I PRESIDENTI A “STELLETTE” E STRISCE

di Giuliano Da Frè -

 

 

Dopo George Washington, e per oltre un secolo, alla Casa Bianca si insediarono spesso ex militari, talvolta di alto grado e con notevole esperienza di guerra. Una tendenza interrotta dal 1901 al 1945, quando nessun presidente aveva in curriculum esperienze militari. Ma è stato il secondo conflitto mondiale a forgiare numerosi presidenti-veterani che hanno occupato la Stanza Ovale sino al gennaio 1993. In particolare, dopo Eisenhower è stato il servizio prestato nella US Navy, divenuta strumento di proiezione della potenza bellica americana, ad arricchire il cursus honorum di molti leader eletti alla Casa Bianca.

La Costituzione degli Stati Uniti del 1787, alla sezione II, è molto chiara: «Il Presidente sarà comandante in capo dell’Esercito e della Marina degli Stati Uniti e della Milizia dei singoli Stati, quando sarà chiamata in servizio attivo dagli Stati Uniti…». Dal 1947, con la nascita di un ministero della Difesa unificato e della US Air Force, si intende che il Presidente degli Stati Uniti è il capo (effettivo) di tutte le Forze Armate, col compito di proteggere la Repubblica da attacchi improvvisi, e il potere di intraprendere azioni militari difensive ma anche preventive, senza che la dichiarazione di guerra sia formalizzata dalle Camere.
La maggior parte dei Presidenti che si succedettero dal 1789 al 1901 presentavano nel proprio cursus honorum un impegno militare svolto presso l’Esercito regolare o nelle fila delle milizie di volontari. Dopo il 1960 gli ospiti della White House hanno invece quasi tutti esibito un passato nella US Navy, a testimoniare della nuova prospettiva imperial-navalista degli Stati Uniti, già d’altra parte emersa nei decenni precedenti con le figure dei due Roosevelt, entrambi prima attivi vice-ministri della Marina, poi da Presidenti impegnati a potenziare il più possibile la stessa.

Tra milizia ed esercito

Washington attraversa il Delaware nel 1776, dipinto di E. Leutze (1851)

Washington attraversa il Delaware nel 1776, dipinto di E. Leutze (1851)

D’altra parte il primo dei “padri della Patria”, George Washington (1732-1799), già abile ufficiale superiore della Milizia della Virginia durante le guerre coloniali contro i Francesi nel 1754-1759 , fu dal giugno 1775 al dicembre 1783 il comandante in capo del Continental Army delle Tredici Colonie ribellatesi all’Inghilterra nel corso della guerra d’indipendenza. E’ invece poco noto che, lasciata la presidenza ricoperta dal 1789 al 1797, nel luglio 1798 Washington fu nominato dal suo successore Lieutenant General, per assumere il comando in vista di una possibile guerra con la Francia; incarico di vertice tenuto sino alla morte (14 dicembre 1799).
Dopo Washington per oltre un secolo a insediarsi alla Casa Bianca furono spesso ex militari, talvolta di alto grado e con notevole esperienza di guerra: se il rango di colonnello della Milizia virginiana assegnato nel 1775 a Thomas Jefferson (1743-1826) e al suo successore James Madison (1751-1836) era poco più che onorario, James Monroe (1758-1831) divenne maggiore nell’Esercito continentale, restando ferito nella battaglia di Trenton. Monroe, che già aveva chiesto un comando militare allo scoppio del secondo conflitto con l’Inghilterra nel 1812, e all’epoca segretario di Stato, dopo la presa di Washington per mano britannica (24 agosto 1814) fu nominato ministro della Guerra riorganizzando le forze americane dopo le pesanti sconfitte subite.

Andrew Jackson

Andrew Jackson

Monroe nominò tra l’altro comandante in capo delle forze americane nel Sud il maggior generale Andrew Jackson (1767-1845), poi a sua volta Presidente dal 1829 al 1837. Già veterano della Guerra d’indipendenza, durante la quale si era arruolato appena 12enne come portaordini venendo ferito e catturato, era stato eletto comandante generale della Milizia del Tennessee nel 1802. Allo scoppio del nuovo conflitto anglo-americano dapprima guidò una vittoriosa campagna contro gli indiani Creek, per poi annientare un corpo d’invasione britannico nella battaglia di New Orleans (7 gennaio 1815). Nel 1816-1819 invase la Florida – di cui fu governatore militare – e sconfisse i Seminole , per poi lasciare il servizio attivo nel 1822 anche per problemi di salute legati alle numerose ferite riportate.
Nel 1841 fu Presidente – appena un mese, prima di morire di polmonite – un altro vittorioso ex maggior generale, William H. Harrison (1773-1841), che, arruolatosi nel 1791 per combattere contro gli indiani, vent’anni dopo guidò la campagna contro gli Shawnee di Tecumseh, uno dei più capaci condottieri nativi del Nord America, sconfiggendolo a Tippecanoe e a Thames (1813), per poi dimettersi nel 1814. Il vicepresidente che gli succedette, John Tyler (1790-1862), aveva un’esperienza militare più modesta, dato che era stato arruolato come capitano della Milizia della Virginia nel 1813, di guarnigione a Richmond durante la guerra anglo-americana. Anche l’incolore James Buchanan (1791-1868), presidente dal 1857 al 1861, partecipò a quel conflitto come soldato semplice, fuciliere nella Milizia della Pennsylvania nel 1814.
Un nuovo conflitto, quello contro il Messico del 1846-1848, fornì alla Casa Bianca altri eroi militari: e il presidente James K. Polk (1795-1849), che questa guerra volle fermamente, era sua volta stato eletto nel 1823 capitano di cavalleria nella Milizia del Tennessee, arrivando poi al grado onorifico di colonnello. Nel novembre 1848, pochi mesi dopo la firma del trattato di pace col Messico fu eletto Presidente il maggior generale Zachary Taylor (1784-1850), il primo militare di carriera dello US Army – si era arruolato come tenente di fanteria nel 1808 – a giungere alla Casa Bianca alla massima carica, dopo essersi fatto un nome combattendo contro Inglesi e Seminole, e poi sconfiggendo i Messicani in diverse battaglie tra 1846 e 1847. Alla morte di Taylor salì alla presidenza il suo vice Millard Fillmore (1800-1874), che già maggiore della Guardia Nazionale di New York, allo scoppio della guerra di Secessione ne ebbe il comando onorario.
Nel 1852 a contendersi la presidenza furono altri due alti ufficiali veterani del Messico: uno era il tenente generale Winfield Scott (1786-1866), uno dei massimi condottieri americani del XIX secolo, comandante in capo dell’Esercito dal 1841 al 1861 (diresse anche le prime operazioni della guerra di Secessione), che nel 1847-1848 aveva inferto il colpo di grazia ai Messicani sbarcando a Vera Cruz con un assalto anfibio da manuale, per poi conquistare Città del Messico. Franklin Pierce (1804-1869) era invece un avvocato dal 1831 iscritto nelle liste della Milizia del New Hampshire; privo di una reale esperienza militare, era tuttavia stato nominato per ragioni politiche brigadiere generale dei Volontari nel 1847, e proprio con Scott aveva litigato durante la marcia sulla capitale nemica. Se sul campo aveva vinto Scott, nelle urne trionfò Pierce, che nominò subito uno dei suoi sostenitori ministro della Guerra. Si trattava di Jefferson Davis (1808-1889), già allievo ufficiale a West Point e combattente nella guerra contro il capo indiano Falco Nero del 1832. Congedatosi nel 1834, nel 1846 era stato nominato colonnello di un reggimento di volontari del Mississippi, col quale si era particolarmente distinto a Monterrey e Buena Vista. Dopo essere stato uno dei migliori ministri della Guerra degli Stati Uniti (introdusse nuove artiglierie campali e i primi moschetti a canna rigata, potenziò gli arsenali e creò un corpo cammellato sperimentale per il pattugliamento delle ampie zone desertiche meridionali), al momento della secessione nel dicembre 1860 fu nominato maggior generale comandante la Milizia del Mississippi, per poi essere eletto Presidente della Confederazione (1861-1865), di cui diresse con eccessiva sicumera le operazioni militari in prima persona.
Compagno d’armi proprio di Davis contro Falco Nero era stato l’uomo la cui elezione alla presidenza nel novembre 1860 aveva portato il Sud a optare per la secessione: ma Abraham Lincoln (1809-1865) nel proprio curriculum militare poteva ascrivere solo quella breve esperienza da capitano della Milizia dell’Illinois nel 1832. La maggior parte degli storici concorda tuttavia nel ritenere che Lincoln durante la difficilissima guerra di Secessione si sia dimostrato il miglior chef de guerre della storia statunitense. Il grado di brigadiere generale assegnato nel 1862 al suo vice, e poi successore dal 1865 al 1869, Andrew Johnson (1808-1875) fu invece di fatto onorifico, per ufficializzare la nomina a governatore militare del Tennessee.

Il generale Grant nel 1864

Il generale Grant nel 1864

Il conflitto sfornò inoltre – a eccezione di Grover Cleveland, eletto Presidente per due mandati non consecutivi nel 1884 e 1892 – una lunga serie di leader tempratisi al fuoco delle battaglie. Nel 1868 fu eletto alla presidenza il massimo condottiero nordista della guerra appena conclusasi, il tenente generale Ulysses S. Grant (1822-1885), già militare di carriera dal 1843 e allievo di West Point, brigadiere generale nel 1861 e vittorioso comandante delle armate dell’Ovest, poi comandante in capo dello US Army dal marzo 1864 al marzo 1869.
A succedergli ci saranno altri quattro ex generali unionisti. Dal 1877 al 1881 guidò il Paese Rutherford Hayes (1822-1893), che dopo aver arruolato una compagnia allo scoppio della guerra si distinse in vari scontri comandando dal 1862 una brigata, e ottenendo un brevetto da maggior generale (1864). Nel 1880 fu eletto – per morire assassinato dopo meno di un anno – James Garfield (1831-1881), che nel 1861 aveva reclutato un reggimento di volontari dell’Ohio; brigadiere generale a 30 anni, valido ufficiale di stato maggiore e comandante di divisione, dopo la battaglia di Chickamauga fu promosso maggior generale (settembre 1863). A succedergli fu Chester Alan Arthur (1829-1886), che nel 1861 era stato nominato Quartiermastro e brigadiere generale della Milizia dello Stato di New York. Nel 1888 fu eletto Benjamin Harrison (1833-1901), nipote di William Harrison, promosso colonnello nel 1862, e brevettato brigadiere generale dei Volontari alla fine della guerra (1865). Infine, nel 1896 veniva eletto William McKinley (1843-1901), col quale si chiuderà il predominio dei veterani della guerra civile: egli infatti era stato un valoroso soldato nordista, arruolatosi a 18 anni come volontario fino ad essere promosso maggiore (1864), partecipando a oltre 30 scontri.

I presidenti “navali”

"Teddy" Roosevelt

“Teddy” Roosevelt

Durante la presidenza McKinley gli Stati Uniti si trovarono in guerra con la Spagna (1898). L’eroe sfornato dal nuovo conflitto fu Theodore “Teddy” Roosevelt (1858-1919), un appassionato di storia navale che dal 1897 era sottosegretario alla Marina (e in realtà facente funzioni di ministro, dato che il titolare era malato); dopo aver mobilitato la flotta si arruolò volontario e col grado di colonnello si distinse a Cuba alla testa di un reggimento di cavalleria, i celebri Rough Riders . Da presidente nel 1901-1909 avrebbe trasformato gli Stati Uniti in potenza navale; né va dimenticato che il cugino Franklyn D. Roosevelt (1882-1945), a sua volta Presidente dal 1933 al 1945 e durante la Seconda guerra mondiale, fu vice-ministro della Marina dal 1913 al 1920, contribuendo al suo potenziamento dal 1916. Tuttavia i presidenti in carica dal 1901 al 1945 non vantavano esperienze militari di alcun tipo; e la Grande Guerra, in cui gli Stati Uniti intervennero nell’aprile del 1917, non produsse nuovi “Presidenti con le stellette” se non in misura minima, anche se non va dimenticato che Teddy Roosevelt chiese di parteciparvi col grado di generale dei Volontari, che gli fu però negato.
Nel 1945 succedette a F.D. Roosevelt il suo vice Harry Truman (1884-1972), che pose fine alla guerra ordinando i raid atomici sul Giappone. Arruolatosi nella Guardia Nazionale del Missouri nel 1905 (dove raggiunse il grado di colonnello), nel 1918 Truman si era distinto nelle Argonne e nei Vosgi come capitano d’artiglieria al comando della 129a batteria della 35a Divisione.

Dwight Eisenhower nel 1945

Dwight Eisenhower nel 1945

Ma fu soprattutto l’immane secondo conflitto mondiale a forgiare una lunga serie di Presidenti veterani, che hanno occupato la Stanza Ovale sino al gennaio 1993, mentre ancora nel 1996 un ex soldato mutilato di guerra, Bob Dole – classe 1923 – è stato candidato dai repubblicani alla Casa Bianca. Già nel 1952 veniva trionfalmente eletto alla presidenza (sino al 1961) l’uomo che aveva condotto alla vittoria gli Alleati sul fronte europeo, ossia il generale Dwight D. Eisenhower (1890-1969), un soldato di carriera dalle notevoli doti intellettuali e organizzative, uscito da West Point nel 1915 e brigadiere generale il 3 ottobre 1941. Dopo la vittoria sulla Germania era stato al comando dell’Esercito (1945-1948), e quindi primo Supreme Allied Commander Europe della neonata NATO nel 1950-1952.
Ma dopo Eisenhower è stato il servizio prestato nella US Navy, ormai divenuta strumento principe di proiezione della potenza bellica americana, ad arricchire il cursus honorum di molti dei leader eletti alla Casa Bianca.
Il primo presidente ex marinaio è stato John F. Kennedy (1917-1963), che aveva prestato servizio sulle motosiluranti nella campagna del Pacifico, raggiungendo il grado di tenente di vascello. JFK si era arruolato volontario nel 1941, per poi seguire il corso per ufficiali partecipando quindi a varie azioni nel Pacifico sud-occidentale al comando della motosilurante PT-109, che nella notte del 2 agosto 1943 fu speronata e affondata dal cacciatorpediniere giapponese Amagiri; Kennedy riuscì a porre in salvo il suo equipaggio trascinandosi dietro un ferito e lesionandosi una schiena già malandata, ottenendo diverse decorazioni prima di essere smobilitato nel 1945.

John F. Kennedy al comando della PT-109

John F. Kennedy al comando della PT-109

Non si può dire che i tre figli in età militare del clan Kennedy avessero approfittato della posizione privilegiata per scansare i pericoli del conflitto: anche Robert Kennedy, poi assassinato nel 1968 mentre correva da favorito per la candidatura democratica alla Casa Bianca, nel 1943 si era arruolato nella Naval Reserve a 17 anni, e nel 1946 prestò servizio su sua richiesta come marinaio semplice sul cacciatorpediniere Joseph P. Kennedy, che aveva preso il nome del fratello maggiore morto in guerra nel 1944 .
Quando JFK fu assassinato a Dallas il 22 novembre 1963, a succedergli fu chiamato il vicepresidente Lyndon B. Johnson (1908-1973). Anche questo corpulento texano che dal 1937 sedeva al Congresso non aveva esitato ad arruolarsi dopo Pearl Harbour come ufficiale della Riserva Navale, ma chiedendo un’assegnazione in prima linea. Roosevelt, che stimava il giudizio di Johnson, lo impiegò dalla primavera del 1942 come una sorta di “ispettore” ufficioso per il teatro del Pacifico sud-occidentale, dove il futuro Presidente lavorò anche a stretto contatto col generale MacArthur. Johnson partecipò ad alcuni voli di ricognizione (e fu vicino a essere abbattuto dai Giapponesi), ottenendo una Silver Star e nel 1948 la promozione a capitano di fregata. Il Congresso lo nominò inoltre alla guida dell’importante sottocomitato degli Affari navali, dal quale Johnson diede un contributo decisivo al potenziamento della US Navy nel Pacifico.
Nel 1969 a Johnson succedette un altro ex ufficiale della Naval Reserve, Richard M. Nixon (1913-1994), che prima di iniziare una brillante carriera politica che lo avrebbe portato alla vicepresidenza degli Stati Uniti con Eisenhower a soli 39 anni, allo scoppio della guerra aveva seguito un corso addestrativo dell’Aviazione navale per essere poi distaccato presso i servizi logistici del South Pacific Combat Transport Command: resterà nella Naval Reserve sino al 1966 raggiungendo anch’egli il grado di capitano di fregata.
Il suo successore Gerald Ford (1913-2006), in carica dopo le dimissioni di Nixon causate dallo scandalo Watergate nel 1974, prestò anch’egli servizio in Marina dal 1941 al 1946, come ufficiale pilota dell’aviazione navale. Arruolatosi subito dopo Pearl Harbor, il 13 aprile 1942 veniva nominato guardiamarina per poi diventare istruttore di volo. Tenente di vascello fu inviato nel Pacifico, imbarcato nel 1943-1944 sulla portaerei Monterey, e partecipando a numerose azioni di guerra con la 3a e la 5a Flotta: Makin Island, Gilberts, raid su Kavieng, appoggio agli sbarchi di Kwajalein ed Eniwetok. Nel giugno 1944 prese anche parte alla gigantesca battaglia aeronavale delle Marianne, e nell’ottobre successivo alle operazioni di supporto agli sbarchi a Leyte. Il 18-19 dicembre 1944 la Monterey fu colpita da un tifone che affondò tre unità e provocò 800 vittime; e anche Ford rischiò di finire fuori bordo. Mentre la portaerei era ferma per riparare i danni, fu richiamato in patria per diventare preparatore atletico della Marina: promosso capitano di corvetta fu smobilitato nel 1946.
Se Ford aveva prestato in Marina al pari di JFK, Johnson e Nixon un onorato servizio da cittadino-soldato di una democrazia, per il suo successore Jimmy Carter, nato nel 1924 e in carica dal 1977 al 1981, quella navale fu invece una scelta professionale avviata con l’ammissione all’Accademia di Annapolis nel 1942, da cui uscì brillantemente nel 1946, e poi proseguita con l’adesione pionieristica al selezionato gruppo di uomini destinati al servizio sui nuovi sottomarini nucleari. Carter, che si era anche laureato in ingegneria nucleare, partecipò alla progettazione del Nautilus, il primo battello a propulsione atomica della storia entrato in servizio nel 1955. Ma nel 1953, ormai tenente di vascello, dovette dare le dimissioni poiché la morte del padre lo obbligava a prendere le redini dell’azienda di famiglia, restando però nella riserva sino al 1961.
Più limitata l’esperienza militare di Ronald Reagan (1911-2004), uno dei Presidenti più bellicosi della storia americana, in carica dal 1981 al 1989 e “vincitore” della Guerra Fredda. Reagan aveva indossato la divisa durante la Seconda guerra mondiale, anche se, come attore già famoso (nel 1942 era stato preso in considerazione per la parte poi affidata a Humphrey Bogart in Casablanca), fu soprattutto utilizzato in patria per compiti di propaganda. Il futuro Presidente si era arruolato nell’Army Enlisted Reserve nel 1937, e assegnato come sottotenente a un reparto di Cavalleria. Nell’aprile 1942 Reagan fu richiamato in servizio attivo, ma per problemi alla vista fu inviato presso un centro di raccolta a San Francisco come ufficiale di collegamento, per poi passare nell’Army Air Force, presso l’ufficio pubbliche relazioni. Dal gennaio 1943 fu distaccato presso l’unità cinematografica dell’AAF (Motion Picture Unit), arrivando al grado di capitano, per essere congedato nel dicembre 1945.
Con il vice di Reagan, George H. Bush (1924-2018) a sua volta alla guida del paese dal 1989 al 1993, si torna ai Presidenti “navali”, dato che aveva prestato servizio in Marina durante la Seconda guerra mondiale, distinguendosi come il più giovane pilota di aerosiluranti in servizio, due volte abbattuto e compiendo ben 58 missioni di guerra nel Pacifico nel 1944-1945.
Bush Senior si era arruolato il giorno del suo 18° compleanno (12 giugno 1942), mentre giungevano le notizie della strepitosa vittoria aereonavale di Midway: da qui la scelta di diventare aviatore navale, e dopo un corso di addestramento di 10 mesi era stato nominato guardiamarina ottenendo le ali da pilota. Nel settembre 1943 era stato assegnato alla squadriglia aerosiluranti VT-51 imbarcata sulla portaerei leggera San Jacinto. Nel maggio del 1944 l’unità, aggregata alla Task Force 58 del celebre asso delle operazioni aeronavali viceammiraglio Mark Mitscher, partecipò alle operazioni contro le isole fortificate giapponesi Markus e Wake; il 19-20 giugno Bush combatté assieme a centinaia di altri piloti della Marina (tra i quali Gerald Ford) nella gigantesca battaglia aeronavale delle Marianne, durante la quale fu costretto ad ammarare per un guasto al suo TBM “Avenger”. Il 25 luglio Bush affondò un piccolo mercantile nipponico al largo di Palau: pochi giorni dopo ottenne la promozione a sottotenente di vascello e partecipò alle operazioni contro le isole Bonin. Il 2 settembre 1944, nel corso di un attacco contro le installazioni avversarie a Chichi Jima l’aereo del futuro Presidente fu colpito e precipitò in mare. I due compagni di equipaggio di Bush restarono uccisi, mentre il giovane pilota fu recuperato alcune ore più tardi dal sottomarino Finback e ottenne la Distinguished Flying Cross. A novembre riprese servizio sulla San Jacinto allora impegnata a supportare l’invasione delle Filippine, ma poche settimane più tardi l’unità rientrò a Guam e i suoi piloti, decimati (il 50% era stato ucciso o ferito), furono mandati a riposo negli Stati Uniti. Bush fu distaccato presso la base di Norfolk in qualità di istruttore per aspiranti aero-siluratori: rimandato in linea col VT-153, nel settembre 1945 fu smobilitato.
Sugli ultimi cinque Presidenti degli Stati Uniti, c’è assai meno da dire.
Bill Clinton, che ha guidato il Paese dal 1993 al 2001, come pacifista non ha combattuto in Vietnam (nonostante appartenesse a una delle “classi di guerra”, essendo nato nel 1946), ma ha impegnato più volte le truppe americane in azione, dalla Somalia ad Haiti, dalla Bosnia all’Iraq, alla guerra del Kosovo.

George W. Bush come pilota della Guardia Nazionale

George W. Bush come pilota della Guardia Nazionale

Il suo successore e coetaneo George W. Bush, pur appartenendo a una famiglia di destra e con un padre eroe di guerra, ha anch’egli “scansato” il Vietnam. Nel 1968 Bush Junior si era infatti arruolato nella Texas Air National Guard, prestandovi servizio sino al 1974 come ufficiale pilota – anche se ai test attitudinali era andato maluccio – senza però essere mai inviato sul fronte indocinese, come accaduto in quegli anni a circa 10.000 uomini della Guardia Nazionale Aerea. Non che pilotare uno dei pesanti caccia-ricognitori RF-4C “Phantom-2” non potesse essere pericoloso; il figlio – omonimo – di un altro VIP, Dean Martin Jr, pilota della California Air National Guard, si schiantò infatti nel 1987 proprio con un “Phantom”. Però i critici hanno visto nell’esperienza da “soldato del weekend” di Bush Junior una comoda alternativa all’invio in Vietnam, grazie anche all’influenza familiare. Un terzo presidente appartenente alla classe 1946, il controverso Donald Trump, eletto nel 2016 e in carica sino allo scorso 20 gennaio, pur allievo dell’esclusiva New York Military Academy dal 1959 al 1964, non ha prestato alcun tipo di servizio militare né in patria né in Vietnam, per ragioni prima di studio e poi di salute. Identico percorso del suo successore (ed ex vicepresidente dal 2009 al 2017) Joe Biden, di quattro anni più vecchio – è nato il 20 novembre 1942 – ed eletto alla soglia dei 78 anni nel novembre 2020 per il mandato 2021-2025; anche l’attuale Presidente democratico – il più anziano della storia – non fu arruolato e non combatté in Vietnam per motivi di salute e di studio.
Tre posizioni, quelle di Bush Junior, Trump e Biden che hanno attirato la critica di chi nell’era del Vietnam ha visto una sorte diversa da quella dei maschi in età militare per questi privilegiati rampolli di famiglie ricche e potenti . Per Barack Obama, nato nel 1961 ed eletto nel 2008, il problema non si pone, essendo cresciuto dopo l’abolizione della leva nel 1973.