UCRAINA, UNA STORIA E UNA COABITAZIONE DIFFICILI

di Massimo Iacopi -

L’Ucraina ospita sullo stesso territorio popoli dalle molteplici identità e dalle memorie contraddittorie. Una storia che rende problematica la loro coabitazione in un unico Stato.

La guerra civile scoppiata in Ucraina non è il frutto del caso o delle circostanze, ma affonda le sue radici nella sua storia. La crisi deriva essenzialmente da tre fattori: uno Stato di recente formazione, contestato e corrotto; una popolazione divisa, all’ovest in maggioranza greco-cattolica, a favore dell’Ucraina, simpatizzante dei “valori occidentali”, e all’est maggioritariamente ortodossa, russofona, favorevole alle concezioni virili della Russia di Putin; vicini ambiziosi che cercano di allargare la loro sfera di influenza, e cioè l’Unione Europea e la NATO, in nome della prosperità condivisa e dei valori democratici, e la Russia, in ricordo della tradizione imperiale della Grande Russia e della defunta URSS.
In definitiva, una serie di elementi che sono il frutto di una storia millenaria. Tracciare la storia dell’Ucraina, compresa nelle frontiere attuali, è un compito arduo. Terra quasi sempre sprovvista di stato nazionale, mosaico di popoli diversi, crocevia di ambizioni di vicini, l’Ucraina non ha mai smesso di essere teatro di scontri. Contrariamente alla maggior parte dei Paesi europei, essa non è stata il frutto di una paziente costruzione consolidata nel corso dei secoli. Essa scompare regolarmente e rinasce, altrettanto regolarmente, come per incanto.
Nell’antichità, l’Ucraina è stata la culla di brillanti civiltà guerriere, quella degli Sciti, poi quella dei Sarmati che hanno meravigliato il mondo con la loro oreficeria, e quindi quella dei Goti, che avrà ragione della pax romana. A partire dal IV secolo della nostra era, le sue grandi pianure costituiscono un magnifico terreno di invasione per i popoli ugro-finnici e turcofoni: Unni, Avari, Kazari e Magiari e per le tribù protoslave, in particolar modo gli Anti, che ne costituiscono la base. Solo nel IX secolo la regione entra veramente nella storia con i Vareghi o Variaghi, tribù vichinghe del Baltico.

Il battistero degli Slavi

Il battesimo di Vladimiro

Il battesimo di Vladimiro

Oleg il Saggio, parente di Rurik o Riurik, principe di Novgorod, culla della Russia, dopo essere riuscito a federare le tribù slave si impadronisce della città di Kiev nell’anno 882 e fonda una nuova dinastia, quella dei Riurichidi. Il regno di Kiev si denomina, a quel punto, “Paese dei Rus”, vale a dire il “Paese dei rematori” nella lingua protoslava, e si estende da una parte e dall’altra del fiume Dniepr. Il principe arriva a dominare tutta l’Ucraina centrale, la Podolia, il sud della Bielorussia e l’ovest dell’attuale Russia. Nel 988 Vladimiro il Grande (980-1015), il principe di Kiev, si converte al Cristianesimo e sposa Anna Porfirogenita, la sorella dell’imperatore bizantino Basilio II. Vladimiro riesce a mettere fine ai particolarismi territoriali e per avversione a Roma fa la sua scelta in direzione di Costantinopoli.
Da quel momento e per sempre, nell’immaginario collettivo, Kiev diventa il battistero degli Slavi ortodossi e la città madre di tutte le città del Paese. Sotto il regno di Iaroslav I il Saggio (1019-1054), prosegue la politica di unificazione degli Slavi e viene organizzata l’amministrazione dello Stato; vengono edificati molti conventi e la cattedrale di Santa Sofia, radicando nella pietra e negli spiriti delle popolazioni la fede ortodossa, con i suoi campanili a bulbo, le sue icone e le sue voci corali. Questo periodo rappresenta l’età d’oro dello Stato di Kiev, che si estende, a quel tempo, fino alle rive del Baltico. Appare per la prima volta, nelle Cronache di Kiev, pubblicate nel 1187, il termine di Ukraina per indicare le terre del Dniepr inferiore.
Per i fautori dell’identità ucraina, l’esistenza di due branche distinte della famiglia dei Riurichidi fornisce la prova che l’Ucraina è stata, all’origine, un’entità distinta dalla Russia di Novgorod. Fare di San Vladimiro il fondatore di una identità collettiva russa (come lo presenta, ad esempio, Vladimir Volkoff nella sua biografia romanzata di Vladimiro, il sole rosso) sarebbe, secondo loro, un mito abusivo. Per i loro avversari, invece, la comune base riurichide risulta sufficiente a giustificare l’unità del mondo russo.

Principati indipendenti

Ivan IV il Terribile

Ivan IV il Terribile

Le dispute dinastiche non tardano, però, a rovinare la struttura dello Stato di Kiev che, alla fine del XII secolo, risulta notevolmente indebolito. L’aristocrazia del regno, rifugiandosi ad ovest sotto la forte pressione mongola, dà vita a diversi principati indipendenti, fra i quali quello di Kiev, della Galizia e della Volinia ed è proprio in questo periodo che i destini dei popoli ucraini e russi divergono nettamente. Nel 1190, Romano, principe di Volinia (nord ovest dell’Ucraina), fonda un nuovo stato, incorporando la Galizia e Kiev. Un periodo fasto che culmina con il regno di Daniele I di Galizia, vincitore dei cavalieri Teutonici e dei Tatari (dal turco Tha-ta, “banditi”). Nel 1240 Kiev viene conquistata: i Mongoli diventano padroni dell’area, fondano l’impero dell’Orda d’Oro e molti sovrani locali, per salvare il loro trono sono costretti a piegarsi alle esigenze del Khan.
Malgrado la sottomissione, il periodo fra il IX e il XIV secolo costituisce, per gli storici locali, la base d’appoggio delle rivendicazioni di differenzazione etnica e il fondamento della cultura ucraina. Da parte sua, la storiografia sovietica, poi russa, ha sempre propugnato una teoria radicalmente diversa, quella dell’unità delle “tre Russie”, secondo la quale i popoli, russo, ucraino e bielorusso sono derivati dalla stessa base, la Rus di Kiev.
In ogni caso, i principati più occidentali, divisi e esposti ai raid delle orde delle steppe, specialmente da parte dei Tatari di Crimea, non tardano a sottomettersi alle potenze vicine, la Polonia e la Lituania. Nel 1362 il granducato di Lituania annette Kiev, la Volinia e la maggior parte della Podolia. Qualche anno più tardi, la Polonia fa la stessa cosa con la Galizia. L’unione dinastica della Polonia e della Lituania, conclusa nel 1385, si concreta con la fusione dei due stati con il Trattato di Lublino del 1569.
Ormai è la Polonia che domina la maggior parte dell’Ucraina e all’assimilazione delle elites, integrate nella nobiltà polacca, aggiunge una politica di cattolicizzazione del Paese. Il Concilio di Brest Litovsk, nel 1569, consacra l’allineamento su Roma del Metropolita di Kiev, che si sottomette al pontefice, pur conservando le particolarità liturgiche del rito greco e dando così nascita alla Chiesa Uniate di Ucraina.
Se la maggior parte degli strati superiori della popolazione opera la scelta in favore della Polonia, il popolino resta in gran parte fedele alla religione dei padri. Una minoranza attiva, guidata dal principe Ostrozky, si sforza di rianimare la fede ortodossa, fondando delle confraternite, sostenute dal Patriarcato di Costantinopoli. La Bibbia di Ostrih, pubblicata nel 1581, è il primo testo liturgico in lingua ucraina.
I contadini ruteni, ma anche parte delle popolazioni contadine dei guerrieri del Dniepr inferiore, i cosiddetti Cosacchi Zaporoghi, iniziano a sollevarsi contro i Polacchi. Il loro movimento diventa ancora più forte quando il granduca della Moscovia, Ivan IV il Terribile, si erge a protettore di tutti gli ortodossi. Di fatto, utilizzando l’omonimia fra “Rus” e Russia ed invocando il battesimo di San Vladimiro, Ivan si proclama nel 1547 zar di tutte le Russie; per lui l’Ucraina è ormai diventata la “Piccola Russia” e Mosca continua ad essere la “Terza Roma”, così come l’aveva già definita il suo predecessore Ivan III il Grande (1440-1505), che aveva sposato una nipote dell’ultimo imperatore di Bisanzio (1472).

Rinascita cosacca

Carta della «Tartaria d'Europa» del 1684, contenente «le due Ukraine, una abitata da Cossachi Tanaiti soggetti al Moscouita, l'altra da Cossachi di Zaporowa, ora liberi e già dipendenti dalla Polonia»

Carta della «Tartaria d’Europa» del 1684, contenente «le due Ukraine, una abitata da Cossachi Tanaiti soggetti al Moscouita, l’altra da Cossachi di Zaporowa, ora liberi e già dipendenti dalla Polonia»

Ha inizio, a quel punto e per due secoli, una lotta accanita durante la quale si concatenano rovesciamenti di alleanze e combattimenti dall’esito incerto. In quel periodo numerosi Ucraini per sfuggire al dominio della nobiltà polacca si insediano nelle steppe disabitate che circondano i territori polacco e tataro. Questi uomini, organizzati in unità militari, chiamate “cosacche” (dal turco Quzzak, “avventuriero”), vengono considerati i difensori della fede ortodossa e del popolo ucraino. Essi arrivano a fondare intere città, come Kharkov, intorno al 1655. I Cosacchi, giocando sulle rivalità fra Polacchi, Russi, Svedesi, Tatari e Turchi, si sforzano di far rinascere uno stato “ortodosso” ucraino e la cosaccheria diventa, col passare del tempo, un esercito regolare di 40 mila uomini, famosa in Europa per le sue campagne contro i Tatari e i Turchi. Comunque sia, dopo numerose ribellioni, la Polonia riesce a ridurre il loro numero e a esercitare direttamente il loro comando. La reazione che covava nell’aria non si fa attendere: nel 1648, alleato ai Tatari, l’atamano (hetman in polacco) Bogdan Khmelnitsky, sconfigge i Polacchi a Jovti Vody e a Korsun, ma viene poi vinto a Berestechko. Nel 1654 ottiene la rivincita alleandosi con i Russi. Il Trattato di Pereslav, che ne consegue, instaura di fatto un protettorato russo, pur concedendo ai Cosacchi il diritto di costituirsi in stato indipendente con una propria struttura socio-politica. Si tratta del secondo stato ucraino, ovvero l’Atamanato ucraino, ma la sponda sinistra del Dniepr e il bacino di Kiev gravitano ormai nell’orbita di Mosca.
Sono anni di progressiva russificazione, tanto più che l’identità cosacca era ben lungi dall’essere unicamente ucraina. I Cosacchi Zaporoghi mantenevano, in effetti, dei legami molto stretti con quelli del Don e del Volga, in grande maggioranza orientati verso la Russia. Ma il gioco delle ambizioni polacche e moscovite finisce per portare alla scissione dell’atamanato ucraino, sancito dal Trattato di Andrussivo, nel 1667. L’atamanato della riva destra del Dnieper, entrato nel girone della Polonia, viene soppresso nel 1699.
Miscuglio di democrazia semi-diretta e di feudalità arcaica, con il suo folklore e le sue mitologie, l’atamanato moscovita conosce, da parte sua, diverse fortune. Nel 1685 il Metropolita di Kiev viene annesso al Patriarcato di Mosca. Nel 1708 l’atamano Mazepa tenta di riconquistare un’autentica indipendenza, alleandosi a Carlo XII di Svezia nella guerra del Nord. La loro sconfitta nella battaglia della Poltava nel 1709 segna, de facto, la fine dello Stato cosacco e l’assoggettamento dell’Ucraina alla Russia prosegue nel corso del XVIII secolo.
Ormai l’Ucraina orientale viene amministrata a San Pietroburgo dal Collegio “piccolo russo”, creato da Pietro il Grande nel 1722. Essa è ormai parte integrante dello spazio doganale russo. Il “monastero” di Kiev perde il diritto di editare testi profani e, soprattutto, viene introdotto il “servaggio”, un uso mai esistito nel mondo cosacco. Le aristocrazie vengono assimilate all’aristocrazia russa e, sotto Caterina II, l’atamanato scompare de jure.
Il nord dell’Ucraina viene diviso in tre governatorati. Il sud, per lungo tempo sotto la dominazione ottomana, viene integrato alla nuova Russia, che amministra Kharkhov, Odessa e la Crimea, annessa nel 1783. La parte occidentale, ancora sotto dominio polacco, la Galizia e la Rutenia vengono attribuite all’impero austro-ungarico in occasione della spartizione della Polonia del 1772. Nel 1774, la Bucovina riconquistata agli Ottomani, subisce la stessa sorte e, fino al 1917, gli Asburgo e i Romanov regneranno senza interruzioni sui popoli ucraini.

Rinnovamento nazionale

Taras Shevchenko nel 1840

Taras Shevchenko nel 1840

In tutta Europa il XIX secolo è il secolo della questione delle nazionalità. Nell’impero degli zar l’università di Kharkhov, fondata nel 1805, e quella di Kiev, istituita nel 1834, diventano il fulcro del rinnovamento nazionale ucraino. Il poeta Taras Sevcenko (1814-1861) è la figura più significativa. Il suo poema epico Kozbar (1840), stimola la memoria del popolo cosacco. Egli fonda, con l’aiuto di qualche amico, la Confraternità di Cirillo e Metodio, che pubblica una Genesi del popolo ucraino. Ma, a prescindere dalla determinazione di questi attivisti, la loro effettiva influenza non supera l’ambito di una piccola cerchia di intellettuali.
L’Ucraina viene quasi totalmente risparmiata dalla rivoluzione del 1905 e i deputati eletti alla Duma si accontentano di reclamare una maggiore autonomia amministrativa e la “soppressione delle restrizioni alla pubblicazione in lingua piccolo-russa”. Una delle spiegazioni è dovuta, senza dubbio, al fatto che l’Ucraina approfitta largamente della sua integrazione allo spazio economico russo, possiede le sue miniere, le sue industrie e le sue ferrovie, che gli aprono un ampio mercato di esportazione. L’altro elemento dipende dal fatto che la popolazione cambia nel tempo. L’esodo rurale e il dinamismo economico attirano operai russi provenienti da tutto l’Impero zarista che, anche se vivono nell’Ucraina orientale, non si sentono per nulla ucraini. Infine, è soprattutto in Occidente che la causa ucraina incontra dei sostenitori come, ad esempio, lord Byron, che immortala la figura di Mazepa nel suo poema omonimo.
Per contro, nella parte austro-ungarica dell’Ucraina, in Galizia e Bucovina, l’ucrainofilia risulta più viva e più popolare. Il potere locale è quasi esclusivamente controllato dall’aristocrazia polacca, che rappresenta l’85% dei deputati alla Dieta di Lemberg (Lvov in russo, Lwow in polacco, Lviv in ukraino o Leopoli all’occidentale).
Nelle province più agricole e più povere della duplice monarchia cova però la frustrazione. I contadini ruteni, guidati dal clero, iniziano ad organizzarsi. Nel 1914 si contano più di 5 mila sale di lettura, centinaia di associazioni di ginnastica, i “sokols” e una cinquantina di periodici; poco a poco vengono creati dei partiti politici. Nel 1890 il partito radicale ucraino di Drahomanov formula per la prima volta la rivendicazione dell’indipendenza ucraina.
Il fervore nazionalista viene ulteriormente accentuato dall’evoluzione istituzionale dell’impero austro-ungarico che, nel 1907, adotta il suffragio universale diretto. I deputati ruteni, sebbene poco numerosi, fanno l’apprendistato della vita parlamentare e democratica. L’ovest dell’Ucraina sperimenta in tal modo una pratica politica completamente diversa da quella dell’Est del paese, ancora alle prese con l’autocrazia zarista e dove la Duma, eletta nel 1905, risulta ben lontana dal disporre delle prerogative abituali di un parlamento moderno.
La semplice osservazione del paesaggio appare sufficiente per capire che, ormai, ci sono due Ucraine. A Lemberg, nei territori della duplice monarchia, con le facciate neobarocche e colori pastello, si osserva un mondo uscito direttamente da un romanzo di Joseph Roth. E’ d’altronde in Galizia che cade l’ultimo dei Trotta, eroe della Marcia di Radetsky. A Kiev, o intorno al Donez, sembra di essere, invece, nel mondo di Tolstoi o di Turgenev, con chiese ortodosse costellate di bulbi e semplici isbe.

La prima repubblica

L'atamano Skoropadsky (con il colbacco nero)

L’atamano Skoropadsky (con il colbacco nero)

La guerra del 1914 trasforma l’Ucraina occidentale in un campo di battaglia. Fino al 1917 eserciti russi e austro-tedeschi vi si affrontano per il controllo della Galizia. Spinti dai generali austriaci, che vi intravvedono un modo per indebolire il nemico russo, alcuni intellettuali ucraini creano a Lemberg un Consiglio Supremo ucraino e a Vienna un Consiglio Generale ucraino, che reclama la creazione di uno stato ucraino indipendente. Essi riescono a creare un corpo di volontari che affronta l’esercito zarista.
L’abdicazione dello zar Nicola II, il 15 marzo 1917, dà il via al movimento che sfocerà nella creazione del terzo stato ucraino. Il 17 marzo 1917 i rappresentati dei movimenti costituzionali-democratici, menscevichi e socialisti rivoluzionari si riuniscono a Kiev e creano la Rada centrale ucraina. La Rada centrale chiede inizialmente solo un regime federativo con la Russia, l’introduzione di riforme democratiche e la nazionalizzazione della terra. Nello stesso tempo, viene creato un comitato militare, diretto da Simon Petliura. Le relazioni della Rada e del governo Kerensky rimangono relativamente buone.
Tutto cambia con la Rivoluzione d’Ottobre. Gli Ucraini non si fidano di Lenin. Nel novembre, a Kiev, i Bolscevichi vengono schiacciati nel sangue e il 20 dello stesso mese, viene proclamata la Repubblica nazionale ucraina. Essa è immediatamente riconosciuta dalle nazioni dell’Intesa, che mettono tutta la loro influenza affinché il nuovo Stato non partecipi ai negoziati di pace fra la Russia bolscevica e le potenze centrali. La Francia e la Gran Bretagna vogliono a tutti i costi evitare che la Germania ponga fine alla guerra all’est. Fatica inutile! Le realtà geopolitiche risultano più forti. Dal dicembre 1917, l’Armata Rossa, comandata dal generale Antonov-Ovseienko invade l’Ucraina. Per salvare il Paese, la Rada si allea con la Germania. Il 9 febbraio 1918 firma il Trattato di Brest Litowsky e chiede l’aiuto dell’esercito tedesco.
L’intera Ucraina, in cambio di consegne massicce di grano agli imperi centrali affamati dal blocco, viene liberata alla fine dell’aprile 1918 dalle divisioni dei generali von Eichhorn e Groener. Gli ambienti conservatori, che temono la riforma agraria, spingono il generale Pavlo Skoropadsky a tentare un colpo di stato e il 29 aprile, questi si dichiara “Atamano d’Ucraina”, chiudendo la Rada.
L’atamanato durerà fino alla sconfitta degli imperi centrali, nel novembre 1918. Abbandonato dai suoi protettori tedeschi, la cui arroganza esaspera la popolazione, l’atamano viene rovesciato il 14 dicembre 1918 da un direttorio che riunisce la maggior parte dei partiti non bolscevichi.
La terza fase dell’effimero stato ucraino è anche l’ultima. I Bolscevichi ripartono all’attacco e le truppe del direttorio si ritirano ovunque. Gli alleati tentano di aiutarla. Alla fine del dicembre 1918 sbarca a Odessa un corpo di spedizione franco-britannico che realizza la giunzione con le truppe russo bianche del generale Ivan Denikin.
Ma essi non sanno che gli Ucraini preferiscono combattere sia contro i Bolscevichi sia contro Denikin, che, ai loro occhi, incarna l’imperialismo grande russo. Nel febbraio 1919, il direttorio abbandona Kiev. Il caos incombe. La flotta francese si ammutina nel Mar Nero e Parigi richiama i suoi uomini. Si tratta dell’inizio di una terribile guerra, nella quale si affrontano di volta in volta, a seconda delle alleanze di comodo, l’esercito del direttorio di Petliura, gli eserciti russo bianchi, il corpo degli anarchici ucraini e l’Armata Rossa.
Agli inizi del 1920 l’esercito bolscevico riesce ad avere la meglio su tutti i fronti e il direttorio deve prendere la via dell’esilio. L’Ucraina russa diventa così la Repubblica socialista sovietica d’Ucraina ed il 30 dicembre 1922 essa viene integrata all’URSS.

L’Est e l’Ovest

06 Manifesto commemorativo dell'Holomor - Leonid Denysenko

Manifesto commemorativo dell’Holomor – Leonid Denysenko

Per gli Ucraini dell’ovest la situazione è meno tragica. L’indipendenza costituisce ormai un lontano ricordo. Nel 1918, alla caduta della monarchia austro-ungarica, essi avevano proclamato una Repubblica nazionale dell’Ucraina occidentale. Ma i trattati di pace di Versailles, San Germano e Sevres suonano il rintocco funebre delle loro speranze. La Galizia viene annessa alla Polonia, la Bucovina alla Romania e la Rutenia sub carpatica alla Cecoslovacchia. Sebbene essi non siano sfuggiti a dirigenti poco propensi al rispetto dei diritti delle minoranze e abbiano subito, a volte, una feroce repressione, come in Polonia (dove, con la “pacificazione” di Pilsduski, nel 1930 viene vietata qualsiasi organizzazione culturale ucraina), perlomeno a loro è stato risparmiato il terrore bolscevico.
Questo, però, non è il caso dei loro fratelli dell’Est. Dopo le purghe che chiudono la guerra civile, fino al 1927, il regime repressivo in Ucraina è paragonabile a quello delle altre repubbliche dell’URSS. Ma la volontà di collettivizzazione di Stalin, la famosa “dekulakizzazione”, diventa, dal 1927 al 1933, l’occasione di una tragedia senza precedenti. 30 mila attivisti bolscevichi si abbattono sul Paese per confiscare le riserve di cibo dei contadini e per forzarli a lavorare nei Kholkoz. La disorganizzazione, le esecuzioni sommarie, la volontà di distruggere la piccola e media classe contadina “in quanto classe” e la carestia, scientificamente organizzata, causeranno la morte di 4-7 milioni di persone. Si tratta di un vero e proprio “sterminio per fame”, l’Holodomor, il martirio del popolo ucraino, che da allora entra nella memoria storica di quel popolo. Nel 2008 un voto solenne del parlamento europeo ha ufficialmente attribuito il suo vero nome all’evento, dichiarandolo, crimine contro l’umanità.

L’alleanza con il diavolo

Stephan Bandera

Stephan Bandera

A partire dal 1939, il patto germano-sovietico e l’invasione della Polonia da parte dell’Armata Rossa permette di annettere all’URSS la maggior parte della Galizia; i capi ucraini si rifugiano a Cracovia, sede del “Governo generale” tedesco. Le autorità tedesche, tenendo certamente presente il prossimo rovesciamento di alleanze e senza autorizzarlo ufficialmente, lasciano agli Ucraini in esilio la facoltà di organizzarsi. Nel novembre 1939 viene creata l’Unione nazionale ucraina (UNO) ripartita in due branche, quella del colonnello Melnyk e quella di un attivista nazionalista, Stephan Bandera.
Nel momento dell’inizio dell’operazione “Barbarossa”, nel giugno 1941, Stephan Bandera proclama a Lvov la creazione di un “Governo dello stato ucraino”, mentre Melnyk, da parte sua, crea a Kiev il 5 ottobre seguente, un consiglio nazionale ucraino. Per i Tedeschi si tratta di una formidabile carta politica da giocare. Dopo gli orrori staliniani, i Tedeschi vengono accolti come liberatori e come restauratori della fede cattolica. La riapertura della cattedrale di Santa Sofia di Kiev dà luogo a manifestazioni di grande gioia. Ma Alfred Rosemberg, ministro dei territori occupati dell’Est, e il suo delegato Erich Koch, (Reichkomissar in Ucraina), accecati dai loro pregiudizi sugli Slavi, giudicati “razza inferiore”, trattano gli Ucraini come manodopera servile al servizio del Reich. Nonostante la pressione della Wehrmacht, che intravvede i frutti che potrebbe ricavare da un vero partenariato, non viene messa in opera nessuna cooperazione politica seria. Stephan Bandera viene arrestato e internato in campo di concentramento fino al 1944 e la divisione regna incontrastata nel campo ucraino fra banderisti e melnykisti.
A partire dal 1942, bande armate cominciano ad operare sul territorio. Queste affrontano sia i Tedeschi, sia i partigiani sovietici, senza tralasciare di affrontarsi reciprocamente. L’esercito insurrezionale ucraino di Bandera, l’UPA, anche privato del suo capo, risulta la principale forza militare, riunendo quasi 50 mila partigiani. Alla fine del 1943, pur continuando a combattere contro i bolscevichi, riesce ad organizzare dei movimenti di resistenza nei Carpazi e a cacciare i Tedeschi dalla Volinia, attraverso un’alternanza di imboscate e di battaglie campali.
In conclusione, non c’è stata una collaborazione politica spinta fra il partito indipendentista ucraino ed i Tedeschi.
Ma per i Russi, il solo per il fatto di essersi opposti alle loro forze costituisce un tradimento, un tradimento tanto più facile da utilizzare per fini di propaganda, proprio perché una cooperazione militare è comunque esistita, anche se non supportata da accordi politici. Diverse decine di migliaia di Ucraini, per ostilità all’egemonia russa, si sono effettivamente arruolati, come hiwis (volontari), ausiliari della Wehrmacht, che hanno seguito su tutti i fronti, fino in Normandia. Un corpo cosacco, guidato dal colonnello von Pannwitz, diventato, poi 15° corpo SS di cavalleria cosacca, opererà nei Balcani. La 14a Divisione SS “Galizia”, composta per la gran parte di uniati, si è battuta accanitamente contro l’Armata rossa a Brody, non senza aver partecipato ad alcuni pogrom. Queste unità si sono spesso comportate con una crudeltà paragonabile a quella dei loro omologhi tedeschi, specie in Polonia.
Questi percorsi, chiaramente provati, sono stati inoltre ingranditi smisuratamente e abilmente sfruttati dalla propaganda sovietica. Essi contribuiranno a fissare, fra i Russi, la convinzione dell’esistenza di un amalgama fra indipendentisti e collaboratori dei nazisti. Mosca renderà responsabile di tutto questo l’UPA che, dopo aver combattuto contro la Germania nazista ha continuato la lotta contro l’occupante sovietico fino al 1954, dopo la morte del suo ultimo generale, Roman Shoukhevytch, caduto in combattimento nel 1950, nei pressi di Lvov. L’epurazione degli anni 1946-1947, condotta da parte dell’URSS, si concretizzerà in 500 mila arresti.

Quarto stato ucraino

La cattedrale di Santa Sofia a Kiev

La cattedrale di Santa Sofia a Kiev

Finita la guerra, una fitta cappa ricade sull’Ucraina. Viene accelerata la russificazione, attraverso l’adozione di una politica programmata di ripopolamento delle terre devastate, che accresce vieppiù il peso delle popolazioni russofone a sudest di Kiev e con l’annessione al paese della Crimea, avvenuta nel 1954 – sprovvista di conseguenze concrete, in assenza di una reale autonomia di Stato, che esisteva solo sulla carta.
Il 24 agosto 1991 la nuova indipendenza dell’Ucraina viene dichiarata quasi per caso. Mentre alcune repubbliche sovietiche si sono battute per ottenerla, come le Repubbliche baltiche, che si sono emancipate a costo di un notevole spargimento di sangue, l’Ucraina approfitta semplicemente del crollo dell’URSS. Il primo movimento indipendentista, il Roukh, si organizza solo nel 1989 e, una volta crollato il sistema sovietico, la popolazione segue a ruota. Il 1° dicembre 1991 un referendum popolare approva l’indipendenza con una schiacciante maggioranza: 90,5%.
Nasce così il quarto stato ucraino. Il suo tormentato presente e il suo incerto avvenire dipendono dalla risposta che daranno gli stessi Ucraini a questa domanda: in assenza di tradizione statale consolidata, che forza possiede uno stato di appena 20 anni, per riuscire a far vivere insieme sullo stesso territorio delle popolazioni dalle molteplici identità e dalle memorie contraddittorie?

Per saperne di più:

Lami G., La Questione Ucraina fra ’800 e ’900 – Milano, CUEM, 2005.
Lami G., Ucraina 1921-1956 – Milano, CUEM, 2008.
Boeckh K., Völkl E., Ucraina. Dalla rivoluzione rossa alla rivoluzione arancione – Trieste, Beit, 2009.
Riabtchouk M., De la Petite-Russie à l’Ukraine – L’Harmattan, 2003.
De Laroussilhe O., L’Ukraine - Presses universitaires de France, 1998.