CINA E GIAPPONE 1937: VASO DI COCCIO CONTRO VASO DI FERRO

di Massimo Iacopi -

Chang Kai Shek lo scrisse nei suoi diari: consapevole della debolezza dell’esercito di cui disponeva esitò a lungo ad affrontare il Giappone. Salvo a giocare sul tempo e sullo spazio. E sulla ricerca di nuovi alleati.

·

Nel gennaio 1937, l’esercito imperiale giapponese comprende circa 247mila uomini, ripartiti in 17 Divisioni di fanteria, 4 Reggimenti blindati e 54 squadriglie aeronautiche. Due divisioni sono stazionate in permanenza nella Corea, 4 nel Manciukuò (1) nell’ambito dell’esercito del Guandong o Kwantung (2). Costituito da coscritti in servizio per due anni, l’esercito giapponese si basa su numerose riserve istruite, che gli consentiranno di duplicare e quindi triplicare i suoi effettivi per le esigenze della guerra in Cina. Se l’Accademia militare imperiale forma ogni anno solo un’elite di 300 ufficiali, un sistema di volontariato e di promozioni di uomini, provenienti dai ranghi consente di produrre 4 mila ufficiali di riserva ogni anno e un rimarchevole corpo di sottufficiali. I soldati giapponesi sono sottoposti a una severa disciplina, in cui le punizioni corporali vengono ancora praticate. L’addestramento è duro, l’obbedienza agli ordini è incondizionata e il culto imperiale, sempre presente, valorizza lo spirito di sacrificio.
Con quattro reggimenti di fanteria, uno di artiglieria e uno del genio, ovvero 25 mila uomini in tempo di guerra, la divisione di fanteria risulta la più grande del mondo. L’artiglieria da campagna è leggera, smontabile e trasportabile a dorso d’animali; essa si basa sul pezzo da 75 mm. tipo 90 (3) o tipo 94 da montagna. La debolezza dell’industria automobilistica nazionale (mille veicoli l’anno nel 1935), rende onnipresente il cavallo per la trazione. Questo aspetto ci consente di capire anche la debolezza numerica della specialità blindata: alcune decine di carri leggeri o medi. L’artiglieria pesante è rara: alcune centinaia di pezzi moderni da 105 e da 150 mm. L’assenza, inoltre, di logistica motorizzata comporta una dipendenza completa dalle vie ferrate.

Modernità e spirito d’offensiva

La dottrina di impiego risulta basata sull’esperienza della guerra contro la Russia del 1904-1905. Essa privilegia il combattimento interarma, la velocità, lo slancio, l’audacia, l’attacco di notte. Il corpo a corpo viene considerato sempre come il momento culminante dell’attacco. Sul piano operativo, la ricerca della battaglia di distruzione, predisposta attraverso l’accerchiamento, viene portata a livello di sistema. In definitiva, un esercito di terra di tipo 1914, ma dotato di una forte coesione e di uno spirito offensivo eccezionale.
La modernità risiede nell’aviazione e nella marina, che sono, d’altronde, l’effetto delle spese investite per queste due forze armate (e spiega anche la vetustà dell’Esercito di terra). L’aviazione non costituisce una forza armata a sé stante, appartenendo la stessa sia all’Esercito che alla Marina. La prima conta circa mille apparecchi, di cui 250 operativi nel 1937, la seconda 600 apparecchi, imbarcati sulle portaerei Hosho, Akagi, Ryujo e Kaga o basati a terra e 62 idrovolanti. Gli aerei non sono di recente produzione, ma conta soprattutto la qualità dei piloti, che sono sottoposti a un addestramento lungo e rigoroso, a detrimento del loro numero. A partire dal 1937 entra in servizio un apparecchio moderno quasi ogni anno: il caccia Nakajima Ki-27 nel 1937, il Mitsubishi A6M Zero nel 1940, il caccia pesante Kawasaki Ki-45 nel 1941. Per quanto riguarda la Marina, essa risulta la terza al mondo e dispone di un controllo totale delle coste cinesi grazie alle basi in Corea, a Formosa (Taiwan) e alle sue portaerei.
La principale debolezza delle forze giapponesi è di ordine strategico e politico. L’Esercito e la Marina si disputano il bilancio, assumono iniziative intempestive e soprattutto collaborano molto poco. Dagli anni ’30 l’esercito del Guandong, cuore e cervello di futuri corpi di spedizione in Cina, elabora la sua propria strategia, cercando di raccogliervi l’appoggio di circoli politici e industriali sempre più ampi. La protezione dello Stato vassallo del Manciukuò, ricco di materie prime e di cereali costituisce ai suoi occhi una condizione fondamentale. Ne consegue che il nemico principale è rappresentato dall’URSS ed è proprio in vista di combatterla che ci si arma e ci si addestra.

Il partito della guerra

A sud il Kuomintang (4), che, da Nanchino, lavora alla riunificazione della Cina, non riconosce l’annessione giapponese del Manciukuò, che viene percepita come un fastidio di cui si dovrà rapidamente venire a capo al momento opportuno: per Tokyo, l’avvenire della Cina sarà quello di una mezza colonia. L’esercito del Guandong, in particolare con il suo capo di stato maggiore Tojo Hideki (5), spinge a fondo le offensive nella Cina del Nord (1937 e 1938), oltrepassando spesso le direttive del quartier generale imperiale a Tokyo. In queste condizioni, la diplomazia viene sempre posta nell’angolo, venendo sempre adottata la soluzione più violenta; soprattutto la mancanza di un vero piano di operazioni evidenzia l’assenza di un vero e proprio obiettivo finale. Peraltro, l’esercito imperiale, sempre corretto durante le guerre precedenti, sviluppa a partire dall’invasione della Manciuria una retorica razzista e fascistizzante e prende l’abitudine di trattare i Cinesi come razza inferiore.

Un esercito povero e diviso

Chiang Kai-shek annuncia la politica del Kuomintang di resistenza al Giappone parlando a Lushan il 10 luglio 1937.

Chiang Kai-shek annuncia la politica del Kuomintang di resistenza al Giappone parlando a Lushan il 10 luglio 1937.

Di fronte alla macchina militare imperiale, ben oliata e sicura delle sue capacità, le forze cinesi fanno veramente una misera figura. A differenza del loro avversario, esse non dispongono di una base industriale potente, né di una forte tradizione popolare, né di un vasto sostegno popolare. Esse sono, inoltre, politicamente divise. Il Partito Comunista Cinese (PCC), ripiegato nelle terre periferiche dello Shaanxi, protegge i suoi combattenti per i suoi scopi rivoluzionari futuri. I signori della guerra non intendono operare al di fuori dei loro rispettivi feudi. Tre di essi, Li Zongren (6), capo della “cricca del Guangxi”, Long Yun (1884-1962), “Presidente” dello Yunnan, e Liu Xiang (1890-1938), padrone dl Sichuan, dispongono di forze numerose ma, nella maggioranza dei casi, male equipaggiate. E, soprattutto, non intendono sottomettersi ciecamente agli ordini della terza componente. Quest’ultima, l’Esercito Rivoluzionario Nazionale (ARN), obbedisce agli ordini del suo generalissimo, capo del partito nazionalista del Kuomintang e capo del governo della Repubblica della Cina, Chang Kai Shek (1887-1975). Questi ha consolidato il suo potere solo nel 1928. Durante i dieci anni che seguono, egli inizia a sviluppare l’economia, specialmente l’industria, e a modernizzare l’Esercito. Ma nel 1937, a parte un nucleo moderno, mancano il tempo e i mezzi per trasformare l’ARN in uno strumento capace di opporsi alla potenza imperiale nipponica. In definitiva, la guerra è arrivata con 5 anni di anticipo sulle previsioni.
Il nucleo duro dell’ARN comprende circa 380 mila uomini nel 1937, ai quali Chang può aggiungere 500 mila uomini male armati, sotto il suo controllo indiretto. Le truppe agli ordini dei signori della guerra (7) riuniscono forse un milione di soldati di valore estremamente variabile. Le forze dei Comunisti ammontano a meno di 50 mila uomini armati alla leggera. Se il vivaio demografico appare inesauribile e consentirà di allineare fino a 200 divisioni, l’occupazione progressiva del paese da parte del Giappone e la miseria della condizione militare generale dell’esercito non cesserà di peggiorare con il passare del tempo, provocando una fuga delle reclute, che verranno spesso arruolate a forza. Il nucleo duro dell’ARN si organizza in una ventina di divisioni dette “riformate” su 4 reggimenti di fanteria di circa 11 mila uomini, di cui solo un terzo armati di fucile. Il numero di mitragliatrici pesanti risulta inferiore alla metà di quello di una divisione nipponica e si conta un numero di pezzi di artiglieria quattro volte inferiore. Non ci sono camion e la logistica è miserabile – la mancanza cronica di cibo determina un flusso costante di diserzioni -, l’equipaggiamento sanitario è così debole che determina la morte del 50% dei feriti. Le armi provengono da tutte le parti del mondo, comportando una confusione terribile per le munizioni, che sul campo, mancheranno regolarmente. Le munizioni sono fabbricate in Cina, ma non obbediscono ad alcuna norma e sono realizzate con materiali di scarsa qualità.

Una guerra impossibile

In tale contesto, i fucili Mauser 98K o le mitragliatrici leggere ceche ZB 26 fanno il loro dovere, ma non si può dire altrettanto delle loro copie locali. L’equipaggiamento pesante si riassume in una decina di treni blindati e qualche decina di piccoli carri Renault FT-17 e tankette Carden Lloyd. Infine, la Marina risulta del tutto trascurabile e l’aviazione possiede 2-300 velivoli operativi su un totale di 600; la caccia allinea, fra le sue fila, un centinaio di FIAT CR 32, dei Boeing 281 e alcuni Curtiss Hawk II e III. Inutile sottolineare come le due forze armate non siano pronte ad affrontare il Giappone.
Il punto forte cinese risiede nell’inquadramento iniziale (esclusi i sottufficiali, drammaticamente poco numerosi) che sebbene di formazione varia risulta di buona qualità e unito da un vibrante nazionalismo. Sfortunatamente per l’ARN, questo quadro verrà quasi interamente distrutto durante la battaglia di Shanghai.
La prima generazione di ufficiali, alla quale appartiene Chang Kai Shek, si era formata nel Giappone prima del 1918; la seconda nell’URSS ai tempi dell’alleanza fra comunisti e nazionalisti (1920-1927); la terza ha invece ricevuto l’impronta tedesca per mezzo di due generale venuti a passare qualche anno in Cina: Hans Von Seeckt (1866-1936) ed Alexander von Falkenhausen (1878-1966). I due generali, accompagnati da 130 altri ufficiali della Reichswehr, hanno modernizzato l’Accademia Militare Whampoa (creata dai Russi nel 1924), addestrato tre “divisioni modello” (che serviranno da matrice ad un’altra quindicina) e formato duemila ufficiali, elemento che ha poco effetto (un comandante di divisione su 9) rispetto alle decine di migliaia di ufficiali usciti dall’Accademia Militare di Baoding (fondata nel 1912 e meno politicizzata di Whampoa) o promossi senza alcuna formazione.
In definitiva, in tutti i piani elaborati prima del 1937 Chang Kai Shek ha valutato che una guerra contro il Giappone sarebbe stata necessariamente lunga, molto arrischiata e si sarebbe tradotta con una perdita di una parte importante del territorio. Dove e come schierare e impiegare le 20 divisioni addestrate dai tedeschi e soprattutto dove trovare alleati esterni che possano fornire denaro e armi: queste saranno le sue preoccupazioni permanenti.

·

Note

(1) La Manciuria, occupata dai Giapponesi nel corso del 1931, viene proclamata indipendente sotto il nome di Manciukuò, nel marzo 1932. Essa viene inizialmente posta sotto la reggenza del principe Pu Yi (1906-1967), ex imperatore della Cina, che diventerà imperatore del Manciukuò nel 1934. Né lui, né i suoi ministri disporranno di alcun potere effettivo di fronte ai veri padroni giapponesi.
(2) L’Esercito giapponese insediato nella provincia del Kwantung (Guandong), dal 1905, vigila sugli interessi del suo paese, specialmente ferroviari in Manciuria. Sotto la spinta di uno dei suoi ufficiali di stato maggiore, il colonnello Kanji Ashiwara (1889-1949), organizza nel 1931 l’incidente di Mudken, che sfocia nell’occupazione della Manciuria. Nel 1933 l’Esercito del Guandong conta 114 mila uomini, saliti a 150 mila nel 1936.
(3) La designazione di Tipo 90 si riferisce ai materiali accettati dall’Esercito giapponese nell’anno 2590 del calendario imperiale (1930). Il cannone da campagna tipo 90 costituisce un eccellente pezzo leggero da 75 mm dotato di un freno di bocca e la sua munizione possiede una velocità sufficiente per assicurargli anche una capacità controcarro.
(4) Kuomintang. “Partito Nazionalista Cinese”, creato nel 1912 da Sun Yat Sen (1866-1925), fondatore della Repubblica Cinese. A partire dal 1928 il suo uomo forte diventa Chang Kai Shek, che si sforza di realizzare il programma del partito: unificazione, indipendenza e… partito unico. Le sue forze armate diventano l’Esercito Nazionale, la bandiera quella della Repubblica della Cina.
(5) Tojo Hideki (1884-1948), figlio di un generale, ultra nazionalista, dirige la polizia segreta dell’esercito del Guangdong, di cui diviene capo di stato maggiore nel 1937. Generale nel 1933, primo ministro nel 1941, viene congedato dall’Imperatore nel 1944 a causa del suo fastidioso bellicismo. Condannato dal Tribunale di Tokyo per crimini di guerra, viene in seguito giustiziato per impiccagione.
(6) Li Zongren (1890-1969). Diplomato presso la Scuola Militare di Guangxi, aderisce nel 1923 al Kuomintang. Entrato in guerra aperta contro Chang Kai Shek nel 1930 viene sconfitto ed è costretto a ripiegare nel suo feudo del Guangxi. Nonostante la sua ostilità, si allea a Chang durante la guerra contro il Giappone, dando spesso prova di competenza.
(7) Signore della guerra è una persona che riesce a esercitare un controllo quasi assoluto su certe aree grazie alle proprie risorse militari private. Essi appaiono frequentemente in stati falliti, in cui le autorità governative centrali e nazionali sono crollate o esistono solo formalmente, senza effettivo controllo sul territorio dello stato Nel particolare, il termine viene utilizzato per descrivere il caos che regnava in Cina nel periodo che inizia con la morte di Yuan Shikai (1859-1916) nel 1916 e si conclude nel 1926 con la spedizione verso nord delle forze nazionaliste del Kuomintang. Guidati da Chang Kai Shek i nazionalisti riuscirono a ristabilire l’ordine nella Cina meridionale e settentrionale, costituendo infine la Repubblica Cinese. Questo periodo della storia cinese è appunto conosciuto come il Periodo dei Signori della Guerra.