DALL’UOVO DEL MONDO ALL’UOVO PASQUALE

di Renzo Paternoster -

Raffigurazione della vita per i pagani e simbolo di rinascita per i cristiani, l’uovo, decorato e riempito di sorprese, si è trasformato nell’immagine commerciale della Pasqua.


L’uovo, la più grande cellula vivente, nella sua forma priva di spigoli, quindi senza un principio e una fine, è l’emblema della perfezione divina: «L’uovo racchiude in sé il mistero biologico dell’origine e il segreto dell’essere» [Boncompagni S., Il mondo dei simboli. Numeri, lettere e figure geometriche, Edizioni Mediterranee, Roma 1984, p. 25]. Il suo simbolismo deriva dalla sua funzione, che è quella di conservare e assicurare la permanenza della vita. Non a caso, la forma ovoidale richiama la conformazione della pancia della gestante, quindi della vita che nel grembo materno vive, cresce e si sviluppa, per poi venire al mondo.
L’uovo, nel suo fondamento sacro, è uno e trino: uno nella forma, tre nella sostanza materiale (il guscio, il tuorlo e l’albume) ed essenza sacra (nascita, morte e resurrezione). L’uovo rivela la vita come mistero e introduce il simbolismo sia della nascita sia della vita che risuscita dopo la morte.
In quasi tutti i popoli della terra l’uovo è una raffigurazione ancestrale sacra, presente nel complesso dei miti che narrano le origini del mondo (cosmogonie). In numerose religioni arcaiche è presente il mito dell’“uovo cosmico” che esprime l’unità primordiale, una totalità perfetta, indivisa, che precede la divisione degli elementi e la nascita dell’Universo e degli esseri viventi.
Il “parto” del mondo iniziando da un uovo è un mito comune a tutte le più importanti civiltà del passato: Celti, Egizi, Fenici, Greci, Cananei, Indù, Vietnamiti, Cinesi, Giapponesi e molte popolazioni africane. L’immagine più ricorrente è quella di un grande uovo che fluttua nelle acque primordiali e che schiudendosi crea l’universo, oppure dà vita a qualche divinità creatrice.

Il dio Ptah plasma al tornio l’uovo della vita

Il dio Ptah plasma al tornio l’uovo della vita

Secondo la mitologia egizia, il dio Ra, divinità suprema del sole, nasce da un uovo cosmico, formato dall’unione di otto divinità rappresentanti le forze del caos.
Nella mitologia cinese è presente una divinità creatrice, chiamata Pan Gu, originatasi dentro un grande uovo galleggiante nel vuoto cosmico. Quando l’uovo si dischiuse dopo diciottomila anni, il guscio diede origine alla Terra, mentre le sostanze liquide che si trovavano all’interno formarono la volta celeste.
Brahmā, l’essere divino supremo induista al servizio di altre divinità, nasce dall’uovo d’oro deposto dal cigno e con lui tutte le cose dell’universo.
Nel mito cosmogonico del taoismo cinese in origine esisteva solo il Caos che, dopo diciottomila anni, si coagulò in un uovo. Al suo interno si formarono i due principi primordiali: Yin (femminile, potenza del buio e dell’ombra) e Yang (maschile, potenza del sole e della luce). Col passare del tempo, questi si stabilizzarono, raggiungendo l’equilibrio totale. Da questo equilibrio perfetto fu generato il dio Pan Gu. Pan Gu visse nell’uovo, diventando ogni giorno più grande. Dopo diciottomila anni, ormai grande, Pan Gu ruppe l’uovo, separando lo Yin dallo Yang, il primo sprofondò formando la Terra, il secondo si innalzò creando il cielo. Pan Gu mantenne la Terra e il cielo separati ponendosi tra essi, sorreggendo il cielo al di sopra della Terra. Crescendo Pan Gu allontanò sempre più il cielo dalla Terra. Dopo altri diciottomila anni Pan Gu terminò la creazione. Infatti, nel morire si tramutò in moltissime cose: l’occhio sinistro divenne il sole e quello destro la luna; i suoi capelli e i suoi baffi divennero le stelle nel cielo; il suo respiro diede forma alle nuvole e al vento, mentre la sua voce formò il tuono; il suo originò la pioggia e la rugiada; il suo sangue formò fiumi e le sue vene le strade; il suo corpo divenne roccia, montagne, piante; i parassiti del suo corpo si tramutarono in uomini e donne.
L’uovo cosmico è presente anche in India. Nella Chandogya Upanisad, uno dei testi religiosi e filosofici del corpus delle Upaniṣad vediche, è scritto: «Al principio questo universo era Non Essere. Esso divenne l’Essere. Si sviluppò. Divenne un uovo. Giacque per lo spazio di un anno. Poi si aprì. Le due metà dell’uovo erano una d’argento, l’altra d’oro. La metà d’argento è questa terra, quella d’oro è il cielo, la membrana esterna costituisce le montagne, la membrana interna le nubi e la nebbia. Le vene sono i fiumi, l’acqua della vescica è l’oceano», mentre “la parte migliore dell’uovo cosmico”, il tuorlo, è il sole. [Chandogya Upanisad 3, 19, 1-2].

Eurinome, Ofione e l'Uovo Universale

Eurinome, Ofione e l’Uovo Universale

Anche la cosmogonia dei Fenici si basa sull’uovo primordiale. Nella Storia fenicia di Filone Erennio (64-141 d.C. circa), traduzione in greco di un’opera di Sancuniatóne, sacerdote fenicio vissuto intorno all’anno 1.000 a.C. ai tempi di Salomone, si narra che all’inizio esisteva solo il Caos primitivo e ventoso. Dopo un lunghissimo tempo, i venti iniziarono ad accavallarsi formando una specie di nodo d’amore, dando vita a Desiderio, che precipitò nel fango acquoso chiamato Mōt. Quest’ultimo divenne il limo generatore di tutte le cose, poiché «assunse la forma di un uovo cosmico e generò gli astri e i luminari, i venti, le nubi, le acque celesti e terrestri e infine gli uomini e le donne» [Luzzatto L., Pompas R., Il significato dei colori nelle civiltà antiche, Rusconi, Milano 1988, p. 101].
Pure nei miti greci più antichi, innanzitutto nella tradizione orfica, troviamo l’“uovo del mondo”. Per l’Orfismo all’inizio esiste un’unità perfetta, l’uovo primordiale, che si scinde e dà luogo a esseri e spazi separati. Secondo la versione di questo mito offerta da Aristofane (450-388 a.C.) nella sua commedia gli Órnithes (Uccelli), ai primordi c’è il Caos, la Notte, l’Erebo (profondità dell’oscurità, inferi) e il Tartaro (il luogo più tetro degli inferi). La Notte genera nel seno di Erebo un uovo pieno di vento. Dall’uovo sorge Dionisio (identificato dagli orfici con Eros, e chiamato anche Phanes, ossia il Brillante) dalle ali d’oro, segno di ricchezza e splendore. Il Vento contenuto nell’uovo è l’inizio delle generazioni degli dei. Dionisio (Eros/Phanes) assoggetta a sé, nel Tartaro, il Caos alato, facendo di esso un uovo nel quale le cose furono unificate e armonizzate.
Nel mito dei Pelasgi, una popolazione che dimorava nel Peloponneso, in un periodo antecedente l’immigrazione in Grecia delle genti elleniche, e altri territori (tra cui Italia meridionale, Etruria, Creta, Caria in Asia Minore e così via), la creazione è descritta con più rilevanti particolari. Tutto inizia quando la dea Eurinome (che significa “colei che regna sugli spazi” o “colei che abita le ampiezze”, è la Cibele dei Frigi) emerge nuda e brillante dal Caos primordiale (l’Abisso originario). Non trovando dove poggiare i piedi, divide il cielo dal mare e comincia a danzare sulle sue onde. Avvertendo con piacere alle proprie spalle il vento del nord, decide di dare atto alla creazione. La dea afferra così il vento del nord e comincia a sfregarlo tra le sue mani finché esso prende la forma di un serpente, Ofione. Eurinome continua a danzare, attirando il desiderio di Ofione. Il serpente l’avvolge amorevolmente nelle sue spire e si accoppia con la dea, che è fecondata. Assunte le forme di una colomba, Eurinome si leva in volo sulle onde del mare. Giunto il momento, depone l’Uovo cosmico, ordinando a Ofione di arrotolarsi per sette volte intorno a esso Il serpente esegue l’ordine, permettendo all’uovo di schiudersi. Ormai aperto, l’uovo da origine al Creato, con il sole, la luna, le stelle, i pianeti, la terra e le sue creature. Per il prezioso serpente, tuttavia, è riservata una cattiva sorte. Infatti, poiché comincia a ritenersi egli stesso fondatore del Creato, piuttosto che strumento della creazione, è relegato dalla dea, incollerita per tanta superbia, a strisciare nel buio delle caverne.
Anche Sumeri, Babilonesi e Cananei (popolazione che precedette gli Ebrei in Palestina) credevano al mito dell’uovo primordiale, deposto da una colomba che sorvolava le acque primordiali. Non a caso, la colomba per gli antichi Ebrei è lo Spirito di Dio, mentre per i cristiani rappresenta lo Spirito Santo.
Troviamo l’uovo cosmico anche nell’Africa nera, in Australia, in Polinesia.

Madonna con Bambino Angeli e Santi, di Piero della Francesca

Madonna con Bambino Angeli e Santi, di Piero della Francesca

Il concetto di uovo come simbolo di resurrezione è antichissimo. Già nella Preistoria, la forma dell’uovo compare nelle tombe del Neolitico in Europa nella sagoma ovale dei vasi, a rappresentare il grembo della Dea dove la vita riemergerà. In molte tombe etrusche del VII-VI sec. a.C. sono stati ritrovati gusci intatti di uova che presentano un piccolo foro. Poiché queste uova erano state svuotate attraverso questo foro, si ritiene non avessero un significato di dono votivo, ma fungevano da “scrigno”, contenitore simbolico della vita nuova che viene dopo la morte.
I megaliti celtici di Roxburghshire (Scozia), che identificano la disposizione di pietre tombali, sono disposti secondo l’orma di un uovo gigantesco, con l’asse della curva minore orientato in direzione dell’equinozio di Primavera, ossia verso la “nascita” della luce.
Proprio a Primavera la Natura risorge e le ore di luce iniziano a imporsi su quelle notturne. Ora la Pasqua cristiana si celebra in Primavera, «nel momento in cui la natura esce dal suo sepolcro invernale» [Amariu C., L’uovo, trad. it. Edizioni Mediterranee, Roma 1988, p. 85].
L’uovo, quindi, passa da essere il protagonista dei miti cosmogonici, a quello della rinascita della Natura in Primavera, diventando, con l’avvento del Cristianesimo, il simbolo della resurrezione, della rinascita dell’Uomo-Figlio di Dio.
Con il Cristianesimo, infatti, tutti i simbolismi collegati all’uovo sono stati convertiti: l’uovo cosmico diventa il simbolo della rinascita del Cristo; l’uovo apotropaico dell’equinozio della Primavera, diviene l’emblema del rinnovamento dell’umanità ora cristianizzata.  Ciò spiega il ritrovamento nelle catacombe romane di uova di alabastro, ad esempio nei sepolcri di santa Balbina e di santa Teodora. Per questo la simbologia dell’uovo è presente nei riti e nelle iconografie pasquali.
Una volta, la domenica di Resurrezione si chiamava “Pasqua d’uovo” e in molte cattedrali, al giovedì Santo, si deponeva nel sepolcro simulato un uovo di struzzo insieme con l’Eucarestia, ritirandolo il giorno di Pasqua. In molte chiese era usanza, dopo la recita dell’ora di Mattutino nel giorno di Pasqua, appendere uova di struzzo per ornare l’altare maggiore. Sino al XVIII secolo, nella cattedrale di Angers, in Francia, si svolgeva un dramma liturgico in cui alcune comparse raffiguranti le sante donne uscivano dal sepolcro, riprodotto come oggi si usa fare per la nascita del Cristo col presepe, con un uovo di struzzo in mano. Questo uovo era presentato dapprima al vescovo, poi a ogni membro del capitolo, utilizzando l’espressione «Surrexit Dominus, alleluia!» (Il Signore è resuscitato, alleluia!). I ministri del culto rispondevano: «Deo gratias, alleluia!».
L’uovo come simbolo della resurrezione di Cristo lo ritroviamo in una leggenda medievale. Si narra che dopo la resurrezione di Cristo, Maria Maddalena si recò al cospetto dell’imperatore Tiberio mostrandogli un uovo e annunciando la resurrezione di Cristo. L’imperatore, incredulo, rispose che era impossibile risorgere dalla morte, allo stesso modo per un uovo diventare tutto rosso. Prima che l’imperatore finisse di parlare, l’uovo della Maddalena diventò rosso.
Nella Pala di Brera (1472) di Piero della Francesca, nota anche come Sacra Conversazione con Madonna col Bambino Angeli e Santi, è presente proprio un uovo di struzzo. Infatti, particolare originale di questa opera d’arte è la forma della semicupola del catino absidale, a forma di conchiglia, dal quale pende un uovo di struzzo. Quest’ultimo, oltre a essere emblema dei Montefeltro, famiglia alla quale apparteneva il duca Federico, committente del dipinto, probabilmente allude al concetto di resurrezione e vita eterna del “bambinello” adagiato tra le braccia della Madonna. Molte uova di struzzo sono state ritrovate i quasi tutti i tesori delle chiese medievali.

Alcuni capolavori di Fabergé

Alcuni capolavori di Fabergé

L’usanza di scambiarsi uova a Pasqua o durante l’equinozio di Primavera sembra sia sempre esistita. All’arrivo della Primavera sono collegate molte usanze legate al dono reciproco di un uovo: Romani, Babilonesi, Persiani, Cinesi e altri popoli celebravano l’arrivo della Primavera proprio scambiandosi uova, sinonimo di auguri e buoni auspici.
Nel Medioevo cristiano era usanza pasquale donare uova vere benedette, questo perché, mangiando quelle uova consacrate, il fedele può partecipare alla grazia della Risurrezione. Più tardi si diffuse tra la nobiltà scambiarsi uova d’argento o d’oro, abbellite di gemme, perle e smalti.
Nel 1290, re Edoardo d’Inghilterra commissionò 450 uova da impreziosire con lamine d’oro per donarle ai membri della sua corte. Luigi XIV di Francia inaugurò la tradizione di far decorare riccamente le uova di struzzo dello zoo di Versailles per donarle alla sua corte. Tuttavia l’insufficienza di uova vere portò alla loro sostituzione con uova d’oro, di avorio e di porcellana. Nel Settecento re Luigi XV commissionò per Madame du Barry un grande uovo decorato che conteneva una statuina di Cupido creata dall’orafo di corte.
Le uova più famose e più preziose sono certamente quelle del maestro orafo russo Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro la commissione per la creazione di un dono pasquale per la zarina Maria. Egli ispirandosi alle pysanky russe, uova con scritte e disegni realizzati in casa, da far benedire in chiesa e poi regalare, e al sistema delle matrioske, creò un uovo di colore bianco con smalto opaco, al cui interno posizionò un tuorlo d’oro, contenente a sua volta una gallinella dorata con occhi di rubino; questa a sua volta racchiudeva una copia in miniatura della corona imperiale contenente un piccolo rubino a forma d’uovo. Il regalo sorprese la corte imperiale, così lo zar ordinò a Fabergé un uovo speciale e unico per ogni Pasqua. Fabergé ne creò cinquantanove, cinquantadue per lo zar e sette per il nobiluomo russo Alexander Ferdinandovich Kelch, tutte opere uniche e originali.

Le uova di Pasqua in cioccolato risalgono al XIX secolo. È probabile che qualche esemplare sia stato prodotto nella Francia di Luigi XIV, tuttavia il cioccolato era solo la copertura dell’uovo vero. Nel 1725, in Italia, a Torino, nella vetrina della bottega della vedova Giambone, ubicata in Contrada Nuova (oggi via Roma), compaiono le prime uova pasquali. Riprendendo probabilmente l’idea francese, la signora torinese riempì alcuni gusci vuoti con del cioccolato liquido e le espose nel suo negozio insieme a una gallina vera. L’idea fu tanto geniale quanto efficace: “la gallina della bottega Giambone fa le uova di cioccolato. È comunque nel XIX secolo che compaiono, in Germania e Francia, i primi esemplari di uova interamente di cioccolato, nel senso che erano completamente piene, non avendo il vuoto all’interno.
La storia dell’uovo di cioccolato ha una svolta nel 1825 quando l´olandese Coenraad van Houten brevettò una particolare pressa idraulica che consentiva di separare i grassi, ovvero il burro, dal cacao, per poi trattare la massa ricavata con sale alcalino. In questo modo poté ottenere una massa di cacao facilmente modellabile dai maestri cioccolatieri nelle forme più varie, dalle tavolette fino proprio alla forma a uovo. Il procedimento prese il nome di dutching.

L'uovo del Guinnes

L’uovo del Guinnes

Le prime uova come le conosciamo oggi compaiono nel 1875, grazie al lavoro del mastro cioccolatiere inglese John Cadbury, ma lo spessore del cioccolato è ancora grande e non uniforme. Una svolta arriva dall’Italia, quando a Torino la Casa Sartorio brevetta il sistema per modellare le forme vuote per le uova di Pasqua: sono stampi a cerniera chiusi che, grazie al movimento rotatorio di una macchina, permettono al cioccolato di distendersi su tutta la superficie interna in modo uniforme. In questa maniera sono create due metà identiche perfettamente geometriche e di spessore regolabile, che poi sono “saldate” tra loro. Negli anni Venti del Novecento si inizia a inserire una sorpresa all’interno: prima sono oggetti semplici, animaletti in zucchero o confetti, poi diventano sempre più preziosi.
Nel 1972 nasce il famoso ovetto Kinder della Ferrero, ma è industrializzato solo nel 1974. Il dirigente della Ferrero, William Salice, ha l’idea di inserire un piccolo giocattolino all’interno. Diceva il cavalier Ferrero: «Perché ai bambini piacciono le uova di cioccolato? Per la sorpresa che vi possono trovare. Allora diamo loro la gioia della Pasqua per tutto l’anno» [cit. in Padovani G., Quanta storia in quell’uovo, «l’Espresso», 28 marzo 2013]. L’ovetto di Pasqua, ora disponibile tutto l’anno, diventa un vero e proprio fenomeno di costume e le loro sorpresine hanno conquistato diverse generazioni di ragazzini.
Due ultime curiosità. Il primato dell’uovo di cioccolato più grande del mondo spetta all’Italia. Nella Pasqua del 2011, infatti, un’azienda cremonese, la Tosca, ha migliorato il primato all’azienda belga Guylian, stabilito nel marzo del 2005. I belgi realizzarono un grande uovo alto 8,32 metri. I 1.950 chili di cioccolato erano tuttavia sostenuti da un’armatura interna. Gli italiani, invece, nel centro commerciale Le Acciaierie di Cortenuova (BG), ne hanno realizzato uno senza struttura interna, alto 10 metri e 39 centimetri e dal peso di 7.200 chili.
L’uovo di Pasqua di cioccolato, senza gioielli e pietre preziose, più costoso al mondo è invece il “Golden Speckled Egg”. Realizzato da William Curley, maestro del cioccolato londinese tra i più illustri al mondo, e da altri sei pasticceri, è composto di ingredienti preziosi, quali cioccolato fondente Amedei, caramello di Muscovado, cioccolata giapponese al wasabi, olio d’oliva e bacche di ginepro; è stato battuto a un’asta benefica a 7.000 sterline, circa 8.500 euro.

Diventato fenomeno commerciale, e svuotato di ogni connotazione sacra, l’uovo di Pasqua è divenuto oggi un mero contenitore di prodotti (la sorpresa), presentato con sempre crescente creatività estetica. Il consumismo, quindi, ha trasformato le “virtù sacre simboliche” dell’uovo, facendogli assumere valori sempre più commerciali. Per questo, ricaricandolo della sua simbologia, immagino per questa Pasqua un grande uovo colorato da regalare virtualmente all’Umanità. Un uovo pieno, destinato a ogni cittadino del mondo, con dentro una giustizia che rinasce, “condita” di onestà e pace, abbellita da tanta tenerezza, altruismo e bontà in grande quantità.

Per saperne di più

Amariu C., L’oeuf, Editions du Félin, Paris 1987 (trad. it. L’uovo, Edizioni Mediterranee, Roma 1988).
Boncompagni S., Il mondo dei simboli. Numeri, lettere e figure geometriche, Edizioni Mediterranee, Roma 1984, ora 2006.
Chevalier J., Gheerbrant A., Dictionnaire des symboles, Ed. Robert Laffont, Paris 1969 (trad. it. Dizionario dei Simboli, Rizzoli, Milano 1986).
De Montemayor M.C., Baldi M., Dolcezze d’Italia. Storie di arte pasticcera e confettiera: dall’antichità all’attualità, M.C. de Montemayor, Firenze 2004.
Graves R., Greek Myths, Penguin, Londra 1954 (trad. it., I miti Greci, Longanesi, Milano 2014).
Luzzatto L., Pompas R., Il significato dei colori nelle civiltà antiche, Rusconi, Milano 1988.
Padovani G., Quanta storia in quell’uovo, «l’Espresso», 28 marzo 2013.
Sala D., Miti cinesi, Demetra, Colognola ai Colli 2001.