In libreria: l’esercito del Tenno

legL’immaginario collettivo sull’esercito imperiale giapponese è ancora intriso di molteplici luoghi comuni sugli attacchi banzai condotti da leader fanatici ciecamente devoti al loro imperatore. L’autore di questo libro pone lo sguardo ben oltre tali preconcetti per svelare la storia, evidentemente più complessa, dell’ascesa al potere dell’esercito imperiale giapponese, in patria e all’estero, fino a diventare una delle forze combattenti dominanti sul piano globale. Questa prima storia completa dell’esercito imperiale giapponese ne traccia le origini, l’evoluzione e l’impatto sulla società. Destreggiandosi con grande abilità tra le fonti originali in lingua giapponese, l’Autore illustra come l’arte della guerra giapponese, edulcorata dalle leggende Samurai, abbia plasmato l’esercito e influenzato le sue decisioni a tal punto da spingerlo nelle imprese di conquista di gran parte del territorio asiatico. Drea spiega al lettore come i fondamenti della dottrina militare siano mutati nel tempo seguendo l’evoluzione della società giapponese, e come l’esercito, a sua volta, abbia influenzato la nazione sotto ogni punto di vista, politico, strategico, culturale e sociale. L’Autore racconta, inoltre, come il Giappone abbia dedicato una quantità spropositata del suo Tesoro alla modernizzazione, alla professionalizzazione e all’addestramento del suo esercito, che nel tempo è diventato sempre più grande, più potente e più influente. Comprendendo dottrina, strategia, studi sugli armamenti e relazioni civili-militari, l’attenta analisi di Drea passa in rassegna anche le personalità dominanti della compagine imperiale, da Yamagata Aritomo, abile stratega politico, ad Anami Korechika, celebre per aver esortato le truppe a combattere fino alla morte durante gli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale.
Edward John Drea, L’esercito imperial giapponese: ascesa e caduta, 1853-1945 – LEG Edizioni, Gorizia 2022, pp. 424, euro 24,00

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Valentine Lomellini, Il «lodo Moro»: terrorismo e ragion di Stato 1969-1986 – Laterza, Roma-Bari 2022, pp. 240, euro 22,00
Dalla ‘prigione del popolo’ dove era stato rinchiuso dalle Brigate rosse nel 1978, Aldo Moro chiedeva di trattare per la sua liberazione, svelando che questa era una prassi abituale per i terroristi palestinesi arrestati in Italia. Da allora, per «lodo Moro» si intende l’accordo che consentiva ai palestinesi di utilizzare il territorio italiano come base per armi e guerriglieri in cambio della garanzia di preservare la penisola dagli attentati.
Il «lodo» non fu certo solo riferibile alla figura di Moro: esso coinvolse i principali esponenti della DC e del PSI (da Rumor a Taviani, da Andreotti a Craxi), alcuni magistrati e persino la Presidenza della Repubblica. Ma il «lodo» quale sicurezza garantiva? Quella legata all’incolumità dei cittadini dagli attentati o quella dello Stato, assicurando approvvigionamenti energetici in tempo di shock petrolifero e stabilità sul fronte sud del Mediterraneo? La classe dirigente italiana si trovò a fare i conti con questo dilemma in una delle fasi più difficili della storia repubblicana. Lungi dall’essere una vicenda riservata ai servizi segreti, il «lodo» fu una politica dello Stato italiano. Ed è con questo fatto storico che il nostro Paese deve fare i conti.

Walter Rathenau, Meccanica dello spirito – Nino Aragno Editore, Torino 2021, pp. 286, euro 20,00
«Quel regno chiamato dal suo araldo “regno dei cieli” e “regno di Dio” che, in questo povero e laico testo, aleggia su di noi come regno dell’anima». Così si chiude il più importante saggio di psicologia della storia di Walther Rathenau. Meccanica dello spirito (o Regno dell’anima) è un’analisi dell’evoluzione della psiche umana nel corso del tempo, dall’infanzia timorosa e timorata sino alla maturazione responsabile. Un saggio multidisciplinare scritto da un “autodidatta”, che spazia dalla teologia alla filosofia, dalla fisica alla chimica, dalla storia all’arte. Un saggio-confessione misticheggiante dove l’autore, ormai uno dei più importanti imprenditori della Germania pre-bellica (industria elettrica), mette nero su bianco le sue conoscenze enciclopediche e le sue esperienze di vita con l’obiettivo di proporre un modo alternativo di crescita dove trovino un nuovo equilibrio liberalismo e socialismo, individualità e solidarietà, spirito e anima, conoscenza e comprensione, maschile e femminile.

Lucia Ceci, La fede armata: cattolici e violenza politica nel Novecento – il Mulino, Bologna 2022, pp. 328, euro 26,00
Nel corso del Novecento in diverse aree del mondo, dall’Irlanda del Nord ai Paesi Baschi, dalle Filippine alla Colombia, dal Messico al Ruanda, i cattolici hanno legittimato l’esercizio della violenza come forma organizzata di lotta a fini politici. Rappresentazioni simboliche, mistiche del sacrificio, fonti teologiche della tradizione cristiana hanno fornito a individui e gruppi repertori e motivazioni per giustificare il ricorso alla violenza insurrezionale, nella convinzione che la scelta armata fosse non solo legittima, ma obbligatoria: per difendere istituzioni e valori ritenuti irrinunciabili o per promuovere trasformazioni radicali della vita pubblica. Analizzando una pluralità di casi su scala globale – dai cristeros messicani ai preti guerriglieri, dalla rivolta ungherese del 1956 ai troubles, dagli agli anni del terrorismo alle lotte antiabortiste – Lucia Ceci indaga il rapporto culturale del cattolicesimo con l’esercizio della violenza in un’epoca caratterizzata da mutuazioni e ibridazioni tra registri religiosi e prospettive politiche.

Thomas Geve, Il ragazzo che disegnò Auschwitz: una storia vera di speranza e sopravvivenza – Einaudi, Torino 2022, pp. 312, euro 24,00
Thomas Geve ha solo quindici anni quando viene liberato da Buchenwald, l’11 aprile del 1945. È il suo terzo campo di concentramento. La prima volta era stato portato ad Auschwitz-Birkenau, dove era stato separato dalla madre e lasciato solo nella sezione maschile. Aveva tredici anni. Durante i ventidue mesi di prigionia, l’infanzia di Thomas viene annullata e la sua identità segnata per sempre. Alla liberazione il giovane Thomas è già dolorosamente consapevole del suo ruolo di testimone. Servendosi di una manciata di matite colorate, traccia allora piú di ottanta tavole sorprendentemente esatte, in cui, con semplicità fulminante, restituisce alla pagina l’atroce quotidianità nel campo, famigerato emblema del periodo piú buio della Storia europea. Poco tempo dopo, nel 1947, a quei disegni fa seguire un resoconto della sua esperienza altrettanto immediato e ricco di vividi particolari. Il ragazzo che disegnò Auschwitz fonde quelle parole a quelle immagini, in un libro commovente e articolato che è insieme documento raro e prezioso e racconto toccante di un ragazzo tanto indifeso quanto tenace, che ancora oggi, alla soglia dei novantadue anni, non rinuncia a inseguire la speranza, il cambiamento, la vita.

Massimo Livi Bacci, Per terre e per mari: quindici migrazioni dall’antichità ai nostri giorni – il Mulino, Bologna 2022, pp. 232, euro 18,00
La storia dell’umanità è scandita da movimenti continui di genti e popoli, sospinti da una pluralità di motivazioni e circostanze, e con esiti che vanno dal pieno successo al totale disastro. L’autore racconta quindici vicende di migrazione che riguardano il mondo occidentale, Europa e America. Le storie si succedono secondo il diverso grado di libertà individuale che ha determinato la migrazione: dalla sua assoluta mancanza, propria degli spostamenti forzati – come nell’Unione Sovietica della Seconda guerra mondiale – al caso opposto degli spostamenti liberi, dovuti a decisioni individuali o familiari, come avvenne per la grande migrazione che fra Otto e Novecento portò milioni di persone oltre l’Atlantico verso le Americhe. Muoversi e cambiare dimora, terra, patria è una prerogativa umana, che le circostanze storiche non possono sopprimere.

Giovanni Alberto Cecconi, Barbari e pagani: religione e società in Europa nel tardoantico – Laterza, Roma-Bari 2022, pp. 296, euro 24,00
L’arrivo dei barbari nell’Occidente latino è stato anche un confronto tra un mondo ormai cristianizzato e uno ancora pagano, tra una civiltà che aveva proibito i culti tradizionali e il politeismo e una che trovava proprio in questi riti identità e cultura. Ma cosa accadde quando i popoli barbari incontrarono il cristianesimo? Gli antichi dèi vennero improvvisamente cancellati e dimenticati o continuarono a convivere con il nuovo? Un libro alla scoperta di uno degli aspetti meno conosciuti e più affascinanti della storia antica. Teodosio il Grande (379-395 d.C.) fu l’imperatore che mise fuori legge l’antica religione romana. Nel periodo a lui successivo, per buona parte della critica storica il paganesimo è solo un fenomeno irrilevante: non intercettato dai radar della grande storia, meritevole di studio solo in funzione del processo della cristianizzazione e per di più ormai mal distinguibile dalle superstizioni dei fedeli cristiani e dal folklore. La sfida di questo libro è di interpretare le specificità di un paganesimo religioso ‘in transizione’. Tra drammatiche vicende di guerre e violenze, movimenti di uomini, insediamenti di collettività, costituzione di nuovi regni, come si trasformarono i rapporti tra religione e società? Incisero le credenze e le pratiche religiose ‘importate’ dalle diverse gentes barbariche, i tempi e i modi delle loro conversioni al cristianesimo o le loro persistenze nell’idolatria? Come interagirono con le realtà romane preesistenti? Riscopriamo così un paganesimo minoritario ma non residuale, né privo di suggestiva vitalità, con espressioni di politeismo tradizionale, cerimoniali legati ai cicli della fertilità, culti degli elementi naturali, manifestazioni religiose più violente e macabre come i sacrifici umani dei prigionieri di guerra o l’uso di feticci sacri a scopi espiatori.

Filippo Cosmelli, Daniela Bianco, Il tesoro invisibile: viaggio nell’arte custodita nei depositi dei musei italiani – UTET, Torino 2022, pp. 208, euro 22,00
“Quanto esposto in superficie non è che la punta dell’iceberg. Questi depositi sono luoghi onirici, sospesi in un’atmosfera di attesa quasi trascendentale.”
Nei depositi dei musei, nascoste allo sguardo del grande pubblico, sono conservate migliaia di opere di inestimabile valore. Dipinti, incisioni, sculture, gioielli, documenti antichi e oggetti simbolici capaci di restituirci il sapore di epoche lontane, giacciono invisibili ai milioni di turisti che ogni anno visitano il nostro paese.  Nelle soffitte di antichi palazzi nobiliari o nei caotici archivi degli istituti museali, in caveau sotterranei o in minuscoli monasteri, si cela un’altra Italia, ricca di meraviglie, a volte riscoperte dopo secoli di oblio.
Filippo Cosmelli e Daniela Bianco ci aprono le porte di questi luoghi. A caccia di capolavori nascosti, ci guidano negli archivi segreti del Vaticano, tra gli scavi di Oplontis, per le sale di Palazzo Barberini a Roma o Palazzo Mocenigo a Venezia, ricomponendo un’incredibile collezione dimenticata.
Alcune di queste opere non sono esposte per preservarne l’integrità, per proteggerle da sbalzi di temperatura o dal rischio di venire danneggiate, altre semplicemente non trovano posto tra le migliaia di pezzi che compongono il patrimonio storico artistico accessibile a turisti e studiosi. Ma tutte meriterebbero di essere viste e apprezzate.
Dall’Uomo vitruviano di Leonardo, conservato in un’ala chiusa al pubblico delle Gallerie dell’Accademia, alla collezione di tarocchi della Pinacoteca di Brera, dal certificato di nascita di Caravaggio alle vertiginose scarpe con i tacchi con cui le donne veneziane attraversavano le calli nel Seicento, fino alle incisioni di Piranesi custodite nel deposito blindato della Calcografia nazionale a Roma, proprio sotto la Fontana di Trevi.
Un Grand Tour singolare, condotto con delle guide d’eccezione, un’esperienza unica e indimenticabile alla scoperta dei tesori invisibili che compongono la nostra storia artistica e culturale.

Francesco Battistini, Marzio G. Mian, Maledetta Sarajevo, viaggio nella guerra dei trent’anni: il Vietnam d’Europa – Neri Pozza 2022, pp. 400, euro 19,00
Non siamo mai guariti dalla Sindrome di Sarajevo, la maledizione di un luogo che ha incendiato il Novecento con la Prima guerra mondiale e ha tenuto a battesimo il Nuovo Millennio. Senza saperlo, la generazione cresciuta dopo il 1992 si porta ancora addosso la polvere di quelle macerie.
«A un certo punto ci accorgemmo che nemmeno i gatti dei musulmani andavano d’accordo coi gatti dei serbi. Non potevamo permettere che i turchi ci tagliassero la gola.» (Radovan Karadžic´, supercarcere dell’Isola di Wight).
Fu la prima guerra in Europa dal 1945. Il più lungo assedio dell’età moderna. Genocidi e pogrom come non se ne vedevano dai tempi di Hitler e Stalin. A Srebrenica, l’uomo diede il peggio di sé. I lager, gli stupri etnici, i profughi. L’evoluta Europa si ritrovò faccia a faccia con un odio tribale che pareva uscito dal Medioevo. Accadeva solo trent’anni fa, al di là dell’Adriatico, e già non ce lo ricordiamo più. Eppure la guerra in Bosnia rappresentò un prima e un dopo per tutti noi, la madre di tante crisi successive: lo scontro con l’Islam, l’odio razziale, i nazionalismi, le grandi migrazioni.
Francesco Battistini e Marzio G. Mian, che raccontarono la guerra da dentro, tornano ad ascoltare i protagonisti di quella tragedia. Vittime e carnefici. Testimoni e mediatori internazionali, come Carl Bildt, Lord Owen, Carla Del Ponte. Incontrano il generale francese che comandava i Caschi Blu dell’Onu e…