APRILE 1916: LA SANGUINOSA PASQUA DI DUBLINO

di Max Trimurti -

La sospensione della Home Rule radicalizza il movimento nazionalista e, approfittando della guerra sul continente, gli uomini dell’IRA scatenano l’insurrezione il lunedì di Pasqua, 24 aprile 1916.

1916. Mentre l’attenzione degli Europei è puntata sull’immensa battaglia che si sta sviluppando a Verdun, la morte inizia a colpire anche in Irlanda. Il mattino del 3 maggio 1916, il giovane Patrick Pearse (1879-1916) era stato passato per le armi. Il suo corpo era stato avvolto in un semplice drappo militare e posto in una fossa comune, dove non vi resterà a lungo solo. Nello stesso giorno, i corpi di Thomas Clarke (1858-1916) e di Thomas MacDonagh (1878-1916) lo raggiungono, prima che la calce viva abbia compiuto la sua opera. Il giorno dopo vengono fucilato Edward Ned Daly (1891-1916), Michel O’Hanrahan (1877-1916) e di Joseph Plunkett (1887-1916). Ma il vero rosario mortuario continua a sgranarsi col passare dei giorni. John MacBride (1868-1916) cade il 5 maggio; Eamonn Ceannt (1881-1916), Con Colbert (1888-1916), Michel Mallin (1874-1916) e Sean Heuston (1801-1916) l’8 maggio e Thomas Kent (1865-1916) il giorno 9. Il 12 maggio viene fucilato un ferito, James Connolly (1868-1916), il fondatore dell’Irish Socialist Repubblican Party quindi dell’Irish Citizen Army, che viene posto a forza su una sedia e giustiziato. Lo stesso giorno anche Sean MacDiarmada (1833-1916) è passato per le armi.
Il crimine attribuito a tutti questi uomini è quello di aver sognato l’indipendenza del loro paese e tentato di instaurare una Repubblica irlandese, vera sfida pubblica lanciata nei confronti della corona britannica.

Le origini lontane

Enrico VIII, di Hans Holbein

Enrico VIII, di Hans Holbein

A dire il vero, tutto ha inizio nel… XII secolo quando l’irlandese Dermot MacMurrough si rifugia in Inghilterra per sfuggire ai suoi avversari, prima di ritornare nell’isola, otto anni più tardi, accompagnato da un esercito di baroni inglesi. Nel 1175 la sorte dell’Irlanda viene decisa: il Trattato di Windsor la pone sotto la sovranità del re d’Inghilterra. Fino al XX secolo la situazione dell’isola verde è quella di un Paese sottomesso e occupato. I periodi di violenza si alternano con periodi di pace e tranquillità relative. Questa sottomissione, principalmente politica e militare, ha comportato la negazione della cultura nazionale irlandese, basata su radici gaeliche, e di un modo di vita spesso lontano da quello inglese. Lo scisma religioso che Enrico VIII Tudor scatena nel XVI secolo e la protestantizzazione della chiesa d’Inghilterra operata da sua figlia Elisabetta I amplificano il fossato, essendo l’Irlanda fedele al Papato. In diverse riprese, nel corso dei secoli, si ripetono tentativi di ribellione contro il potere britannico, che vengono sistematicamente repressi. In questo contesto, la proclamazione dell’indipendenza e della Repubblica irlandese dell’aprile 1916, appare a prima vista, come un supplementare accesso di febbre nel corso della storia.

I protagonisti

Il General Post Office di Dublino

Il General Post Office di Dublino

L’indipendenza irlandese, proclamata solennemente da Patrick Pearse il lunedì di Pasqua, 24 aprile 1916, davanti al General Post Office di Dublino, costituisce il primo atto di una sommossa armata, destinato a liberare il Paese dal giogo britannico. Questa solenne dichiarazione viene controfirmata da Thomas Clarke, Thomas MacDonagh, Sean MacDiarmada, Eamon Ceannt, James Connolly e Joseph Plunkett. I nazionalisti irlandesi, all’origine di questo atto di forza, vogliono approfittare della guerra, che si svolge sul continente e che impegna la maggioranza delle forze armate di Sua Maestà britannica, per ottenere una completa indipendenza. Poco prima dello scoppio delle ostilità con la Germania, era stato votato lo stato di autonomia (Home Rule) per l’Irlanda, nonostante una forte opposizione della maggioranza dei protestanti dell’Ulster. La dichiarazione di guerra purtroppo ne sospenderà la pratica applicazione.
Per i nazionalisti questa è la prova che Londra vuole guadagnare tempo e che è arrivato il momento di prendere in mano il proprio destino. Gli sviluppi politici internazionali forniscono una motivazione supplementare. Gli alleati pretendono di battersi sul continente per la libertà delle piccole nazioni europee, specialmente quelle sottoposte all’Impero austro-ungarico. L’Irlanda è giustamente convinta di far parte del novero di queste nazioni, ma di essere sottomessa al giogo imperiale britannico.
A dire il vero, dall’agosto 1914, l’inizio della rivolta viene congelato, senza rimandare l’evento a una data precisa. All’origine di questa decisione: l’Irish Repubblican Brotherhood (IRB), un’organizzazione clandestina che conduce una lotta violenta a favore dell’indipendenza. Mentre il Parlamento e la stampa discutono della possibilità di uno statuto d’autonomia, i protestanti dell’Ulster avevano reagito, creando una milizia di autodifesa, l’Ulster Volunteers Force. Come reazione a questa decisione, vengono fondati nel sud dell’isola gli “Irish Volunteers”, in una regione dove si aspetta con impazienza l’applicazione della Home Rule. L’epoca si presta, d’altronde, alla creazione di milizie. Sul fronte sociale, che ha visto nel novembre 1913 uno sciopero generale di notevole violenza, due sindacalisti marxisti, James Larkin e James Connolly hanno costituito una piccola “Armata Rossa” sotto il nome di Irish Citizen Army”(ICA), al fine di proteggere gli scioperanti.

Scoppia la ribellione

L’interesse delle milizie si collega al fatto che esse mobilitano e organizzano uomini in armi con il consenso tacito delle autorità. Molto rapidamente, l’IRB riesce a infiltrarsi negli “Irish Volunteers” per avere a disposizione un vero piccolo esercito e, nello stesso tempo, vengono presi contatti con i capi dell’ICA. A differenza degli “Irish Volunteers”, divisi in fautori dell’autonomia o dell’indipendenza, l’”armata rossa” irlandese (ICA) è fortemente disciplinata e animata da una stessa fede rivoluzionaria. Malgrado una serie di ordini e di contrordini, derivati principalmente da Eoin MacNeill, capo dei volontari irlandesi, lo scoppio dell’insurrezione viene decisa per il lunedì 24 aprile 1916 dalla giunzione delle due milizie irlandesi, che formano ormai un solo esercito: “Irish Repubblican Army” o IRA.
Il giorno convenuto viene occupata il General Post Office di Dublino che diviene la sede dello stato maggiore dell’insurrezione. Due bandiere sventolano sul suo frontone: quella dell’“An Bhratach Naisiunta”, dell’Irlanda repubblicana, con i colori verde, bianco e arancione, e quella blu degli operai irlandesi. Un doppio simbolo che indica la matrice nazionale e sociale di questa rivoluzione. Il quadro è completato da una larga banderuola, attaccata alla facciata, sulla quale sta scritto: “Quartier generale del governo provvisorio della Repubblica irlandese”.

Verso la Pasqua insanguinata

Barricate per le strade di Dublino

Barricate per le strade di Dublino

Le autorità britanniche, non appena appresa la notizia, inviano un piccolo distaccamento di lancieri per verificare la situazione intorno all’ufficio postale. Accolti da un nutrito fuoco, quattro lancieri vengono uccisi, insieme a numerosi cavalli. Immediatamente, viene mobilitato l’insieme delle forze britanniche presenti sul posto e il maresciallo John French, comandante in capo delle truppe britanniche, emana l’ordine di trasferire in Irlanda quattro divisioni, per un totale di più di 50 mila uomini. Dopo aver minimizzato il carattere dell’insurrezione, i Britannici, presi dal panico, tendono ad amplificarlo e rispondono all’azione con estrema violenza.
Passato il primo momento di sorpresa, l’esercito si schiera a Dublino e si lancia all’assalto delle posizioni repubblicane nel parco di Stephen’s Green, alle Four Courts e alla South Dublin, dando inizio a una vera e propria battaglia per le strade. Dal fiume Liffey, una cannoniera tira sistematicamente sula città, distruggendo la Liberty Hall, la sede dei sindacati, e tentando di distruggere il General Post Office, ma questo, coperto da altri edifici, è irraggiungibile; perlomeno questo è quello che credono i Repubblicani.
I Britannici bombardano Dublino, scatenando in tal modo una serie di incendi che provocano terribili devastazioni. Si combatte in tutta la città: uomini e donne, come la celebre contessa Costanza Markievicz a Stephen’s Green, le militanti del “Cumann na mBan” (una organizzazione paramilitare femminile) o il corpo ausiliario femminile degli “Irish Volunteers”. Giovani scout del “Fianna na Eireann” agiscono da staffette.
Giorno dopo giorno la morsa si stringe sui nazionalisti, agevolata dal fatto che i collegamenti fra le diverse zone occupate vengono a poco a poco interrotti. Inizia quindi la repressione. Mercoledì 26 aprile tre giornalisti irlandesi vengono arrestati e passati per le armi. Il generale John Grenfell Maxwell riceve carta bianca per domare al più presto l’insurrezione.
Venerdì 28 aprile, la Posta viene evacuata. Gli insorti sono in fuga. Sabato 29 aprile, alle ore 03,45, il governo provvisorio della Repubblica d’Irlanda capitola. Il quartier generale emette l’ordine di resa generale. I ribelli obbediscono agli ordini dei loro capi.
Eamon de Valera, futuro capo di stato irlandese, continua il combattimento fino al mercoledì seguente. Arrestato, condannato a morte, viene risparmiato perché cittadino americano grazie all’intervento dell’ambasciatore degli Stati Uniti. Secondo i dati dell’esercito britannico, il numero totale delle vittime, di entrambe le parti, risulta di 300 persone, di cui 180 insorti e civili. La repressione britannica è terribile. Oltre alle 15 esecuzioni, le prigioni vengono riempite di sospetti. Scrittori come George Bernard Shaw e Gilbert Keith Chesterton denunciano la violenza della repressione.

La vittoria postuma dei vinti

Soldati britannici con un gruppo di prigionieri alla fine della rivolta

Soldati britannici con un gruppo di prigionieri alla fine della rivolta

Ma il generale Maxwell, a causa della sua brutalità e ferocia, perde la battaglia della guerra psicologica.
Dall’inizio dell’insurrezione, i cittadini di Dublino si sono mostrati contrari agli insorti, deludendo i nazionalisti che speravano in una loro adesione. La provincia, con qualche eccezione, non si è schierata con il movimento. Ma è la violenza dei Britannici a capovolgere l’atteggiamento. Sorpresa e scossa, la popolazione irlandese pende posizione a favore degli insorti. Questo rovesciamento spiega la vittoria del Sinn Fein, partito di riferimento dell’IRA, alle elezioni del 1918, l’elezione di un parlamento irlandese (Dail Eireann), il cui presidente eletto è De Valera, quindi l’entrata nella guerra d’indipendenza, che riuscirà grazie all’azione di Michael Collins alla testa dell’IRA, alla creazione dello Stato libero d’Irlanda, anche se al prezzo della partizione dell’isola. Ciò darà luogo a una vera guerra civile fra vecchi fratelli di combattimento.
Il 18 aprile 1949, lo Stato irlandese, che si è definitivamente e unilateralmente staccato dalla corona britannica, uscendo dal Commonwealth, assume il nome di Repubblica d’Irlanda. L’evento viene sancito proprio il 18 aprile, che, in quell’anno, era ancora il lunedì di Pasqua.

Per saperne di più

 Biagini Eugenio F., Storia dell’Irlanda dal 1845 ad oggi, Il Mulino, Bologna, 2014;
Duff Charles, La rivolta irlandese. I sei giorni che sconvolsero l’Impero britannico, Res Gestae, 2013;
Kee Robert, Storia dell’Irlanda. Una eredità rischiosa, Bompiani, 2000;
Maxence Philippe, Irlande 1916. Le printemps d’une insurrection, Via Romana, Versailles;
Maxence Philippe, Pâques 1916: renaissance de l’Irlande, Via Romana, Versailles;
Michelucci Riccardo, Storia del conflitto anglo-irlandese. Otto secoli di persecuzione inglese, Bologna, Odoya, 2009.