UNA NUOVA FLOTTA PER LA MARINA MILITARE: DAL 2025…

di Giuliano Da Frè -

Lo scenario internazionale e geopolitico, caratterizzato in primis dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, impone un’attenta valutazione di nuove capacità difensive. A cominciare dalle flotta della Marina Militare.

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L’evoluzione di alcune categorie-chiave della flotta italiana, che stava trovando compimento con un ampio programma di ammodernamento elaborato per gli anni 2019-2034, prosegue dal 1998. Negli ultimi tre anni, lo scoppio su vasta scala del conflitto russo-ucraino, rimasto latente e a bassa intensità dal 2014-2015, quindi la nuova e in parte inedita guerra regionale che sta sconvolgendo il Medio Oriente dal 7 ottobre 2023, hanno introdotto novità nell’evoluzione tecnologica navale che i programmi di ammodernamento dello strumento militare italiano non potevano ignorare. I combattimenti aeronavali in Mar Nero, i più intensi dagli anni ’80 a questa parte, e gli aspetti navali del conflitto mediorientale, caratterizzati dall’impiego di missili di nuovo tipo (balistici e ipersonici), e di sempre più diversificate tipologie di droni, hanno avviato profonde riflessioni circa l’evolversi degli strumenti aeromarittimi, con un impatto crescente anche su quello italiano. La consegna della sofisticatissima portaeromobili anfibia Trieste, la più grande nave da guerra costruita dall’Italia dopo il 1945, avvenuta il 7 dicembre 2024 nel porto di Livorno, è l’occasione per fare una sorta di “punto nave” su dove andrà la Marina Militare italiana nei prossimi 10-15 anni.

Portaeromobili e componente aerea

La consegna della portaeromobili Trieste, il 7 dicembre 2024

La consegna della portaeromobili Trieste, il 7 dicembre 2024

Il Trieste, che disloca 38.000 tonnellate a carico pieno, ed è caratterizzato da varie innovazioni nella configurazione generale, oltre ad adottare un nuovo impianto propulsivo che garantisce una inedita velocità – oltre 25 nodi – per navi anfibie di questa stazza, e la doppia isola di comando (tutte novità che, assieme alle pause imposte ai cantieri dalla pandemia di Covid-19, ne hanno ritardato la consegna [1]) va a sostituire il vecchio incrociatore portaeromobili Garibaldi, e ad affiancare la moderna portaerei VSTOL Cavour, costruita nel 2001-2008, operativa come nave ammiraglia della flotta dal giugno 2009. Il Garibaldi, costruito nel 1980-1985, prima unità portaerei della Marina italiana e più volte aggiornato, a dispetto dei quasi 40 anni di servizio si presenta ancora in ottime condizioni. Nel 2024 l’ex ammiraglia della flotta ha infatti partecipato a diverse esercitazioni complesse, come la “Nordic Response” a inizio anno, e la “Mare aperto” estiva, per poi ospitare il G7 Difesa nell’ottobre 2024, dopo di che sono iniziate le procedure per il suo passaggio in RDT (Ridotta Tabella di Disponibilità: sorta di riserva attiva con la nave stazionaria in porto con equipaggio ridotto). Status che sarà mantenuto sino alla piena operatività di nave Trieste, per poi passare in disarmo per la successiva radiazione; sembrano infatti troppo costose le ipotesi di riconvertirla come nave supporto per le operazioni spaziali, o come porta-droni sperimentale, mentre da tempo è iniziato il dibattito per farne una nave-museo [2].
Nel frattempo, il Trieste completerà il processo destinato a renderlo pienamente operativo: nell’arco di 2 anni infatti completerà l’addestramento dell’equipaggio e la “taratura” di tutti i sistemi, nonché la configurazione come portaerei, col programma “Alternate Carrier Vessel”, del valore di 172 milioni di euro, per poter far operare accanto agli elicotteri, anche i jet da combattimento multiruolo di 5ª generazione F-35B. La nave, infatti, al momento può operare solo come portaelicotteri d’assalto anfibio, e unità da trasporto e supporto per aerei VSTOL (decollo e atterraggio corto o verticale), per la cui gestione operativa occorre l’installazione dei sistemi di appontaggio dei velivoli [3], la certificazione e l’approvvigionamento di parti di ricambio e supporto logistico. Non dovrebbe invece essere necessario procedere a particolari modifiche strutturali, come quelle effettuate sulla portaerei Cavour 5 anni fa, poiché al contrario dell’ammiraglia della flotta il Trieste è stato progettato “tarandolo” sugli F-35B, con tanto di sky-jump già installato. Contemporaneamente, coi lavori di fine garanzia dovrebbero essere integrati anche i moduli di lancio verticale VLS per i missili da difesa aerea, per ora solo previsti con apposite predisposizioni.
Una volta impiegabile anche come portaerei, il Trieste sostituirà il Cavour, che entro il 2030 dovrà essere sottoposto all’ammodernamento di mezza vita, dopo le modifiche effettuate nel 2019-2020 per renderlo pienamente compatibile con gli F-35B. La portaerei, destinata a restare in servizio ancora per circa 25 anni, adotterà parte dei sensori e dei sistemi d’arma imbarcati sul Trieste, come i sofisticati radar Leonardo della famiglia “Kronos”, che garantiscono l’allerta precoce anche contro minacce balistiche e ipersoniche, e una nuova suite di autodifesa.
Inoltre, un altro effetto dei sempre più pericolosi scenari innescati dai nuovi conflitti scoppiati dal 2022 (senza contare l’acuirsi delle tensioni nel mega-scacchiere dell’Indo-Pacifico, dove il Cavour nel 2024 è stato dispiegato assieme a navi scorta e aerei per una lunga e complessa missione durata 5 mesi [4]) è stato quello di rilanciare il potenziamento degli assetti aerei, anche della Marina. Pertanto, accanto ai programmi già previsti per gli elicotteri, con l’ammodernamento degli AW-101 (da portare dagli attuali 22 a 30 esemplari), il completamento nel 2023 delle consegne dei previsti 56 SH-90, e la prossima sostituzione dei vecchi AB-212 con nuovi velivoli leggeri, nel 2024 è stato approvato un nuovo lotto di F-35B: ai 30 già previsti e in fase di consegna, equamente suddivisi tra Aeronautica e Marina, ma tutti impiegabili a bordo delle 2 portaerei, è stato dato il via libera a un nuovo lotto di 10 velivoli, sempre suddivisi tra le due Armi [5]. Inoltre, sarà superata l’attuale carenza di aerei da pattugliamento antisom, assenti dopo la radiazione degli ultimi Breguet “Atlantic” nel 2017, sostituiti da appena 4 aerei da ricognizione P-72A, e senza armamento a bordo: nel 2024 è stato così lanciato il programma “Maritime Multi-Mission Aircraft (M3A)”, per 9 velivoli antisom e di sorveglianza a lungo raggio; senza ancora una piattaforma selezionata, ma con buone chance per una apposita versione studiata riconfigurando il C-27J “Spartan”, versatile aereo da trasporto prodotto da Leonardo, e ampiamente esportato [6].
Sarà inoltre rafforzata anche la componente su droni, attivata nel 2011-2013 con 12 piccoli velivoli tra Schiebel “Camcopter” S-100, e MQ-27 “ScanEagle”: peraltro, nell’ottobre 2024 è stato annunciato, accanto al programma da 192 milioni di euro per acquisire altri 14 droni ad ala fissa o rotante, un progetto per realizzare un’apposita nave portadroni, denominato “Sciamano Drone Carrier”, ancora allo stadio embrionale.
Programma che potrebbe intrecciarsi a quello per 3 nuove unità d’assalto anfibio (LPX), da 165 metri e 16.500 tonnellate, che dovrebbero arrivare a fine progettazione e contrattualizzazione entro il 2025, con consegne dal 2028 o 2029, per sostituire le 3 “Santi” costruite nel 1984-1994.

Unità da difesa aerea: gigantismo navale contro le minacce missilistiche

Il progetto dei nuovi DDX, incrociatori antiaerei da 15.000 tonnellate

Il progetto dei nuovi DDX, incrociatori antiaerei da 15.000 tonnellate

Con la fine della Guerra Fredda, il numero delle unità lanciamissili destinate alla difesa aerea a lungo raggio è sceso dagli 8 tra incrociatori e cacciatorpediniere schierati all’inizio degli anni ’70, ai 4 DDG (guided-missile destroyer) attuali. Se poi vogliamo spaccare il capello in quattro, attualmente la flotta italiana può contare su appena 2 unità da difesa aerea, poiché i caccia Durand de la Penne e Mimbelli, entrambi consegnati nel 1993, non solo presentano una configurazione di vecchio tipo, con rampa di lancio per missili SAM (Surface-to-Air-Missile) singola e brandeggiabile, a ricarica automatica e con 2 radar guidamissili – configurazione non dissimile da quella adottata a fine anni ’50 per questo genere di unità -, ma il sistema missilistico principale “Standard” è ormai obsoleto dal 2021. I 2 DDG costruiti nel 1987-1993 sono ancora in buone condizioni generali, e il radicale ammodernamento effettuato tra 2005 e 2011 fa si che dispongano di sistemi d’arma e sensori validi per il contrasto antinave/antisommergibile, e la difesa aerea “di punto”: ma per il Durand de la Penne il passaggio in RDT è imminente, e sarà seguito dal Mimbelli nel 2026, con la possibile offerta sul mercato dell’usato navale [7].
L’onere di garantire la difesa aerea a lungo raggio ricade quindi soltanto sui DDG Andrea Doria e Caio Duilio, realizzati nel 2002-2009 nell’ambito del programma italo-francese “Orizzonte”, e divenuti pienamente operativi nel 2011. Rispetto alle unità lanciamissili di modello precedente [8], gli “Orizzonte” (complessivamente 4 unità quasi identiche, in servizio con le flotte italiana e francese) presentano una serie di innovazioni radicali: dalla configurazione stealth per ridurne la segnatura radar, a dimensioni incrementate per supportare gli aggiornamenti, all’alto livello di automazione che quasi dimezza gli equipaggi, all’adozione di una serie di più avanzati sistemi attivi e passivi per aumentare le capacità di sopravvivenza, in base alle lezioni emerse durante gli scontri aeronavali e missilistici combattuti negli anni ’80 alle Falkland e nel Golfo Persico. Lezioni che hanno favorito il ritorno all’acciaio ad alta resistenza, con blindature aggiuntive in kevlar, e ampio ricorso alle ridondanze. Soprattutto, gli “Orizzonte” dispongono di radar di nuova generazione, tipo multifunzione phased array passivo EMPAR/SPY-790 sviluppato da Selex, e BAE Systems SM-1850M da scoperta aerea a lunga distanza, che permettono a queste navi di sorvegliare un’area di 500.000 kmq, e di intervenire in una zona di 30.000 kmq con le armi di bordo. Queste ultime sono soprattutto i missili “Aster-15” per la difesa di punto, e “Aster-30” per quella a lungo raggio, lanciati non più da rampe singole o binate ma da moduli a lancio verticale (VLS), per un totale di 48 pozzi di lancio; nella fattispecie 6 VLS a 8 celle “Sylver-A50”, con predisposizioni per altri 2 moduli ottupli A-70, inseriti in un sistema di combattimento automatizzato che permette di gestire sino a 24 missili in volo contemporaneamente. La Marina Militare inoltre ha voluto mantenere sulle sue unità una adeguata dotazione di artiglierie: e i “Doria” imbarcano 3 cannoni da 76/62 mm in versione “Super Rapido”, con capacità di intervento contronave/controcosta, ma soprattutto antiaereo e antimissile a cortissimo raggio, grazie alla configurazione “Strales/DART”.
Questa architettura difensiva è stata efficacemente testata in Mar Rosso il 2 marzo 2024, quando il Caio Duilio con 6 colpi di cannone ha abbattuto uno dei droni aerei che le milizie yemenite filo-iraniane degli Houthi impiegano per colpire le navi che transitano in uno dei gangli vitali del commercio mondiale. Azione poi ripetuta più volte nei mesi successivi, dal Duilio e poi dal Doria, nel corso della prima campagna bellica di difesa aerea condotta dal 1945 [9].
Le lezioni apprese in Mar Rosso, e quelle che emergono anche dal teatro russo-ucraino, in materia di droni di vario modello, compresi quelli kamikaze e le loitering munitions (proiettili circuitanti), ma anche di missili antinave supersonici, balistici e ipersonici, si vanno a incrociare coi programmi lanciati sin dal 2020 dalla Marina, per ammodernare i “Doria” e sostituire i “De la Penne” [10].
Nel primo caso, in collaborazione con la Francia, nel 2023 si è arrivati a firmare un contratto da 1,5 miliardi di euro per ammodernare e potenziare i 4 “Orizzonte” italo-francesi, dotandoli di una efficace capacità di difesa dai missili balistici a medio raggio. Cuore del programma infatti, oltre a una serie di interventi mirati a ridurre le obsolescenze di una piattaforma comunque realizzata negli anni 2000, è il potenziamento delle capacità di difesa aerea, con la nuova configurazione PAAMS-NG, che passerà attraverso la sostituzione dei radar EMPAR e S-1850M, con 2 apparati AESA (Active Electronically Scanned Array); ossia il “Kronos Grand Naval” di Leonardo, e lo SMART-L MM/N di Thales, capace di scoprire vettori balistici a 2.000 km di distanza, da intercettare poi con la nuova versione Block-1NT del missile “Aster-30”, in fase di sviluppo dal 2016, e grazie al nuovo sistema di combattimento evoluto SADOC-4. Saranno inoltre imbarcati gli apparati di contromisure ODLS-20, le direzioni di tiro NA-30S Mk-2, e il radar di sorveglianza aeronavale SPS-732(V)2 al posto del RASS, mentre anche i missili antinave saranno sostituiti con i “Teseo-2/EVO”. Le 2 unità italiane saranno ammodernate tra 2026 e 2029; ma ancora più ambizioso (e costoso, visto che si parla di un impegno di almeno 2,7 miliardi di euro) è il programma DDX, per realizzare tra 2025 e 2032 altri 2 supercaccia. In effetti, sin dal 2000 si ipotizzava una seconda coppia di “Orizzonte”; ma i DDX saranno qualcosa di completamente diverso, visto che si tratterà di autentici incrociatori “pesanti” da difesa aerea, lunghi almeno 180 metri e con un dislocamento che le ultime stime hanno alzato a quasi 15.000 t. a pieno carico. Spazi che non solo permetteranno ampi margini per ulteriori potenziamenti, per unità destinate a restare in servizio sin quasi al 2070, e che dovranno quindi adottare nuove armi basate su tecnologie laser, e missili ipersonici; ma che sin dall’entrata in servizio garantiranno l’impiego di una massa di missili inusuale, sulle navi italiane, con 80 celle di lancio verticale confermate, e dedicate ai missili da difesa aerea e anti-balistica, più le predisposizioni per altri VLS, per un totale che potrebbe sfiorare i 100 missili imbarcati, anche da crociera per colpire in profondità bersagli ostili. Numeri inoltre che potrebbero moltiplicarsi in caso di riconfigurazione quad-pack dei pozzi di lancio, ognuno dei quali potrebbe a quel punto ospitare 4 missili più compatti.
A questi sistemi si aggiungeranno un cannone da 127/64 mm (che garantirà con munizionamento “Vulcano” notevoli capacità contronave/controcosta), 3 da 76/62 mm e altrettanti impianti remotizzati da 30 mm, con capacità difensive a corto raggio, integrate da una ricca suite di contromisure e di guerra elettronica. Le difese antisom saranno garantite dai lanciasiluri e da un ampio hangar doppio per 1 o 2 elicotteri e droni, con ponte di volo rinforzato. Ipotizzabile, infine, che altri 2 DDX migliorati vadano a sostituire dopo il 2040 i “Doria”; e non va dimenticato che anche le fregate di nuova generazione (FREMM e PPA) imbarcano sensori e SAM per la difesa a lungo raggio [11].

Fregate, corvette e pattugliatori

Progetto della FREMM EVO ultima evoluzione delle fregate Bergamini in costruzione nel 2025-30

Progetto della FREMM EVO ultima evoluzione delle fregate Bergamini in costruzione nel 2025-30

Un ventennio orsono, la flotta schierava 34 unità di scorta, tra fregate/pattugliatori di squadra (8 “Maestrale” antisom costruite nel 1978-1985, 8 “Lupo/Soldati” del 1974-1987), e navi di seconda linea (8 corvette lanciamissili “Minerva” e 4 OPV “Costellazioni” realizzati nel 1984-1992, e i 6 moderni pattugliatori modulari tipo “Comandanti/Sirio” costruiti nel 1999-2003). Di quella flotta restano in servizio le ultime 2 fregate “Maestrale”, la cui radiazione è prevista entro il 2025, dopo oltre 40 anni di vita operativa, oltre ai 4 OPV classe “Costellazioni”, robusti e spartani, ma da sostituire entro il 2027 [12], mentre dopo il 2030 toccherà a più recenti 4 OPV riconfigurabili come corvette classe “Comandanti”, e ai 2 similari ma meno sofisticati “Sirio”; che comunque hanno già tutti superato i 20 anni di vita.
Per sostituire questa massa di navi, sono stati avviati 4 programmi che, inizialmente tarati su 25 nuove unità tra fregate e pattugliatori di 3 modelli diversi, dopo le tensioni innescate dai nuovi conflitti insorti negli scacchieri di preminente interesse nazionale, potrebbero portare a schierare tra 19 e 22 fregate/PPA, e da un minimo di 10 a un massimo di 14 tra OPV e corvette, in varianti via via più sofisticate.
Il primo programma, come già raccontato su queste pagine un paio di anni fa, riguarda le FREMM, nate da una coprogettazione italo-francese avviata nel 2002 sulla scorta del modello “Orizzonte”, e poi portata avanti per unità molto diverse fra loro, con le fregate italiane caratterizzate da una maggiore sofisticazione. La costruzione è iniziata nel 2008, e tra 2013 e 2019 sono state consegnate 8 unità, classe “Bergamini”, equamente suddivise tra la variante multiruolo (GP) e quella antisom (ASW); nel 2020 altre 2 FREMM-GP erano in avanzato stato di allestimento, ma furono vendute all’Egitto.
Nel 2021 ne furono cantierizzate per la Marina Militare altre 2, ma lo scoppio della guerra russo-ucraina, e l’aumentare della minaccia subacquea, portarono a modificarle in corsa, adottando anche su queste 2 unità multiruolo una completa suite sonar, affiancando all’apparato a scafo comune a tutta la classe, il sofisticato Thales UMS-4249 CAPTAS-4 rimorchiato. La consegna di queste 2 FREMM “ibride” (o “Enhanced”) è prevista per febbraio e agosto 2025, mentre le prime 8 FREMM stanno già ricevendo alcuni aggiornamenti. Il loro ammodernamento “di mezza vita”, previsto attorno al 2030, sarà invece influenzato da un ulteriore lotto di 2 unità, ordinato dalla Marina il 31 luglio 2024 con un contratto da 1,5 miliardi di euro. Le nuove unità, che saranno in cantiere dal 2026 per essere consegnate nel 2029-2030, presentano un modello radicalmente migliorato (FREMM-EVO) della configurazione antisom, con nuovi sensori e sistemi di gestione, come il SADOC-4 particolarmente resiliente alle minacce cyber, mentre radar e plancia di comando saranno derivate dall’innovativa architettura adottata per i PPA, come tra poco vedremo. Previsti anche nuovi cannoncini da 30 mm a controllo remoto, e una nuova generazione di sistemi di contromisure, mentre saranno nettamente incrementate le dotazioni di missili, antinave o da crociera, e SAM.
Le FREMM italiane sono infatti senza dubbio le migliori fregate occidentali “pesanti” attualmente operative, testate da oltre un decennio di esercitazioni e missioni a lungo raggio; e almeno sino a quando nel 2028 non entreranno in servizio le prime fregate Type-26 inglesi e F-126 tedesche, più grandi e meglio armate. Tra i loro punti di forza ci sono l’adattabilità, e un’architettura in grado di evolvere radicalmente, come dimostrato riprogettando la FREMM per la US Navy, che nel 2020 ha scelto proprio la nave italiana come base per le sue nuove 20 fregate classe “Constellation”, in costruzione presso il sito Fincantieri Marinette Marine, nel Winsconsin, dall’aprile 2024 [13]. Il punto debole delle unità sinora schierate dalla Marina Militare è invece rappresentato proprio dai pochi missili SAM imbarcati. I sensori adottati sono in grado di gestire anche i missili a lungo raggio “Aster-30”, ma possono contare su appena 2 VLS a 8 celle ciascuno, con l’eventuale predisposizione per un solo altro modulo, dopo le modifiche introdotte durante la costruzione. Le FREMM-EVO “cureranno” questa carenza di potenza di fuoco, come d’altra parte succederà anche per i PPA classe “Thaon di Revel”.
Nati da un requisito per nuovi pattugliatori d’altura con capacità polivalenti, i PPA sono stati autorizzati con la Legge Navale del 2014, e si sono ben presto dimostrati qualcosa di più di unità destinate a compiti di seconda linea: per dimensioni, paragonabili alle FREMM; innovazioni, introdotte in materia di plancia di comando (avveniristica e “aeronautica”) e linee di scafo e carena; velocità massima di oltre 32 nodi; e infine per l’architettura modulare, con 3 configurazioni: Light, Light Plus, Full Combat. Se già le prime 2 versioni fanno dei PPA italiani dei pattugliatori di livello superiore, imbarcando una robusta componente sensoristica, il potente cannone da 127/64 mm e un 76/62 mm nella fiammante versione “Sovraponte”, la variante “combat” comprende missili antinave e 16 pozzi di lancio per SAM “Aster-15/30”, armamento antisom, 1 o 2 elicotteri e/o droni, e una più sofisticata suite di sensori.
Il programma del 2014 prevedeva di realizzare 10 unità (con la possibilità di arrivare a 16): il contratto del 2015 ne ha finanziate 7, più 3 in opzione non confermate, e suddivise in 2 PPA-Light, 3 Light-Plus e 2 Full-Combat, con l’impostazione della capoclasse Thaon di Revel nel 2017, e consegne tra 2021 e 2026. Se l’epidemia di Covid-19, rallentando i lavori nei cantieri ha spostato le prime consegne al 2022, lo scoppio della guerra in Ucraina in quello stesso anno ha comportato una revisione delle configurazioni, che ora sono solo Light-Plus e Full-Combat, con in prospettiva la possibilità di portare tutti i PPA al livello superiore. Decisione che si è incrociata, nel 2024, con la vendita di 2 unità ancora in costruzione (e in consegna entro il 2025) all’Indonesia. Per sostituirle, nel novembre 2024 è stata presentata una nuova e ancora più sofisticata variante, denominata PPA-EVO (o MultiPurpose Combat Ship-MPCS 2.0), che sfrutterà gli ampi spazi disponibili per integrare nuove capacità nella gestione dei droni (aerei, subacquei e di superficie, fungendo da “nave madre”), e soprattutto portando a 64 i pozzi di lancio per missili, SAM e anche da crociera. Ulteriore segnale che si vuole superare il precedente andazzo di costruire ottime navi, ma “scarse” in materia di missili, soprattutto se, sfruttando le 3 opzioni rimaste congelate, i PPA-EVO diventassero 5.
Nel frattempo, per sostituire gli OPV più vecchi è stato varato il programma PPX, contrattualizzato nel 2023, e con il primo esemplare impostato il 24 settembre 2024: si tratta di 4 unità (più 2 in opzione) da 2.400 t., con hangar e ponte di volo per un elicottero e un drone, e caratterizzate da una avanzata sensoristica in grado di gestire anche sistemi d’arma più sofisticati del cannone da 76/62 mm e 2 da 30 mm imbarcati, assieme a sistemi di contromisure e anti-droni. La consegna del primo PPX è prevista per la primavera del 2027, e il programma dovrebbe essere completato nel 2030. A quell’epoca, dovrebbero iniziare a entrare in servizio anche le 4 corvette multiruolo e antisom del programma europeo a guida italiana EPC (European Patrol Corvette), o Multi-Purpose Patrol Corvette (MMPC), unità da circa 3.500 tonnellate in effetti paragonabili per dimensioni e prestazioni alle fregate degli anni ’70; programma che potrebbe salire sino a 8 esemplari.

Gli altri programmi e un focus sul problema sottomarino

Il sottomarino U212NFS; alle 4 unità in costruzione nel 2022-31 se ne aggiungerano 2 migliorate entro il 2030

Il sottomarino U212NFS: alle 4 unità in costruzione nel 2022-31 se ne aggiungerano 2 migliorate entro il 2036

La Marina Militare ha nei sottomarini un’altra componente di punta, al centro di un importante programma di modernizzazione. Se la inseriamo in questa più rapida e articolata “carrellata” dedicata a vari programmi, in corso o allo studio, è solo perché rispetto a un precedente articolo qui pubblicato nel maggio 2023 le novità sono poche, dato che il potenziamento e ammodernamento dei “delfini” della flotta era stato avviato già prima dello scoppiare dei conflitti ucraino e medio-orientale.
Negli ultimi due anni, tuttavia, le lezioni emerse dai teatri bellici si sono aggiunte, e hanno anzi confermato, scelte già impostate in precedenza dallo Stato Maggiore, sempre più consapevole sia del proliferare di sommergibili nello scacchiere mediterraneo; sia dell’aumentata vulnerabilità delle reti sottomarine, energetiche e dei network di comunicazione, come emerso nei recenti sabotaggi nel Baltico e in Mar Rosso.
Nel 2022 l’Italia schierava 4 battelli del vecchio tipo “Sauro” (delle serie III e IV), costruiti tra 1985 e 1995, e i 4 moderni U-212A di progettazione tedesca, con propulsione AIP, classe “Todaro”, anche questi suddivisi in 2 serie comunque quasi identiche, realizzate nel 1999-2007 e 2009-2017. Era invece appena partita la costruzione del primo di 4 sottomarini tipo U-212 NFS-Near Future Submarine. Battelli allo studio dal 2018, derivati dai “212” tedeschi, ma più grandi e con una maggiore presenza di tecnologia italiana, propulsore di nuova generazione con batterie al litio-ferro-fosfato di produzione nazionale, e capacità di lanciare anche missili cruise. I battelli, costati complessivamente 2,7 miliardi di euro, saranno consegnati tra 2027 (col varo del capoclasse entro il 2025) e 2031, e originariamente avrebbero dovuto sostituire i 4 “Sauro”, mentre nel 2028 sarebbe partito l’ammodernamento dei “Todaro”, per portarli allo stesso standard della versione 212-NFS.
All’inizio del 2023 tuttavia lo Stato Maggiore Marina ha sottolineato la necessità di aumentare il numero di battelli da 8 a 10 (sebbene ne vengano considerati necessari 12), realizzando in coda ai 4 sottomarini autorizzati nel 2021 una terza coppia. Nel giugno 2024 è infatti stato confermato il piano per 2 unità in versione U-212NFS-EVO, da completare entro il 2036: nel frattempo, si punta ad arrivare a 10 unità prolungando la vita dei 2 “Sauro-IV serie”, che oggi hanno più di 30 anni, sottoponendoli a un PVO (Prolungamento Vita Operativa), e radiando i 2 battelli più vecchi entro il 2027, per cannibalizzazione.
Inoltre, i 2 NFS-EVO farebbero da ponte e da piattaforma “sperimentale” per le tecnologie da introdurre nel programma Next Generation Submarine (NGS), da costruire dopo il 2040 per sostituire entro gli anni ’50 i 4 “Todaro”.
I 4 battelli NGS sarebbero a questo punto interamente nazionali, con positive ricadute sull’export [14], e rappresenterebbero un nuovo salto tecnologico – in parte anticipato o retrofittabile sui 6 NFS/NFS-EVO – soprattutto in materia di propulsione, automazione, sistemi d’arma con capacità di deep-strike, e idoneità a fungere da “sistema di sistemi” per droni subacquei.
Per questi ultimi, sinora impiegati solo come mezzi per ricerca subacquea di mine e ordigni inesplosi, nel marzo 2024 era stato annunciato l’acquisto di 3 grandi LDAUV (Large Displacement Autonomous Underwater Vehicle) tipo “Blue Whale”, mezzi subacquei autonomi sviluppati a partire dal 2021 dall’israeliana ELTA, con il contributo di altre aziende, anche italiane, lunghi 11 metri e con sofisticate capacità di sorveglianza, con la possibilità di operare sino a 300 metri di profondità e con 30 giorni di autonomia. Il programma è poi stato congelato, ma non il fabbisogno di mezzi simili, grazie anche all’attivazione presso l’Arsenale di La Spezia, nel dicembre 2023, del Polo nazionale della dimensione subacquea, che mira a mettere a fattor comune tutte le risorse e le esperienze, civili e militari, di quanto riguarda il settore, mentre si stanno progettando e realizzando diverse piattaforme in grado di gestirli; e non solo PPA e sottomarini.
Innanzitutto, un ruolo fondamentale sarà svolto dai 12 nuovi cacciamine destinati a sostituire altrettanti “Lerici/Gaeta” degli anni ’80 e ’90 [15]: unità ancora valide, soprattutto dopo l’ammodernamento avviato nel 2010, ma troppo piccole per supportare le nuove esigenze della mine warfare, che si collega alla protezione delle reti infrastrutturali subacquee. I nuovi programmi prevedono quindi la costruzione di 12 unità, suddivise in 2 varianti: 8 tipo CNG-C (Cacciamine di Nuova Generazione-Costieri) e 4 CNG-A (Cacciamine di Nuova Generazione-Altura). Entrambe le varianti, caratterizzate da molti elementi comuni, presentano dimensioni maggiorate rispetto ai “Gaeta”. I CNG-C, 5 dei quali già ordinati il 26 luglio 2024, con un contratto che comprende 3 unità in opzione (per un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro), sono infatti lunghi 63 metri contro i 50-52 dei modelli precedenti, con un dislocamento doppio, che sfiora le 1.400 tonnellate, e spazi che garantiscono l’impiego di una panoplia di droni ospitati in una sorta di hangar modulare, con sul tetto una piccola piazzola per UAV ad ala rotante. I 4 cacciamine d’altura, ancora in fase di progettazione, saranno invece sostanzialmente simili ai precedenti, ma più grandi (80 metri di lunghezza e 2.100 t.) e con più ampi spazi per accogliere droni, con un ponte di volo utilizzabile anche da un elicottero per limitate operazioni logistiche. Inoltre, i CNG-A avranno maggiore velocità (almeno 18 nodi, contro 14) e un’autonomia doppia rispetto ai cacciamine costieri, la cui prima unità sarà consegnata nel 2028.
Saranno inoltre affiancati da una più piccola unità per bonifiche subacquee (UBoS), da 45 metri e 1.100 t., destinata a supportare personale e mezzi a comando remoto per bonifica e protezione dei fondali marini. Una ulteriore nave appoggio e comando, denominata RS-MCCS (Research Ship/Mine Countermeasures Command Ship), da 7.000 t., con hangar e ponte di volo per elicottero e UAV, e area allagabile per droni e altre attrezzature, è al momento solo tra i sogni nel cassetto.
Un ruolo nella protezione e sorveglianza dei fondali marini sarà comunque esercitato anche dalle navi idrografiche e di intelligence: al momento quelle più moderne sono l’Elettra, consegnata nel 2003 e pienamente operativa dal 2006, di prossimo ammodernamento, e 2 piccole unità idrografiche classe “Ninfee”, in servizio dal 2002. Dal maggio 2024 è in costruzione presso il sito Fincantieri di Riva Trigoso la nuova Nave Idro-Oceanografica (NIOM), da 5.000 t., con ponte di volo e veicolo subacqueo a controllo remoto, ordinata 6 mesi prima e destinata a sostituire entro il 2026 la vecchia Ammiraglio Magnaghi, in servizio dal 1975. Sono poi previste 2 nuove unità minori per sostituire le “Ninfee” [16], e una seconda nave da sorveglianza elettronica per affiancare l’Elettra.
Infine, nel 2023 è stata impostata nei cantieri Mariotti di San Giorgio di Nogaro l’Olterra, la nuova e sofisticata unità di supporto e salvataggio sottomarini da 12.800 tonnellate, 129 metri di lunghezza e 24 di larghezza; varata il 23 settembre 2024, e trasferita a Genova per l’allestimento, sarà operativa dal 2026, sostituendo l’Anteo costruito nel 1977-1980. La nuova unità ha dimensioni più che doppie rispetto alla precedente, garantendo spazi di crescita e l’impiego di una “flottiglia” di mezzi a controllo remoto, e di un più grande sottomarino di salvataggio, ordinato alla DRASS. Nei piani a lungo termine la Marina contempla però anche una Long Range Submarine Support Ship (LRSSS), derivata dall’Olterra ma più piccola (115 metri, 9.000 t.) e destinata al supporto logistiche dei sottomarini, con capacità secondarie di salvataggio.
Il supporto della flotta di superficie è invece affidato alle nuove e sofisticate Logistic Support Ship classe “Vulcano”, in costruzione in 4 esemplari anche per la Marina francese. Per quella italiana, la capoclasse è stata consegnata nel 2021 [17], mentre dal 2022 è in costruzione l’Atlante, varata il 18 maggio 2024, e in consegna nell’autunno 2025. Queste 2 unità, da oltre 27.000 t. a pieno carico, mandano in pensione le 2 piccole e limitate “Stromboli” degli anni ’70 [18], mentre una terza era prevista entro il 2031 per sostituire l’Etna, costruita nel 1995-1998: ma si vuole portare a 4 le unità logistiche della flotta, e pertanto l’Etna, di recente ammodernata, sarà sostituita in tempi più lunghi.
Infine, anche il naviglio ausiliario di impiego locale, costruito tra anni ’70 e ’90, è interessato dai primi programmi di ammodernamento, che comprendono la realizzazione, in parte avviata nel 2023, di 10 unità logistiche dette MTC-F (Moto Trasporto Costiero-Fari), 3 cisterne costiere e 12 rimorchiatori. Nel 2024 è stato poi aggiudicato ai cantieri Baglietto e Siman il contratto per 4 unità addestrative TIRMA (Tirocinio di Manovra) destinate all’Accademia Navale di Livorno, mentre sono in progetto 3 unità scuola maggiori impiegabili come pattugliatori, e una piattaforma galleggiante per gli incursori del COMSUBIN, che nella loro base del Varignano si addestrano su una vecchia nave cisterna dismessa.

 

 

Note

[1] Approvata con la legge navale del 2014 e col contratto firmato con Fincantieri nel 2015, la lavorazione del Trieste è iniziata nel 2017, col varo avvenuto già il 29 maggio 2019, e le prove in mare avviate nell’estate 2021. La consegna amministrativa era prevista nell’autunno 2022, e l’entrata in servizio entro il 2023. In realtà, oltre ai ritardi causati dal Covid-19 si sono aggiunti problemi di dentizione (soprattutto relativi al nuovo impianto propulsivo), comunque normali in navi di tale complessità, che hanno spostato al settembre 2023 la consegna “amministrativa” per le prime attività addestrative, seguite da una messa a punto finale durata un anno.
[2] Sperando che non finisca come con l’incrociatore Vittorio Veneto, avveniristico prodotto degli anni ’60, demolito nel 2021 dopo 15 anni di discussioni sulla sua musealizzazione. Il taglio del nastro potrebbe avvenire nel 2032, nel 150° anniversario della morte di Garibaldi.
[3] Come il Joint Precision Approach and Landing System (JPALS), basato sul segnale GPS relativo alle navi che fornisce alle portaerei ed alle navi d’assalto anfibie capacità di avvicinamento ed atterraggio di precisione, sorveglianza ed allineamento inerziale in tutti gli scenari meteorologici e di missione.
[4] Si veda https://www.youtube.com/watch?v=tz4Vt_Eahj0.
[5] Non va dimenticato che in origine il programma italiano per i sofisticati jet della Lockheed Martin, che vengono coprodotti a Cameri, prevedeva un totale di 131 esemplari: 72 F-35A per l’AMI, che avrebbe ricevuto anche 37 F-35B VSTOL, più altri 22 navalizzati destinati alla Marina. Nel 2012 la crisi economica comportò una riduzione dei jet ordinati a 90, ma le tensioni crescenti hanno portato nel settembre 2024 ad acquistarne altri 25: 15 versione “A” e 10 in versione “B”, da consegnare entro il 2032.
[6] In produzione dal 2006, il C-27J deriva da un velivolo ideato già negli anni ’60 da Giuseppe Gabrielli, e prodotto come G-222 in oltre 110 esemplari per 11 paesi tra 1977 e 1993. Oltre che dall’Italia, il C-27J è stato adottato sinora da Australia, Azerbaijan, Bulgaria, Ciad, Grecia, Kenya, Lituania, Messico, Marocco, Perù, Romania, Slovacchia, Slovenia, Tanzania, Turkmenistan, Zambia e Stati Uniti, in 95 esemplari, compresi i primi C-27J-NG di nuovo modello.
[7] Negli anni passati le 2 unità avevano suscitato l’interesse di Brasile, Grecia, Perù.
[8] Gli incrociatori Garibaldi (1961), Doria e Duilio (1964), Vittorio Veneto (1969), e i 6 DDG equamente suddivisi nelle classi “Impavido” (1963-1964), “Audace” (1972-1973) e “Durand de la Penne” (1993).
[9] Nel 1973 tuttavia la corvetta De Cristofaro aveva respinto un jet libico che la stava mitragliando, impiegando un cannone da 76/62 mm “antenato” di quello usato in Mar Rosso mezzo secolo più tardi.
[10] Gli aggiornamenti effettuati sui 2 “Doria” tra 2015 e 2022 hanno già comportato l’adozione di apparati MASS (Multirole Acoustic Stabilized System), per la sorveglianza e l’impiego di armi non letali CS-424 tipo LRAS (Long Range Acoustic System), e laser forniti da SITEP Italia, ottimizzati per la scoperta di droni e piccole imbarcazioni.
[11] Auspicabile che i nuovi DDX riprendano i nomi di 2 famosi incrociatori degli anni ’60: Garibaldi e Vittorio Veneto.
[12] Altre 3 “Maestrale” sono in disarmo o RDT, assieme a una unità classe “Soldati”; sono state demolite tra 2021 e 2024 altre 3 “Maestrale” e altrettanti “Soldati”, e 4 corvette classe “Minerva”. Le 4 fregate “Lupo” sono state vendute al Perù nel 2004, e 4 “Minerva” al Bangladesh nel 2015; era stata ipotizzata la cessione di 2 “Maestrale” all’Indonesia, e una all’Iraq.
[13] Il programma potrebbe espandersi, visto che i piani a lungo termine della US Navy prevedono di dotarsi di un massimo di 56 fregate, senza contare che anche la Grecia è interessata a 7 unità di questo modello. Le FREMM italiane nel 2020 sono state vendute in 2 esemplari all’Egitto (con altre 2 in opzione), selezionate nel 2021 dall’Indonesia per un requisito di 6 unità per ora congelate, e interessano diversi altri paesi.
[14] I 212NFS possono essere offerti sul mercato, in accordo con la Germania, senza contare che Fincantieri nel 2023 ha presentato il progetto S-800, per un sottomarino costiero ma AIP, molto sofisticato e compatto, che sta suscitando l’interesse del Pakistan (già cliente per i minisommergibili italiani della Cosmos di Livorno) e dei paesi del Golfo.
[15] Dei primi 4 cacciamine classe “Lerici”, consegnati nel 1985, ne restano in servizio 2, soprattutto per attività sperimentali e addestrative, mentre gli altri 2 sono in disarmo per cannibalizzazione dal 2015. Gli 8 “Gaeta”, costruiti nel 1989-1996, sono stati appena ammodernati. Non va dimenticato che questo modello è stato ampiamente esportato, con 38 unità di vari modelli, in parte modificati e costruiti localmente, destinati a Nigeria, Malaysia, Sud Corea, Stati Uniti, Australia, Thailandia, Finlandia e Algeria. La US Navy ha poi ceduto 6 dei suoi “Osprey” a Egitto, Grecia e Taiwan: quest’ultimo paese aveva selezionato il cacciamine italiano per un programma di 6 unità, poi congelato.
[16] Le NIOC (Navi idrografiche costiere) saranno comunque lunghe 65 metri e dislocheranno 2.000 t. circa, contro le 450 delle unità più vecchie.
[17] Con un anno e mezzo di ritardo dovuto al Covid, e a un incendio che ne aveva devastato la sovrastruttura centrale nel 2018, un mese dopo il varo.
[18] Col Vesuvio in disarmo dal 2023, dopo 45 anni di servizio, e la capoclasse da radiare nel 2025, a mezzo secolo dalla consegna.

Per saperne di più
M. Cosentino-M. Brescia, La Marina militare italiana 1945-2015, 3 voll., Storia Militare-Dossier 2014-2015
M. Cosentino, Marina Militare: proiezione 2035, “RID-Rivista Italiana Difesa” n. 1/gennaio 2024
G. Da Frè, Almanacco Navale del XXI secolo: dalla Guerra Fredda alla crisi ucraina, Odoya 2022
G. Da Frè, La Marina Militare e la difesa aerea: dal 1945 al Duilio, “Rivista Marittima”, n. 6/giugno 2024