BONIFACIO IX (1389-1404): LUCI E OMBRE DI UN PONTIFICATO

di Pier Luigi Guiducci -

Condizionato dalla guerra dei cent’anni tra Francia e Inghilterra e dalle lotte civili nella penisola, Bonifacio IX fu un abile tessitore di accordi con gli Stati italiani e con le grandi potenze europee. Cercò una mediazione con l’antipapa Benedetto XIII, insediato ad Avignone dopo lo Scisma d’Occidente, mentre sul piano dottrinale convocò due Concili e avviò la canonizzazione di Brigida di Svezia.

Il contesto storico generale

Tra il 1337 e il 1453 l’Europa venne travolta da un conflitto tra il Regno dInghilterra e quello di Francia passato alla storia come la ‘Guerra dei Cento Anni’ [1]. La contesa si concluse con l’espulsione degli inglesi da tutti i territori del continente, ad eccezione della cittadina di Calais [2]. In questo lacerante scontro emerse pure  una figura particolare: quella  di Giovanna d’Arco [3]. Questa giovane donna operò per far riacquistare alla Francia  la propria unità territoriale, sostenendo con tenacia anche  l’incoronazione del Delfino  (= erede al trono) Carlo di Valois che divenne in tal modo re Carlo VII (Reims, 17 luglio del 1429) [4]. Pure l’Italia, a fine Trecento,  fu segnata da continue contese. Basti pensare alle lotte civili che insanguinarono Genova (e che la condussero  a subìre il dominio francese), il Piemonte (dopo la morte del conte Amedeo VII di Savoia, avvenuta nel 1391), il Napoletano (guerra tra i Durazzo e gli Angioini). Ai continui mutamenti politici del tempo riuscirono a resistere i Signori di Carrara, i Gonzaga e gli Estensi, ma gli Scaligeri scomparvero.

Nascita di Pietro Tomacelli (1354). Il periodo degli inizi [5]

In tale contesto, ai fini  di questo studio su Bonifacio IX, acquista necessariamente rilievo una focalizzazione dei suoi natali. Pietro (Piero, Perino) Tomacelli  nacque a Casarano (Lecce) nel 1354 [6], da una nobile famiglia napoletana. Il padre Giacomo e la madre Verdella Caracciolo erano feudatari di quel casale salentino e della piccola frazione di Casaranello. Pietro verrà battezzato proprio qui, nella chiesetta paleocristiana di Santa Maria della Croce, parrocchiale del casale parvus.  La notizia circa i natali casaranesi del futuro pontefice e quella del battesimo sono testimoniate da una lapide marmorea tuttora esistente, collocata dal vescovo Antonio Sanfelice (1708-1736) in Santa Maria della Croce. L’epigrafe settecentesca, come riportato nel suo stesso testo latino, sostituisce un’altra iscrizione commemorativa, più antica di trecento anni e rinnovata perché spaccata.
Un altro dato,  in sintonìa con quanto affermato in precedenza, è relativo al secondo titolo cardinalizio assunto dal Tomacelli. Si conosce ben poco del periodo che precede la sua elezione a Papa. È nota solo la decisione  di Urbano VI [7] del 1381 di crearlo cardinale diacono di San Giorgio, e nel 1385 cardinale presbitero di Sant’Anastasia. La scelta di quest’ultimo titolo sarebbe un ossequio all’omonimo cenobio benedettino, sulle serre casaranesi, in cui il giovane Pietro  aveva ricevuto la prima formazione, e (forse) aveva intrapreso la vita monastica. L’abbazia era una delle quattordici badiae inferiores, suffraganee di Santa Maria di Nerito [8], l’attuale cattedrale di Nardò.
Queste note, utili per successive indagini, chiariscono alcuni aspetti non sempre evidenziati con precisione da taluni autori [9]. In tale ambito acquista rilievo anche il riferimento a Bonifacio IX contenuto nel discorso di commiato rivolto il 5 ottobre del 1980 da Giovanni Paolo II (1978-2005) a conclusione della sua visita pastorale ad Otranto. Nell’aeroporto di Galatina (Lecce), il Pontefice – rivolgendosi alle autorità e ai fedeli – disse tra l’altro: “Con pari intensità di sentimento esprimo la mia riconoscenza ai numerosi lavoratori di Casarano, patria di Bonifacio IX e importante centro industriale del Salento”. Il periodo successivo a quello delle origini del Tomacelli trova una migliore documentazione.

Napoli. Cardinale (1381). Scisma d’Occidente. Papa (1389) [10]

Bonifacio IX

Bonifacio IX

Ancora in età giovanile Pietro seguì la famiglia a Napoli ove esisteva uno Studium Generale  fondato da Federico II di Svevia (1194-1250)  nel 1224 [11]. Nella  città partenopea [12] il Tomacelli completò gli studi e affrontò un  excursus ecclesiastico che arrivò gradualmente fino alla creazione a cardinale (1381). Il 15 ottobre del 1389, a seguito delle ferite riportate da una caduta da un mulo, morì  in breve tempo Urbano VI. La Chiesa, in quel momento, era segnata da una dolorosa divisione definita dagli storici ‘grande scisma d’occidente’ [13].
Nella successione, l’antipapa Clemente VI (Roberto di Ginevra, 1342-1394), era quasi sicuro che l’avrebbero riconosciuto unico Pontefice [14]. Ma i 14 cardinali elettori, nel conclave romano, elessero il 2 novembre il Tomacelli che scelse  il nome di Bonifacio IX. Aveva appena 35 anni. Venne incoronato Papa in San Pietro il 9 novembre del 1389.  Cercò  subito di limitare  gli effetti negativi di determinate decisioni adottate dal suo predecessore, specie all’interno della Curia. Riparò a diversi torti, liberando coloro che ingiustamente erano stati incolpati di congiure. Restituì ad alcuni cardinali la dignità. A suo favore si schierarono  i regni d’Inghilterra, Portogallo, Danimarca, Norvegia, Svezia, Polonia, Ungheria, l’Irlanda, l’Italia centrale e settentrionale, le Fiandre e il Sacro Romano Impero.
Nello stesso periodo i Turchi, guidati dal sultano Murad I [15], erano riusciti a sconfiggere i Serbi, comandati dallo zar Lazzaro,  nella battaglia del Kosovo del 1389. Con questa vittoria venne spezzata la resistenza dei popoli balcanici e  sottomessa l’intera Serbia.
Bonifacio  iniziò il suo pontificato senza essere né un esperto teologo, né persona abile nelle iniziative curiali. Con il tempo dimostrò  di sapersi muovere con sufficiente tatto, e questo non era oggettivamente facile in un’epoca  che è considerata a tutt’oggi tra le più difficili della storia della Chiesa:  ora di divisione dei cattolici, e di grande sofferenza per le comunità locali [16].
Il Papa avignonese  Clemente VII – dopo il conclave romano – scomunicò il Tomacelli e  questi rispose con uguale e contrario provvedimento. Unitamente a ciò Bonifacio tenne testa al movimento conciliarista [17] che premeva per ricomporre le divisioni attraverso l’indizione di un Concilio universale.  Egli riteneva assurdo l’essere costretto ad accettare le decisioni di un organismo (il Concilio) che si attribuiva un’autorità superiore a quella del Vicario di Cristo.

Un esempio di lacerazione nella Chiesa: la situazione  nei territori svizzeri

Data la sua posizione geografica tra le due aree di obbedienza e la frammentazione politica, il territorio che si configura all’incirca con quello dell’attuale Svizzera venne particolarmente coinvolto dalla scissione. Nella maggior parte delle diocesi si procedette  a una doppia elezione, ponendo in essere di fatto due schieramenti vescovili. Fecero eccezione da un lato la diocesi di Como (Italia settentrionale), di cui faceva parte un’ampia area dell’attuale Ticino, che riconobbe il Pontefice di Roma, e dall’altro la diocesi di Ginevra, nella Svizzera occidentale, che si mantenne fedele al Papa di Avignone. Nelle diocesi di Basilea, Costanza e Sion ebbero la prevalenza in un primo tempo i vescovi filo-avignonesi, e successivamente quelli fedeli al Papa di Roma. La svolta avvenne in seguito alla morte in  battaglia, a  Sempach (1386) [18], del duca d’Austria Leopoldo III d’Asburgo [19], che era stato un fautore e promotore del papato avignonese nei suoi Stati, e che aveva ammesso un legato avignonese a Friburgo in Brisgovia. Dopo la morte di Leopoldo, perfino la carica vescovile di Losanna, da sempre occupata da vescovi di obbedienza avignonese, fu rivendicata da un candidato di obbedienza romana, Johann Münch von Landskron (1389/90-1410), sostenuto però solo da Berna [20].

I diversi contesti storici: Sicilia

Nel 1391, anno della morte di Amedeo VII di Savoia, detto ‘il Conte Rosso’, Martino d’Aragona il Giovane (figlio di Martino I d’Aragona il Vecchio) [21], che aveva sposato (1390) Maria d’Aragona, figlia ed erede di Federico III di Sicilia, si disponeva ad andare in quest’isola per affermarvi la propria sovranità. I baroni siciliani, però, lo avversarono arrivando a chiedere a Bonifacio IX [22]  di dichiarare nullo  il succitato matrimonio [23]. A Castronovo, in una riunione riservata, essi dichiararono che avrebbero accolto come regina Maria, ma che avrebbero respinto Martino d’Aragona.
Davanti a questa presa di posizione, Martino si diresse verso la Sicilia con l’intenzione di sostenere i propri diritti. Sostenuto dal padre e dalla moglie, sbarcò a Trapani, stipulò un accordo con alcuni baroni, e alla fine pose l’assedio a Palermo che conquistò nel 1392. Assunse in tal modo il governo dell’isola. Questa situazione venne ostacolata nel 1393 da una ribellione, alla quale non era forse estraneo Bonifacio IX.  Intervenne  allora il padre di Martino, salito nel frattempo sul  trono di Aragona, che inviò rinforzi al figlio. A questo punto i baroni siciliani, considerata inutile ogni resistenza, riconobbero  l’autorità di Martino I di Sicilia [24].

Regno di Napoli [25]

Ladislao di Durazzo

Ladislao di Durazzo

Nel Regno di Napoli Bonifacio IX  riuscì a insediare un monarca  a lui fedele: il giovane Ladislao di Durazzo (1386-1414) [26], la cui storia si presenta articolata. Egli era l’erede di diritto di Carlo III d’Angiò-Durazzo e Margherita di Durazzo. Successe al padre nel 1386, ma aveva dieci anni. Spettò allora alla madre ricoprire il ruolo di reggente. Ladislao discendeva da una linea nobiliare che aveva tradizionalmente sostenuto il Papato.  Nella successione il suo avversario era un principe francese, Luigi II d’Angiò [27]. L’antipapa Clemente VII lo  aveva incoronato re di Napoli il giorno precedente l’elezione del Tomacelli. Bonifacio, ricevuto da Ladislao il giuramento di fedeltà, lo  fece incoronare re di Napoli da un suo cardinale legato a Gaeta, il 29 maggio del 1390. In tal modo Napoli ritornò all’obbedienza romana. Nel periodo successivo Bonifacio e Ladislao operarono in modo congiunto per espellere le forze angioine dall’Italia meridionale. Una volta sconfitte le forze legate a Clemente VII, Ladislao poté fare il suo ingresso nella città partenopea nel 1413.

Roma e territori pontifici

Nell’Urbe Bonifacio  riuscì lentamente a imporre la propria sovranità. Eliminò il sistema di indipendenza repubblicana, affermatosi negli ultimi decenni; l’amministrazione pubblica venne assunta da senatori incaricati dal Papa; furono riorganizzate le corporazioni artigiane. Con il supporto dello scultore e architetto  Niccolò Lamberti (1370-1451), il Pontefice intervenne per trasformare definitivamente in fortezza sia Castel Sant’Angelo che il Campidoglio (vi fece costruire nel 1389 il Palazzo Senatorio); prese il porto di Ostia al suo cardinale-vescovo;  rese più difendibili i ponti sul Tevere. Bonifacio cercò anche di mantenere un controllo su città e castelli posizionati nei territori pontifici. Non sempre ciò fu possibile. Nel 1393 sfuggì, ad esempio, all’autorità del Papa la città di Perugia, caduta in potere del capitano di ventura Biordo dei Michelotti (1352-1398) [28]. Comunque il Pontefice riuscì ad assegnare la signorìa di Spoleto e di Ancona  a due suoi fratelli, e – per evitare  nuovi conflitti –  lasciò  il potere alle famiglie locali in cambio del giuramento feudale di fedeltà e del pagamento di un tributo. In più casi  costituì in vicariati diverse terre.

Signorìa di Milano [29], Firenze e Repubblica di San Marco

Con i centri di potere che dominavano in quel tempo i territori dell’Italia settentrionale  Bonifacio  cercò di muoversi con prudenza, individuando le iniziative più adatte a favorire la politica dello Stato della Chiesa. Dovette però fermarsi in alcuni casi per gli ostacoli frapposti da Gian Galeazzo Visconti (1385-1402), a lui non favorevole [30]. Quest’ultimo, duca dal 1395, aveva proseguito la politica espansionistica della propria famiglia, conquistando Asti, Vicenza, Padova e Belluno. Per questo motivo le città dell’Italia centrale si coalizzarono formando una Lega anti-viscontea, ma tra il 1399 e il 1402 dovettero sottomettersi pure Bologna, Pisa, Siena e Perugia.
In tale contesto Firenze, retta da una ristretta oligarchia di famiglie nobiliari, inviò ambasciatori al Tomacelli per chiedere aiuto nella lotta contro il Visconti (pur dimenticando di essersi unita in Lega con Milano e altre città ostili allo Stato della Chiesa). La situazione si risolse apparentemente con la morte di Gian Galeazzo (3 settembre 1402) [31]. Il suo successore, Filippo Maria Visconti (1412-1447), non deviò comunque dalla posizione del suo predecessore. Riprese il tentativo egemonico sull’Italia centro-settentrionale, ma dovette alla fine scontrarsi con l’opposizione di Firenze e con quella della Repubblica di San Marco. Quest’ultima, era infatti intenzionata ad attuare un piano di conquista della terraferma. Lo realizzò alla fine con la presa di Treviso (1381), del Polesine (1402), di Vicenza e di Verona (1404), di Padova (1405) e del Friuli (1420).

Territori europei

Joan Wyclif

John Wyclif

Nel periodo qui in esame l’Europa sofferse per la lacerazione dell’unità ecclesiale, ma alcune situazioni stavano mutando. Si pensi ad esempio al fatto che lo stesso Papa avignonese cominciava a perdere terreno anche in Francia, un Paese  che gli era stato favorevole. In Inghilterra le prediche anti-papali di John Wyclif (1330-1384) accentuarono l’opposizione del re e dell’alto clero alla prassi di Bonifacio IX  di assicurare alla Curia romana i benefici inglesi divenuti vacanti. Inoltre il Pontefice era mal visto anche per aver introdotto alcune innovazioni nella forma di entrate note come annates perpetuae. A questo punto intervenne il Parlamento inglese confermando  ed estendendo gli statuti di Edoardo III [32] (favorevoli alla corona), e conferendo al re un potere di veto sulle nomine papali in Inghilterra. Il Tomacelli  fu sconfitto da un fronte compatto, e la lunga controversia si risolse alla fine a favore del re inglese. È rilevante comunque sottolineare che i vescovi inglesi, riuniti a Londra nel sinodo del 1396,  espressero una condanna unanime verso le posizioni  eterodosse di Wyclif.
In Germania i principi elettori tedeschi, riuniti a Rhense (20 agosto 1400), avevano revocato al poco valido  Venceslao IV il titolo regio. Al suo posto  fu scelto Rupert, duca di Baviera e conte del Palatinato Renano. Nel 1403 Bonifacio IX approvò alla fine questa deposizione e lo incoronò.
In tale contesto, e come esito di un continuo e sofferto confronto tra giuristi e canonisti del tempo, l’Università di Parigi [33], nel 1393,  arrivò alla decisione di presentare a Bonifacio e a Clemente una possibile soluzione del conflitto. In pratica dovevano abdicare entrambi così da permettere ai cardinali di eleggere un nuovo successore di Pietro.  La proposta non venne accolta anche perché  – dati i tempi – il Pontefice e l’anti-papa non vedevano nell’assise conciliare un organo super partes.
Il 16 settembre del 1394 morì ad Avignone Clemente VII. I cardinali francesi elessero  in tempi  brevi (il 28 dello stesso mese) il suo successore. Si trattò del cardinale Pedro de Luna (1328-1423) [34] che scelse il nome di Benedetto XIII. La frattura nella Chiesa in tal modo si consolidò. In tempi successivi anche al Tomacelli fu suggerito di abdicare. Tale  proposta venne presentata nel 1396 dal re Riccardo II d’Inghilterra (1367-1400), rinnovata nel 1397 dalla Dieta di Francoforte, e ancora indicata nel 1398 dal re Venceslao IV di Lussemburgo (1361-1419).  L’insuccesso di queste iniziative costituì un rafforzamento  del movimento conciliarista.

Impero bizantino [35]

Nei territori rimasti sotto il controllo di Costantinopoli divenne pressante ai confini l’avanzata militare ottomana. Sul trono  bizantino, in quel momento,  c’era Manuele II Paleologo (1350-1425).[36] Questo monarca fu co-reggente dal 1373 e imperatore dal 1391. Quando nel 1394 il sultano Bayezid I[37] iniziò gli attacchi contro i Bizantini[38], isolando Costantinopoli in modo da impedirle l’approvvigionamento alimentare, Manuele chiese aiuto all’Occidente e ottenne sostegno. Fu infatti indetta la crociata di Nicopoli (1396), che tuttavia si risolse in un disastro e non riuscì a risollevare le sorti dell’impero. A questo punto, Manuele partì personalmente per l’Occidente (1399) in cerca di rinforzi e vi rimase fino al 1403. Quando ormai la fine sembrava imminente, i Timuridi invasero l’Anatolia e nella battaglia di Ancyra del 1402 Bajazet fu fatto prigioniero. In seguito a questi avvenimenti, nell’impero ottomano scoppiò la guerra civile, della quale Manuele, grazie al suo genio diplomatico, riuscì ad approfittare per riacquisire alcuni territori dell’impero, tra cui Tessalonica.
Manuele fu capace di mantenere la pace con gli Ottomani fino al 1422. Da quel momento in poi ripresero le ostilità perché suo figlio, Giovanni VIII Paleologo (1370 ca-1410 ca), si era intromesso nella successione ottomana. Da ciò derivarono gli assedi di Costantinopoli e di Tessalonica. Nel 1423 quest’ultima città fu ceduta ai Veneziani, poiché l’impero non era più in grado di difenderla. Manuele morì in un convento nel 1425 e gli viene riconosciuto il merito di essere riuscito, durante i trentaquattro anni del suo impero, a rallentare la caduta dell’impero bizantino.
Nell’ambito del contesto succitato, occorre ricordare che Bonifacio IX fu tra coloro che si manifestarono concretamente disponibili a sostenere Manuele II Paleologo. Infatti, negli anni 1398 e 1399, il Papa volle emanare  due Bolle, con le quali  veniva chiesto alle nazioni occidentali di promuovere una nuova crociata. Nel caso che non ci fossero stati i mezzi per supportare tale impresa militare, il Pontefice chiedeva d’inviare comunque a Costantinopoli soldati, soldi e viveri.

Bonifacio IX e la riforma della Chiesa

Santa Caterina da Siena

Santa Caterina da Siena

Con riferimento agli aspetti religiosi del pontificato di Bonifacio IX occorre tener presente, prima di tutto,  che  all’interno della Chiesa molti testimoni  della fede avevano  operato e continuavano ad agire per una riforma spirituale capace di modificare situazioni di contro-testimonianza. Si può qui ricordare, ad esempio, l’opera di Caterina da Siena (1347-1380) [39] e quella di Brigida di Svezia (1303ca-1373) [40]. Merita però attenzione anche la figura di Giovanni Dominici, al secolo Giovanni Banchini o Baccini. Nato a Firenze nel 1356, entrò nell’Ordine Domenicano [41] nel 1372, dopo essere guarito, secondo la tradizione, per intercessione di Caterina da Siena, dalla balbuzie, che gli aveva impedito due anni prima l’ingresso tra i Frati Predicatori. Completati gli studi teologici a Parigi, insegnò e predicò per dodici anni a Venezia. Con l’approvazione del superiore dell’Ordine, il beato Raimondo da Capua (1330 ca-1399), fondò conventi di stretta osservanza a Venezia, Chioggia, e a Fiesole. In quest’ultima località si formarono importanti figure religiose, tra le quali quella di Antonino Pierozzi  (1389-1459) [42]. Il Dominici fece edificare  anche  il monastero del ‘Corpus Domini’ a Venezia per le suore domenicane di stretta osservanza.
Alla morte di Innocenzo VII [43], durante lo scisma d’occidente, venne inviato in qualità di ambasciatore della Repubblica di Venezia al conclave del 1406. Vi ricoprì un ruolo significativo nella fase antecedente l’elezione del veneziano Gregorio XII [44]. Questi lo scelse come suo confessore e consigliere, lo nominò vescovo di Ragusa (1407), lo creò cardinale nel 1408, e lo inviò ambasciatore in Ungheria, per tentare di ottenere un appoggio  dall’imperatore Sigismondo [45] contro l’anti-papa Benedetto XIII [46].
Per mettere fine allo scisma, il Dominici  consigliò Gregorio XII di ritirarsi, e annunciò al Concilio di Costanza le dimissioni volontarie del Papa. Davanti ai Padri dell’assise ecclesiale rinunciò al cardinalato, ma questi gli resero la porpora. Il successore di Gregorio, Martino V [47], lo nominò legato in Boemia il 19 luglio del 1418 per affrontare l’eresia hussita [48], ma ottenne scarsi risultati per l’inerzia di Venceslao IV [49]. Le sue reliquie,  conservate a Buda (vi morì nel 1420), si persero con la distruzione ad opera dei Turchi (1541) della chiesa degli Eremiti di San Paolo [50].

Il Giubileo del 1390 [51]  

Nel 1390 venne celebrato un Giubileo che era stato indetto in precedenza da Urbano VI con la Bolla Salvator noster Unigenitus. Il periodo di intervallo tra gli Anni Santi ordinari fu ridotto a trentatré  (con riferimento agli anni  della vita terrena di Gesù).  Alle tre basiliche ove già si poteva lucrare l’indulgenza  (San Pietro, San Paolo fuori le Mura, San Giovanni in Laterano), venne aggiunta anche quella di Santa Maria Maggiore. In tal modo tutte e quattro le basiliche patriarcali furono inserite negli itinerari giubilari.
Questo evento ecclesiale, celebrato da Bonifacio IX, orientò verso il Tomacelli il consenso di diverse popolazioni, ma si svolse in una Chiesa divisa. Il Papa avignonese (Clemente VII) proibì ai propri fedeli (specie francesi e spagnoli) di parteciparvi. Malgrado ciò, non mancò un notevole afflusso di pellegrini a Roma provenienti da più territori: Germania, Ungheria, Polonia, Boemia, Inghilterra, Spagna. Tra i ‘romei’ più illustri la cronaca del tempo ricorda Venceslao IV, re di Boemia e di Germania (1361-1419), e Alberto V d’Este, marchese di Ferrara e di Modena (1347-1393). Quest’ultimo, con un seguito di 320 cavalieri, in abito penitenziale [52],  presa la ‘via di Romagna’, giunse il 23 febbraio del 1389 ad un miglio dall’Urbe. Qui, fu accolto da una delegazione inviata da Bonifacio IX, formata da cinque cardinali, dal Gran Maestro dei Cavalieri di San Giovanni [53] (oggi Cavalieri di Malta) e da diversi nobili.
Il Pontefice si mostrò molto ospitale verso il marchese, e gli  concesse vari benefici: la cancellazione del debito estense verso la Camera apostolica per annualità censuarie in precedenza non pagate, il rinnovo dell’investitura di vicariato sul proprio dominio, la legittimizzazione di Niccolò, suo figlio naturale. Il successo maggiore fu quello che riguardò quei beni secolari che nel Ferrarese si trovavano a vario titolo vincolati a chiese o luoghi pii. Alberto V sensibilizzò il Papa sulla delicata situazione che rischiava di trasformare gradualmente il patrimonio secolare in ecclesiastico. Al riguardo,  con la Bolla bonifaciana del 1392, si dispose la libertà di commercio, di contrattazione e di successione per i beni della città e del territorio ferraresi sottoposti ad un qualsiasi diritto ecclesiastico; quanto ai titolari di contratti di livello o enfiteutici venne riformata a loro vantaggio la materia della restituzione – per debiti o canoni non pagati – ai legittimi proprietari (per la maggior parte chiese e monasteri) delle terre godute in concessione. Venne naturalmente fatto salvo ogni diritto di dominio diretto da parte di enti o persone ecclesiastiche. Altro risultato del pellegrinaggio romano di Alberto V d’Este, oltre al conferimento da parte di Bonifacio IX della Rosa d’oro, fu la Bolla pontificia del 4 marzo 1391 con la quale si decretò la fondazione dell’Università ferrarese: il nuovo Studium ebbe privilegi analoghi a quelli bolognesi e parigini, e l’ateneo  iniziò la sua attività il 18 ottobre successivo.
Unitamente a ciò il Papa chiese ad Alberto IV d’Este di rompere l’alleanza con il duca di Milano e di tutelare i beni della Chiesa in Italia settentrionale, il cui possesso era ambito dal Visconti che già aveva sostenuto una congiura (poi fallita) per impossessarsi di Bologna.
Al re d’Inghilterra  Riccardo II (1367-1400) [54], al monarca del Portogallo Giovanni I (1357-1433), e ad alcuni duchi della Baviera, il Papa concesse  di poter celebrare il Giubileo, alle condizioni canoniche previste, nei rispettivi Paesi. Anche Edvige (santa, 1374-1399), regina di Polonia, chiese a Bonifacio IX – ottenendola – la concessione di poter celebrare il Giubileo nel proprio Paese, così da consentire a tutti i sudditi (polacchi, lituani e ruteni) di acquisire i benefici spirituali dell’Anno Santo.
Unitamente a ciò, il Tomacelli, all’avvicinarsi della fine del secolo, e davanti  a un afflusso consistente di pellegrini a Roma alle soglie del 1400, confermò il perdono straordinario anche per quell’anno secolare. Proprio in una lettera di quel periodo [55], si trova il primo riferimento noto alla Porta Santa in San Giovanni in Laterano e alle cerimonie a questa connesse.

L’istituzione della festa della Visitazione di Maria (1390) [56]

La basilica di Santa Maria Maggiore in una incisione del XIX secolo

La basilica di Santa Maria Maggiore in una incisione del XIX secolo

Un evento religioso di particolare importanza del pontificato di Bonifacio IX fu l’istituzione della festa liturgica della Visitazione di Maria. Tale decisione fu preparata in anni precedenti  dall’azione  di un energico personaggio: Giovanni Jenštein (1348-1400). Quest’ultimo, divenuto arcivescovo di Praga e cancelliere dell’imperatore Venceslao IV nel 1378, dopo aver preparato di persona i testi della messa e dell’ufficio per la nuova festa liturgica, e dopo aver fatto ricercare dai  propri esperti i fondamenti biblici e canonici per l’istituzione, nel sinodo diocesano del 16 giugno 1386 promulgò per la propria diocesi l’introduzione della festa della Visitazione della Madonna, da celebrarsi il 28 aprile di ogni anno.
L’alto ecclesiastico volle poi scrivere su questo argomento a vescovi e a superiori generali, per estendere la festa in più diocesi.  Mandò  inoltre  varie petizioni a Urbano VI per l’istituzione della festività in tutta la Chiesa. Dopo aver già invitato il Pontefice  nel 1385 a dimostrare gratitudine alla Madonna per averlo liberato dall’assedio di Nocera [57], nell’estate del 1386 [58] insistette in modo ancor più deciso per far estendere  la festa mariana in tutta la Chiesa.
Urbano VI accolse con favore l’istanza, ma si limitò solo a promettere l’istituzione di una tale festa, dato che in quel momento era con la Curia quasi in esilio a Genova. Il Pontefice fece poi ritorno a Roma nei primi giorni del settembre 1388. Poté allora esaminare il lavoro svolto dalla commissione di teologi, alla quale aveva affidato l’esame della possibilità di istituire la nuova festa mariana. Discusse inoltre più volte  con i cardinali su questo argomento.
Si giunse in tal modo all’apertura del concistoro pubblico dell’8 aprile 1389. In presenza di cardinali e di prelati, il ‘maestro’ del palazzo apostolico rivolse una  richiesta ufficiale al Papa mirata a far promulgare la festa della Visitazione. Urbano VI promulgò solennemente tale festa sottolineando  che il motivo dell’iniziativa era legato alla speranza di veder risolto lo scisma d’occidente. In aggiunta a questo, per meglio onorare la nuova festività, indisse un Giubileo per l’anno seguente (il 1390) ove l’indulgenza poté essere lucrata anche presso la basilica di Santa Maria Maggiore.
In tal modo i membri della Curia romana cominciarono a preparare la nuova festa e la celebrazione dell’Anno Giubilare. Nel maggio (o giugno) del 1389, in un secondo concistoro pubblico, il Papa stabilì che la festa della Visitazione doveva essere fissata nel calendario liturgico in data 2 luglio, e che doveva avere la vigilia e l’ottava come quella del ‘Corpus Domini’, cui veniva equiparata quanto alle indulgenze.

Bonifacio IX e la Festa della Visitazione di Maria

Urbano VI, anche se aveva celebrato solennemente nel 1389 la festività  a Santa Maria Maggiore, non era però riuscito a pubblicare la Bolla di promulgazione della festa della Visitazione perché impegnato nella preparazione dell’Anno Santo, e perché alcuni teologi curiali – contrari all’ufficio liturgico dell’arcivescovo di Praga – stavano preparando un testo alternativo. Egli morì il 15 ottobre del 1389. Nel marzo 1390, tra i numerosi pellegrini giunti a Roma per il Giubileo, ci fu anche l’arcivescovo  Giovanni Jenstein, il quale trascorse  nell’Urbe alcune settimane. Approfittò di tale circostanza anche per sollecitare dal nuovo Pontefice, Bonifacio IX, la pubblicazione della Bolla d’introduzione della festa della Visitazione di Maria in tutta la Chiesa.
A questo punto il Papa, dopo aver fatta esaminare la questione a quattro cardinali, emanò la Bolla Superni benignitas conditoris, con la quale la nuova festività mariana venne estesa a tutta la Chiesa d’Occidente.[59] Il documento fu datato ufficialmente 9 novembre 1389 (lo stesso giorno  dell’incoronazione di Bonifacio IX).  Acquistò in tal modo efficacia normativa quanto Urbano VI aveva già stabilito. Nel testo della  Bolla papale non  venne però indicato l’ufficio liturgico da usare. Per questo motivo furono utilizzati vari testi per la celebrazione,[60] anche se vennero preferite in prevalenza le ore canoniche composte aritmicamente (secondo i gusti del tempo) da un cardinale della Curia, l’inglese Adamo Easton (13??-1397) [61].
La nuova celebrazione della Visitazione venne accolta all’inizio solo dai fedeli in comunione con il Pontefice di Roma, mentre i fautori di Clemente VII la ignorarono o  avversarono. Così, dopo lo scisma, il Concilio di Basilea, nella sessione del 1° luglio 1441, dovette  riconfermare la Bolla di Bonifacio IX: solo allora fu possibile affermare che, a livello giuridico, la celebrazione del 2 luglio era divenuta una realtà per tutta la Chiesa d’occidente.

La canonizzazione di Brigida di Svezia (1391)

Brigida di Svezia

Brigida di Svezia

Altro evento che si collocò negli anni di pontificato di Bonifacio IX fu la canonizzazione di Brigida di Svezia (1303-1373) [62]. Quest’ultima fu una religiosa e mistica svedese, fondatrice dell’Ordine di Sant’Agostino del Salvatore (detto delle Brigidine). La prima fase  della sua vita fu quella di una laica felicemente sposata. Dal suo matrimonio nacquero otto figli [63]. Rimasta vedova nel 1344, Brigida seppe affrontare un’ascesi spirituale che la condusse a percorrere anche le strade di diversi pellegrinaggi, a fissare la propria sede a Roma, a intervenire presso il Papa per il bene della Chiesa. L’unione mistica con Cristo  fu segnata da visioni e colloqui, e le consentì di svelare i disegni di Dio sugli avvenimenti storici  a molteplici interlocutori. Ella non risparmiò dure ammonizioni in tema di riforma morale del popolo cristiano. Le sue ‘Orazioni’ rimangono a tutt’oggi un notevole patrimonio spirituale, mentre alcune visioni (specie quella sulla Natività) influirono successivamente anche sull’attività di molti pittori.
Brigida venne proclamata santa appena diciotto anni dopo la sua morte. E del resto, a molti suoi contemporanei, era noto  il cammino di santità che aveva percorso. A promuovere la causa  furono la figlia Caterina, i sacerdoti che le erano stati vicini e anche dei sovrani, in particolare Alberto I di Svezia (1338ca-1412) [64] e Giovanna di Napoli (Giovanna I d’Angiò, 1326-1382). Nel novembre del 1375 Gregorio XI, residente ancora ad Avignone, avviò (Bolla Saepe a multis accepimus) l’indagine sulla vita, la fama e i miracoli di Brigida. Una volta raccolto il materiale, specie a Roma, Napoli e Vadstena (Svezia), Caterina lo consegnò a Gregorio XI, che nel frattempo era tornato nell’Urbe, insieme con il testo latino delle Rivelazioni curato dal vescovo  Alfonso Pecha di Guadalati (1329/1330-1388) [65]. All’inizio del 1377, presso la Curia romana,  fu aperto il processo di canonizzazione. Gregorio XI morì nel marzo di quello stesso anno, il suo successore Urbano VI, estimatore di Brigida, sostenne le fasi del processo canonico ma non riuscì a concluderlo in tempi brevi per il perdurare dello scisma di Occidente.
Nel 1380 Caterina, perdute le speranze di poter assistere di persona  alla canonizzazione della madre, tornò in Svezia, dove  concluse il suo cammino terreno il 24 marzo del 1381. Nei dieci anni successivi morirono altri testimoni della vita di Brigida: il vescovo Alfonso, Pietro Olavsson di Alvastra (deceduto nel 1390) [66] e in ultimo il figlio Birger (1391). Alla fine, con Bonifacio IX,  fu possibile arrivare al rito della canonizzazione, che si svolse a Roma, in San Pietro, il 7 ottobre del 1391 [67].

Interazione  tra Bonifacio IX  e famiglie religiose. Un esempio nel Meridione

Insieme agli eventi descritti in precedenza, si colloca  una significativa interazione tra Bonifacio IX e diverse Famiglie religiose; lo attestano, ad esempio, tre  Bolle del Papa che coprono il periodo 1395-1397, e che  riguardano i Frati Predicatori operanti nel  Meridione,  tra i paesi del medio Volturno. Qui,  per oltre quattrocento  anni, il convento domenicano  di Piedimonte in Terra di lavoro [68] costituì un importante centro di spiritualità e di cultura. Lo attestano tre documenti pontifici che lo riguardano e che sono tutti di Bonifacio IX.
Il primo venne indirizzato  dal Pontefice “Episcopo allifano, ut monasterii sancti Salvatoris moniales alio transferat, et ibidem coenobium fratrum praedicatorum construendum curet” [69]. La nobildonna Sveva Sanseverino Gaetani (1340ca-1425),  Signora di Piedimonte, pronipote di San Tommaso d’Aquino, aveva fatto osservare che “in monasterio sancti Salvatoris ordinis  sancti Benedicti Allifane diocesis, propter guerras que in illis partibus viguerunt, et vigent, ipse moniales jamdiu recidere minime  presumpserunt, nec presumunt et quatuor earum, que dumtaxat remanserunt, extra idem monasterium commorantur…”.
La nobile signora aveva chiesto  “dictum monasterium estingui, ac eius nomen sopprimi, illudque in domum fratrum praedicatorum… redigi, seu transferri”, e il Papa ora scriveva al vescovo  “fraternitati tue, per apostolica scripta mandamus quatenus nomen dicti monasterii sancti Salvatoris nuncupati auctoritate nostra supprimas… et ipsas quatuor moniales superstites… transferas…; et deinde, post huiusmodi transitum predictis Magistero, et fratribus, dictum monasterium… concedas… Datum Rome apud sanctum Petrum, X Kal, Jul. Pont. Nostri anno sexto.”
Ma non se ne fece niente. Il monastero benedettino, risalente al 770, pia fondazione di Arechi II (734ca-787) duca di Benevento [70], rimase al suo posto (presso l’attuale stazione ferroviaria di Piedimonte) fino al 1568, quando venne trasferito nell’abitato, nell’attuale sede,  in applicazione delle direttive emanate dal Concilio di Trento che non ammise più la presenza di monasteri femminili posizionati nelle campagne.

Poveri, malati, pellegrini

Il secondo documento [71] fu diretto “Priori Provinciali Regni Sicilie et fratribus Ordinis Praedicatorum, secundum morem dictorum fratrum”. Riguardava  il “coenobium ordinis fratrum Praedicatorum extra muros castri Pedemontis costituendi”.
Una seconda petizione di Sveva, e stavolta anche del marito Jacopo Gaetani, chiedeva al Papa non un allontanamento di monache, ma l’approvazione di una nuova fondazione: “… quod olim ipsa Sveva cupiens terrena  in coelestia, et transitoria in aeterna felici commercio commutare, vobis quendam locum, pro usu et habitatione vestra ad hoc congruum, et honestum, extra muros castri Pedemontis, Alitane Diocesis, de bonis sibi a Deo collatis pie donavit, in quo etiam Ecclesia cum cemeterio, campanili, campana, domibus, hortis, hortalitiis, et aliis necessariis officinis pro huismodi usu et  habitatione vestris edificare cepit, et etiam quoddam hospitale pauperum, ad honorem et sub vocabolo sancti Dominici confessoris pro recepitone  peregrinorum et infirmorum, ac etiam substentatione, pauperum pro tempore prope dictum locum de novo fundavitad, ad hoc loci Ordinarii non accedente licentia seu consensus…”.
Ne emergono due aspetti nodali: il primo è l’opposizione del vescovo Giovanni Alferio [72] (fu questa la causa per cui la precedente Bolla era rimasta senza effetto?); e l’altro è l’elemento rarissimo nella storia dell’Ordine Domenicano, dedito ad attività culturale più che a beneficenza:  è l’hospitale pauperum et peregrinorum annesso al convento.
Donna Sveva aveva chiesto, e il Papa ora approvava e comunicava ai Domenicani, che l’ospedale “sub redimine vestrum et successorum vestrorum esse debeat, ita quod… infirmis eisdem ecclesiastica Sacramenta ministrare, ac defunctorum in eodem hospitali  corpora in predicto cemeterio sepelire teneantur…”.
I Domenicani dovevano tenere la direzione dell’ospedale “… ita quod… per idoneos ministros,  quos ad id duxerint pro tempore ad solum nutum eorum deputandos, et removendos… possint, et debeant statuere”. Tutto questo affinché “pauperum utilitatibus uberius consulatur”.
Il Papa passava sopra all’opposizione del vescovo, “ad hoc eiusdem Diocesani loci, vel alicuius alterius licentia super  hoc minime requisita”, e obbligava i religiosi a rispettare i diritti del clero secolare “jure tamen parochialis ecclesie et cuiuslibet alterius in omnibus sempre salvo… licentiam elargimur”.
Il Pontefice insisteva: “… ut hospitale prefatum salubrius et efficacius prosperetur, et ferventius insistatur ad receptionem et refectionem infirmorum, et  pauperum predictorum…”, metteva l’ospedale e il personale sotto la sua immediata protezione: “… hospitale prefatum et eius ministros… sub Nostra et eiusdem Sedis protectione suscipimus… illudque ab omni jurisdictione, protestate et dominio tam Episcopi quam Capituli alifani quam cuiuslibet alterius  judicis ordinarii tataliter et perpetuo auctoritate Apostolica eximentes… Datum Rome apud sanctum Petrum VI Id. Apriliis Pont. Nostri anno decimo.”
È un documento di notevole interesse nel quale colpisce l’insistente esortazione a provvedere alle necessità dei poveri, dei malati e a quelle dei pellegrini.

Privilegio spirituale

Il terzo documento di Bonifacio IX  è un Breve [73] di cui si riporta qui di seguito il testo.
“BONIFACIUS episcopus  servus servorum Dei. Universis Christifidelibus presentes litteras / inspecturis salutem et Apostolicam benedictionem. Licet i de cuius munere venit  ut sibi a suis fidelibus digne et laudabiliter servatur de abundantia sue pietatis que merita / supplicum excedit et vota  beneservientibus sibi multo majora retribuat quam valeant promerere, nihilominus tamen desiderantes domino populum reddere acceptabilem / et  bonorum operibus sectatorum fideles ipsos ad complacendum et quasi quibusdam allectans muneribus indulgentiis videlicet et remissionibus invitamus ut / exinde reddantur  divine gratie aptiores.
Cupientes igitur ut ecclesia sancti Dominici de Pedemonte, Alifane diocesis, a Christifidelibus congruis honoribus frequentetur et ut fideles ipsi causa devocionis er libencius confluant et ad eius reparacionem manus promptius porrigant adiutrices quo ex  hoc ibidem / celestis dono gratie conspexerint se refectos de omnipotentis Dei misericordia et beatorum Petri e Pauli Apostolorum eius auctoritate  confisi / omnibus vere penitentibus et confessis qui eandem ecclesiam sancti Dominici in festivitate sancti Thome de Aquino devote visitaverint annuatim / et ad reparacionem huismodi manus porrexerint adiutrices illam indulg… remissionem suorum peccatorum auctoritate Apostolica tenore /  presencium concedimus quam ecclesiam beate Marie in Portiuncula… de Angelis extra muros Assisinatem primo et secundo di / ebus Augustini  visitantes annuatim quomodolibet consecuuntur, volumus autem quod si alias visitantibus dictam ecclesiam aut ad eius repara / cionem manus  porrigentibus adiutrices seu alias inibi pias elemosinas erogantibus aut alias, per nos aliqua alia indulgentia in perpetuum vel / ad certum tempus  nondum elapsus duratura per nos concessa fuerit presentes littere nullius existant roboris vel momenti. /
Datum Rome apud sanctum Petrum in Kalendis Februarii Pontificatus nostri Anno Nono.
Gratis de mandato domini nostri  Pape. Perlacus.
[Scrittura posteriore] Indulgentia nel convento di San Tommaso nel suo giorno. (Dietro regesto posteriore, di cui la seconda parte: “… nel giorno suo in Piedimonte”, e la prima in latino, quasi illeggibile: Nota quod bulla ista facta fuit anno Domini 1387, et per beneficium usque ad presentem diem in presenti vero anno Domini 1521… venit quod habet annos 134.
[Si noti l’errore del copista che scambia il 1397 per 1387].
Come data precede al secondo riportato. È del 1 febbraio 1397. Si deve pensare che questo Breve venne emanato durante la costruzione, e che il precedente, emanato pure mentre erano attive le fabbriche, costituì una messa a punto programmatica, e un ordine di silenzio alle opposizioni. Il privilegio spirituale concesso è di grande importanza, se si pensa che è lo stesso della Porziuncola (Perdono di Assisi) [74], dato per un convento nuovo, senza storia, e posizionato in un piccolo borgo. Non vi si trova un esplicito cenno all’ospizio dei pellegrini e all’ospedale, ma per lucrare l’indulgenza si insiste sul contributo alla ‘reparatio’, condizione (con la visita) dell’acquisto.

Il Giubileo del 1400 [75] Confraternite, ospizi, cimiteri

Il centenario del I° Giubileo venne proclamato da Bonifacio IX per rispettare la scadenza dei cinquanta anni decisa nel 1350. Non venne emanata una Bolla di indizione. Per acquistare le indulgenze  si estese la visita anche alle basiliche di San Lorenzo fuori le Mura, Santa Maria in Trastevere, Santa Maria Rotonda, che si aggiunsero così alle quattro basiliche maggiori, già scelte nei precedenti anni santi. Il Papa, a motivo delle tensioni  interne ed esterne all’Urbe,  era riparato a Spoleto, poi si era trasferito a Foligno, e in seguito ad Assisi. Per  dare inizio all’Anno Santo i romani  dovettero così inviare una delegazione per convincerlo a tornare in città. C’è da aggiungere che a Roma  fu necessario fronteggiare pure una nuova epidemia di peste, mentre una presenza di briganti lungo le vie giubilari complicava ulteriormente la situazione.
Tale contesto non favorì l’arrivo di un alto numero di pellegrini, ma le cronache del tempo registrarono comunque dei fatti significativi. Dalla Provenza (Francia) e dalla città di Chieri (Piemonte) si mossero anche delle pie confraternite di penitenti, dette ‘Compagnie dei Bianchi[76] per il colore delle loro lunghe vesti sulle quali spiccavano grandi croci rosse e un cappuccio coronato di spine. Tali aggregazioni, dette anche dei ‘Flagellanti’ o dei ‘Battuti[77], percorsero a piedi nudi città e campagne colpendosi il petto e le spalle con verghe e flagelli, al canto di litanie e dello Stabat Mater [78].
C’è pure da ricordare il fatto che per opera di fedeli tedeschi venne fondato il primo hospitium (Santa Maria dell’Anima [79], struttura a tutt’oggi conservata) destinato ad accogliere e a sostenere i pellegrini di lingua tedesca, mentre l’Ordine Militare dei Cavalieri Teutonici, promosse la costruzione di un cimitero che si può attualmente visitare in territorio vaticano [80].

In particolare: la Confraternita dei Bianchi [81]

Nel 1399 l’Italia venne percorsa da nord a sud – al grido di ‘pace e misericordia’ – dalla Confraternita dei Bianchi Battuti, comunemente detti Bianchi.  Secondo una leggenda, all’origine del movimento, sorto molto probabilmente  in Provenza (Francia), ci sarebbero alcune apparizioni miracolose avvenute in diverse parti d’Europa per riportare la pace negli animi. La prima data certa della nascita dei Bianchi è  quella del 5 marzo 1399. In quel giorno, a Chieri (Torino), uomini e donne coperti di bianche tuniche, la testa nascosta da un cappuccio che aveva solo due fori per gli occhi, sul capo e sul petto una croce rossa e con i fianchi serrati da corde, scesero in piazza pregando e flagellandosi a sangue chiedendo perdono a Dio per i peccati commessi.
Ben presto questo nucleo iniziale fece proseliti e si estese in più città. Dopo aver raggiunto Alessandria, i penitenti – il 7 luglio del 1399 – raggiunsero Genova. Gian Giacomo Fieschi, arcivescovo della città (dal 1382 al 1400), benché anziano e malato, seguì a cavallo [82] la processione dei Bianchi che i cronisti del tempo stimarono in circa trentamila persone. Da Genova il movimento si divise poi  in due tronconi principali. Uno si diresse verso Venezia guidato dal già ricordato Giovanni Dominici, l’altro si spinse lungo il Tirreno. L’8 agosto 1399 i Bianchi arrivarono a Lucca, il 13 a Pistoia, e poco alla volta scesero fino in Umbria.
Altri flussi di penitenti raggiunsero il 9 agosto Bergamo, Milano, Ferrara (dove alla testa della processione dei Bianchi si pose il marchese Nicolò d’Este [83]), Rimini (che vide la partecipazione di Carlo Malatesta [84] e di Carlo Gonzaga). I Bianchi furono segnalati anche a Napoli, in Calabria, e in Puglia. Il 6 settembre 1399 partirono in diecimila da Orvieto (Terni); il 7 un altro gruppo iniziò la propria peregrinazione da Sutri (Viterbo) dietro una croce portata dal conte Nicolò dell’Anguillara, ed entrò in Roma cantando la lauda ‘Misericordia, eterno Dio’.
Bonifacio IX  restò all’inizio dubbioso. In seguito si rese conto dell’autentica pietà che animava i pellegrini  e partecipò alle processioni con principi e cardinali. Promulgò inoltre  il ‘perdono di colpa e di pena’ a chi avesse fatto penitenza per nove giorni. Indisse infine  l’Anno Santo del 1400.

Il diffondersi di dottrine eterodosse

Jan Hus

Jan Huss

In ambito religioso occorre, ancora, riservare un’attenzione specifica verso il diffondersi di dottrine eterodosse che nell’ Europa del tempo stavano inquinando il patrimonio di fede della Chiesa cattolica. Dopo John Wyclif (1330-1384) [85] e il movimento dei Lollardi [86], emergerà la figura del riformatore religioso boemo Jan Huss (1369?-1415) [87]. Questi, terminati gli studi all’università di Praga, verrà ordinato prete nel 1400 iniziando subito a predicare in ceco. Conosciuti gli scritti del riformatore inglese John Wycliff grazie a Girolamo da Praga, li tradurrà in ceco, trasformandoli nei fondamenti teorici della sua predicazione.
Diverrà professore alla facoltà di teologia dell’università di Praga, facendone un centro di diffusione delle sue idee di riforma della Chiesa ispirate a Wycliff di cui accoglieva in particolare la critica della gerarchia ecclesiastica e la dottrina della predestinazione. Scomunicato per le sue posizioni (1411), troverà un seguito nella piccola nobiltà boema e, almeno all’inizio, l’appoggio dello stesso re Venceslao IV. Costretto a lasciare Praga, continuerà nella campagna boema la sua predicazione che, a contatto con le dure condizioni di vita dei contadini, assumerà toni sempre più radicali. Nel 1414 Hus andrà a Costanza per esporre le sue dottrine davanti al Concilio, con un salvacondotto rilasciato dall’imperatore Sigismondo. Non convincerà l’assemblea, e si rifiuterà di  ritrattare le proprie posizioni. Arrestato, sarà  condannato alla pena capitale eseguita il 6 luglio del 1415; l’episodio affrettò i tempi della rivoluzione ussita che scoppiò nel 1419 [88].

Aspetti culturali del pontificato

Sul piano culturale è importante ricordare che le università di Ferrara (1391) e  di Fermo (1391) devono la loro origine a Bonifacio IX, mentre quelle di Pavia e di Erfurt il loro riconoscimento, rispettivamente nel 1389 e nel 1392. Acquista inoltre particolare valore storico sia il rapporto tra questo Pontefice e l’Ordine dei Servi di Maria, sia i contatti tra il Tomacelli e il regno di Polonia. Vediamo  distintamente le diverse situazioni.
Ferrara (in Emilia-Romagna) nel 1267 era divenuta Signorìa degli Estensi [89], famiglia che farà di tale possedimento uno dei principali centri economici, culturali e artistici del Rinascimento. In questo periodo la città richiamerà pittori (Pisanello [90], Mantegna [91], della Francesca [92]), architetti (Rossetti [93]) e letterati (Ariosto [94], Tasso [95]), e saprà rinnovarsi profondamente sul piano urbanistico. Lo Studium ferrarese trarrà la propria origine dalla Bolla di Bonifacio IX del 4 marzo 1391 con la quale, rispondendo alla richiesta del marchese Alberto V d’Este, verrà concesso il sorgere in Ferrara di un’università dotata delle facoltà di teologia, di diritto e di medicina, con gli stessi privilegi riconosciuti ai docenti e agli studenti dello Studium Generale di Bologna e di quello di Parigi [96]. Vi insegneranno fin dall’inizio docenti molto noti, come il giurista Saliceto [97], Guarini [98] (che avrà  tra gli allievi il futuro Pontefice Pio II Piccolomini).
Fermo (nelle Marche) dal 1199 sarà un libero comune. Passerà  poi definitivamente alla Chiesa nel XV secolo [99].
Con riferimento all’università di  Pavia occorre ricordare che è una delle più antiche d’Italia. Già nell’825 Lotario I aveva istituito, con un Capitolare datato da Corteolona, una scuola  verso la quale convergeranno giovani di larga parte dell’Italia settentrionale; ma è nel 1361 che Carlo IV, su richiesta di Galeazzo II Visconti, vicario imperiale, fonderà in questa città uno Studium Generale, con privilegi analoghi a quelli delle scuole di Bologna, Parigi e Montpellier. In seguito Gian Galeazzo lavorerà per consolidare l’istituzione, e nel 1389 otterrà da Bonifacio IX un riconoscimento, con l’ulteriore privilegio di esercitarvi anche l’insegnamento teologico.
Alla fine del secolo l’università era ormai fiorente, numerosi gli studenti (provenivano anche d’oltralpe). Lo Studium era costituito da due Università distinte, dei giuristi (diritto civile e canonico), e degli artisti (medicina, filosofia e arti liberali). A capo  dell’università  veniva eletto annualmente un rettore che era in genere uno studente di età superiore ai venti anni. Si conferivano gradi accademici  a tre livelli: il bacellierato, la licenza e il dottorato. Malgrado le difficoltà politiche e gli inevitabili disagi dovuti alle guerre e alle pestilenze, l’università conoscerà nel Quattrocento un periodo di esteso sviluppo. Nel 1412 Filippo Maria Visconti consoliderà lo Studium pavese chiamandovi maestri illustri, e confermando gravi pene volte a impedire che gli allievi andassero a studiare altrove.
Nella Germania centrale Erfurt, in Turingia, offrì con le sue istituzioni un forte impulso culturale. Nella prima metà del XIV secolo lo Studium Generale di questa città divenne  il più importante centro di studi del Sacro Romano Impero. Nel 1392 da esso nacque  la terza università della  Germania. Nelle sue aule – tra il 1501 ed il 1505 –  studiò anche il giovane Martin Luther (1483-1546) che vi conseguì  il titolo  di Baccalaureus artium.

I Servi di Maria. L’azione di santa Edvige [100] in Polonia

Sempre sul piano culturale rileva anche sottolineare una positiva interazione tra l’Ordine dei Servi di Maria [101], detti anche Serviti (Ordo Servorum Beatae Virginis Mariae) e i Pontefici. Quasi fin dalle origini  questi religiosi riceveranno dai Papi la facoltà di conferire i gradi accademici. Tale privilegio che Bonifacio IX aveva concesso al priore generale di quest’Ordine il 30 gennaio 1398, verrà ratificato e (con più favorevole normativa) promulgato da diversi successori fino al 1658, anno in cui si attueranno  ulteriori e importanti sviluppi.
Unitamente a ciò,  è importante ricordare che  l’11 gennaio del 1397, su richiesta di  santa Edvige (Jadwiga), regina di Polonia (1374-1399) [102], e di suo marito, il re Ladislao II (1386-1434), Bonifacio IX ereggerà la Pontificia Accademia Teologica di Kraków (Cracovia). La regina, che aveva già fondato a Praga un collegio per i futuri sacerdoti lituani, sarà così sensibile verso questa sua opera che, nell’atto di testamento,  donerà le proprie gemme ed altri beni personali all’Accademia.  Questa funzionerà  fino al 1954, anno in cui sarà soppressa dal potere comunista. Tornerà poi a svolgere i propri compiti statutari nel 1974, grazie all’interessamento dell’allora arcivescovo Karol Wojtyla [103] che otterrà  per questa istituzione il titolo di facoltà pontificia.

Il  Pontificale di Bonifacio IX [104]

Pagina miniata del Pontificale

Pagina miniata del Pontificale

A questa attenzione verso i centri culturali del tempo si  affiancherà nel Tomacelli  pure una sensibilità verso ulteriori espressioni artistiche. Ne fa prova il ‘Pontificale di Bonifacio IX’ che è un notevole codice segnato dalla lucentezza dell’oro zecchino e dei vividi colori. Il ricchissimo apparato iconografico è costituito da iniziali miniate, e da raffinate cornici, impreziosite dall’oro e adorne di elementi antropomorfi dai colori intensissimi. Nato come ‘Praeparatio ad Missam’ ad uso privato del Pontefice, riporta undici notevoli miniature realizzate a piena pagina che descrivono le cerimonie e i paramenti papali [105].

Aspetti economici del pontificato

Mentre Benedetto XIII  cominciava già da tempo a perdere terreno in Francia, anche Bonifacio IX inizierà ad avere problemi in Italia, specie nei principati settentrionali. Condizionato dalle crescenti esigenze economiche, dietro il pagamento di tributi annui, finirà con il riconoscere le Signorìe che si erano venute formando nei territori pontifici. L’evento giubilare del 1390, comunque, aveva contribuito a risollevare economicamente le casse pontificie, e ciò aveva reso il Pontefice romano più sereno e fiducioso verso il successivo giubileo, secolare, del 1400. Ma è proprio in  questo ambito finanziario che il pontificato di Bonifacio IX sarà oggetto di dure critiche da parte degli storici. Ad esempio,  per Ferdinand Gregorovius [106], “ormai il Giubileo si era trasformato in una manovra speculatoria del Papa che, attraverso emissari che si spingevano fino ai più remoti Paesi, vendeva indulgenze all’incanto per tanto denaro quanto costava mettersi in viaggio per Roma” [107]. Al di là delle venature polemiche, si deve constatare comunque che il Pontefice romano eleverà a sistema riconosciuto la pratica della vendita di benefici ecclesiastici, aumentando le tasse ecclesiastiche, estendendo i profitti delle indulgenze.  Tale prassi sarà contestata già negli anni del Tomacelli [108] e  duramente attaccata, cento anni dopo, dalla riforma luterana [109].

Un’ interazione particolare: Bonifacio IX e Baldassarre Cossa [110]

Baldassarre Cossa, eletto antipapa al concilio di Pisa del 1410

Baldassarre Cossa, eletto antipapa al concilio di Pisa del 1410

Come ogni Pontefice, Bonifacio IX ebbe necessità di circondarsi di collaboratori in grado di aiutarlo a tutelare gli interessi dello Stato della Chiesa. Tra questi emerge la figura di Baldassarre Cossa:  era nato intorno al 1360/65 (morirà a Firenze nel 1419);  apparteneva a una illustre famiglia napoletana vicina ai Pontefici di obbedienza romana. Aveva frequentato l’università di Bologna dove diverrà dottore in diritto.  Intrapresa la carriera ecclesiastica, riuscirà a ottenere diversi compiti. Nel 1386 risulta canonico della cattedrale emiliana, amministratore vicario del capitolo e commissario del cardinale legato della città emiliana. Nel 1392 diverrà cubicularius di Bonifacio IX a Roma, e quattro anni dopo arcidiacono a Bologna. Nel 1402 il Pontefice lo farà  entrare nel Sacro Collegio come cardinale diacono del titolo di Sant’Eustachio. L’anno seguente lo nominerà legato in Romagna, e  nel 1410 legato a Bologna. Dimostrando anche doti militari e strategiche il Cossa rinsalderà il potere della Chiesa nella regione.
Alla morte di Alessandro V, sarà  proprio questo  ex collaboratore di Bonifacio aessere eletto  Papa della linea pisana, con il nome di Giovanni XXIII (Concilio di Pisa, 17 maggio 1410). Tra i suoi atti, ai fini  di questo studio su Bonifacio IX, si trova anche  una Bolla pontificia del 1413, che stabilirà definitivamente in Nardò, nel Salento,  la Cattedra Vescovile. L’abbazia di Nardò, Chiesa di origine del Tomacelli, sarà eretta in Diocesi, e l’ultimo suo abate benedettino – Giovanni de Ephifanis (1413-1422) -  riceverà la nomina a  vescovo [111].

Tentativi per una possibile intesa tra Benedetto XIII e Bonifacio IX

Il 22 settembre 1404 Bonifacio ricevette un’ambasciata da parte  di Benedetto XIII, che aveva riacquistato l’obbedienza di parte della Francia e che era riuscito a fuggire dal palazzo papale di Avignone, nel quale era assediato. L’antipapa stava gradualmente perdendo prestigio in Francia per le crescenti imposizioni tributarie, e anche perché in terra francese uno spagnolo non era popolare. Fin dal 1398 un’assemblea a Tolosa, composta da dottori universitari, undici arcivescovi, sessanta vescovi, trenta abati, aveva deliberato di sottrarsi alla sua obbedienza. C’è da aggiungere che Benedetto XIII , una volta eletto (1394), aveva sottoscritto e confermato con giuramento l’impegno di adoperarsi per la fine dello scisma, dichiarando anche di essere disponibile ad abdicare se i cardinali elettori avessero ritenuto necessario quella decisione per il bene della Chiesa. Raggiunto però il soglio pontificio Martínez de Luna non affronterà più la questione, e neanche i suoi collaboratori spingeranno per farlo abdicare. A questo punto, Benedetto XIII protesterà  nei confronti delle decisioni adottate: rimasto alla fine quasi solo (diversi cardinali si erano allontanati da lui), si chiuderà nel palazzo di Avignone con l’intento di resistere ad oltranza. Il re di Francia, in quell’ora di crisi, non lo sosterrà, pur garantendogli la fornitura di cibo. Tale situazione durerà cinque anni.
Il 13 marzo del 1403 Benedetto fuggirà dal palazzo pontificio  trovando comprensione in più ambienti (presso l’università di Tolosa, e tra diversi ecclesiastici) che riterranno arrivato il momento per ricomporre lo scisma. Pur privo di prestigio, il de Luna dichiarerà pubblicamente che per il bene della Chiesa si sarebbe recato a Roma per incontrare Bonifacio IX,  disposto anche a presentare la propria rinuncia. A questo punto gli ambasciatori di Benedetto inizieranno trattative con il Tomacelli (poco convinto). Questi, comunque, morì il 1 ottobre del 1404.

Alcune sottolineature

L'elezione del cardinale Luna ad antipapa, come Benedetto XIII, nel 1394

L’elezione del cardinale Luna ad antipapa, come Benedetto XIII, nel 1394

Quello di Bonifacio IX rimane un pontificato non privo di  taluni aspetti interessanti e di situazioni ove emerge il limite umano e il duro condizionamento esterno. Questo Papa creò sei cardinali ai quali chiese di sostenerlo nella difesa dei diritti dello Stato della Chiesa, più volte minacciati – quando non apertamente aggrediti – da diversi potenti del tempo. Non volle mettere in  discussione il  principio di legittimità del proprio Ufficio, offrì – però – all’anti-papa  Benedetto XIII, in cambio di una sua abdicazione, ampie concessioni. Voleva affidargli la  legazione della Francia e della  Spagna, e non aveva difficoltà a riconoscere i cardinali creati da Benedetto. Sulla questione conciliarista assunse una posizione che venne confermata anche dai successori, infatti –  il 18 gennaio del 1460 – Pio II Piccolomini (1405-1464) [112] emanò la bolla Execrabilis con la quale venne condannato il conciliarismo.
Figlio del suo tempo, assegnò a fratelli e nipoti alte (e redditizie) cariche del governo del  tempo, ma tale indirizzo decisionale non venne applicato all’ambito  religioso e dottrinale. La concessione di indulgenze legata al pagamento di somme di denaro  era una prassi che traeva origine da una corresponsabilità dei fedeli al sostentamento della vita ecclesiale. Un uso  improprio di tale fonte di reddito, però, anche per comportamenti ascrivibili a personaggi della Curia e dell’amministrazione decentrata pontificia (es. in Germania),  fu la causa   di amari sentimenti verso Roma, e nel secolo successivo venne duramente stigmatizzato dalla riforma luterana.
Bonifacio IX cercò di imparare presto ad essere un tessitore di accordi, così da  circoscrivere la durezza dei conflitti del tempo. Senza tale politica, segnata anche da compromessi, non sarebbe stato possibile raggiungere equilibri capaci di favorire la vita religiosa, sociale e culturale del tempo. Tutto questo è provato dai suoi rapporti con i potenti del tempo, con gli Ordini religiosi, con il mondo universitario. In ambito dottrinale espresse un non debole indirizzo magisteriale in occasione di importanti eventi ecclesiali quali la canonizzazione di santa Brigida di Svezia, le cerimonie pubbliche di due Giubilei, i rapporti con esponenti  delle Chiese locali (sia ecclesiastici che laici).
A livello più strettamente spirituale manifestò una sincera devozione verso la Madonna, estendendo la festa liturgica della Visitazione di Maria a tutta la Chiesa. Sul piano pastorale rivolse  un’attenzione non formale verso alcune figure storiche che in tempi successivi  saranno dalla Chiesa lodate (l’arcivescovo di Praga Giovanni Jenstein), inserite nella schiera dei beati (il domenicano Giovanni Dominici), e proclamate sante (la regina Edvige di Polonia). Con riferimento a situazioni di assistenza a poveri, infermi e pellegrini  firmò diversi provvedimenti di sostegno, come si evince anche  dalla bolla del 28 aprile 1398 indirizzata ai Frati Predicatori  del Meridione. Un cardinale creato proprio da Bonifacio IX, di nome  Cosimo (Cosma) Gentile Migliorati, fu il suo successore (Innocenzo VII, 1404-1406).

Note
[1] La guerra, tra pause e riprese del conflitto, durò complessivamente centosedici  anni.
[2] Il conflitto fu costellato da tregue molto brevi, e interrotto da due periodi di pace della durata rispettivamente di 9 e di 26 anni, che lo divisero in tre fasi principali: la guerra edoardiana (1337-1360), la guerra carolina (1369-1389) e la guerra dei Lancaster (1415-1429), alle quali è da aggiungere la fase conclusiva dello scontro (1429-1453).  La Guerra dei Cento Anni segnò l’apice delle tensioni tra Francia e Inghilterra, iniziate nell’undicesimo secolo e finite nel 1748, dopo il fallito tentativo d’invasione dell’Inghilterra da parte dei francesi a sostegno degli scozzesi rivoluzionari.
[3] Giovanna d’Arco (Jeanne d’Arc, o Jehanne Darc nella versione più arcaica, 1412-1431) ebbe   il merito di riunificare il proprio Paese contribuendo a risollevarne le sorti durante la Guerra dei Cento Anni, guidando vittoriosamente le armate francesi contro quelle inglesi. Catturata dai Borgognoni davanti Compiègne, Giovanna fu venduta agli inglesi che la sottoposero a un processo per eresia, al termine del quale, il 30 maggio 1431, venne condannata al rogo. Nel 1456 Papa Callisto III, al termine di una seconda inchiesta, dichiarò la nullità di tale processo. Beatificata nel 1909 da Pio X e canonizzata da Benedetto XV, Giovanna fu  dichiarata patrona di Francia.
[4] Fu re di Francia dal 1422 al 1461.
[5] A livello preliminare può essere utile ricordare che  l’antichissima e nobile famiglia dei Tomacelli era presente a Napoli già dal  970 con Tomasello, appartenente, forse, alla famiglia Cybo dei principi di Massa e Carrara.  I suoi discendenti avrebbero adottato il cognome Cybo Tomacelli e infine Tomacelli.
[6] M. FANTASIA, I Papi pugliesi: Bonifacio IX, Innocenzo XII, Benedetto XIII, Schena Editore, Fasano 1987.
[7]  Urbano VI, nato Bartolomeo Prignano (1318ca -1389), fu Papa dal 1378 fino alla morte.
[8]  Intorno al VIII secolo a.C. i Messapi fondarono  in Puglia l’odierna Nardò, dandole il nome di Nerito che trae spunto dal greco ‘nar’ (acqua).
[9] Cf AA.VV., Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli. Ornata de loro rispettivi ritratti. Compilata da diversi letterati nazionali (…), 8° volume, tomo undecimo, “Bonifazio IX. Pontefice della Romana Chiesa (…), capitolo scritto da F. de Jorio, Napoli 1826, da Nicola Gervasi, Mercante di Stampe. L. ZANUTO, Il pontificato di Bonifacio IX, Udine 1904. J.N.D. KELLY, Vite dei Papi. Le biografie degli uomini che guidarono 2000 anni di storia della Chiesa, Piemme, Casale Monferrato 1995, 388-391.
H. KOCHENDÖRFFER, Bonifaz IX (1389-1404), diss., Berlin 1903. B. MONDIN, Nuovo dizionario enciclopedico dei Papi. Storia e insegnamenti, Città Nuova, Roma 2006 (cf Bonifacio IX, pp. 261-262).
[10] Per l’elenco delle fonti archivistiche del pontificato cf Repertorium germanicum, II, a cura di G. TELLENBACH, Berlin 1933, pp. 5-22.
[11]  I documenti svevi relativi all’università di Napoli sono stati raccolti, e riediti criticamente, in: F. DELLE  DONNE – C. CARBONETTI, Appendice documentaria, in G. ARALDI, La fondazione dell’università di Napoli, in corso di stampa. Essi sono raccolti anche da G.M. MONTI, Per la storia dell’Università di Napoli. Ricerche e documenti vari, Napoli-Genova-Firenze-Città di Castello 1924. Molti documenti comunque sono compresi nel terzo libro dell’epistolario di PIER DELLA VIGNA.
[12] Nel 1253 Napoli si ribellò agli Svevi  (il cui monarca era Corrado IV), venne poi occupata dagli Angioini (Carlo I d’Angiò, 1266), e divenne alla fine la capitale (1282) di una nuova entità statale autonoma denominata Regno di Napoli.
[13]  L’origine dello scisma è da ricercare nel trasferimento della sede apostolica da Avignone a Roma, voluta da Gregorio XI nel 1377 dopo circa un settantennio di permanenza nella cittadina provenzale. Morto Gregorio, l’anno successivo, i Romani si sollevarono contro il collegio cardinalizio per scongiurare la prevedibile elezione dell’ennesimo Pontefice  francese, che nei loro timori avrebbe potuto disporre il ritorno della Curia ad Avignone. Il popolo reclamò a gran voce la scelta di un Papa gradito, gridando nelle piazze ‘Romano lo volemo, o almanco (= almeno) italiano’.
L’8 aprile 1378 i cardinali, spaventati dal sollevamento popolare, elessero  Bartolomeo Prignano, arcivescovo di Bari, che scelse il nome di Urbano VI. Già valente e rispettato amministratore della Cancelleria Apostolica ad Avignone, Urbano, da Papa, si dimostrò sospettoso, arrogante e di temperamento incline a violenti cambiamenti d’umore. I cardinali che l’avevano eletto si  pentirono ben presto della loro decisione. La maggior parte di essi abbandonò Roma e si ritrovò a Fondi, dove il 20 settembre di quello stesso anno, dopo appena cinque mesi, elesse Pontefice il cardinale Roberto di Ginevra (1342-1394), che assunse il nome di Clemente VII e che ristabilì la propria sede ad Avignone, in opposizione alla sede romana di Urbano VI.
Cf al riguardo O. PREROVSKY, L’elezione di Urbano VI e l’insorgere dello scisma d’Occidente, Società Storia Patria Roma, Roma 1960.
[14] Nell’area dell’obbedienza avignonese si collocarono i regni di Francia, Aragona, Spagna, Cipro, Borgogna, Italia meridionale,  Scozia e il Ducato di Savoia.
[15] Nato nel 1326, Murad I fu sultano dell’impero ottomano dal 1359 al 1389.
[16] Con due Pontefici in carica, eletti entrambi da cardinali aventi titolo, la Chiesa occidentale fu spezzata in due corpi autocefali e la stessa comunità dei fedeli risultò divisa fra l’obbedienza romana e quella  avignonese. Ebbe così inizio lo Scisma d’Occidente. Da questione puramente ecclesiastica, il conflitto si trasformò ben presto in una crisi politica di dimensioni continentali, tale da orientare alleanze e scelte diplomatiche secondo il riconoscimento che i sovrani europei tributarono all’uno o all’altro Pontefice.
[17] Nella storia della Chiesa, con il termine conciliarismo si intende la dottrina secondo la quale il concilio ecumenico ha un’autorità superiore a quella del Papa. Il momento storico nel quale emerse questa corrente di pensiero riguarda soprattutto i secoli XIV e XV.
[18] Combattuta il 9 luglio del 1386 tra la Vecchia Confederazione svizzera e il duca Leopoldo III d’Asburgo.
[19] Figlio di Alberto II d’Asburgo, nacque nel 1351. Morì  nel 1386.
[20] Per ulteriori approfondimenti si rimanda  ai volumi della Storia della Chiesa diretta da A. FLICHE e V. MARTIN: La crisi del Trecento e il papato avignonese, e La Chiesa al tempo del Grande Scisma e della crisi conciliare, San Paolo, Cinisello Balsamo; opere uscite rispettivamente nel  1995 e nel 1981.
[21] Martino d’Aragona il Giovane fu re consorte di Sicilia (o di Trinacria) dal 1392 al 1402, e re di Sicilia dal 1402 fino alla morte (1409).
[22] Bonifacio IX, che considerava la Sicilia un feudo della Chiesa, aveva diviso  il territorio dell’isola in quattro aree affidandole ciascuna (per investitura) a dei potenti feudatari siciliani: Andrea Chiaramonte, Manfredi Alagona, Antonio Ventimiglia e Guglielmo Peralta.
[23] Martino e Maria erano cugini. L’unico disposto a concedere la necessaria dispensa per il matrimonio sarà l’antipapa Clemente VII che celebrerà le nozze.
[24] Per ulteriori ricerche  si rimanda a J. HURE, Storia della Sicilia, Brancato Editore, Catania 2005. F. RENDA, Storia della Sicilia dalle origini ai giorni nostri, Sellerio, Palermo 2003.
[25] Per approfondimenti si rinvia a F. CAPECELATRO, Storia del Regno di Napoli, Brenner, Bolzano 1994. P. COLLETTA, Storia del reame di Napoli, Franco Maria Ricci Editore, Milano 1995. G. GALASSO, Storia d’Italia, volume 15°, UTET, Milano 1997. G.A. RIZZI ZANNONI, Atlante geografico del Regno di Napoli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1993.
[26] A. CUTOLO, Re Ladislao d’Angiò Durazzo, Berisio Editore, Napoli 1969.
[27] Luigi II d’Angiò nacque  nel 1377. Era figlio del duca d’Angiò Luigi I, conte di Provenza e nominalmente re di Napoli dal 1382, e di Maria di Blois-Châtillon o di Bretagna. Fu duca di Angiò, conte della Maine, conte di Provenza e di Forcalquier e re titolare (per dieci anni effettivo) del regno di Napoli e di Gerusalemme rivaleggiando con Ladislao di Durazzo nelle pretese al trono di Napoli.
[28] Biordo dei Michelotti  fu un condottiero italiano, signore di Perugia (vi nacque nel 1352).  Si mise inizialmente al servizio dei Visconti. In seguito divenne capitano generale del comune di Firenze. Il 10 marzo del 1398 la Signorìa perugina del Michelotti  terminò con la sua stessa vita. Venne infatti ucciso su mandato di un avversario.
[29] G. P.GIUSTI, Visconti e Sforza: i Signori di Milano, Luculano Editore, Pavia 1997.
[30] D.M. BUENO DE MESQUITA, Giangaleazzo Visconti, Duke of Milan (1351-1402), Cambridge 1941, ad indicem.
[31] Avvenuta a Melegnano ove questi si era ritirato pensando così di sfuggire alla pestilenza scoppiata nel periodo estivo.
[32] Edoardo III d’Inghilterra fu re d’Inghilterra e signore d’Irlanda dal 1327 al 1377.
[33] Le idee conciliariste si rinnovarono con lo scisma d’occidente (1378-1417) e si diffusero in tal modo nuovi scritti, legati per lo più alla tradizione canonistica, del Langenstein, di Konrad von Gelnhausen, di Pierre d’Ailly (vescovo e cardinale, cancelliere dell’Università di Parigi), di Nicolas di Clémanges, di Jean  Charlier duca di Gerson (teologo, cancelliere dell’Università di Parigi), del card. Francesco Zabarella. Furono tre  le possibili soluzioni adatte a risolvere lo scisma: la via cessionis,  cioè la rinunzia dei Papi contendenti; la via compromissionis,  che consisteva in un arbitrato; e la via Concilii. Quest’ultima  fu alla fine scelta per ricomporre lo scisma, in tal modo  il Concilio di Costanza e quello di Basilea  divennero delle nuove occasioni per approfondire la teoria conciliarista.
Cf al riguardo A.C. LEOPARDI, Il Conciliarismo: genesi e sviluppo, Officine Grafiche dei F.lli Zonno, Bari 1978.
[34] Il cardinale aragonese Pedro Martínez de Luna y Pérez de Gotor divenne  antipapa dal 1394 al 1417.
[35] Cf anche A. DUCELLIER, Bisanzio (IV-XV secolo), San Paolo, Cinisello Balsamo 2005. G. RAVEGNANI, Introduzione alla storia bizantina, Il Mulino, Bologna 2006.
[36] Manuele II Paleologo era figlio di Giovanni V Paleologo (1332-1391). Al riguardo cf anche: MANUELE II PALEOLOGO, Dialoghi con un persiano, a cura di R. Fisichella e di F. Colafemmina, Rubbettino, Soveria Mannelli 2007.
[37] Bayezid I° fu sultano dell’Impero ottomano dal 1389 fino al 1402.
[38] Quella dei Paleologi  fu l’ultima dinastia a governare l’impero bizantino. In seguito alla quarta crociata alcuni membri della famiglia fuggirono a Nicea, e qui riuscirono a mantenere il controllo dell’impero in esilio. Michele VIII Paleologo divenne imperatore nel 1259 e riconquistò Costantinopoli nel 1261. I discendenti di Michele governarono fino alla caduta di Costantinopoli, nel 1453. Cf al riguardo: E. PONTIERI, Storia universale, vol. 5, parte I, cap. XII, p. 147 ss., Vallardi, Milano 1959;G. RAVEGNANI, Imperatori di Bisanzio, Il Mulino, Bologna 2008.
[39] CATERINA DA SIENA (santa), Opera omnia. Testi e concordanze. CD-ROM, Editrice Domenicana Italiana, Bologna 2012.
[40] BRIGIDA DI SVEZIA (santa), Ciò che disse Cristo a santa Brigida. Le rivelazioni, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011.
[41] Convento di Santa Maria Novella.
[42] Il domenicano  Antonino Pierozzi fu un teologo, arcivescovo di Firenze  e letterato. Venne proclamato santo da Papa Adriano VI nel 1523.
[43] Innocenzo VII, nato Cosimo de’ Migliorati (1336-1406), fu Papa dal 1404 fino alla morte.
[44] Gregorio XII, nato Angelo Correr (1326ca-1417), fu Papa dal 1406 fino al 1415.
[45] Sigismondo del Lussemburgo (1368-1437) fu principe elettore di Brandenburgo (1378-1388, 1411-1415), re d’Ungheria dal 1387, re di Croazia, rex romanorum dal 1410, re di Boemia dal 1419 e imperatore del Sacro Romano Impero dal 1433 fino alla morte.
[46] Antipapa Benedetto XIII, nato Pero Martines de Luna y Peris de Gotor (1328-1423),  fu un cardinale spagnolo. Apparteneva alla famiglia di origine spagnola de Luna che discendeva dai Goti. I de Luna vissero nel regno d’Aragona imparentandosi con i sovrani di quella nazione.
[47] Martino V, nato Ottone (o Oddone) Colonna (1368-1431), fu Papa dal 1417 fino alla morte. Venne eletto dal concilio di Costanza, convocato per risolvere lo scisma in corso.
[48] Il movimento degli Hussiti si sviluppò in Boemia alla fine del XIV secolo in seguito alle predicazioni di Jan Huss (1371ca-1415), suddividendosi poi in una serie di correnti. Gli Hussiti contestavano, tra l’altro,  la validità della tradizione ecclesiastica, l’autorità dei Pontefici e la legittimità della gerarchia della Chiesa, appellandosi, quale unica fonte di verità, ai testi sacri.
[49] Venceslao di Lussemburgo, in ceco Václav, detto il Pigro (1361-1419), fu dal 1363 alla sua morte re della Boemia con il titolo di Venceslao IV e dal 1376 alla sua destituzione (1400) Re dei Romani. Dal 1373 al 1378 fu Principe di Brandeburgo e quindi Principe elettore.
[50] Erano state collocate in questa chiesa. Giovanni Dominici  fu proclamato beato da Gregorio XVI  nel 1832. Al riguardo cf: Giovanni Dominici da Firenze. Catalogo delle opere e dei manoscritti, Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino, Firenze 2009.
[51] Cf anche A. ESCH, I giubilei del 1390 e del 1400, in AA.VV., La storia dei Giubilei, volume primo (1300-1423), Giunti, Firenze 1998,  pp.278-293.
[52] Come è raffigurato nella statua posta sulla facciata del duomo di Ferrara.
[53] Oggi Cavalieri di Malta.
[54] Riccardo di Bordeaux fu re d’Inghilterra (Riccardo II) dal 1377 al 1399.
[55] A tutt’oggi conservata.
[56] La Visitazione della Beata Vergine Maria è una festa liturgica che oggi  si celebra il 31 maggio. Ricorda la visita della Madonna alla parente Elisabetta subito dopo aver  ricevuto l’annuncio della divina maternità (Lc 1,39-45).
[57] Cf al riguardo M. PRIGNANO, Urbano VI. Il Papa che non doveva essere eletto, Marietti 1820, Genova-Milano  2010, cap. 16, p.235s.
[58] Cioè dopo aver  istituito la nuova festa della Visitazione di Maria  nella sua diocesi.
[59] Nel Concilio ecumenico di Firenze (1438-1445), presieduto da Eugenio IV, accolsero  la festa i patriarcati siro, maronita e copto, che la celebrano ancora alla data romana. Nicolò V, con la Bolla Romanorum gesta Pontificum (26 marzo 1451), ripubblicò per intero la Bolla di Bonifacio IX, con l’intenzione di indurre tutte le Chiese particolari ad accettare unanimi la festa.
[60] Per approfondimenti  si rinvia a E. CAMPANA, Maria nel culto cattolico, Marietti, Torino 1944, pp. 237-245.  G. GHARIB, La Madonna nell’anno liturgico bizantino, Pontificia Facoltà Teologica Marianum, Roma 1974, pp. 237-245. G. LÖW, Visitazione di Maria Santissima, in Enciclopedia Cattolica, volume XII, LEV, Citta del Vaticano 1948-1954, pp.1499-1501. J. V. POLC, La festa della Visitazione e il giubileo del 1390, in Rivista della Storia della Chiesa in Italia, n. 29, 1975, pp. 149-172.
[61] Il cardinale Adamo Easton era nato a Easton in Norfolk. Morì a Roma. Cf A.  LEE, The most ungrateful englishman. The life and times of Adam Easton, Corpus Publishing Limited, Lydney 2006.
[62] Il 1° ottobre del 1999 Giovanni Paolo II la dichiarò co-patrona d’Europa insieme a santa Caterina da Siena e a santa Teresa Benedetta della Croce. Al riguardo cf: A. ANDERSSON, Il libro di Brigida, santa e profeta, Città Nuova, Roma 1979. BRIGIDA DI SVEZIA (SANTA), Scelta antologica da Le Rivelazioni, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1982. P. DAMIANI, La spiritualità di Santa Brigida di Svezia, Curia Generalizia Ordine SS. Salvatore di Santa Brigida, Roma 2001.
[63] La secondogenita, Caterina (Karin), venne poi  canonizzata dalla Chiesa.
[64] Alberto di Meclemburgo fu re di Svezia dal 1363 al 1395, e duca di Meclemburgo-Schwerin dal 1379 fino alla sua morte.
[65] Già vescovo di Jaén, in Andalusia.
[66] Fu segretario di santa Brigida.
[67] Si trattò della prima cerimonia di canonizzazione celebrata in San Pietro. Il giorno in cui si festeggia la santa svedese è quello della morte, il 23 luglio, che segna la sua nascita all’eternità. La si ricorda anche il 7 ottobre, giorno della canonizzazione, e il 28 maggio, giorno della traslazione delle reliquie in Svezia.
[68] Oggi Piedimonte Matese è in provincia di Caserta. In proposito cf D. MARROCCO, Bonifacio IX per i Domenicani di Piedimonte, Museo Alifano, Documenti per la storia dei paesi del medio Volturno, volume 7,  Tipografia Triplez di Salvi e Russo, Capua 1965.
[69] È del 22 giugno 1395, pubblicato nel Bullarium Ordinis Praedicatorum al numero  XLVII, a pagina 349.
[70] Arechi II  fu un duca longobardo, duca di Benevento dal 758 al 774, poi principe della stessa città dal 774 fino alla morte. Dal 774 però  rimase a Salerno nella reggia che fece costruire.
[71] È anch’esso pubblicato nel Bullarium, nel volume II al numero CXVII, a pagina 380. Datato 28 aprile 1398.
[72] Giovanni Alferio  (Johannes Alferius o De Alferiis), nacque in Alife. La famiglia era di valvassori del conte, e perciò di cavalieri. Divenuto giurista,  arrivò ad essere nominato vescovo della propria città natale da Urbano VI.  Fu pure consigliere del re Ladislao. È ricordato anche per aver emanato disposizioni di disciplina ecclesiastica e per aver fondato (in data 16  dicembre 1390) un oratorio in Santa  Maria Maddalena in Alife. Morì nel 1412.
[73] Si tratta del Breve di Bonifacio IX datato 1 febbraio 1397.
[74] Dal mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del giorno seguente (2 agosto), oppure, con il  permesso dell’Ordinario (Vescovo), nella domenica precedente o seguente (a decorrere dal mezzogiorno del sabato fino alla mezzanotte della domenica) si può lucrare una volta sola l’indulgenza plenaria (per sé o per i fedeli defunti).
[75] Per approfondimenti si rimanda a F. GLIGORA – B. CATANZARO, Anni santi. I giubilei dal 1300 al 2000, LEV, Città del Vaticano 1996. Ivi, I Papi dei giubilei, Armando Editore, Roma 1999. F. MELIS, Movimento di popoli e motivi economici nel giubileo del 1400, in Miscellanea Gilles Gerard Meersseman, Padova 1970, pp. 343-67. L. PALERMO, L’anno santo dei mercanti: dibattito storiografico e documenti economici sul cosiddetto Giubileo del 1400, in “Cultura e società nell’Italia medievale. Studi per Paolo Brezzi”, II, Roma 1988, pp. 605-18.
[76] Cronache di Ser Luca Dominici, I, Cronaca della venuta dei Bianchi e della moria 1399-1400, a cura di G.C. Gigliotti, in “Rerum Pistoriensium Scriptores”, I, Pistoia 1933. Le Laude dei Bianchi dal Codice Vaticano chigiano, a cura di B. Toscani, Firenze 1979.
[77] Le Compagnie dei “Battuti” o “Flagellanti” si  svilupparono particolarmente in Piemonte e in Liguria in rapporto al propagarsi della peste, che aveva portato alla diffusione di pratiche espiatorie come le flagellazioni. Queste avevano la funzione di ‘placare la collera divina’.
[78] Lo Stabat Mater (dal latino = Stava la Madre) è un inno – più  esattamente una sequenza – cattolica del XIII secolo attribuito a Jacopone da Todi (secolo XIII; ma la questione è aperta). Tale preghiera medita sulle sofferenze di Maria, Madre di Gesù, durante la Crocifissione di Cristo.
[79] Al riguardo si rimanda a: L. ZEPPEGNO – R.  MATTONELLI, Le chiese di Roma, Newton Compton Editore, Roma 1996.
[80] E. GATZ – A. WEILAND, Campo Santo Teutonico Rom (Schnell, Kunstführer Nr. 1000), 4., neu bearbeitete Aufl., Ratisbona 2006.
[81] G. TOGNETTI, Sul moto dei Bianchi nel 1399, “Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano”, 78, 1967, pp. 205-343.
[82] Sull’animale era stata posta una gualdracca bianca.
[83] Si tratta di Niccolò (o Nicolò) III d’Este (1383-1441). Era figlio di Alberto V d’Este e di Isotta Albaresani. Alla morte del padre nel 1393 aveva soltanto dieci anni. Per questo fu nominato un Consiglio di Reggenza che governò i domini degli Estensi fino alla sua maggiore età.
[84] Carlo Malatesta (1368-1429).
[85] Nato nello Yorkshire (1324), studierà ad Oxford ottenendo il baccellierato e il magistero Magister Artium in filosofia, e il baccellierato e il dottorato in teologia. Insegnerà al Balliol College e sarà direttore del Canterbury College. Deposto nel 1367 farà ricorso a Urbano V senza esito. Nel 1370 avranno inizio i suoi dubbi sulla transustanziazione. Due anni dopo entrerà al servizio di Giovanni di Gand, figlio di Edoardo III, che lo proteggerà contro i provvedimenti ecclesiastici; entrerà però  in rottura con la corte per le sue idee sull’Eucaristia, per le continue condanne e per il suo comportamento ambiguo nella rivolta dei contadini del 1381. Si ritirerà alla fine nella sua parrocchia di Lutterworth dove morirà il 31 dicembre del 1384. Su Wyclif cf anche M.T. FUMAGALLI BEONIO BROCCHIERI – S. SIMONETTA (a cura), John Wyclif, Logica, politica, teologia, Sismel, Tavarnuzze (Fi) 2003.
[86]Lollardi sono stati un gruppo politico e religioso attivo dal tardo XIV secolo, fino agli inizi della riforma protestante inglese. Aderiranno alle idee di John  Wicliff che si batteva per la riforma della Chiesa cattolica. Egli pensava che la pietà fosse l’unico requisito per il prete che volesse impartire un sacramento, e che – similmente – un laico avrebbe potuto fare altrettanto in quanto il potere e l’autorità derivano dalla pietà e non dalla gerarchia ecclesiastica. Analogamente, i Lollardi (o ‘Puzzoni’) davano maggiore risalto e autorità al testo delle Sacre Scritture rispetto agli insegnamenti della Chiesa. Erano inoltre convinti della predestinazione, e predicavano la povertà secondo l’esempio apostolico della Chiesa, opponendosi perciò alla tassazione a favore degli ecclesiastici (anzi, chiedendo che i beni della Chiesa venissero assoggettati alla comune imposizione fiscale). Opponevano infine alla transustanziazione la consustanziazione. Sui Lollardi cf anche R. REZ, The Lollards, ‘Social History in Perspective’, Macmillan, Basingstoke 2002.
[87]Ian Hus (1371 ca-1415) è stato un teologo e un riformatore boemo. Promuoverà un movimento religioso basato sulle idee di John Wicliff. I suoi seguaci diventeranno noti con il nome di Hussiti. Condannato dal Concilio di Costanza, subirà la pena capitale. Su Hus cf anche R. KALIVODA, Jan Hus: pensiero e azione, in ‘La chiesa invisibile. Riforme politico-religiose nel basso Medioevo’, a cura di M.T. BEONIO BROCCHIERI FUMAGALLI, Feltrinelli, Milano 1978.
[88] Si rimanda a S. TURNBULL, The ussite wars, Osprey Publishing, Botley (Oxford, UK), 2004.
[89] L. Chiappino, Gli Estensi. Storia di mille anni, Corbo Editore, Ferrara 2001. M. Folin. Rinascimento estense. Politica, cultura, istituzioni di un antico Stato italiano, Laterza, Bari-Roma 2004.
[90] Antonio di Puccio Pisano detto il Pisanello; nato prima del 1395 e deceduto nel 1455 ca.
[91] Andrea Mantegna, 1431-1506.
[92] Piero della Francesca, 1416 ca-1492.
[93] Biagio Rossetti, 1447 ca-1516.
[94] Ludovico Ariosto, 1474-1533.
[95] Torquato Tasso, 1544-1595.
[96]A. SAMARITANI, L’erezione dell’Università (1391) e la liberalizzazione delle terre (1392); due collegate bolle di Bonifacio IX pretese dagli Estensi, in “In supreme dignitatis…”. Per la storia dell’Università di Ferrara 1391-1991, a cura di P. Castelli, Firenze 1995, pp. 27-50. P. STURLA AVOGRADI, E Bonifacio IX benedì l’Università, in “Il Resto del Carlino”, Cronaca di Ferrara, Lettere ed opinioni, martedì 13 gennaio 2004.
[97] Bartolomeo da Saliceto (Saliceti Bartolomeo); metà XIV secolo XV.
[98] Guarino Guarini da Verona; 1624-1683.
[99] Sull’antica università, il cui primo atto di fondazione risale al 1398) cf un interessante volume di G.P. BRIZZI dal titolo: L’antica Università di Fermo (Silvana Editoriale,  Cinisello Balsamo 2001) a cui si rimanda per le molte notizie contenute.
[100] S. DAL POZZO, Regina e santa (Edvige di Polonia), Hosianum, Roma 1951.
[101] Quello dei Servi di Maria è un Ordine Mendicante della Chiesa cattolica, fondato nel 1233 ca  da un gruppo di sette laici (‘i sette santi fondatori’). Questi,  abbandonate le loro attività, intraprenderanno una vita comune di penitenza, povertà e preghiera. Prima si ritireranno al Cafaggio (vi sorge oggi la basilica della Santissima Annunziata), poi si sposteranno sul monte Senario. In  seguito sorgeranno molte nuove comunità.
[102] Edvige di Polonia, nota anche come Edvige d’Angiò o Jadwiga era nata a Buda il 18 febbraio del 1374 e morirà a Cracovia il 17 luglio del 1399. Era la minore delle figlie di Luigi I d’Ungheria e di Elisabetta Kotromanic di Bosnia. Diverrà regina di Polonia  nel 1384, e granduchessa di Lituania nel 1386.  Parlava correntemente il latino, l’ungherese, il croato, il polacco e il tedesco.
[103] Karol Józef Wojtyla, nato nel 1920 a Wadowice (Polonia), verrà ordinato sacerdote nel 1946, vescovo ausiliare di Cracovia nel 1958. Quattro anni dopo assumerà la guida della diocesi quale vicario capitolare. Nel 1963 sarà nominato arcivescovo di Cracovia. Creato cardinale nel 1967. Eletto Pontefice (Giovanni Paolo II)  nel 1978. Il Signore lo chiamerà a Sé nel 2005. Proclamato beato nel 2011 da Benedetto XVI.
[104] Pontificale di Bonifacio IX, co-edizione Biblioteca Apostolica Vaticana – Art Codex Edizioni d’Arte, Città del Vaticano – Roma 2007.
[105] Attualmente è custodito  presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (ms. vat. lat. 3747 – fine XIV secolo).
[106] Ferdinand Gregorovius (1821-1891), che proveniva da una famiglia di pastori luterani, è stato uno scrittore e storico tedesco. La sua opera più famosa rimane Die Geschichte der Stadt Rom im Mittelalter (‘La Storia della città di Roma nel Medioevo’).
[107] F. GREGOROVIUS, Storia della città di Roma nel Medioevo, Einaudi, Milano 1973. Cf  volume terzo, libro dodicesimo.
[108] Bonifacio IX per promuovere le concessioni di indulgenze organizzerà  pure dei predicatori che opereranno  anche in Germania. Alcuni di loro verranno però contestati  per comportamenti non corretti.  Così il Papa (1402) sarà costretto a revocare gli incarichi affidati.
[109] Cf A.M.ERBA-P.L.GUIDUCCI, La Chiesa nella storia. Duemila anni di Cristianesimo, due volumi, Elledici, Leumann-TO 2008, pp. 372,373,374,376,383s.
[110] Cf anche F.-CH. UGINET, Giovanni XXIII, antipapa, in AA.VV., Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2000, volume 55, pp. 621-627.
[111] Per approfondimenti si rinvia a AA.VV., Le diocesi d’Italia (Le diocesi M-Z), terzo volume, San Paolo, Cinisello B. 2008.
[112] Cf anche P.L. GUIDUCCI, Le strade degli uomini e la storia di Dio. De fidei itinere di Enea Silvio Piccolomini, in AA.VV., Enea Silvio Piccolomini. Pius Secundus Poeta Laureatus Pontifex Maximus, a cura di M. Sodi e A. Antoniutti,  Edizioni Shakespeare and Company 2 – LEV, Roma-Città del Vaticano 2007, pp.143-176.

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