GLI AFFRESCHI DELLA CRIPTA DI EPIFANIO

di Alfredo Incollingo -

 

Un prezioso ciclo pittorico in stile bizantino e longobardo scoperto tra le rovine dell’antica badia di San Vincenzo al Volturno

L’abate Epifanio resse la badia di San Vincenzo al Volturno, attualmente in provincia di Isernia, in Molise, dall’824 all’842. Il suo lungo priorato coincise con la fase di massimo splendore del monastero, testimoniato da una serie di lavori di ristrutturazione volti ad elevare ancor di più il suo prestigio. Secondo le fonti dell’epoca, compreso il Chronicon Volturnense (1130), l’abate si preoccupò di gestire al meglio il vasto patrimonio monastico, salvaguardandolo dalle usurpazioni dei feudatari laici.
Dell’intero complesso cenobitico oggi rimangono poche tracce, emerse dalla terra durante le numerose campagne di scavo che si alternarono a partire dalla fine dell’Ottocento. La scoperta dei ruderi dell’antico monastero si deve ad un contadino di Castel San Vincenzo, a pochi chilometri dal sito archeologico, che il 10 maggio 1832 si calò in un ambiente sotterraneo del tutto affrescato. Mentre arava un suo podere, infatti, la terra si aprì, facendo emergere dopo secoli il sacello. È la cripta che Epifanio fece costruire per accogliere il suo sepolcro poco prima di morire nell’842 e che sopravvisse al saccheggio saraceno del 10 ottobre 842. Come racconta il Chronicon Volturnense, l’ipogeo, in parte interrato, venne scavato al di sotto del presbiterio della chiesa di Santa Maria Insula, ormai del tutto scomparsa.

Epifanio ai piedi della Croce.

Epifanio ai piedi della Croce – Saiko.

Dopo decenni di abbandono e di incuria, all’inizio del Novecento si effettuarono i primi interventi per restaurare i cicli pittorici che tuttora possiamo ammirare nella loro bellezza. Sono un raro esempio di pittura altomedievale e dal 1900 sono oggetto di studi specialistici. I dipinti, che coprono le pareti e la cupola, rappresentano scene della vita della Madonna e di Cristo, del martirio di San Lorenzo e Santo Stefano e gli ultimi episodi dell’Apocalisse di San Giovanni Evangelista. Ai piedi della Croce, nella scena della Crocifissione, troviamo un uomo inginocchiato, la cui testa è cinta da un’aureola quadrata. È una raffigurazione di Epifanio, che era ancora in vita quando venne realizzata, come testimonia il riquadro sul suo capo.
L’intero complesso pittorico, considerato tra i più importanti dell’Alto Medioevo europeo, ha un pregiato valore estetico per le sue caratteristiche artistiche (si riscontrano stili bizantini e longobardi) e riassume buona parte della simbologia religiosa dell’epoca. In particolare, si evidenzia la centralità della Madonna nei progetti di salvezza di Dio, un lascito teologico di Ambrogio Autperto, che visse nel monastero di San Vincenzo al Volturno sul finire del VIII secolo. Il monaco, che prese i voti nell’abbazia molisana, fu un autore prolifico, commentando l’Apocalisse di San Giovanni e riflettendo sul ruolo della Vergine Maria nei progetti divini. Il 4 ottobre 777, inoltre, venne eletto abate, cercando inutilmente di porre fine alle tensioni tra i frati franchi e longobardi.

Non è sbagliato affermare l’esistenza di influenze ambrosiane nella costruzione del ciclo pittorico apocalittico, così come si evincono nelle rappresentazioni mariane. Un particolare effetto ottico attirò l’attenzione degli studiosi fin da subito. L’ambiente è illuminato dalla luce proveniente da una piccola finestra, posta di fronte la piccola abside. Il fascio luminoso, entrando nel sacello, penetra verso la conca absidale, rischiarando l’angelo ritratto nella parte centrale degli affreschi. Si viene così a creare una fascia di luce radente che fa emergere nell’oscurità la figura di Cristo, il Salvatore.
Così, tra i tanti volti evangelici e le tante simbologie religiose, si riporta al centro della vita cristiana la persona umana e divina di Gesù. La natura sopramondana della luce viene rimarcata dalla mano di Dio, dipinta nella parte superiore della finestra, che sembra scendere dal cielo indicando la direzione del fascio luminoso. Secondo recenti interpretazioni architettoniche, la finestrella poteva fungere da fenestrella confessionis, anche se il dislivello tra la pavimentazione della chiesa e della cripta rendeva arduo l’esercizio del sacramento della penitenza.

 

 

 

 

Per saperne di più

Valente Franco, San Vincenzo al Volturno. Architettura ed arte, Edizioni Abbazia di Montecassino, 1995.