UNA STORIA MANCATA: IL LASCITO PRENDIPARTE, BOLOGNA 1348
di Maria Alessandra Risi -
Il lascito di una delle famiglie cittadine più in vista consente di leggere un frammento di storia bolognese nell’anno della grande epidemia di peste e, contestualmente, di indagare le vicende di un’immagine della Vergine.
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Fu un anno particolarmente difficile quel 1348 a Bologna.
Il 15 gennaio un fortissimo terremoto con epicentro in Friuli aveva provocato anche a Bologna crolli di torri e palazzi[1]. Lo stesso anno la città fu investita dalla drammatica epidemia di peste del ‘300 che avrebbe avuto effetti devastanti in tutta Europa e che causerà la morte di un terzo circa della popolazione bolognese[2].
La curia papale era in Francia e sarebbe rimasta ad Avignone per gran parte del secolo, contribuendo alle turbolenze politiche e militari del periodo.
A Bologna quindici anni prima, nel 1334, era stato cacciato il legato papale Bertrando del Poggetto, e durante il breve intermezzo comunale che ne era seguito, la città era stata teatro dei tumulti fra i partiti dei Pepoli e dei Gozzadini, un tempo alleati ma che ora si contendevano con violenza la signoria. Solo per fare un esempio, nel 1337 era stata uccisa a Fiesso di Castenaso una persona vicina al partito dei Gozzadini[3]. Un mese dopo Taddeo Pepoli era di fatto il signore di Bologna[4]. Taddeo era poi morto nel settembre del 1347, quando la peste stava già arrivando, ed era stato sepolto in S. Domenico.
L’anno successivo alla morte di Taddeo, fra i tanti testamenti di quel periodo di pestilenza e di lotte[5], l’11 ottobre 1348 anche Bartolomeo del fu Bassino dei Prendiparte da Fiesso dispose le proprie ultime volontà, notaio rogante Francesco Ribaldi de Urbiçanola[6], come risulta dalla trascrizione del testo conservata nei Memoriali notarili bolognesi[7].
La famiglia dei Prendiparte, una delle più autorevoli e ricche della città [8], era guelfa e vantava una lunga tradizione di consoli, reggitori e notai cittadini. Esiste tutt’ora a Bologna la Torre Prendiparte, di loro proprietà e risalente alla seconda metà del XII secolo, attigua alle Due Torri.
Non sappiamo perché Bartolomeo si trovasse a Fiesso, nella campagna bolognese in comune di Castenaso. Ricordiamo tuttavia che era un anno di peste e che nella stessa zona altre famiglie bolognesi possedevano dimore signorili di campagna, oppure avevano il giuspatronato di chiese o cappelle locali[9].
Tra numerosi altri legati testamentari, Bartolomeo dispose in particolare di lasciare cinque lire in fatiendo pingi imaginem Beate Marie ad Pontem Reni et ad ecclesiam Beate Marie de Monte Guardia (affinché un’immagine della Beata Maria fosse dipinta sul Ponte del Reno e nella chiesa della Beata Maria di Monte Guardia).
Scopo originario del presente studio è stato il desiderio di approfondire questo singolo lascito, in apparenza relativamente modesto, nel tentativo di ricostruire almeno in parte l’identità e la storia di entrambi questi oggetti di culto.
Il percorso di ricerca ha seguito fondamentalmente tre piste: le prime due hanno indagato immagini della Madonna presenti su ponti del fiume Reno, la terza invece ha riguardato il santuario mariano del Monte della Guardia che domina la città. Nel dettaglio, l’ipotesi iniziale ha tentato di ricostruire la storia dell’immagine della Vergine presente attualmente all’interno della Chiesa della Visitazione, su un ponte del Canale di Reno in città; successivamente si è passati ad esaminare le vicende della chiesa con annesso ospitale di S. Maria della Viola, accanto al Pontelungo sul fiume Reno, fuori dalle mura cittadine; infine l’attenzione è stata rivolta al santuario di San Luca sul Monte della Guardia, esplicitamente nominato nel testamento per la “pittura” della seconda immagine.
La chiesa della Visitazione al Ponte delle Lame
Bologna è sempre stata una città d’acque.
Oltre ai fossati, quasi certamente difensivi, presenti già nella Bononia dell’XI secolo[10], era iniziato nel 1208 lo scavo del Canale di Reno per convogliare le acque del fiume all’interno della città, partendo dalla Chiusa fluviale a Casalecchio di Reno. Il canale entrava in città dalla Grada, vicino a Porta San Felice, uno dei pochi luoghi dove è ancora visibile scoperto, per poi diramarsi in una rete di acque ad uso sia alimentare che, soprattutto, manifatturiero. Il Comune di Bologna, in forte ascesa, stava infatti espandendo il controllo sul proprio contado, comprese le aree limitrofe alla chiusa di Casalecchio, a sud ovest della città, già di proprietà dei potentissimi Canonici di Reno, come vedremo più avanti[11].
Nell’intrico urbano di acque, il Canale di Reno diventava Canale delle Moline, all’altezza dell’attuale via Oberdan, e successivamente Navile, ciascuno con ramificazioni che portavano le acque alle diverse attività artigianali presenti in città, tra cui i numerosissimi filatoi per la seta e i mulini per il grano. Nel ‘500 Bologna arriverà anche a possedere un vero e proprio porto mercantile dotato di darsena e magazzini, nei pressi dell’attuale via don Minzoni, che consentiva la navigazione di uomini e merci fino all’interno dell’abitato. In precedenza, dopo la concessione del porto delle navi sul fiume Reno fatta da Berengario I alla Chiesa di Bologna alla fine del IX secolo, le imbarcazioni disponevano di scali o porti meno strutturati, lungo corsi d’acqua non sempre navigabili e spesso impaludati, che richiedevano comunque il trasbordo delle merci su altri mezzi per arrivare in città[12]. I percorsi d’acqua cittadini sono oggi quasi totalmente interrati, con tombatura completata a metà del XX secolo.
La rete dei canali che scorreva all’interno delle mura cittadine era naturalmente attraversata da numerosi ponti. Per limitarci alla sola zona di interesse, nel 1289 venne costruito un nuovo ponte della Carità in mattoni sul Canale di Reno in Via S. Felice, in sostituzione del precedente in legno andato distrutto e risalente probabilmente al periodo dello scavo del canale, cioè quasi ad un secolo prima[13].
Qualche anno dopo, nel 1317 venne rifatto, a poca distanza, anche il ponte delle Lame[14] sullo stesso canale ma in via Lame, ad opera di Bonaventura da Calderara[15]. Si trattava in questo caso di un semplice ponte ad arco, con parapetti laterali, dove su un piccolo rialzo al centro un anonimo pittore aveva dipinto in muro, come affermava Antonio Masini nel 1666, un’immagine della Beata Vergine fra San Giovanni Battista e San Sebastiano[16]. Da qui è partita l’ipotesi che potesse trattarsi di una delle due immagini di Maria del lascito Prendiparte del 1348.
Nel 1527, due secoli dopo la ricostruzione del ponte delle Lame, Bologna venne sconvolta dal passaggio dei Lanzichenecchi diretti a Roma, dove sarebbero stati protagonisti del famoso violento saccheggio. Al loro seguito, una nuova epidemia di peste era scoppiata in città, anche se probabilmente meno drammatica di quella trecentesca[17]. Preghiere e suppliche furono rivolte alle immagini sacre presenti ovunque, compresa quella sul Ponte delle Lame, per invocare la fine del contagio. Una volta terminata l’epidemia, come ringraziamento venne edificata in questo luogo, ma non è l’unico esempio in città[18], la Chiesa della Beata Vergine della Visitazione e dei S. Apostoli Filippo e Giacomo al Ponte delle Lame, dove fu collocato il dipinto staccato dal ponte e considerato miracoloso. La chiesa, costruita in modo singolare direttamente sopra il ponte del canale, fu affidata alla Compagnia o Confraternita della Visitazione[19].
Un manoscritto del 1608 di Francesco Maria Cavazzoni, precedente agli scritti del Masini e conservato nella Biblioteca dell’Archiginnasio, riporta che una “Santissima immagine della Gloriosa vergine sopra il ponte del canale di Reno in la contrada delle Lamme fu già da alcuni devoti di quel vicinato eretta per divotione di tutti gli viatori che ivi passeranno. Ma essendo arrivati all’anno della salute 1527…”[20], per poi proseguire con la storia della costruzione della chiesa.
Anche la scheda del Catalogo Generale dei Beni culturali dell’Emilia-Romagna[21] conferma che l’immagine della Madonna del Ponte delle Lame è un affresco risalente al primo quarto del XVI secolo, di area emiliana, che fu staccato nel 1527 dal tabernacolo situato sul ponte delle Lame per essere collocato sull’altare maggiore della chiesa dove rimase fino al 1804, quando fu posta nell’annesso oratorio, per poi ritornare sull’altare nella seconda parte del secolo.
Altri affermano invece che l’immagine attuale non è quella originale[22], in quanto nell’affresco presente oggi sull’altare maggiore del Santuario della Visitazione, che si connota chiaramente come cinquecentesco, non sono presenti i due santi ai lati della Vergine descritti da Masini nel 1666.
La chiesa è al momento chiusa[23] per lavori di nuova scopertura del canale sottostante.
Per completare alcune notizie su questa chiesa possiamo aggiungere che la rappresentazione pittorica della prima chiesa edificata sul Ponte delle Lame figura nella pianta prospettica di Bologna dipinta nel 1575 da Scipione Dattili sulla parete sud della Sala Bologna in Vaticano, all’interno degli appartamenti privati del Papa, in quel momento il bolognese Ugo Buoncompagni, divenuto papa col nome di Gregorio XIII. Nel 1764 venne effettuato il completo rifacimento di questa prima chiesa conferendole gli attuali scenografici interni in stile barocco, opera di Marc’Antonio Bianchi o Bianchini (1690-1750), con sculture di Filippo Scandellari, mentre la facciata è rimasta incompiuta.
Non avendo potuto trovare alcun nesso documentario tra l’immagine della Madonna nella Chiesa del Ponte delle Lame, dipinta nel XVI secolo, e il lascito testamentario di Bartolomeo Prendiparte del 1348, è stata percorsa una seconda ipotesi di ricerca, spostando l’attenzione dal Canale di Reno in città al vero e proprio fiume Reno, che scorreva allora fuori dalle mura. Il fiume, all’altezza di Bologna, era attraversato in epoca medievale principalmente da due ponti: uno nella zona della Chiusa di Casalecchio, già citata e di cui si dirà in seguito, e il Pontelungo, di origini romane, collocato lungo il tracciato della via Emilia, tra Borgo Panigale e la città.
Santa Maria della Viola al Ponte di Reno
La via Emilia, strada romana che congiunge Piacenza con Rimini, giunta in prossimità di Bologna attraversava quindi il fiume Reno su un ponte di epoca augustea, poi crollato nel corso dell’VIII secolo[24] . Questo originario ponte romano venne sostituito con un altro, già attestato nell’XI secolo[25], e collocato 100 metri più a sud dell’originale. Si trattava, come abbiamo detto, di uno dei due ponti principali sul fiume del periodo medievale. Nel 1257 il Comune di Bologna ne prese il pieno possesso[26] e procedette al suo rifacimento. Il ponte venne abbellito con merli e parapetti, e dotato di portoni alle due estremità[27]. Sopra quello verso la città era verosimilmente collocato, in una cella, un prezioso Compianto ligneo con sette figure a mezzo busto, o inginocchiate, in grandezza naturale attorno al Cristo morto: la cosiddetta Pietà del Pontelungo, risalente ai secoli XIII-XIV, conservata attualmente nella Chiesa di S. Maria delle Grazie. Si tratta del più antico Compianto di Bologna, gruppo tipico della scultura sacra di ambito bolognese dell’epoca, e l’unico in legno[28].
Vicino allo stesso portone del ponte esisteva, fin dalla seconda metà del sec. XII, l’Hospitalis in Veula con annessa chiesetta intitolata alla Madonna[29]. Su questa istituzione si è concentrata la seconda ipotesi ricerca del presente studio. L’ospitale, citato in diversi documenti dei secoli successivi[30], faceva parte di un gruppo di luoghi “il cui instituto era di albergar pellegrini, di assistere gli ammalati e di raccogliere gli esposti”, simile a quelli per esempio di Santa Maria della Carità, di San Pietro e di San Procolo in città[31]. L’esistenza in zona di un altro ospitale intitolato a San Petronio, citato da alcuni, rimane dubbia[32].
A causa di una riorganizzazione interna che coinvolse molte di queste strutture caritative cittadine, il 6 agosto 1516 l’Ospitale di S. Maria della Viola del ponte di Reno, fu unito a quello degli Esposti di San Procolo, concentrando le rispettive rendite in San Procolo “che abbandonato l’uso di albergar pellegrini, e di curar ammalati, tutto si dedicò a raccogliere, nudrire, ed allevare i trovatelli della città, poi dell’intera provincia bolognese”, in modo da far fronte ad un problema, quello dei bambini orfani, che probabilmente era diventato impellente. Il rettore di San Procolo si assumeva anche l’incarico, che in precedenza era stato onere dell’ospitale di S. Maria della Viola e delle sue rendite, di effettuare le manutenzioni necessarie al ponte di Reno in caso di inondazioni [33].
Della chiesa e dell’ospitale non rimane oggi alcuna traccia.
Nel 1641 la chiesa di Santa Maria della Viola del Ponte di Reno, che era divenuta parrocchia nel 1573 venne distrutta da una piena del fiume, seguita poco tempo dopo dal vicino Ospitale[34]. I parrocchiani passarono in un primo tempo (non senza discussioni con la parrocchia confinante di Bertalia) a S. Maria Assunta di Borgo Panigale, attiva dal 1238, poi alla nuova parrocchia di S. Maria delle Grazie in Via Saffi creata nel 1916, e infine a Cristo Re in via Emilia Ponente nel 1940. Nel periodo in cui la parrocchia era S. Maria delle Grazie, distante qualche chilometro, veniva utilizzato per la zona di S. Viola prima l’Oratorio di San Barnaba, sulla via Emilia, e successivamente una vecchia scuderia, trasformata provvisoriamente in chiesa.
Un paio di quadri a soggetto religioso provenienti da San Barnaba sono ora visibili in Cristo Re, mentre la Pietà del Pontelungo ha avuto un destino diverso. Dopo il crollo nel 1758 del portone del ponte su cui era collocata, fu alloggiata in un primo tempo all’interno di una piccola cappella costruita appositamente ai piedi del cavalcavia. Ma quando nel 1887 si dovette procedere al rifacimento completo del ponte nelle sue forme attuali[35], il gruppo scultoreo fu trasferito anch’esso a S. Barnaba dove rimase in condizioni deplorevoli fino al restauro e alla collocazione definitiva nel 1921 in S. Maria delle Grazie, allora parrocchia titolare[36].
Ai piedi del Pontelungo, sul muro di una casa a sinistra della via Emilia uscendo da Bologna, rimane un’edicola a ricordo dello spostamento del Compianto in S.M. delle Grazie. Fu collocata nel 1925, e conteneva una riproduzione della Pietà in scala 1:10, oggi scomparsa. Da notare la presenza alla base dell’edicola di un inginocchiatoio rudimentale, costituito da grosse pietre squadrate con segni di erosione tipici di un lungo soggiorno in acqua, probabilmente residui dell’originario ponte romano[37].
Anche questa seconda pista di indagine terminava quindi senza riuscire a mettere in evidenza un collegamento con l’imaginem beate Marie ad pontem Reni del testamento Prendiparte.
È stata quindi rivolta l’attenzione alla ecclesiam Beate Marie de Monte Guardia, oggetto del lascito gemello di Bartolomeo, nonostante si fosse consapevoli che la presenza in questa Chiesa dell’immagine bizantina della B.V. di San Luca, data in custodia fin dal 1160 alle suore che vi abitavano[38], poteva togliere di fatto ogni giustificazione ad ulteriori nuove immagini simili.
La chiesa del Monte della Guardia
La storia del santuario di S. Luca sembra cominciare all’inizio del XII secolo intorno alla figura leggendaria di una giovane che pare si fosse ritirata a vita eremitica sul Monte della Guardia[39] nelle colline bolognesi. Il padre, non riuscendo a distoglierla da questo proposito, avrebbe fatto costruire per lei e per le sue compagne una piccola casa e una chiesina, su terreni acquistati o ceduti dai Canonici regolari di Santa Maria di Reno. I Canonici, che seguivano la regola agostiniana, si erano stabiliti, probabilmente intorno al primo ventennio del 1100[40], alle pendici del Monte della Guardia, in quella che oggi è la località Croce di Casalecchio, nei pressi del ponte sul Reno[41], e furono confermati nel 1136 da Papa Innocenzo II. Canoniche come questa, cioè congregazioni di ecclesiastici che vivevano in comune, adottando o meno una regola di vita, ebbero un ruolo importante all’interno della riforma ecclesiale stabilita da papa Gregorio VII (1073-1085). I Renani, divenuti potentissimi nei sec. XII-XIII grazie a continui privilegi e concessioni sia papali che imperiali, arrivarono a controllare, oltre al passaggio strategico sul ponte del Reno a Casalecchio[42] e a vastissimi territori, anche la chiesa romana di S. Prassede e il monastero bolognese di S. Salvatore. Iniziarono a decadere nel corso del XIII sec. sia sul piano spirituale che economico, fino al definitivo ritiro dei Renani rimasti in S. Salvatore a metà del XIV secolo circa. Il rapporto dei Canonici di Reno con la comunità che si andava sviluppando sul Monte della Guardia fu segnato da una lunga serie di liti e contese fra le suore e i canonici riguardo le proprietà terriere e i rapporti reciproci, con alterne fortune fra le due parti. La Chiesa della Guardia fu inserita in modo definitivo fra i possedimenti della Canonica con bolla del 1217 di Onorio III[43]. Si trattava in quel momento della seconda chiesa, costruita pochi anni prima sul Monte della Guardia in sostituzione di quella originaria.
A metà del XIII secolo sembra che, a causa della scarsità sia di canonici che di suore, il Cardinale Ottaviano Ubaldini spostasse sul colle tre suore, suor Balena priora, suor Donna o Dotta Prendiparte (probabilmente della stessa famiglia di Bartolomeo, ma un secolo esatto prima del suo testamento), e suor Marina, togliendole dalla precedente collocazione nel monastero di S. Vincenzo di Ronzano, e dalla dipendenza da esso[44].
Nel 1322, qualche anno prima del testamento di Bartolomeo, al Monte della Guardia, di nuovo fiorente, era stato deciso di riparare e poi di rifare ex-novo la chiesa di San Luca, ormai cadente, chiedendo l’aiuto di tutti i bolognesi. Questa terza chiesa verrà consacrata nel 1481[45]. In seguito, nella seconda metà del XVIII secolo, la chiesa assumerà le forme del santuario barocco attuale, opera dell’architetto Carlo Francesco Dotti, collegato alla città da un lungo portico.
Si apre dunque uno spiraglio sull’ipotesi che Bartolomeo possa aver lasciato il suo denaro non per dipingere una vera e propria nuova immagine della Beata Maria del Monte, bensì per ornare o abbellire quella esistente, allargando con una sfumatura di significato il termine latino pingere usato nel testamento, che potrebbe denotare non solo l’atto di dipingere vero e proprio, ma anche quello di decorare o riparare un’immagine già esistente[46]. Questa ipotesi potrebbe essere estesa facilmente anche all’altra immagine del testamento, considerando sia l’utilizzo dello stesso termine che la relativa esiguità della cifra lasciata: due lire e mezzo ciascun dipinto, contro le dieci lire lasciate per un calice e le sei lire per un messale.
Conclusioni
E’ stato fatto il tentativo di ricostruire la biografia materiale di due immagini della Madonna oggetto di un lascito testamentario di Bartolomeo del fu Bassino dei Prendiparte, morto nel 1348 nei pressi di Bologna durante un’epidemia di peste, con cui egli disponeva una piccola somma di denaro in fatiendo pingi imaginem Beate Marie ad Pontem Reni et ad ecclesiam Beate Marie de Monte Guardia.
L’indagine è stata rivolta in alcune direzioni diverse, fra quelle ritenute più significative, ma ovviamente senza alcuna pretesa di completezza.
Finora non è stato possibile confermare, in primo luogo, un collegamento tra il lascito Prendiparte del 1348 e il dipinto della Vergine che era presente sul Ponte delle Lame a Bologna, la cui prima descrizione nota risale al 1666, quando l’immagine era già stata collocata da più di un secolo all’interno della Chiesa di S. Maria della Visitazione sullo stesso ponte.
Allo stesso modo non sono stati trovati collegamenti nemmeno tra il lascito e la Chiesa di Santa Maria della Viola del ponte di Reno, vicinissima al Pontelungo sul fiume, della quale non sembra esistere alcuna descrizione, né traccia attuale.
La terza ipotesi, quella che ha coinvolto i Canonici regolari di Reno a Casalecchio, rimane l’unica che consentirebbe di intravvedere una seppur labile relazione reciproca tra le immagini mariane oggetto del lascito e i Prendiparte, in mancanza però di fonti e prove documentarie.
Rimane tuttavia il sospetto, in primo luogo, che la dizione ad Pontem Reni potesse comprendere in modo generico sia i ponti che attraversavano il corso del fiume sia quelli posti sui canali artificiali derivati, moltiplicando così i luoghi di riferimento.
In secondo luogo è possibile ipotizzare che Bartolomeo non abbia disposto il proprio lascito testamentario a favore di due veri e propri nuovi dipinti della Madonna, ma solo per l’abbellimento o il recupero di immagini già esistenti di Maria, soprattutto facendo riferimento all’immagine della Beata Maria del Monte della Guardia.
In conclusione, le indagini condotte finora hanno potuto suggerire solo alcune ipotesi che, per quanto suggestive, non hanno permesso per il momento di fare piena luce sul destino del lascito testamentario di Bartolomeo Prendiparte.
Appendice I
Il testamento di un nobile del contado – ASBo, Memoriale 229, c. 38r-v.
In versione italiana, sintetica, con note.
Nell’anno del Signore 1348 il giorno undici del mese di ottobre, Bartolomeo del fu Bassino dei Prendiparte, sano di mente e di coscienza per grazia di Cristo benché debole di corpo, fece questo testamento orale delle sue cose e dei suoi beni.
In primo luogo lasciò a favore della propria anima alla pieve di San Gimignano di Marano della Diocesi di Bologna un calice per la santificazione del corpo del Signore del valore di dieci lire[47].
Inoltre lasciò al monastero di San Martino dei frati Carmelitani dieci corbe di frumento[48]
Allo stesso modo lasciò alla chiesa della Beata Maria al Monte della Guardia sei corbe di frumento.
Inoltre lasciò perché siano spesi in fatiendo pingi immaginem Beate Marie ad pontem Reni quinquaginta solidos bononinorum et simili modo ad ecclesiam Beate Marie de Monte quinquaginta solidos bononinorum[49].
Inoltre lasciò alla chiesa di San Cristoforo di Castenaso per un messale sei lire.
Inoltre lasciò a don Pasquale presbitero della chiesa di S […] di Castenaso per dire messe e preghiere venti soldi.
Inoltre lasciò allo stesso per un cero trenta soldi.
Inoltre lasciò a Giovanni del fu Franciscini de Bonisegnis una cavalla e una mançolam.
Inoltre lasciò a Giovanni del fu Guglielmo dei Prendiparte suo padrino[50] un puledro.
Inoltre lasciò a Giacomo del fu domino Prinidini[51] un’altra cavalla.
Inoltre lasciò a domina Zanne[52] sua moglie la sua dote e la sua camera, con tutto ciò che essa contiene al momento della morte del testatore.
Inoltre lasciò a lei certe sue masserizie che ha in casa.
Inoltre ordinò di soddisfare ogni [debito] che si trovasse in un certo suo libro di bambù o in qualche cedola in esso conservata.
Inoltre lasciò al detto Giacomo un caxamentum che possiede in terra Iuxi.
Inoltre lasciò alla detta domina Zanne un letto che possiede a Minerbio.
Inoltre lasciò alla stessa domina l’abitazione nella sua casa di Bologna fino a che essa vivrà da onesta vedova.
Inoltre lasciò trenta soldi pro malle ablatis incertis[53].
Inoltre lasciò ai fratelli Giacomo e Giovanni figli del fu Albertino sei corbe di frumento.
Inoltre lasciò agli eredi del fu Nane di Ponte Maggiore quaranta soldi.
Inoltre ordinò che Mina del fu Zanolle dovesse essere nutrita a sue spese fino ai due anni.
Inoltre ordinò che fosse acquistato un pioppo da porre sulla sepoltura del padre del costo di dieci lire e dispose di essere sepolto là.
Inoltre che domina Zanne debba provvedere in modo appropriato e decente alle nostre vedove dopo la morte del testatore.
Inoltre dispose che venissero dette mille messe per la sua anima.
Inoltre lasciò agli ospitali di San Biagio in Strada Santo Stefano, dei guarenorum e dei battuti venti soldi ciascuno[54].
E per tutte le cose predette nomina suo commissario ed esecutore testamentario il sopraddetto fu Guglielmo, dandogli piena licenza e libera potestà di vendere e alienare i suoi beni fino al raggiungimento degli scopi.
Inoltre istituisce eredi di ogni altro suo bene mobile o immobile sia nel presente che in futuro per metà il sopraddetto Giovanni e per l’altra metà Prendiparte detto Parte, Allegratuti detto Tuti e Alberto detto Bus fratello e figli del fu domino Preiudini[55], fratello del detto Giovanni. Se qualcuno di essi muore senza figli e costituisce altri come eredi, le sue ultime volontà valgano come testamento, e se il testamento non è valido venga dato seguito alle sue ultime volontà al meglio che si possa[56].
Dato in Fiesso nella casa di detto testatore presenti il sopraddetto don Pasquale che conferma che il testatore è sano di mente e di intelletto, Minno fu […], Gerardo fu Bortolino, Giovanni fu Albertino, Bertuzzo fu Giovanni Barberi, Giovanni fu Benni, Guzio fu domino Nicola e Giacomo fu domino Priudini[57], tutti testimoni di Fiesso e Castenaso in quanto chiamati […][58]. Si dà procura a don Bitinum Francisci cappellano del signor vescovo presente o assente di far trascrivere questo testamento nei memoriali del comune di Bologna attraverso gli ufficiali addetti et cetera.
Da Francesco Ribaldi de Urbiçanola procuratore e notaio vennero, dissero, denunciarono e quanto detto fecero registrare per iscritto nei memoriali del Comune di Bologna il giorno venti ottobre.
Appendice II
Qualche ulteriore nota di contesto
L’indagine ha permesso di mettere in luce la fitta rete di relazioni esistente fra Bologna e il suo contado limitrofo settentrionale, nell’arco complessivo di una ventina di chilometri della città. Qui si trova la frazione di Fiesso di Castenaso, dove risiedeva Bartolomeo Prendiparte al momento del testamento. Fiesso dipendeva dal quartiere bolognese di porta Ravegnana, che controllava la manutenzione delle strade, del ponte e degli argini del locale torrente Idice.
Nella seconda metà del ‘300 sia la chiesa parrocchiale di Fiesso, intitolata a S. Pietro, che la chiesa di S. Cristoforo del vicino capoluogo Castenaso[59], dipendevano dal plebanato di S. Gervasio e Protasio di Budrio. Fra i diversi lasciti testamentari disposti da Bartolomeo Prendiparte in punto di morte, alcuni erano a favore proprio della Chiesa di S. Cristoforo e del suo parroco, che era presente al momento del testamento. Sempre a S. Cristoforo aveva il giuspatronato la famiglia dei Ramponi, ricchi notabili bolognesi[60]. I Prendiparte all’inizio del XV secolo avevano invece il giuspatronato della Chiesa di San Michele del Castellaccio, in un sito fortificato forse di origine matildica, nella Parrocchia di S. Maria in Duno, vicino a Bentivoglio, nella stessa zona[61]. È lecito ipotizzare che esistesse una relazione di vecchia data fra le due ricche famiglie dei Prendiparte e dei Ramponi, entrambe di parte guelfa, in quanto per esempio è rimasta traccia di una loro collaborazione al momento della visita a Bologna di Papa Innocenzo IV (1243-1254), molto legato alla città e in particolare allo Studium, il quale fu ospitato con tutto il seguito dei cardinali proprio da queste due famiglie[62].
Sempre in questa zona del contado, a Marano di Castenaso, alla cui parrocchia Bartolomeo lasciava un calice per la celebrazione della messa, Giovanni II Bentivoglio (1443-1508) farà costruire per un figlio il Palazzo Foggianova, ora perduto. In quella frazione si trovavano anche terre di proprietà del Collegio di Spagna, con la Chiesa della Madonna del Pilar, risalente al XVIII secolo e tutt’ora esistente.
Il sistema dei canali di Bologna venne più volte modificato nel tempo per adattarlo alle necessità commerciali e artigianali della città, e il corso stesso del fiume Reno è stato progressivamente deviato verso oriente, a partire dalla seconda metà del XV secolo, per porre fine a disastrose alluvioni, fino ad arrivare all’attuale sbocco nel Delta del Po.
Il Canale Navile, uscendo scoperto da Bologna in zona Carracci/Stazione, si dirige tutt’ora verso nord, passando da Bentivoglio, per poi immettersi nuovamente nel Reno dopo circa 40 Km. in località Passo Segni. A Bentivoglio il canale è ancora attraversato dal trecentesco Ponte Poledrano, accanto a cui il Comune bolognese eresse nel 1390 una rocca in difesa di quel confine con gli Este. La rocca venne successivamente trasformata in palazzo dai Bentivoglio, signori di Bologna dall’inizio del XV secolo.
Una prima ricognizione parziale effettuata di persona in questi luoghi d’acqua a nord di Bologna non ha messo in evidenza elementi di rilevo. Colonnine votive con immagini in apparenza recenti della Madonna sono presenti in particolare in un crocevia di Fiesso, e in corrispondenza di una chiusa e altre opere idrauliche sul Canale Navile a Bentivoglio. Curiosamente quest’ultimo pilastrino, posto sulla strada provinciale in corrispondenza della chiusa sul canale, conserva una immagine policroma recente, in rilievo, forse in ceramica, della Madonna di san Luca. Nulla è presente sul Ponte Poledrano, accanto al castello di Bentivoglio.
Della chiesa di S. Maria della Viola del Ponte di Reno, a sud-ovest della città, pare non essere rimasto praticamente nulla. Lo stesso dicasi per la Canonica di Santa Maria di Reno a Casalecchio, sempre a sud della città.
Anche il tentativo di approfondire le vicende dei Prendiparte, nella manciata di anni attorno al testamento di Bartolomeo del 1348, non ha dato finora gli esiti sperati.
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[1] Masini Antonio, Bologna perlustrata, II, Bologna, Arnaldo Forni editore, 1666 (rist. anastatica), p. 143.
[2] Dondarini Rolando, Calamità ed epidemie di ieri e di oggi. Dalla peste del 1348 a Bologna e nel mondo https://www.pianurareno.org/new/2021/05/19/calamita-ed-epidemie-di-ieri-e-di-oggi-dalla-peste-del-1348-a-bologna-e-nel-mondo/ (u.c. ottobre 2024)
[3] Corpus Chronicorum Bononiensum, Cronaca A, p. 473, Cr. Vill. P. 472-473.
[4] Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Dizionario Biografico degli Italiani, Taddeo Pepoli, Volume 82 (2015), voce a cura di M. Giansante.
[5] Nel 1348 furono registrati nei Memoriali bolognesi 1147 testamenti, e altri 85 depositati presso religiosi, contro i 315 registrati nel 1337, un anno relativamente libero da guerre maggiori, malattie e carestie, vedi Wray Shona Kelly, Communities and Crisis. Bologna during the Black Death, Leiden, The Nederlands, Koninklijke Brill NV, 2009, p. 7.
[6] Si tratta di Rubizzano, frazione del Comune di San Pietro in Casale, distante una trentina di chilometri sia da Bologna che da Fiesso.
[7] ASBo Memoriali bolognesi 1265-1452, Memoriale 229, c. 38r-v.
[8] Cfr. Kelly, Communities and Crisis. cit., p. 29n, 31.
[9] Vedi Appendice II.
[10] Frescura Nepoti Santa, Canali, mulini e porto nella Bologna del Duecento, 2 vol., Bologna, Casa Editrice Persiani, 2023, II, p. 1087.
[11] Pallotti Riccardo, La canonica di S. Maria di Reno. Una congregazione di canonici regolari alle porte di Bologna nei secoli centrali del Medioevo, 2023, https://www.filodiritto.com/la-canonica-di-s-maria-di-reno-una-congregazione-di-canonici-regolari-alle-porte-di-bologna-nei-secoli-centrali-del-medioevo (u.c. luglio 2024).
[12] Cfr. Duranti Tommaso, Il Mulino di Bentivoglio tra età bassomedievale e prima età Moderna, in Mulini, canali e comunità della pianura bolognese tra medioevo e ottocento, a cura di Paola Galletti e Bruno Andreolli, Bologna, CLUEB, 2009, pp. 139-150. Vedi anche Zanotti Angelo, Ambiente, cultura e storia lungo il fiume Reno, Il Carrobbio, XXXVI, 2010, pp. 279-305: 302; ed inoltre Zanotti Angelo, Il sistema delle acque a Bologna dal XIII al XIX secolo, Bologna, Editrice Compositori, 2000, pp. 60-63, 243.
[13] Guidicini Giuseppe, Miscellanea Storico/patria bolognese, Bologna, Stab. Tipogr. di Giacomo Monti, 1872, p. 34, ed inoltre Guidicini Giuseppe, Cose notabili della Città di Bologna, III, citato in “Origine di Bologna – Canale di Reno” https://www.originebologna.com/strade/ponte-della-carita/#:~:text=Il%20Ponte%20della%20Carit%C3%A0%20permetteva,di%20Reno%20(oggi%20coperto).&text=Superato%20l’opificio%20della%20Grada,sotto%20il%20ponte%20della%20Carit%C3%A0. (u.c. giugno 2024)
[14] Il luogo è già citato con questo nome in una compravendita del 1243, vedi Guidicini Giuseppe, Cose notabili della Città di Bologna, I, Bologna, Tipografia delle Scienze di Giuseppe Vitali, 1868 p. 85.
[15] Guidicini, Miscellanea, cit., p. 384.
[16] Masini Antonio, Bologna perlustrata, I, Bologna, Arnaldo Forni editore, 1666 (rist. anastatica), p. 369. Vedi anche Foschi Paola (a cura di), I tesori nascosti della Bologna cristiana, Bologna, Bononia University Press, 2017, p. 14.
[17] Sabbatani Sergio, La peste a Bologna nel 1527. La Madonna del Soccorso e le motivazioni storiche di una sentita devozione popolare, Nuova Riv. St. Medicina I (L), 2020, n. 1, p.255.
[18] Vedi il culto ed il successivo santuario alla Madonna del Soccorso in via del Borgo, in Sabbatani, La peste a Bologna nel 1527, cit.
[19] Masini, Bologna perlustrata, I, cit., p. 369.
[20] BCABo, B.298, Bologna 1608, cc. n.n., citato in Foschi, I tesori nascosti, cit., p. 15n e in Rivani Giuseppe, La chiesa di S. Maria della Visitazione, le lavandaie del ponte delle Lame e la peste del 1527, Strenna Fam. Bulgn., Bologna, Scuola Grafica Salesiana, 1958, p. 158. Da notare che l’architetto Giuseppe Rivani (1894-1967) è stato autore di alcuni studi e disegni per il completamento della facciata della Visitazione e dello stabile posteriore ad essa della Congregazione di S. Rocco.
[21] https://web.archive.org/web/20181107224731/http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/6/72
[22] Foschi, I tesori nascosti, cit., p. 15.
[23] Dicembre 2024.
[24] Nel 1845 vennero ritrovati nel letto del fiume 45 massi di macigno e marmo provenienti dall’originario ponte romano. Tre furono collocati nel museo civico, gli altri utilizzati per la pavimentazione di S. Petronio o rivenduti. https://www.bibliotecasalaborsa.it/bolognaonline/mappa-degli-scrittori-e-scrittrici-a-bologna/place/pontelungo
Vedi anche Origine di Bologna, Fiume Reno, Fiume Reno – https://www.originebologna.com/viedacqua/fiume-reno/
Del ponte romano originario pare sia rimasta qualche traccia occultata nella attuale via Ponte Romano, cfr. Pezzoli Orlando, Fuori porta prima del ponte Santa Viola, Bologna, Ed. Comit. Ric. Storica e Sociale su Santa Viola, 1976, p. 7.
[25] Il ponte è citato nel testamento, datato 1199, del docente di medicina Giacomo da Bertinoro, vedi Tugnoli Gianni, La “Pietà del Ponte Lungo”, in pubblicazione per la Decennale Eucaristica del 2005, Parrocchia S. Maria delle Grazie, Bologna p. 15.
[26] Frescura Nepoti, Canali, mulini, cit., I, p. 174. Cfr. anche Hessel Alfred, Storia della città di Bologna 1116-1280, a cura di Gina Fasoli, Milano, Ed. Alfa, 1975, citato in Tugnoli, La Pietà, cit., p. 16
[27] Santa Maria Assunta di Borgo Panigale, in Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna, 4 vol., Bologna, Forni editore, 1844-1851, IV, p. 74.
[28] Sul Compianto, oltre a Tugnoli, La Pietà, cit., vedi anche https://www.comitatobsa.it/compianti-pieta-bologna/ ed inoltre https://www.santamariadellegrazie.it/bologna/index.php?option=com_content&view=article&id=79&Itemid=64 e https://www.santamariadellegrazie.it/bologna/index.php?option=com_content&view=article&id=246&Itemid=165
(u.c. luglio 2024).
[29] Vedi conferma dei beni della Chiesa bolognese di Urbano III, 2 marzo 1187, in AAB, Arch. Capitolare, Libro dalle Asse, c.15, n. 47, pubbl. da Savioli, I, II, 150, con trascrizione erronea, cit. in Fanti Mario, Le vie di Bologna: saggio di toponomastica storica e storia della toponomastica urbana, vol. II, Istituto per la storia di Bologna, 2000, p. 807.
[30] L’ospitale è citato ad esempio nell’elenco di monasteri e luoghi pii della città di Bologna redatto a Nonantola nel 1366 in Casini T., Della Costituzione ecclesiastica del bolognese, Atti e mem. della Deputaz. di storia patria per le prov. di Romagna, s. IV, vol. VI, 1916, p. 106, N. 190 Domus hospitalis pontis novi de Veola de Reni, citato in Fanti, Le vie di Bologna, II, cit., p. 807, a cui si rimanda anche per le ulteriori fonti documentarie sull’argomento.
[31] Guidicini, Cose notabili, III, cit., Strada San Mamolo.
[32] Tugnoli, La Pietà, cit., pp. 12-15. Altri parlano di “Ospedale di San Petronio o di S.M. della Viola”, vedi La città della Carità. Guida alle istituzioni assistenziali di Bologna dal XII al XX secolo, a cura di M. Carboni, M. Fornasari, M. Poli, Bologna, Costa Editore, Atti del convegno 8-9 novembre 2019, Bologna.
[33] Guidicini, Cose notabili, III, cit., Strada San Mamolo. Ospitale di S. Maria della Viola.
[34] Pezzoli, Fuori porta prima del ponte Santa Viola, cit., p. 10.
[35] In questa occasione il ponte medievale verrà definitivamente sostituito dall’odierno Pontelungo, decorato ai quattro capi dalle statue delle Sirene scolpite da Carlo Monari.
[36] Ivi, pp. 63-65. Vedi anche Tugnoli, La Pietà, cit., pp. 19-21.
[37] https://ilgiornaledelpo.it/pontelungo-tracce-di-un-commercio-secolare-verso-il-po-fra-emilia-e-veneto/
(u.c. genn. 2025)
[38] L’atto, rogato dal notaio Vitale Bilicia, è trascritto in Gavazzi Michelangelo, Cronistoria dei fasti e degli avvenimenti relativi all’antica e prodigiosa immagine della B. Vergine Maria detta la Madonna di S. Luca, Bologna, Tipografia Pont. Mareggiani, 1881, p. 47, mentre l’originale è conservato presso l’Archivio Arcivescovile di Bologna.
[39] Il nome fa riferimento alla Guardia civitatis, mentre il toponimo Via della Guardia, nei pressi del Pontelungo sul fiume Reno a Bologna, si riferisce al servizio di guardia al fiume esercitato in loco. In proposito si veda Fanti Mario, Le vie di Bologna: saggio di toponomastica storica e storia della toponomastica urbana, vol. I, Istituto per la storia di Bologna, 2000, p. 424.
[40] Pallotti, La Canonica di S. Maria di Reno, cit.
[41] Si presume presso la Chiesa di S. Agostino fuori Porta Pia (attuale Porta S. Isaia), edificata nel 1083, cfr. Masini, Bologna perlustrata, I, cit.. p. 419.
[42] Il Comune di Bologna si appropriò di questo ponte solo nel 1283, un quarto di secolo dopo il Pontelungo, vedi Frescura Nepoti, Canali, Mulini, cit., p. 1089.
[43] Pallotti, La canonica di S. Maria di Reno, cit.
Principale fonte sulla Canonica Renana rimane il settecentesco Necrologio dell’Abate Trombelli, sul quale si veda Bocchi Francesca, Il necrologio della Canonica di S. Maria di Reno e di S. Salvatore a Bologna: note su un testo quasi dimenticato, in Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna, s. 6, XXIV (1973), pp. 53-131. Sulle vicende del Santuario di S. Luca cfr. anche Guidicini, Miscellanea, cit., p. 118, e Gavazzi, Cronistoria, cit., p. 61-62 (che però non cita esplicitamente i Renani). Guidicini afferma che le suore di S. Luca conservavano i documenti relativi alle liti con i Canonici Renani nell’archivio di S. Mattia, loro convento cittadino, situato in via S. Isaia, cfr. Guidicini, Miscellanea, cit., p. 118. Attualmente una numerosa documentazione al riguardo si trova in ASBo, Demaniale, S. Salvatore 23/2470, vedi Bocchi, Il necrologio, cit., p. 93.
[44] Guidicini, Miscellanea, cit., p.129. Cfr. anche Gavazzi, Cronistoria, cit., p. 64.
[45] Gavazzi, Cronistoria, cit., p. 68.
[46] cfr. G. Campanini, G. Carboni, Dizionario latino-italiano italiano-latino, Torino, Paravia, 1961, p. 521 e Calonghi, Dizionario Latino-Italiano, Torino, Rosemberg&Sellier, 1999, lemma pingo.
[47] Parrocchia di S. Gemignano di Marano, risalente al 1100, distrutta nel 1500 da Cesare Borgia, ricostruita nel 1929 in stile neo-romanico, conservando il campanile cinquecentesco.
[48] Basilica di S. Martino dei Padri Carmelitani, Bologna P.zza S. Martino. Una corba corrispondeva a 8 staia, cioè 78,65 litri.
[49] per far dipingere un’immagine della Beata Maria al ponte di Reno 50 soldi di bolognini (circa 2,5 lire) e allo stesso modo per la chiesa della Beata Maria del Monte 50 soldi di bolognini.
[50] Giovanni fu Guglielmo dei Prendiparte, suo padrino, è nominato più sotto esecutore testamentario. Forse uno zio?
[51] Preiudini? Priudini?
[52] Giovanna?
[53] Per la restituzione del maltolto, di solito profitti illeciti da usura, di origine non più identificabile, i c.d. incerta.
[54] Si tratta rispettivamente della Chiesa e ospitale di Santa Maria dei Servi o di S. Biagio, ubicati in via S. Stefano 38, Bologna, oggi non più esistenti, dell’Oratorio di Santa Maria dei Guarini e annesso ospitale, detto a fine Quattrocento di san Giobbe per la cura probabilmente dei sifilitici, con ingresso nell’attuale Galleria Acquaderni 3, Bologna, e dell’ospitale della Confraternita dei Battuti, nel complesso di Santa Maria della Vita in Via Clavature, Bologna. Da notare che si tratta di strutture collocate a poche centinaia di metri dalle case possedute dai Prendiparte, fra alterne vicende, al centro di Bologna nel corso dei secoli XII-XIV.
[55] Prinidini? Priudini?
[56] Si tratta probabilmente di un formulario giuridico.
[57] Prinidini? Preiudini?
[58] Segue formulario giuridico in forma abbreviata.
[59] Oggi S. Cristoforo è la parrocchia di Ozzano dell’Emilia, a una decina di chilometri da Castenaso.
[60] San Pietro di Fiesso in Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna, cit., III, p. 66; vedi inoltre l’estimo ecclesiastico del 1392 in ASBo Extimum totius cleri bononiensis an MCCCLXXXXII, nn. 2283-2300.
[61] Appunto di famiglia conservato in ASBo Sez. VII Famiglie e persone, 573 Verardini Prendiparte, b. 2, fasc. 6.
[62] Origine di Bologna, https://www.originebologna.com/torri/ramponi-o-di-rolando-rampone/