Editoriale: Un aprile preoccupante, forse drammatico, e una sola luce di speranza

di Paolo M. Di Stefano -

È stato un aprile in qualche modo strano per una serie di eventi tutt’altro che piacevoli. Ma non per questo inutili e dannosi. La cosa a mio parere più strana è data dalle coincidenze che legano fatti tra di loro anche molto distanti. Chissà che uno dei tanti astrologi e aruspici che sulle coincidenze si arricchiscono non ne tragga le linee del futuro dell’umanità.
Da quale cominciare? Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Braunan am Inn 48°15’ Nord 13°02’ Est. Austria. 90 km da Linz, 60 da Salisburgo, 120 da Monaco di Baviera. Lì il 20 aprile 1889 nacque Adolf Hitler, che sempre ad aprile, il giorno 30 nell’anno 1945 sarebbe morto a Berlino, non senza aver scritto pagine di storia indimenticabili. Con questo in più: attorno al 20 aprile appena trascorso, l’Austria ha pensato bene di schierare l’esercito al Brennero e di sparare spray urticanti. E anche, di costruire una barriera che comprenda sia l’autostrada che la strada statale. Nulla, in confronto a ciò che fece succedere l’austriaco Adolf Hitler, ma pur sempre una coincidenza. Anche perché – assieme alla costruzione di barriere di filo spinato e di muri ed alla reintroduzione dei controlli alla frontiera con l’Italia – si dà il caso che l’estrema destra abbia ottenuto un successo da alcuni definito strepitoso, in nome del nazionalismo e del razzismo più bieco, così anche manifestando un egoismo di livello estremamente elevato.
Il tutto affermando che la responsabilità dell’arrivo dei disperati al Brennero è dei mancati o insufficienti controlli da parte dell’Italia.
A tutto questo si unisce il blocco della Gran Bretagna all’ingresso di tremila minori. Se la notizia fosse vera, si tratterebbe di una vera e propria strage degli innocenti, giovani che le famiglie hanno letteralmente lanciato lontano dalle guerre e dalla fame, verso una speranza almeno di sopravvivenza che in patria è negata.
Per chi si sente appartenente al genere umano, democratico ed europeista, potrebbe essere l’occasione per esaminare la possibilità di rivedere i valori di base della costruzione europea e provvedere alla estromissione dei Paesi che dimostrano di non accettarli e perseguirli appieno e con ogni mezzo. Dove è scritto che l’Unione non può esistere senza l’Austria? E dove sta scritto che l’Unione Europea debba continuare ad essere un’accozzaglia di Stati “l’un contro l’altro armati” in nome dell’economia e della difesa dei propri interessi di parte?

Che per la morte di Giulio Regeni si sia trattato di un delitto di Stato è apparso più che evidente dal comportamento degli egiziani, creatività nelle ipotesi (argomentazioni di vendita di una estraneità inesistente e quindi difesa a oltranza) compresa. Ora la giornalista Rania Yassen, in diretta sulla rete saudita Al Arabiya ha anche mandato a quel paese il giovane torturato e ucciso. Così facendo ha confermato quanto tutto il mondo civile pensa, ed ha mostrato di sé, della sua cultura, della sua umanità e della sua professionalità un’immagine quanto meno discutibile.
Ma ha anche offerto una via di uscita al Governo ed allo Stato egiziano: il suo licenziamento (che io auspico, anche se ormai non più immediato) potrebbe ridare all’Egitto un minimo di credibilità che uscirebbe peraltro rafforzata se fosse seguita dalla ammissione dei fatti: sì, siamo stati noi, ma si è trattato di un errore del quale chiediamo scusa. (Oppure, siamo stati noi ed ecco le prove che Regeni ha tramato contro lo Stato e ne ha messo in pericolo la sicurezza). E la questione probabilmente si avvierebbe a chiusura.
Non fosse altro che perché nella notte oscura della cultura la ragion di Stato è ancora da più di qualcuno ritenuta una buona scusa per la eliminazione fisica dei “nemici”. E magari anche per le torture le quali, come ognun sa, sono un mezzo per giungere alla verità.
E questa ultima, a sua volta, null’altro è se non quanto sostiene il dittatore di turno. Il quale, come tutti i dittatori sotto tutti i cieli e in ogni tempo se non è cretino è consapevole che la violenza genera sempre una reazione, e che il potere fondato su di essa e su di essa mantenuto è destinato a morte certa: in tempi più o meno lunghi, ma a morte inevitabile. Ed è proprio sul fattore tempo che si conta: finirà come tutto al mondo, ma il potere mantenuto con la violenza dura più a lungo. Non è vero: è proprio la violenza a ridurre la vita del regime, della dittatura, dello stesso dittatore e dei suoi accoliti. Un “potere forte” che riesca a trasformarsi in “potere condiviso e accettato” è certamente più vitale.

Matteo Salvini e Donald Trump si sono incontrati a Filadelfia, e pare che l’americano abbia preconizzato la carica di premier in Italia per Salvini. Non tanto e non solo profeta di sciagura: Donald Trump veramente si illude di diventare il prossimo Presidente degli Stati Uniti, così come Matteo Salvini ritiene di poter essere premier da noi. Il tutto in nome ancora una volta dell’egoismo, del razzismo, di quella “non cultura” di ritorno che è la vera minaccia per il futuro della umanità. E che è anche il lato peggiore di una Politica che sembra avere smarrito il senso del suo essere. E forse proprio per questo, perché non sa più chi si sia, la Politica in Italia e non solo sembra caduta in mano ai corrotti e abbia dimenticato di avere nei poteri dello Stato la propria colonna vertebrale.
Tornando a Trump, io credo che al momento giusto, gli americani – che con tutti i loro difetti sono stati e restano un grande popolo – prenderanno atto del pericolo di una cultura primitiva al governo della più grande ed anche della più colta Potenza di questo nostro piccolo e presuntuoso pianeta cui un grande scrittore dette il nome di Verruca.

Il conflitto tra Politica e Magistratura – in Italia e in aprile – ha subito un nuovo sussulto. Sembra, per le affermazioni di Pier Camillo Davigo, neo Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati – il quale pare abbia testualmente affermato “I politici continuano a rubare, ma non si vergognano più”. Perché, conoscete forse qualcuno che dopo aver rubato si sia vergognato? E la questione non è neppure se i politici siano o meno tutti ladri. È indubitabile che non sia così: come esistono persone oneste e persone disoneste, esistono politici onesti e politici disonesti. Quelli disonesti, non si vergognano di ciò che fanno. E se qualcuno pensa che un politico disonesto faccia quel mestiere proprio perché gli è più facile rubare, sbaglia poi di tanto? E se quel qualcuno pensa anche che le mafie trovano nei politici una sponda quasi sicura, perché più di qualcuno è figlio o parente o sodale di mafiosi, è certo sia in errore?
E certamente è anche vero che tra i Magistrati alcuni ce ne siano sulla cui onestà forse è bene non mettere la mano sul fuoco. Ricordo che qualche anno fa qualcuno – il cui nome mi sfugge – faceva notare che la mafia “fa studiare i figli da Magistrato”, ovviamente alla ricerca di una infiltrazione dalla quale ci si aspetta un ritorno.
Personalmente ritengo che il fenomeno non possa che essere estremamente contenuto, sempre ammesso che esista, anche perché l’ingresso in Magistratura è da noi ancora subordinato ad un corso di laurea, ad un praticantato e ad un concorso. Che per quanto possano essere svalutati, contribuiscono senza dubbio ad una formazione culturale elevata. Dal che potrei trarre due conclusioni. La prima, la cultura del Magistrato è in sé limite all’essere parte di un malaffare; la seconda, le mafie che mandano i figli “a studiare da Magistrato” sanno di correre il rischio che il figlio Magistrato tagli i ponti con la famiglia e con l’organizzazione, almeno nel senso che queste ultime non possono contare su di lui per i loro traffici. E le mafie non sono stupide.
Allora, una buona ragione – io credo – per pensare che è sempre possibile che in Magistratura esistano ed operino alcuni disonesti, ma per forza di cose in proporzione molto minore di quelli che infestano altre istituzioni e organizzazioni e settori merceologici e culturali.
E questo farebbe della Magistratura la struttura meno inaffidabile in uno Stato.
Ma l’aspetto forse più importante è questo: la magistratura applica le leggi interpretandole.
E allora, occorre fare ottime leggi e quando la legge è “prodotta bene”, il campo della interpretazione si restringe.
E le leggi le fa il “potere legislativo”, “la Politica” per antonomasia.
Proviamo ad approfondire in Cattedra?

Il referendum di aprile si è dimostrato un costo inutile. Gli italiani lo hanno snobbato alla grande. Con buona pace di un Governo che aveva invitato all’astensione, non mi pare sia stata dimostrazione di grande senso di responsabilità e neppure di cultura politica. Non andando a votare, abbiamo tutti confermato la scarsa coscienza democratica e sociale che ci caratterizza, perché i referendum nella nostra democrazia sono la sola possibilità di esercitare direttamente la sovranità da parte del popolo che ne è titolare. Ed anche per i referendum, come per tutte le altre chiamate alle urne, si può si può manifestare il proprio pensiero andando a votare ed esprimendosi per il sì, per il no, oppure astenendosi e consegnare la scheda bianca. Il raggiungimento del quorum del cinquanta per cento più uno avrebbe avuto il senso di una consapevole e quindi vincolante volontà popolare. Che non garantisce, ovviamente, il livello di cultura e di informazione dei votanti, ma dice ciò che la gente pensa e vuole. A ragione o a torto.
Per questo referendum (almeno) ciò che è veramente mancato è stata l’alternativa al risultato. Nessuno ha detto ai chiamati a votare come sarebbe stato provveduto. E non lo si è fatto perché, come al solito, le pianificazioni dei politici, dei partiti e quindi della politica è in genere assolutamente assente. Non si va al di là delle mere indicazione di principio, tra l’altro generalmente fonte di leggi sbagliate, insufficienti, imprecise, mai rispondenti ai veri interessi della generalità.
Che non significa affatto che “prima” della Politica gruppi portatori di interessi singoli non siano stati in grado di pianificare nei dettagli “il meglio per sé”, strumentalizzando La Politica e l’incapacità dei Politici come “insieme, organo legiferante” ad individuare gli obbiettivi ed a pianificarne il raggiungimento. Oppure (o anche) la non volontà di farlo. Che è più probabile.

Tutti corrotti, nessun corrotto è a mio parere una delle frasi fatte meno intelligenti mai pronunciate con in più la capacità di divenire prologo per la giustificazione di qualsiasi comportamento. In testa, per spiegare l’impossibilità di intervento ad individuare, punire e modificare qualsiasi cosa. Ed anche per dare un senso al comportamento di ciascuno. “Io non sono ladro: faccio ciò che tutti fanno”; “Io mi comporto come la società vuole per accogliermi”; “tutti fanno così per far carriera in azienda: se io mi comportassi diversamente, sarei un corpo estraneo e in azienda tutti mi passerebbero avanti ed io verrei addirittura espulso”. E via dicendo. Che in buona parte è vero: se non siete stati servi del capo e non lo avete coperto nelle sue bugie e aiutato nelle sue ambizioni, siete stati costretti a cercarvi un altro posto. E le probabilità che la cosa si ripeta in azienda come nell’ente pubblico come in qualsiasi settore delle attività umane non sono pochissime.
Il che non toglie che la frase faccia riferimento ad una situazione forse ampia, ma non totalitaria, e dunque sotto il profilo della descrizione dei fenomeni divenga stupida, se è vero che è stupido colui che è dotato di scarsa intelligenza e di mente tarda e di ottusità (Il Nuovo Zingarelli). E tanto per completezza sono andato a veder sulla enciclopedia medica la voce imbecillità. Ed ho trovato: “stato di deficienza mentale che si manifesta in seguito all’arresto dello sviluppo intellettuale ad uno stadio intermedio tra l’idiozia e la debolezza mentale. (…) È caratterizzata da scarsa capacità di ragionamento, facile suggestionabilità, labilità del comportamento e scarso senso morale. L’imbecille, se non è aggressivo o pericoloso, può vivere in comunità svolgendo facili lavori manuali.”
Allora: che vogliamo fare di quelli che affermano “tutti ladri nessun ladro”? E se li mandassimo a fare facili lavori manuali? Solo che anche in questi occorre un minimo di senso morale e di onestà…

Lesbo 39°10’ N – 26°20’ E: la visita di Papa Francesco ai migranti accampati in condizioni miserrime all’isola di Lesbo, uno dei paradisi del Mediterraneo è, se non la sola, una delle pochissime buone notizie che l’aprile appena trascorso ci ha lasciato. Non solo un messaggio di misericordia, di amore e di speranza: anche un concreto esempio di cosa e come si possa fare. Tre famiglie musulmane portate alla comunità di Sant’Egidio a me sembra un invito preciso: la soluzione del problema sta, almeno in parte, nell’andare a prendere i richiedenti pace e pane e asilo senza distinzioni di fede e di colore della pelle, ed offrire loro una accoglienza almeno dignitosa. Che è l’attuazione di valori – la solidarietà e l’amore – che dovrebbero permeare di sé tutto il genere umano. E che, praticati dagli Stati oltre che dagli individui, darebbero soluzione anche a non pochi dei problemi che con i migranti si connettono.
Da queste pagine, se ne è scritto e non poco e non poche volte, anche suggerendo soluzioni che non soltanto sembrano vicine al comportamento del Papa ed alle sue parole, ma che anche sono praticabili e permetterebbero di portare benefici non di poco ad una economia – la nostra e non solo – che al momento crea vantaggi unicamente per trafficanti, schiavisti, delinquenti e mafie di tutti i tipi.

Un Dubbio per concludere. Il 27 aprile sono riuscito ad entrare in possesso del Dubbio, il nuovo giornale diretto da Piero Sansonetti. Credevo fosse il primo numero, almeno a quanto mi pareva di aver capito. E dunque, un primo dubbio: forse non ho capito bene. Dubbio confermato: si trattava del numero dodici, come dichiarato in testata. Da qui anche un dubbio: vuoi vedere che il mio giornalaio è un disinformato? Aveva giurato che il Dubbio non si era ancora affacciato alla ribalta della comunicazione a mezzo stampa.
Ho trovato dopo attenta ricerca la data spostata in seconda pagina. Nel numero successivo, la data è scomparsa. Allora, un dubbio ancora: vuoi vedere che si tratta di un’operazione di marketing in risposta al dubbio dei dubbi: innovare? E se sì, come? E un altro dubbio, generato dal primo: che sia un modo creativo per attirare l’attenzione del lettore? Una sorta di caccia al tesoro: dove è la data? E un dubbio ancora: che il genio del marketing che l’ha pensata, la caccia alla data, abbia perseguito lo scopo di far chiedere ogni mattina se Il Dubbio fosse in edicola, in modo anche di stimolare il giornalaio ad offrirlo, Il Dubbio?
Chiudo aprile con un arricchimento del mio patrimonio di dubbi, peraltro tutt’altro che scarso.