ROMA E LA POLITICA DELL’ACQUA
di Massimo Iacopi –
Migliorando le condizioni di vita delle popolazioni grazie alla capacità di gestire l’approvvigionamento idrico, i Romani fanno accettare più rapidamente la loro presenza militare e la loro civiltà.
Quando si pensa alla dominazione romana l’immaginario collettivo porta immediatamente all’imperatore di ritorno da una campagna vittoriosa, trionfante sul suo carro e acclamato da migliaia di legionari che ha guidato fino alle frontiere dell’impero. Ma questo significa anche dimenticare che la cosiddetta “romanizzazione” è stato un processo di acculturazione lento e che ha necessitato diversi secoli per permeare l’area di influenza dell’Impero romano. Questo processo non è stato conseguenza immediata della conquista romana ma il risultato dell’adozione progressiva da parte dei popoli indigeni del modo di vita dei Romani. Fra gli elementi che testimoniano questa acculturazione, figura in posizione di preminenza il ruolo preponderante dell’acqua nell’architettura e nell’urbanismo. Roma è stata fondata in una regione dal clima mediterraneo, con piogge poco abbondanti e su un terreno paludoso, dove l’acqua a disposizione non era potabile. I Romani trasformeranno questa debolezza in un fattore di forza.
Una questione politica
I Romani hanno ben presto compreso la necessità di portare l’acqua zampillante delle montagne vicine e di distribuirla nei diversi quartieri della città, per permettere alla popolazione di accrescersi e di rimanere in buona salute.
È proprio grazie a questa capacità di saper fare che essi saranno in grado di esportare nell’insieme delle regioni che sono sotto il loro dominio la “pax romana”, sia modificando l’urbanistica delle città già esistenti, sia creando nuove città secondo il modello capitolino. Il controllo dell’acqua diventa, in tale contesto, uno degli elementi fondamentali dell’espansione della civiltà romana, il segno visibile del genio di Roma nei quattro angoli del mondo conosciuto. Addurre acqua nella città costituisce un obiettivo politico per i Romani, un mezzo per mostrare la loro potenza, il loro saper fare tecnico. E anche uno strumento di consenso per far accettare la loro presenza militare attraverso un modo di vita decisamente più attrattivo.
L’arte di costruire acquedotti è interamente romana. Essa si diffonde grazie a architetti e tecnici formati a Roma, che si ispirano ad acquedotti già presenti nella capitale. Grazie al loro talento in ingegneria e in architettura, i Romani mettono in opera un sistema di adduzione dell’acqua captata nelle lontane montagne, spesso a diverse centinaia di chilometri dalla sua destinazione finale, per mezzo di un sapiente sistema di ponti e di gallerie che permettono di conservare una pendenza costante in modo che il prezioso liquido circoli senza mai stagnare. Questa pendenza, introno al 2 per 1000, non è altro che la dimostrazione dell’ingegnosità di questo lavoro di precisione. Lungo il suo cammino, l’acqua viene bonificata grazie all’impiego di filtri, conservati in cisterne sotterranee, quindi arriva in un castellum (pozzo derivatore), a partire dal quale una serie di canalizzazioni la ripartiscono verso le fontane della città, gli stabilimenti pubblici o le terme.
Le città possono così disporre di risorse di acqua ben superiori a quelle presenti in natura nel loro territorio: ad esempio, attraverso l’acquedotto del famoso Pont du Gard, la città di Nîmes arriva a ricevere fino a 20 mila metri cubi al giorno, cioè, approssimativamente circa 400 litri per abitante.
Riscaldamento su grande scala
Questa considerevole quantità d’acqua consente l’aumento della popolazione in relazione alle risorse disponibili e soddisfa esigenze di sanità pubblica, evitando le epidemie (come il colera) causate dall’assunzione di acqua imputridita e migliora le condizioni di vita grazie all’accesso all’acqua corrente. Roma, in questo modo, fa sorgere nuove esigenze che l’acqua crea, così come i mezzi per soddisfarle. Le terme completano gli acquedotti e sono spesso anche la loro ragione di essere. I Romani rendono più complesso questo tipo di stabilimento, inventato dai Greci, fino ad arrivare a una forma di balnea nel quale l’utente passa in successione da una stanza fredda (frigidarium) a un locale tiepido (tepidarium), quindi a una stanza calda (calidarium) per poi effettuare il percorso inverso, in modo da beneficiare allo stesso tempo del rilassamento procurato dal caldo e delle proprietà vivificanti derivanti dal freddo. Questo tipo di bagni, specifico della civiltà romana, verrà esportato grazie a squadre itineranti di lavoratori specializzati. Saranno diverse migliaia gli impianti termali disseminati in tutto l’Impero, dall’Inghilterra al Maghreb, dalla Spagna alla Siria, al fine di trasmettere ovunque pratiche di igiene e di convivialità quotidiane, elementi di una cultura e di un modo di vita spiccatamente romani e che, indirettamente, contribuiscono all’unità dell’Impero.
Le terme richiedono non solo un dominio perfetto dell’approvvigionamento di acqua (quelle di Caracalla consumano 47 mila metri cubi ogni giorno), ma anche un sistema di riscaldamento su grande scala. Tecnica di cui i Romani saranno in grado di assicurare la messa in opera e la diffusione. Certo, i Greci utilizzavano già l’ipocausto, il riscaldamento dei bagni attraverso il suolo, ma i Romani perfezioneranno questo sistema, ancora rudimentale, generalizzandone l’uso sia per le sale da bagno delle abitazioni dei ricchi sia per i calidarium delle terme pubbliche.
Senz’acqua, il crollo!
I Romani hanno dato dimostrazione di un controllo completo sul mezzo liquido, dalla captazione alla gestione alla distribuzione e, naturalmente anche alla sua evacuazione, con le fogne che vengono a completare questi progressi fondamentali in termini di sanità pubblica. A Timgad, in Marocco, a Treviri, in Germania, o in molti altri posti dell’Impero, queste gallerie sotterranee hanno ovunque la stessa forma e le stesse dimensioni di quelle che si trovano a Roma e di cui esse riproducono il modello originale.
Contribuendo al finanziamento di tutte queste infrastrutture (Traiano partecipa alla costruzione delle terme di Nicomedia, in Asia Minore; Adriano, a Lione, fornisce i suoi architetti per l’edificazione dell’acquedotto di Gier), l’imperatore appare come il padrone incontestato del mondo, titolare di un potere assoluto anche sull’elemento più vitale, che egli si prodiga di tutelare e distribuire ovunque e in modo continuo. Quando nel 537, durante l’assedio di Roma da parte dei Goti, gli assedianti tagliano i 14 acquedotti che riforniscono l’Urbe, i quartieri che non vengono più alimentati si svuotano progressivamente. È come prendere atto che il controllo dell’acqua è inscindibile alla grandezza di Roma: il declino del primo accompagna praticamente la caduta della città.
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Per saperne di più
Romolo Augusto Staccioli, Acquedotti, fontane e terme di Roma antica: i grandi monumenti che celebrano il “trionfo dell’acqua” nella città più potente dell’antichità, Roma, Newton & Compton, 2005.
AA.VV., Le Terme di Caracalla: il capolavoro dei Severi, Electa, 2018.
Giulia Fiore Coltellacci, I segreti tecnologici degli antichi romani. Dal Foro romano alle terme, dallo star system al mercato globale: un viaggio nella società più moderna della storia, Newton & Compton, 2016.
AA.VV., Acquedotti romani (Catalogo della mostra, Roma, 2011), Gangemi Editore, 2015.