragica novità rappresentata dalle Guerre d’Italia. Se la frattura con il passato è irrisarcibile, non basta più conoscere la storia antica per capire quella contemporanea: Machiavelli, dunque, forza i testi che legge perché rispondano alle sollecitazioni imposte dalle urgenze del presente, tramite quello che qui si propone di chiamare “uso politico delle fonti”.

Massimo Lunardelli, Gramsci il fascista. Storia di Mario, fratello di Antonio – Tralerighe Libri, Lucca 2020, pp. 184, euro 15,00
Un saggio e una ricerca storica sul Gramsci Nero che riserva molte    sorprese. Mario Gramsci (1893-1945), il fratello fascista di Antonio Gramsci, sul quale fino ad ora era calato un oblio, si dice per volontà dei comunisti che intendevano cancellarne la memoria, e al contempo mito del neofascismo, in realtà ebbe una vita ben diversa dalla narrazione di parte.
Mario Gramsci del quale si racconta che sia stato il primo segretario del Fascio di  Varese e che sia morto mussoliniano convinto, aderente alla Repubblica Sociale Italiana, nasconde un’altra verità. Volontario in Etiopia a costruire l’Impero, capitano del Regio esercito sul fronte dell’Africa settentrionale nella Seconda guerra mondiale, finì prigioniero per cinque anni degli inglesi in Australia. Nel campo si dichiarò monarchico e antifascista. Rimpatriato in Italia nel 1945 morì dopo qualche settimana dal suo arrivo a causa del tifo contratto sulla nave di ritorno.
Da quel momento è stata raccontata una storia che fino ad ora non aiutava a capire chi era stato veramente Mario Gramsci, il fratello di Antonio Gramsci, uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia.

Orazio Ferrara, Mediterraneo: storie di cavalieri e di corsari XII-XVIII secolo- Ali Ribelli Edizioni, 2020, pp. 88, euro 10,00
Storie sbalzate a tutto tondo dal fluire dei secoli e dall’azzurra culla del Mediterraneo. A partire dalla fondazione della “domus Hospitalis Sancti Thomae martyris Acconensis”, che cominciò ad enuclearsi tra le fila dei crociati inglesi al seguito di re Riccardo Cuor di Leone, al tempo dell’assedio di San Giovanni d’Acri. Si prosegue con una storia del XIII secolo quando Messina restava ancora uno dei porti strategici per eccellenza della Cristianità per l’imbarco dei cavalieri dei vari ordini cavallereschi verso la Terra Santa. Poi le storie della disfatta della flotta barbaresca dell’imprendibile corsaro Arrayz Soliman ad opera dell’ammiraglio siciliano don Luigi Requesens e della guerra tra l’imperatore Carlo V e il temibile corsaro Khayr al-D?n Barbarossa, asserragliato nella sua Tunisi. Per passare alla “Battle of Pantalarea” come la nominano gli storici inglesi, avvenuta il 13 luglio dell’anno 1586, che rappresentò, per quegli stessi storici, un valido test navale per battere di lì a qualche anno, l’Invincibile Armada spagnola. Infine la battaglia navale, avvenuta nelle acque di Marbella il 7 novembre 1736, che fu limpida vittoria dei cavalieri dell’Ordine di Malta.