CONVEGNO DEL POLLIO: MEETING ANTICOMUNISTA O…?

di Renzo Paternoster –

 

“La guerra rivoluzionaria”: questo il titolo del convegno nel quale si riunirono esponenti di destra e dello Stato per disegnare possibili strategie anticomuniste. La convinzione era quella che l’URSS stesse manovrando i partiti comunisti d’Occidente sul fronte di una “guerra non ortodossa”.

Nel quadro della Guerra fredda, che proprio fredda non è stata, in Italia si è combattuta una “guerra non ortodossa” per mantenere lo Stato saldamente ancorato alle “direttive di Yalta”. L’Italia aveva il più forte partito comunista dell’Occidente, con un grande consenso popolare, per questo occorreva estromettere i comunisti da ogni gioco di potere, rallentando l’avanzata elettorale del PCI.
Nel 1965, gli ambienti di destra furono “chiamati a raccolta” in un convegno organizzato dall’Istituto di studi storici e militari Alberto Pollio, presso l’Hotel Parco dei Principi a Roma.
Già nel novembre del 1961, dal 18 al 22, si tenne a Roma un convegno finanziato dal “fondo di propaganda” della NATO. Argomento del convegno fu “La minaccia comunista sul mondo” e vide la presenza di numerose personalità nazionali e internazionali, tra cui i ministri Guido Gonella e Giuseppe Spataro, diversi sottosegretari e parlamentari, ma anche di due fascisti della Repubblica Sociale Italiana, Giano Accame e Mario Tedeschi, e dell’ufficiale dell’Esercito italiano Adriano Magi-Braschi, il cui nome è apparso in molte ricostruzioni delle vicende che hanno caratterizzarono la “strategia della tensione”. Questo incontro seguì altri due importanti convegni internazionali, del 1959 e del 1960, sponsorizzati dalla NATO per discutere sulla “guerra politica contro l’URSS”.

L’Istituto Luigi Pollio per gli Affari strategici è fondato da Enrico de Boccard, ex soldato della repubblica di Salò, con l’aiuto del generale Egidio Viggiani, capo del Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR). Nucleo centrale dell’istituto sono tre giornalisti neofascisti: Gianfranco Finaldi ed Enrico De Boccard, i fondatori, ed Eggardo Beltrametti. Mente occulta del Pollio è il generale Giuseppe Aloia, capo di Stato maggiore dell’Esercito.
Ufficialmente l’istituto è un centro studi, in realtà è un organismo di propaganda e, all’occorrenza, di agitazione politica. In un promemoria ricevuto dal generale Viggiani si legge che la struttura vuole essere: «una lancia spezzata delle forze armate, con quelle funzioni di propaganda e – se del caso – di agitazione politica che le Ffaa non potrebbero istituzionalmente esercitare in proprio. Tutto ciò, naturalmente, sempre in termini di responsabile cautela, e comunque senza mai permettere di stabilire un nesso formale fra l’attività dell’istituto stesso e gli uffici militari».
Il convegno è probabilmente finanziato per via indiretta dal SIFAR, una circostanza mai smentita. Il colonnello Renzo Rocca, dell’ufficio del SIFAR Ricerche Economiche ed Industriali, trova i fondi riuscendo a far sottoscrivere al futuro presidente dell’ENI, Eugenio Cefis, un pacchetto di abbonamenti all’“Agenzia D”, l’agenzia di stampa dell’istituto Pollio. Il colonnello Rocca morirà due anni dopo in circostanze misteriose, ucciso da un colpo di pistola alla tempia nel suo ufficio poco prima di essere interrogato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul presunto tentativo di colpo di Stato conosciuto come “Piano Solo” (giugno-luglio 1964). Ufficialmente si trattò di suicidio, anche se la prova del guanto di paraffina non rivelò tracce di polvere da sparo sulle mani di Rocca.
L’Istituto, dunque, ha un legame organico con gli ambienti di destra e una parte degli apparati dello Stato, Forze armate e servizi segreti. Allo stesso convegno sono presenti personaggi che nel corso degli anni successivi sarebbero divenuti ricorrenti nella cosiddetta “strategia della tensione”. Tra questi Pino Rauti, fondatore nel 1953 di “Ordine Nuovo”, inquisito ma assolto per gli attentati ai treni dell’8 e 9 agosto 1969, per la strage di piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969) e di quella di piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974); Guido Giannettini, giornalista reclutato dal Servizio Informazioni Difesa nel 1965, condannato ma poi assolto per insufficienza di prove per la strage di piazza Fontana; Stefano Delle Chiaie e Michele Mario Merlino, entrambi studenti universitari, nomi onnipresenti nelle indagini sullo stragismo neofascista italiano. Delle Chiaie in alcune circostanze ha negato di aver preso parte al convegno.

la-guerra-rivoluzionariaTema del convegno è “La Guerra rivoluzionaria”, una risposta sul piano teorico alla convinzione che “La terza guerra mondiale è iniziata”, come recita il sottotitolo dell’incontro. Leitmotiv di tutto il convegno è infatti la convinzione che l’Unione Sovietica, attraverso i partiti comunisti dei Paesi occidentali, stava intraprendendo una vera e propria guerra non ortodossa.
Il congresso, oltre ai nomi già citati, è seguito da un numero ristretto di funzionari dello Stato, uomini politici, dirigenti economici, politici e militanti della Destra nazionale e venti studenti universitari selezionati per merito. Tra questi spiccano il consigliere della Corte d’Appello di Milano, Salvatore Alagna; il generale Alceste Nulli, il generale Osvaldo Roncolini e il colonnello Adriano Magi Braschi; il diplomatico Dorello Ferrari; i docenti universitari Marino Bon Valsassina e Pio Filippani Ronconi; i giornalisti Giorgio Pisanò (all’epoca deputato del Movimento Sociale Italiano e direttore della rivista “Candido”), Gino Ragno (aderente dell’associazione Amici delle Forze Armate), Pio Ronconi (collaboratore dei servizi segreti italiani come esperto di crittografia); Giuseppe Dall’Ongaro, Fausto Gianfranceschi, Vanni Angeli; l’editore Alfredo Cattabiani; Vittorio De Biasi (esponente degli industriali), il politico Ivan Matteo Lombardo.
L’impegno operativo comune contro il comunismo funge da collante tra tutti i convenuti, permeando ogni relazione presentata. Infatti, studiando gli atti del convegno si ha la sensazione che si voleva inquadrare “l’inizio di qualcosa”. Tutti gli interventi, nei fatti, sono caratterizzati da una forte enfasi sull’imminenza del pericolo rappresentato dalla “canea rossa” e, quindi, sulla necessità di passare immediatamente all’azione in un tono di ossessivo anticomunismo.
Così, partendo dalla tesi che una terza guerra mondiale fosse già in atto, non nelle forme tradizionali del conflitto armato dichiarato, ma condotta in maniera sommersa dagli Stati socialisti, anche attraverso i partiti comunisti dei Paesi democratici, si elaborarono programmi pratici per replicare a questa rivoluzione non convenzionale.

Nella presentazione del convegno, il giornalista Gianfranco Finaldi delineò i motivi della riunione: «L’Istituto Alberto Pollio […] è sorto pochi mesi or sono, per iniziativa di alcuni amici, dediti con passione alle indagini su questi argomenti, con lo scopo di raccogliere, coordinare e convogliare energie nel campo culturale, per l’approfondimento di alcuni temi che a noi sembra sono destinati ad incidere in modo straordinario e diretto sullo sviluppo delle idee e dei problemi del nostro tempo».
Enrico De Boccard, prospettò nella sua introduzione la necessità di organizzarsi urgentemente: «Qualsiasi violazione compiuta dai comunisti, come per esempio riuscire, da parte loro, sfruttando opportunità d’eventi e debolezza di governi, ad inserirsi in una nuova maggioranza o peggio ancora a penetrare, non fosse che con un sottosegretario alle Poste, in un gabinetto ministeriale, costituirebbe un atto di aggressione talmente grave contro lo “spazio politico” vitale dello Stato, da rendere necessaria l’attuazione nei loro confronti di un piano di difesa totale. Vale a dire l’intervento diretto, deciso e decisivo delle Forze armate». De Boccard si spinse fino a concepire una modifica dell’intero apparato militare italiano ai fini di un’adeguata risposta controrivoluzionaria.
Anche la reale distensione tra i due blocchi internazionali (il 25 febbraio 1956 al XX Congresso del Partito Comunista Sovietico, Nikita Sergeevič Kruščëv aveva denunciato l’operato di Stalin, rivelando i numerosi atti di violazione della “legalità socialista” commessi negli anni 1936-1938; negli USA si era insediato il presidente Kennedy, con vedute più diplomatiche del suo predecessore; il pontificato di Giovanni XXIII aveva in qualche modo rivisto l’atteggiamento di condanna totale della Chiesa cattolica verso il comunismo ateo e gli Stati che a esso si rifacevano) è intesa come pericolosa in quanto, come riferisce Giannettini nella sua relazione «non soltanto l’opinione pubblica non avverte chiaramente la presenza della guerra rivoluzionaria», poiché «opportunamente cloroformizzate» in modo tale da far proseguire la penetrazione lenta e sotterranea del comunismo sino «al cuore dello Stato».
Pio Filippani Ronconi, già ufficiale della Legione SS italiana (formazione appartenente alle Waffen SS europee), poi giornalista e infine accademico, è nel convegno il principale teorico della creazione di strutture a cerchi concentrici con livelli via via sempre più segreti e clandestini, con la funzione di difesa e contrattacco dalla pericolosa invadenza comunista. Due di queste strutture dovevano agire nell’ambito della legalità in difesa dello Stato, la terza avrebbe dovuto operare in pieno anonimato con compiti, come si legge nella sua relazione al convegno, di «controterrore e di rotture eventuali dei punti di precario equilibrio, in modo da determinare una diversa costellazione di forze al potere. Questi nuclei, possibilmente l’un l’altro ignoti, ma ben coordinati da un comitato direttivo, potrebbero essere composti in parte da questi giovani che attualmente esauriscono sterilmente le loro energie, il loro tempo e, peggio ancora, il loro anonimato in nobili imprese dimostrative che non riescono a scuotere l’indifferenza della massa di fronte al deteriorarsi della situazione nazionale». Al di sopra di queste strutture, nei proponimenti di Ronconi, dovrebbe impiantarsi un consiglio con il compito di coordinare tutte le attività.
Lo schieramento delle forze controrivoluzionarie proposto da Filippani Ronconi ricalca quello del progetto golpista del generale De Lorenzo (“Piano solo”) dell’anno prima.
Anche il colonnello Adriano Magi Braschi, che partecipò sotto le mentite spoglie di un professore universitario ed esperto di polemologia, pur avendo ottenuto l’esplicito incarico del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito generale Aloja, preannuncia la creazione di una rete clandestina in funzione anticomunista: «il fenomeno della guerra ha mutato volto, […] l’azione psicologica è importante, non è determinante. Determinante è l’azione militare […] Ma non è soltanto dei militari. […]. La guerra non è più soltanto militare. È anche militare, in ultima analisi; ma è economica, è sociale, è religiosa, è ideologica. Se dalla Prima guerra mondiale si ricavò la necessità di avere comandi composti delle tre armi vale a dire Stati Maggiori che ragionassero in funzione tridimensionale; se dalla Seconda guerra mondiale sono usciti gli Stati maggiori integrati, cioè Stati maggiori che comprendono personale di più nazioni; questa guerra vuole gli Stati maggiori allargati, gli Stati maggiori che comprendano, civili e militari contemporaneamente. Vuole ordinamenti nuovi, vuole unità nuove».
La creazione di una rete paramilitare costituita sulla base della cooperazione civile e militare in funzione anticomunista era stata già prospettata dal colonnello Adriano Magi Braschi nel 1964 in due volumetti, intitolati “L’offesa” e “La parata e la risposta”, pubblicati dal SIFAR.
Le proposte di Filippani Ronconi e di Adriano Magi Braschi assomigliano ad alcune disposizioni elencate in un documento interno di Gladio che, anche se non ha mai avuto pratica attuazione, prevedeva una ristrutturazione dell’organizzazione secondo tre livelli o substrutture (verde, gialla, rossa), tutte ovviamente in funzione anticomunista, assieme a un intervento congiunto tra militari e civili (“Stati Maggiori allargati”). Poiché Gladio era giù costituita, entrambi esortarono la creazione di un’altra organizzazione più attiva e segreta, preannunciando direttamente la formazione di un altro “qualcosa”: insomma un passaggio dalla modalità teorica a una operativa.
Il convegno indubbiamente attivò una serie di manovre, non solo politiche e di propaganda, ma anche costituenti.

Pio Filippani Ronconi

Pio Filippani Ronconi

Ecco che tra il 1966 e il 1967 nasce la formazione dei “Nuclei Territoriali di Difesa dello Stato”, conosciuta più brevemente come “Nuclei Difesa dello Stato” (NDS), una struttura concepita come organizzazione segreta, direttamente collegata al servizio segreto militare italiano e inserita pienamente nel dispositivo di sicurezza NATO, con manovalanza proveniente soprattutto dalla Destra estrema.
La struttura di questa entità politico-militare è suddivisa in articolazioni locali con livelli distinti (legioni) organizzati in compartimenti stagni. Sono 36 le “legioni” verificate, la maggior parte operante nel Nord-Est d’Italia, precisamente nel Veneto.
Più che un’organizzazione vera e propria, i Nuclei di Difesa dello Stato potrebbero essere stati un progetto di spinta a un mutamento istituzionale autoritario anticomunista, una struttura operativa a termine e d’appoggio che avrebbe contribuito a svuotare il carattere democratico dell’ordinamento italiano.
Non esistono documenti ufficiali dei NDS, ma sono state ritrovate una serie di lettere e appunti che testimoniano la sua esistenza. Importanti sono anche le dichiarazioni di otto persone, tra cui il colonnello Amos Spiazzi della V Legione di Verona dei NDS ed Enzo Ferro, un giovane di Trento che aveva prestato il servizio militare fra il 1969 e il 1970 presso la Caserma Duca di Montorio e che per primo rivela l’esistenza della struttura.
Proprio Enzo Ferro riferisce nel 1977 al giudice istruttore di Trento quali sono le intenzioni dei NDS: «La finalità della struttura era quella di fare un colpo di Stato all’interno di una situazione che prevedeva attentati dimostrativi, preferibilmente senza vittime, al fine di spingere la popolazione a chiedere o ad accettare un governo forte. Ovviamente in un attentato potevano esserci vittime casuali, ma questo secondo chi dirigeva la struttura era un prezzo che in uno scontro così grosso per il nostro paese si poteva pagare».
Primo atto dei NDS è stato l’invio nel luglio del 1966 di circa duemila lettere a ufficiali dell’Esercito Italiano (invio poi ripetuto nell’ottobre dello stesso anno ad altri duemila militari), in cui si chiedeva di aderire al progetto politico per “stroncare l’infezione comunista”. Nessuno degli ufficiali fece rapporto e l’invio delle lettere è scoperto anni dopo.
La notte dell’Immacolata del 1970 è attuato un tentativo di colpo di Stato organizzato da Junio Valerio Borghese, ex comandante della Xª Flottiglia MAS (corpo militare della Repubblica Sociale Italiana), a cui partecipa il colonnello Amos Spiazzi, uomo dei NDS di Verona. Il “golpe Borghese” è fermato durante la fase di avanzata esecuzione, ma ottiene i suoi risultati: congelamento della politica del “compromesso storico” di Aldo Moro, allontanamento del Partito Comunista Italiano dall’area di governo, garanzie di una totale fedeltà filo-atlantica e filo-americana.
I Nuclei Territoriali di Difesa dello Stato sono anche coinvolti nel tentativo di colpo di Stato che avrebbe dovuto realizzarsi nell’aprile del 1973 attraverso la “Rosa dei venti”, organizzazione clandestina di stampo neofascista.
Sovrapponibile ai NDS è il movimento neofascista di “Ordine Nuovo”, gruppo extraparlamentare di estrema destra nato nel dicembre 1969 (il gruppo è sciolto ufficialmente per ricostituzione del Partito Nazionale Fascista) i cui dirigenti furono tra i partecipanti del convegno del Pollio. Appartengono prevalentemente a “Ordine Nuovo” i civili inseriti negli NDS e alcuni suoi militanti si rendono protagonisti di fatti eversivi e stragisti. Sembra quasi che Ordine Nuovo sia il braccio civile dei NDS.

Allo stato dei fatti si può dire che il convegno del Pollio non è stato ufficialmente una vera e propria chiamata alle armi, ma un evento ideologico che è servito per testare il clima nella destra italiana e inquadrare “qualcosa”. Tuttavia, coincidenza, pochi mesi dopo il convegno il “Partito controrivoluzionario della strategia della tensione” scende in campo non più con i discorsi, ma con la cultura dell’esplosivo: l’83 per cento dei 4.584 attentati verificatesi tra il 1969 e il 1975 sono ascrivibili all’estrema destra eversiva, che produce in questi anni ben 113 morti e 351 feriti. Questo è stato possibile anche grazie all’infedeltà democratica di alcuni apparati dello Stato che, assieme al protagonismo di alcuni ufficiali militari, hanno assicurato coperture o comunque garantito una inattività nel contrastare adeguatamente gli operai delle stragi.
Indubbiamente, però, il convegno può essere posto all’origine della strategia del terrore dal punto di vista ideologico: i discorsi pronunciati al Pollio furono subito trasformati in azione e non ci fu bisogno di un secondo convegno.

Per saperne di più
E. Beltrametti, La terza Guerra mondiale è già iniziata. Atti del Convegno Istituto Pollio per gli Affari Strategici, G. Volpe, Roma 1965.
Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, XIII legislatura, Doc. XXIII n. 64, Volume primo, Tomo II, 2001.
U.M. Tassinari, Fascisteria. I protagonisti, i movimenti e i misteri dell’eversione nera in Italia (1965-2000), Castelvecchi, Roma 2001.
A. Ventrone (a cura di), I dannati della rivoluzione. Violenza politica e storia d’Italia negli anni Sessanta e Settanta, EUM, Macerata 2010.
S. Manfredi (a cura di), Golpe Borghese, Narcissus (Arnoldo Mondadori), Milano 2014.
M. Dondi, L’eco del boato: Storia della strategia della tensione 1965-1974, Laterza, Roma-Bari 2015.
R. Paternoster, La politica del Terrore. Il Terrorismo: storia, concetti, metodi, Aracne, Roma 2015.
A. Giannuli, E. Rosati, La storia di Ordine Nuovo, Mimesis, Milano 2017.