VENEZUELA: LA TUMBA E L’HELICOIDE, “MEDICINE” PER GLI OPPOSITORI DI MADURO

di Renzo Paternoster -

 

Sono cronaca attuale le proteste che si registrano in Venezuela. Da una parte gli oppositori prima di Chávez, poi di Maduro. Dall’altra il governo in carica che ha dovuto fronteggiare un (presunto) tentativo di golpe con l’utilizzo di strumenti eccezionali e lesivi dei diritti umani. Tra questi le prigioni speciali, come la cosiddetta Tumba e quella istituita nel famoso edificio chiamato Helicoide.

 

Una immagine tratta dal documentario La Tumba.

Una immagine tratta dal documentario La Tumba.

C’è un luogo in Venezuela che non ha tempo, non ha suoni, non ha colori. Un posto in cui non c’è mai il sole e neppure la luna. Non a caso questo luogo è chiamato “La Tumba”, la tomba, ed è lo spazio dove è “seppellita” viva l’opposizione a Nicolás Maduro Moros, presidente della República Bolivariana de Venezuela.
Della presenza di questo sito segreto dove interrogare gli oppositori del governo è data ufficialmente notizia nel 2015, l’8 febbraio: lo scrittore venezuelano Leonardo Padrón pubblica un rapporto nel giornale “El Nacional” intitolato Cinco sótanos contra el sol, denunciando l’utilizzo da parte del governo venezuelano di una prigione sotterranea in cui alcuni oppositori sono torturati. Nel suo resoconto Padrón riferisce della storia di tre ragazzi – Gerardo Carrero, Gabriel Gomez Valles e Lorent Saleh – arrestati e presi in consegna dal Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional (SEBIN), la terribile ed efficiente agenzia di intelligence e contro-intelligence del Venezuela.
Gerardo Carrero, uno dei leader della lotta studentesca di Destra contro la politica di Maduro, è arrestato assieme ad altri 242 ragazzi durante un accampamento di protesta di fronte alla sede dell’ONU a Caracas, sull’Avenida Francisco de Miranda. Gabriel Valles e Lorent Saleh, membri della organizzazione di estrema Destra “Operazione Libertà”, sono invece rimpatriati il 4 settembre 2014 dalla Colombia, dopo essere stati fermati dal servizio di intelligence del Paese perché coinvolti in un presunto golpe contro Maduro e per questo arrestati per associazione a delinquere, cospirazione e terrorismo.
Secondo il “Foro Penal Venezolano”, organizzazione a difesa dei diritti umani, il crimine di questi ragazzi è stato quello di scendere in piazza e manifestare pubblicamente la loro opinione contro il governo di Nicolas Maduro. Per il governo venezuelano sono pericolosi neofascisti collegati in qualche modo agli Stati Uniti d’America.
Dietro l’arresto di Carrero, Valles e Saleh e la loro detenzione nella terribile Tumba, c’è la storia del tenente colonnello José Antonio Arocha, anche lui “ospite” di questa prigione segreta. Proprio durante la sua permanenza nella Tumba, l’ex militare rivela sotto tortura un piano golpista, la cosiddetta “Operación Jericó”, al quale aderiscono ufficiali dell’aviazione, politici conservatori (tra cui il deputato Julio Borges, il sindaco del Distretto Metropolitano di Caracas Antonio Ledezma e la sua vice María Corina Machado) e moltissimi ragazzi affiliati all’estrema Destra.

Dentro La Tumba

Dentro La Tumba

La Tumba” si trova a piazza Venezuela a Caracas, nella sede del SEBIN, ossia Servicio Bolivariano de Inteligencia Nacional, la polizia politica di Stato. Ricavata dal caveau di una ex banca, è situata appena al di sotto della metropolitana della città, a cinque piani sottoterra.
Non esistono fotografie di questo luogo, solo illustrazioni create in base alle descrizioni di chi è sceso in quell’inferno. L’avvocato Tamara Suju Roa, membro del “Foro Penal Venezuelano”, ha descritto “La Tumba” in un articolo pubblicato nel settimanale La Razon: «non ci sono rumori, non ci sono finestre, non c’è luce né aria naturale. Si sente solo il rumore della metropolitana che passa sopra la testa».
Sette sono le celle in dotazione, tutte misurano tre metri per due e non hanno bagno. Le celle sono disposte una dietro l’altra, in modo che i detenuti non possano vedersi. Hanno pavimento e muri bianchi, cancelli grigi, con una piccola apertura per la somministrazione del cibo, letto e tavolo di cemento bianco. La luce è garantita da lampade a incandescenza bianche, sempre accese, come l’aria condizionata, tenuta a una temperatura costante di otto gradi.
L’isolamento è totale, senza alcun contatto con l’esterno. Non esiste neppure il tempo, poiché i detenuti non hanno orologi, non previsti all’interno di questa prigione, non hanno modo di avere alcuna nozione di tempo.
I detenuti passano le ventiquattro ore del giorno rinchiusi nelle proprie celle, vigilati da telecamere e microfoni. Possono uscire per andare in bagno soltanto suonando un campanello, tuttavia molte volte aspettano molto e sono quindi costretti a usare un contenitore previsto per le emergenze.
Per disorientare gli “ospiti” di questo carcere, i pasti sono consegnati a orari alterni, che cambiano ogni giorno, e comunque diversi dal solito (in pratica la mattina posso avere la cena, mentre la notte la colazione).
Il rumore dei vagoni della metropolitana che sfrecciano sopra la prigione è intollerabile, tuttavia aiutano a far comprendere quando è notte, dal momento che non ci sono corse notturne.
I prigionieri hanno solo quaranta minuti d’aria a settimana e possono incontrare pochissime volte solo i propri genitori e le proprie mogli (o mariti), le visite comunque avvengono in una stanza piena di falsi specchi che nascondono telecamere e microfoni.
Accanto alla quotidiana “tortura bianca” – ossia isolamento totale, mancanza di suoni, colori, movimento, tempo – ci sono i terribili interrogatori condotti da personale specializzato della SEBIN.
Ne “La Tumba” tutto è regolato dai carcerieri. È persino vietato anche morire. Ad esempio quando Gerardo Carrero iniziò uno sciopero della fame, il disappunto dei carcerieri si trasformò in un castigo indimenticabile: il ragazzo fu appeso a un cancello del carcere (i polsi furono fasciati da carta di giornale in modo da evitare lividi) e a intervalli fu colpito alle gambe con stanghe di legno. Il supplizio andò avanti per dodici ore.
Il terribile trattamento riservato agli “ospiti” de “La Tumba” rispecchia l’accusa a loro assegnata: eversione, terrorismo, tradimento dello Stato, furto di materiale militare, tutti reati di competenza di giurisdizioni speciali.

L'Helicoide

L’Helicoide

Non c’è solo “La Tumba” in Venezuela, il governo utilizza un altro carcere speciale per internare l’opposizione politica e i presunti eversori dell’ordine democratico: l’Helicoide.
È un edificio costruito negli anni Cinquanta del Novecento sotto la dittatura di Marcos Pérez Jiménez. È molto popolare in America Latina per la sua forma a piramide elicoidale, sormontata da una bellissima cupola geodetica, ossia una struttura emisferica composta da una rete di travi giacenti su cerchi massimi (geodetiche). La sua destinazione d’uso doveva essere quella di un grandissimo centro commerciale, simbolo dello sviluppo economico del Paese.
Progettato nel 1955 dallo studio degli architetti Jorge Romero Gutierrez, Pedro Neuberger e Dirk Bornhorst, doveva aveva ben 320 esercizi commerciali, una stazione di servizio, una palestra con piscina, un cinema a sette sale, un autosalone e un eliporto. Una stazione radiofonica situata all’interno dello stabile, “Radio Helicoide”, avrebbe trasmesso musica e avrebbe informato i clienti degli eventi in programma. Ai clienti doveva essere data la possibilità di arrivare alle attività commerciali e di servizio direttamente con la macchina, grazie alle rampe a doppia elica.
Con la caduta di Jiménez, gli architetti persero i finanziamenti, poiché la struttura, ormai a buon punto nella costruzione, fu considerata simbolo della dittatura. I lavori furono interrotti sino al 1975, quando l’edificio divenne proprietà dello Stato. Una prima destinazione d’uso fu quella di ospitare cinquecento famiglie di senzatetto. Nel 1982, la struttura ospitava circa dodicimila squatters, trasformando l’edificio in una moderna favelas e in un centro di spaccio di droga e prostituzione, con un tasso di criminalità elevato.
Le diverse amministrazioni che si sono succedute negli anni hanno proposto diversi piani commerciali e/o culturali, ventisette in tutto: dal centro automobilistico a quello per prestazioni, da museo d’arte a centro turistico, da cimitero moderno a centro di radio e televisione, da biblioteca nazionale a museo antropologico e centro ambientale, giusto per citarne alcuni. L’idea del museo di antropologia e del centro ambientale dello Stato nacque dopo che si scoprì che la collina dove sorge l’Helicoide (Roca Tarpeya) era stata luogo di sepoltura tribale.
Il governo del presidente Rafael Caldera Rodríguez tuttavia decise di utilizzare l’edificio come sede di un’agenzia delle forze di sicurezza del Paese. Il suo successore Hugo Rafael Chávez Frías adibì l’intero edificio a sede del servizio di intelligence nazionale (SEBIN), con due Università sperimentali per la sicurezza del Paese (l’Universidad Nacional Experimentale de la Seguridad e l’Universidad Nacional Experimentale de las Fuerzas Armadas), un moderno carcere dove rinchiudere soprattutto gli oppositori politici.
L’ala riservata al carcere ha 321 metri quadrati di spazio. Inizialmente furono previste tre sole celle di sicurezza, ma pian piano l’area di detenzione si estese. Nel 2012 la Corte Interamericana dei Diritti Umani ritenne questo centro di detenzione una violazione delle convenzioni internazionali sul trattamento penitenziario. Una grave epidemia batterica, scoppiata l’anno dopo, determinò il trasferimento dei detenuti in altri centri carcerari. Oggi la prigione è destinata a detenuti a breve termine e, soprattutto, a quelli che ricadono nelle giurisdizioni speciali, come quelli incriminati per cospirazione contro lo Stato e terrorismo.
A tutt’oggi, l’Helicoide è un simbolo di quello che avrebbe potuto essere il Venezuela, ma non lo è diventato. Nato per essere un moderno centro di scambio economico e culturale, El Helicoide è divenuto nel corso degli anni l’esatto contrario: anziché rivitalizzare l’area di Caracas ha creato dapprima una sacca di delinquenza poi di umanità esclusa a causa della politica.

sebinPur galleggiando su un mare di petrolio, il Venezuela è divenuto oggi il simbolo della decadenza economica e politica. Un Paese in cui gli ultimi due governanti (Chávez e Maduro) sono al tempo stesso oppressi e oppressori: oppressi perché soffocati dalla recessione mondiale, dagli attacchi finanziari esteri, dai sabotaggi economici e politici stranieri; oppressori per l’esasperazione di alcune teorie dello chavismo in politica interna e internazionale, in primis la lotta costante contro le fasce della popolazione con un più alto reddito, che ha moltiplicato l’odio di classe verso i ricchi, determinando una velata guerra civile in cui tutto è permesso.
In politica estera, Chávez e poi Maduro hanno proposto una strategia di asserzione, volta a svincolare l’America Latina dal controllo di Washington, creando un blocco regionale anti-USA, con Cuba come principale alleato. L’ostinata politica economica in senso socialista e le alleanze e gli accordi con Russia, Cina e Iran hanno poi peggiorato le cose, facendo crescere l’intensità dell’interventismo statunitense in Venezuela (si ricorda l’Ordine Esecutivo firmato da Barack Obama nel marzo del 2015 nel quale si considerava il Venezuela una minaccia “inconsueta e straordinaria” per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti). In un clima in cui le relazioni diplomatiche tra Stati Uniti d’America e Venezuela si sono sgretolate, la diffidenza reciproca a creato un mix esplosivo che sta portando l’intero Paese a cadere dal baratro che si è creato.
Tutto questo non giustifica le presunte violazioni dei diritti umani nel Paese. Stati Uniti d’America e Unione Europea sono pubblicamente preoccupati per la situazione dei diritti umani in Venezuela, nondimeno dimenticano la spaventosa crisi degli stessi diritti in Colombia e Messico: lo sdegno morale, allora, diventa relativo e un eventuale intervento non farà altro che aggravare la situazione già molto complicata.

 

Per saperne di più

Bornhorst D., El Helicoide, Todtmann Editores. Caracas 2008.

Colotti G., Talpe a Caracas. Cose viste in Venezuela, Jaca Book, Milano 2012.De aquella impunidad vienen estas torturas. Informe de seguimiento a la implementación de las observaciones finales del Comité contra la Tortura sobre VenezuelaMayo 2017, presentado por Centro de Derechos Humanos de la Universidad Católica Andrés Bello (CDH-UCAB), Civilis, Derechos Humanos, Espacio Público, Programa Venezolano de Educación – Acción en Derechos Humanos (Provea), s.e. 2017.

Foro Penal Venezolano, Reporte sobre la represión del Estado Venezolano Año 2016, a cura di Alfredo Romero, Gonzalo Himiob Santomé, Mariela Suárez, Lilian Lucena, Edif. Bronce, Altamira (Caracas) 2016.

Golinger E., The Chavez Code. Cracking U.S. Intervention in Venezuela, Pluto Press, London 2007.

Lattanzio A., Sventato un piano golpista contro il Venezuela, in «Aurora. Bollettino di informazione internazionalista», 15 febbraio 2015, https://aurorasito.wordpress.com/2015/02/14/sventato-un-piano-golpista-contro-il-venezuela/

Morón Iglesias M.E., La tumba, documentario in spagnolo con sottotitoli in inglese: https://www.youtube.com/watch?v=z-KnCcQrnw

Padrón L., Cinco sótanos contra el sol, «El Nacional», 8 de febrero de 2015, ora nel sito del giornalista http://leonardopadron.com/cinco-sotanos-contra-el-sol/

Perez-Perdomo R., Represión y justicia en Venezuela en tiempos de protesta, «Revista Debates», 2014, Vol. 8, 3, pp. 11-34.

Suju Roa T., Más allá de “La Tumba”, «La Razón», 29 marzo 2015.

The White House. Office of the Press Secretary, Fact sheet: Venezuela Executive Order, March 09, 2015, https://obamawhitehouse.archives.gov/the-press-office/2015/03/09/fact-sheet-venezuela-executive-order