In libreria: Il vizio dello stupro

cover-vizio-stupro-paternosterÈ questo un saggio che cerca di dare voce a chi la voce è stata tolta, che narra – come lo stesso autore scrive – del «dolore antico delle donne […] un infinito sgranarsi di terribili violenze». Questo ultimo lavoro del nostro collaboratore Renzo Paternoster è un’indagine multidisciplinare sulla natura delle violenze contro le donne in politica. Un lavoro in cui la storia è supportata dall’antropologia e dalla psicologia.
Bella ed evocativa l’immagine di copertina: è il Silenzio di Johann Heinrich Füssli (1741-1825), un’evocazione della solitudine rappresentata da una donna inerme “avvolta” in un silenzio che rimanda al mutismo a cui le donne sono state relegate nella storia.
Nelle sue pagine Paternoster replica al pensiero comune che denomina e considera tutte le violenze carnali come “violenze sessuali”: per l’autore la quasi totalità di queste brutalità sono “violenze sessualizzate”: «La tesi centrata sul desiderio sessuale mi sembra una attenuante per chi compie questa violenza e, al tempo stesso, un’offesa per la donna, considerata solo per il suo corpo». Insomma, la maggior parte degli stupri non riguardano il sesso nella sua manifestazione violenta, ma sono violenza nella sua manifestazione sessuale.
Per giungere a quest’asserzione l’autore esamina nel primo capitolo la storia delle donne, dalle origini dell’Umanità fino all’«apparente riscatto delle donne moderne». Una storia che, basandosi sui antichi pregiudizi, ha determinato un «disturbo culturale» che ha portato all’esclusione di fatto delle donne dalle grandi vicende del passato. Scrive Paternoster: «Le presunte differenze tra uomo e donna non sono un semplice luogo comune, bensì una serie di pregiudizi che sono serviti nella storia a giustificare interi sistemi sociali e politici, impregnati di discriminazioni, prevaricazioni ed esclusioni. Insomma un arbitrio culturale trasformato in qualcosa di naturale che, “biologizzando il sociale”, ha realizzato un sistema di ruoli basato sulla produzione delle differenze, che di fatto ha legittimato il dominio di un sesso, quello maschile, su un altro, quello femminile. Una relazione fondata sull’asimmetria di potere non può che produrre violenza».
Il secondo capitolo spiega cosa sono e quali sono le violenze contro le donne, i «tanti “lividi” delle donne», come si intitola un paragrafo del capitolo, procurati dalle brutalità fisiche, dalle prepotenze psicologiche, dai soprusi economici, dall’aggressività sessuale e dalle violenze sessualizzate.
Segue il capitolo sulla storia della sessualità, con i suoi divieti, le sue censure e le sue violenze. Questo è il cuore teorico del saggio, quello in cui l’autore spiega la distinzione tra “violenze sessuali” e “violenze sessualizzate”, quest’ultime intese come un «dispositivo simbolico», poiché se l’atto materiale dello stupro è sempre uguale, diverso è il contenuto simbolico che può assumere. Specialmente in ambito politico, quando la donna ora assume la gravosa figura di essere donna del nemico, ora diventa essa stessa nemica (in quanto donna, in quanto donna nemica), trasformando il corpo femminile in un luogo dove si svolgono battaglie politiche e ideologiche: «Se già in tempo di pace la considerazione della donna come essere umano autonomo, indipendente e uguale al maschio fa fatica a emergere e realizzarsi, figuriamoci in tempo di contese politiche».
Segue un’interessante sezione sulle «donne nelle mani del nemico», dall’antichità ai nostri giorni. Ecco allora che la donna e il suo corpo diventano diventa bottino di guerra, luogo di dominio, “terra” da conquistare e sfruttare, strumento per umiliare il maschio nemico, dispositivo per rieducare.
Nei conflitti contemporanei, poi, si assiste alla comparsa di nazionalismi sessualizzati che, attraverso le violenze sulle donne nemiche e del nemico, cerca di riscrivere la storia, cancellando il passato e ipotecando il futuro di un gruppo umano. La comparsa dei gruppi fondamentalisti islamici, in primis lo Stato Islamico e Boko Haram, portano finanche alla creazione di una “teologia dello stupro”.
L’autore descrive poi quelli che chiama «stupri umanitari», incluso lo sfruttamento della prostituzione, il sadismo e le violenze gratuite da parte di alcuni (forse molti) componenti delle forze di pace: militari e civili con la funzione di difensori che si trasformano in aggressori.
Il saggio si conclude indicando nella cultura la “medicina” per ricostituire un clima di rispetto verso le donne. «Il paradosso tuttavia resta quello che si insegna alle donne a difendersi, mentre si dovrebbe soprattutto educare l’uomo al rispetto».
Misoginia brutale, violenze che si basano su un approccio biologico, patriarcato e sessismo sono concetti radicati nella cultura e non nella natura: ogni violenza ha sempre una razionalità, una logica che nasce da pregiudizi e stereotipi molto radicati. Questo, spiega Paternoster, ci fa capire perché nella storie delle donne «ogni volta che si pensa di aver raggiunto il fondo, arriva sempre qualcosa che fa ricredere, comprendendo che il fondo proprio non c’è».
Renzo Paternoster, Il vizio dello stupro: l’uso politico della violenza sulle donne – Tralerighe Libri Editore, Lucca 2021, pp. 262, euro 16,00

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Paolo Cacace, Come muore un regime: il fascismo verso il 25 luglio – il Mulino, Bologna 2021, pp. 360, euro 25,00
«L’aspetto più impressionante del 25 luglio non è quello delle folle scese, all’annuncio della radio, in piazza per acclamare la caduta del duce e del fascismo. È piuttosto quello dell’assenza di qualsiasi opposizione o almeno di rammarico, o anche semplicemente di dubbio, di perplessità, di sorpresa […]. Nessuno si meraviglia della sua liquidazione improvvisa: veramente un tale regime era maturo per la sua fine, anzi era già “passato”» (Luigi Salvatorelli)
Sappiamo veramente tutto sulla fine del regime fascista, innescata dalla seduta del Gran Consiglio del 25 luglio 1943? Questo saggio ne propone una nuova ricostruzione, concentrandosi sui sei mesi precedenti, a partire dal rimpasto di governo con cui a febbraio Mussolini si liberò di alcuni gerarchi scomodi. Seguendo passo passo, sulla base anche di documentazione inedita, le iniziative e le manovre di quanti furono a vario titolo implicati – le «congiure parallele» dei generali e dei gerarchi frondisti, il sovrano e la corte, il Vaticano, gli industriali, gli antifascisti, e anche probabilmente la massoneria – Cacace mostra come infine l’operato di Grandi e la seduta del Gran Consiglio siano stati marginali: il vero protagonista fu il re che pressato dagli eventi bellici decise di arrestare Mussolini e sostituirlo con Badoglio.

Johann Chapoutot e Christian Ingrao, Hitler – Laterza, Roma-Bari 2021, pp. 152, euro 16,00
I fallimenti personali e i successi politici, le folli ossessioni e il freddo pragmatismo del più temuto dittatore del Ventesimo secolo. «Abbiamo cercato di considerare Hitler un condensato, o se si preferisce come il catalizzatore di forze che si sprigionano dalla vertiginosa mutazione di quei sistemi economici, sociali e cognitivi che costituiscono l’Europa – in particolare l’Europa di mezzo – tra la fine dell’Ottocento e la Grande Guerra e che hanno trasformato il continente, le sue modalità di ‘gestire’ le masse umane, di nutrirle, guidarle, controllarle e di pensare la dimensione politica. Ciò che si delinea è quindi la storia di un uomo, di un destino, ma anche, per suo tramite, di un oggetto che abbracciò l’Europa e che si autodenominò ‘Terzo Reich’. Nel destino di quest’uomo si mescolano infatti militantismo frenetico, speranza imperiale, conquista dell’Europa, guerra ripugnante, inaudito genocidio.»

Gilberto Martinelli e Roberto Tempesta, 1983: Operazione Budapest – Sandro Teti Editore, Roma 2021, pp. 240, euro 18,00
Nel 1983 una banda di criminali emiliani trafuga sette capolavori del Rinascimento italiano dal Museo di Belle arti di Budapest. L’invulnerabilità del granitico e apparentemente inespugnabile sistema di Oltrecortina viene clamorosamente violata. Molto tempo dopo si saprà che servizi segreti, politica e criminalità hanno svolto un ruolo determinante in questa vicenda. Ma cosa si nasconde dietro il “furto del secolo”?​
Nato da un progetto di ricerca, il romanzo ricostruisce la storia di un clamoroso furto d’arte compiuto a Budapest nel 1983 da una banda di italiani di Reggio Emilia. La ferita inferta al regime totalitario e la temerarietà degli autori del furto hanno reso unica questa storia rocambolesca che mise in grave imbarazzo il presidente ungherese János Kádár. Attraverso la ricostruzione delle fasi investigative e le testimonianze dirette dei protagonisti si svelano le dinamiche che hanno spinto quei giovani criminali a compiere questa azione apparentemente isolata. A distanza di quarant’anni, però, un incredibile intreccio di interessi diversi, ma convergenti, apre uno scenario fino a oggi impensabile. Ne emerge un affresco del crimine internazionale permeato di politica, servizi e malaffare che andrà ad arricchire le pagine della storia italiana e internazionale.

Massimo Cerulo, Andare per Caffè storici: una socialità tutta italiana – il Mulino, Bologna 2021, pp. 152, euro 12,00
Sorti sulle tracce delle coffeehouses inglesi, i Caffè italiani hanno rappresentato un’autentica rivoluzione sociale. A differenza dei salotti aristocratico-elitari, vi si poteva infatti accedere senza essere invitati, disponendo di libertà di parola e senza distinzione di genere. Spazi incubatori della nuova società borghese e della nascente nazione, luoghi di germinazione per avanguardie artistiche e cenacoli letterari, tra i loro tavoli sono maturati anche i più importanti movimenti politici che segneranno la storia d’Italia. L’itinerario considera quei Caffè storici che sono rimasti ancora tali, negli indirizzi e negli arredi: tra questi, il più antico, il veneziano Florian, il padovano Pedrocchi, il torinese Al Bicerin, il triestino Tommaseo, il fiorentino Gilli, il romano Antico Caffè Greco, il napoletano Gambrinus.

Moris Gasparri, Il potere della vittoria: dagli agoni omerici agli sport globali – Salerno Editrice, Roma 2021, pp. 264, euro 18,00
Attraversando le epoche e i grandi eventi sportivi, dai tempi dell’epica a quelli della telecronaca, questo libro indaga la storia e le forme dello spirito agonistico.
Fin dalle sue origini la civiltà europea evoca il potere della vittoria: le città celebrano i propri atleti, gli agoni occupano un ruolo decisivo nella mentalità comune e le Olimpiadi scandiscono il tempo storico; tutto questo influisce ancora sul nostro modo di vivere lo sport. In dialogo con autori come Omero, Pindaro, Platone, Virgilio, Tito Livio, Leopardi, Nietzsche e Foster Wallace, questo libro ricostruisce le radici storiche, filosofiche, letterarie e religiose dell’agonismo: dalle mura di Troia agli splendori di Olimpia, passando per la lunga crisi nel Medioevo, fino ad arrivare alla rinascita moderna e all’età contemporanea, quando competizioni e spettacoli sportivi ritornano al centro della vita pubblica, ma questa volta su scala planetaria. Scopriremo cosí che due atleti come Michael Jordan e Ulisse, o la Champions League e le corse dei carri al Circo Massimo, o due figure carismatiche come l’allenatore Marcelo Bielsa e l’apostolo Paolo, hanno molto in comune. Perché il potere della vittoria non risparmia nessuno, promettendo l’eternità di una gloria che dura solo un istante.

Francesco Bruni, Idee d’Italia: da Napoleone al Quarantotto – il Mulino, Bologna 2021, pp. 448, euro 30,00
Il mezzo secolo fra le guerre napoleoniche e il Quarantotto, che vede mettersi in moto il sogno e poi il concreto progetto politico dell’unificazione del paese, è un periodo in cui il dibattito sull’Italia è particolarmente intenso. Francesco Bruni, con una ricca indagine che attraversa la politica, la letteratura e la lingua, passa in rassegna i diversi sguardi che da un lato gli intellettuali italiani (da Leopardi a Manzoni, da Tommaseo a d’Azeglio, da Rosmini a Gioberti), e dall’altro quelli stranieri come Byron, Sismondi o Madame de Staël, portarono sugli italiani come popolo e sull’Italia come nazione, come Stato possibile, come patria comune.

Elena Percivaldi, I Longobardi: un popolo alle radici della nostra Storia – Diarkos, Santarcangelo di Romagna 2020, pp. 293, euro 18,00
La vicenda dei Longobardi ebbe un impatto decisivo sulla storia italiana. La loro influenza fu duratura nelle istituzioni, negli usi e nel diritto, e il loro retaggio si può percepire nella lingua che parliamo e nei monumenti che costruirono, alcuni dei quali dal 2011 sono inclusi nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco. La loro fu un’invasione improvvisa e violenta o una migrazione progressiva? Si trattava davvero di una stirpe granitica e vicina alla “barbarie primitiva”, o di un popolo che seppe adattarsi e trasformarsi “sul campo”? Rappresentando una sintesi tra eredità classica e nuovi apporti “barbarici”, i Longobardi risultarono decisivi come “ponte” tra Mediterraneo e nord Europa e si fecero protagonisti dei cambiamenti geopolitici che, agli albori del Medioevo, hanno costituito la base per la formazione della futura identità del Continente. Questo libro ripercorre l’epopea longobarda in maniera accessibile, alla luce di aggiornate acquisizioni del dibattito storiografico e di recenti ritrovamenti archeologici.

Arnaldo Marcone, L’ultimo anno dell’Impero: Roma, 476 d.C. – Salerno Editrice, Roma 2021, pp. 204, euro 16,00
Ridotto a una piccola parte della sua precedente estensione, l’Impero romano d’Occidente, diviso dall’Oriente da fratture sempre più rilevanti, confidava ormai per la sua sopravvivenza su truppe germaniche mercenarie, potenzialmente agguerrite, ma fedeli in prima istanza ai loro comandanti. Odoacre, che governò l’Italia con il titolo di re e riconobbe, a partire dal 476, l’autorità suprema ed esclusiva dell’imperatore di Costantinopoli, era uno di questi. Fu lui a deporre Romolo Augustolo nel 476, ultimo atto di una serie di eventi, in alcuni casi drammatici, che scandirono la caduta di Roma a partire dalla fine del IV secolo d.C. Questo libro racconta la crisi politica, economica e militare, che investì l’Impero romano d’Occidente nel V secolo sino alla sua caduta “silenziosa” nel 476, ultimo anno della più grande potenza del mondo antico.

Giorgio Caponetti, Quando l’automobile uccise la cavalleria – UTET, Torino 2021, pp. 464, euro 18,00
Sul finire dell’Ottocento, mentre l’Europa è attraversata da un febbrile processo di innovazione tecnica, all’Accademia militare di Modena si incrociano le vite di tre personaggi leggendari.
Federigo Caprilli, il “cavaliere volante”, ha un talento cristallino per l’equitazione, è un seduttore audace e sfrontato, amante segreto di principesse e aristocratiche annoiate. Vive immerso nell’alta società, così come il suo grande amico Emanuele Cacherano di Bricherasio, detto “il conte rosso”, nobile illuminato ed eccentrico, che è invece di tutt’altra pasta: vicino agli ideali socialisti, amico di Edmondo De Amicis e mecenate di Pellizza da Volpedo, Bricherasio è elettrizzato dal progresso tecnologico e ama i motori. Anche il terzo cavaliere è appassionato di automobili. Giovanni Agnelli arriva da una ricca famiglia di Villar Perosa, è spregiudicato e maniacale, e non ha problemi a sporcarsi le mani tra ingranaggi e manovelle. Insieme a Bricherasio firma l’atto fondativo della F.I.A.T., dando il via alla produzione di automobili su vasta scala. Ma le loro idee appaiono subito contrastanti: Bricherasio sogna un’industria attenta ai lavoratori, nella produzione di automobili vede un principio di uguaglianza sociale, Agnelli invece spinge per un’innovazione costante, studia il mercato, fiuta i venti che spirano sull’Europa e non è disposto a perdere la corrente.
È l’inizio di una storia oscura e romanzesca, perché due dei tre promettenti cavalieri moriranno in circostanze sospette. Bricherasio viene trovato morto poco dopo la sua messa in minoranza nel consiglio di amministrazione della F.I.A.T., apparentemente per un suicidio, ma il fatto è accaduto nella villa di un cugino del re, quindi qualunque ulteriore indagine viene proibita. Caprilli, ormai tra i cavalieri più famosi al mondo, campione di salto e maestro di equitazione, muore per un banale incidente a cavallo, dopo aver ricevuto le carte segrete di Bricherasio. È il 6 dicembre 1907. Con lui muore la cavalleria.