TUYUTÌ: LA PIÙ GRANDE BATTAGLIA DELLA STORIA SUDAMERICANA

di Giuliano Da Frè -

La guerra civile in Uruguay e le interferenze dei governi argentino e brasiliano. Nel 1866 questa miscela esplosiva induce il Paraguay, in cerca di uno sbocco sul mare, a uno scontro con la colazione brasiliana-argentina-uruguaiana.

Il quadro strategico

Bartolome Mitre

Bartolomé Mitre

Nel 1863, in Uruguay era scoppiata l’ennesima guerra civile, che opponeva i progressisti Colorados del generale Venancio Flores, ai conservatori al potere del partito Blanco. I governativi controllavano Montevideo e le principali piazzeforti del paese, come El Salto e Paysandu: ossi duri per le forze esperte ma prive di artiglieria d’assedio di Flores, un veterano dei conflitti nel Plata, che aveva a suo tempo combattuto a fianco di Garibaldi.
Ad appoggiarlo c’erano tuttavia il presidente argentino Bartolomé Mitre, che nel 1861 aveva ottenuto il potere proprio grazie all’apporto dei coriacei veterani di Flores, e l’Impero del Brasile. Solitamente rivali negli interventi nell’arena uruguaiana, per la prima volta le due potenze regionali, rette da governi liberali con solidi appoggi internazionali, agivano di concerto, sebbene si trattasse di un’alleanza di pura convenienza. L’intervento di Argentini e Brasiliani, non poteva però lasciare indifferente il vicino Paraguay. Sebbene il suo presidente, Francisco Solano López (erede di un’autentica dinastia: uno zio, e poi il padre, avevano governato il paese dal 1813 al 1862, quando era subentrato il giovane caudillo, all’epoca 35enne) sia generalmente considerato, non del tutto a torto, come un megalomane affetto da un complesso napoleonico, i termini del problema che egli aveva innanzi erano tutt’altro che fuori dalla realtà.
Per lo sviluppo del Paraguay, privo di uno sbocco sul mare, e all’epoca in fase di tumultuoso sviluppo, con la migliore rete telegrafica del sub-continente, e una delle prime tratte ferroviarie latino-americane (tra l’altro concepita anche per scopi militari), era vitale poter accedere al network fluviale che sfociava nel Rio de la Plata, attraverso i fiumi Paranà e Uruguay, controllati dai paesi vicini. Un’accorta politica estera e un’abile direzione della Repubblica avevano evitato al Paraguay guerre, interne ed esterne, garantendo ai López un’invidiabile stabilità interna, la lealtà di popolazione e poteri forti, senza eguali nella regione. Tuttavia, l’Esercito Paraguayano, che pure Francisco Solano per anni aveva riorganizzato e potenziato seguendo il modello prussiano (al contrario di quanto si faceva altrove, dove era preso a modello l’esercito “di caserma” di Napoleone III), per sfruttare al meglio le risorse demografiche nazionali, nettamente inferiori a quelle argentina e brasiliana, scontava questo eccezionale pacifismo con una grave inesperienza bellica. Inesperienza che riguardava soldati e quadri, anche i più elevati; che, al massimo, avevano partecipato all’incruenta campagna contro il dittatore argentino Rosas, nel 1845-1846 (nominalmente guidata da Francisco Solano López, all’epoca promosso generale di brigata appena 19enne e già erede del padre, al potere dal 1841), e ad alcune limitate operazioni contro tribù di indios ostili, o in embrionali conflitti frontalieri, che tra 1855 e 1859 erano stati risolti attraverso accordi con Brasile e Argentina.
Da subito, il caudillo paraguaiano, promosso allo scoppio della guerra Maresciallo – El Mariscal – da un Parlamento addomesticato, impostò una strategia che oscillava tra un eccesso di prudenza (per mesi perse tempo in inutili trattative diplomatiche, per avere il tempo di acquistare all’estero armi moderne, che solo in parte furono consegnate prima che i belligeranti bloccassero gli accessi al Paraguay), e obbiettivi ambiziosi e dispersivi.
Risoltosi nel novembre 1864 a favore dell’intervento, López infatti puntò alla conquista nel Mato Grosso, completata nel gennaio 1865. In sé operazione non sbagliata, perché testava il suo inesperto Esercito con una rapida e facile campagna, che portava peraltro ad acquisire preziose risorse e un pegno territoriale da gettare sul tavolo della pace, e che poteva essere tenuto con poche truppe. Ma mentre i Paraguaiani dilagavano nel Mato Grosso, a sud, in Uruguay, cadevano le piazzeforti dei Blancos, costretti a fuggire in Paraguay, mentre il paese finiva saldamente nelle mani di Flores e dei suoi alleati.
A questo punto, López tentò il tutto per tutto. L’organizzazione “prussiana” delle sue riserve faceva sì che nel marzo 1865 fosse in grado di schierare 35.000 uomini già addestrati ed equipaggiati, con ben 3 reggimenti di artiglieria ippotrainata – considerata eccellente -, mentre altri 38.000 stavano affluendo nei campi di addestramento. Al contrario, Flores, Mitre e l’imperatore del Brasile Pedro II potevano contare su solamente 20.000 effettivi immediatamente disponibili, e in parte impegnati a controllare l’Uruguay. Il Mariscal ideò pertanto un grandioso piano offensivo: poiché i fiumi Uruguay e Paranà scorrevano grosso modo paralleli verso il Plata, dove andavano a sfociare, inviò lungo il loro corso due corpi d’armata, con 34.000 uomini in tutto (e lungo il Paranà con l’appoggio della flotta), che avrebbero dovuto avanzare con una manovra a tenaglia verso la strategica regione costiera.
L’idea era tanto spettacolare quanto di difficile attuazione, anche per un esercito ben più esperto di quello paraguaiano, dovendo fare i conti con linee di comunicazione lunghe 200 km, con paludi, foreste e montagne che impedivano i contatti tra le due branche della tenaglia.
I due corpi, benché fossero stati affidati ai comandanti più esperti dell’Esercito paraguaiano (il Capo di Stato Maggiore, generale Wenceslao Robles, e l’ex aiutante di campo di López, colonnello Antonio de la Cruz Estigarribia), avanzarono privi di coordinamento. Ai più esperti generali alleati (Argentina, Brasile e Uruguay avevano formalmente stipulato una alleanza, detta “Triplice”, il 1° maggio 1865), come Flores e l’argentino Paunero, non occorse molto per bloccare il contingente più forte che avanzava sul Paranà, concentrandosi quindi sui 12.000 uomini coi quali Estigarribia, dopo alcuni successi, si era trincerato nella città di Uruguayana. Dove, alla fine, fu isolato e costretto alla resa (18 settembre 1865). Entro i primi di novembre, anche l’altro corpo, ora al comando del generale Francisco Isidoro Resquín, nuovo Capo di Stato Maggiore sino al termine della guerra, nel 1870, fu costretto a ritirarsi in territorio paraguaiano. López aveva perso 21.000 dei suoi uomini migliori, senza ottenere nulla, ed era costretto alla difensiva.

L’invasione alleata e le forze in campo

9bis-la-battaglia-di-tuyutiNei 5 mesi successivi, gli Alleati – in testa i Brasiliani – concentrarono sull’Alto Paranà 50.000 uomini, con ingenti quantitativi di cannoni ed equipaggiamenti moderni. Il comando era stato affidato al presidente argentino Mitre, un valoroso ed esperto soldato di 44 anni, ma mediocre generale: le diatribe con l’abile comandante del I Corpo brasiliano, Manuel Luis Osório, e l’irruento presidente uruguaiano Flores, erano all’ordine del giorno, mentre tutti e tre i generali se la prendevano con l’eccessiva prudenza degli ammiragli brasiliani Tamandarè e Barroso.
Finalmente, arrivate sul fiume le prime 4 corazzate brasiliane, il 15 aprile 1866, dopo diversi sanguinosi scontri innescati da azioni diversive, la flotta alleata, forte di 13 navi da guerra, 29 da trasporto, e centinaia di chiatte e lancioni, iniziò a trasbordare sulla sponda paraguaiana del Paranà l’armata di Mitre, facendo cadere per aggiramento la linea difensiva organizzata da López attorno alla piazzaforte di Itapirù. Il dittatore paraguaiano aveva però già avviato la realizzazione di una seconda, più formidabile linea trincerata, poi detta “Quadrilatero”, che aveva il suo perno nella fortezza di Humaitá: un sistema fortificato che per 2 anni avrebbe bloccato l’invasione, guadagnandosi il soprannome di Sebastopoli del Sudamerica, e che prima di cadere sarebbe costato 80.000 vittime.
Il lato meridionale del Quadrilatero si estendeva attraverso un territorio paludoso, gli Esteros, lagune di acqua chiara fitte di vegetazione, entro cui si poteva avanzare solamente restando su passaggi solidi, stretti e facilmente difendibili. Già il 2 maggio 1866, una brigata d’assalto paraguaiana guidata dal Colonnello José Díaz (poi promosso generale a soli 33 anni, forse il migliore dei comandanti di López, prima di cadere nel febbraio 1867) era uscita dalla boscaglia cogliendo di sorpresa la divisione uruguaiana, decimandola prima di ritirarsi con le bandiere e i cannoni strappati ai veterani di Flores.
Lungo questa linea il Mariscal aveva radunato poco meno di 24.000 uomini, appena un sesto dei quali armati con moderni moschetti rigati Minié o carabine a retrocarica Dreyse e Witten. Regina delle battaglie, nell’Esercito Paraguaiano, era però l’artiglieria, alimentata da un relativamente sofisticato polo industriale nazionale, che sfornava ottimi cannoni campali, anche rigati e in acciaio, mentre tra i migliori artiglieri della guerra vanno sicuramente annoverati i generali paraguaiani Bruguez e Roa, e l’ingegnere di origini inglesi Thompson; la linea degli Esteros era tenuta da 100 cannoni, compreso un Whitworth inglese, modernissimo, da 40 libbre. L’armata (che comprendeva soldati meno esperti di quelli mobilitati nel 1864, e decimati nelle operazioni del 1865) era stata suddivisa in quattro divisioni, poste agli ordini del Ministro della Guerra generale Barrios, del Capo di Stato Maggiore generale Resquin, e dei colonnelli Diaz e Marcò.
Per contro, agli ordini del presidente argentino Mitre c’era la più grande armata mai portata in battaglia da un comandante sudamericano, forte di quasi 45.000 soldati e 150 cannoni, e comprendente il I Corpo brasiliano del generale Osorio, i corpi d’armata argentini I e II, rispettivamente agli ordini dei generali Paunero ed Emilio Mitre, e la malconcia Division Oriental uruguaiana di Flores.
Il terreno lungo il quale si era accampata a partire dal 20 maggio l’intera armata di Mitre era particolarmente sfavorevole. L’ala sinistra, con i Brasiliani dell’esperto generale Osorio, si appoggiava alla laguna di Potrero Piris, e fronteggiava una fitta foresta attraversata da una radura e dallo stagno del Potrero Sauce. Al centro, a stretto contatto con Osorio, si trovava la Division Oriental di Flores con alla propria destra i due corpi argentini, entrambi schierati sulla sponda dello specchio d’acqua formato dall’Estero Bellaco, e con l’ala estrema fiancheggiata da un bosco di palme, rovi e arbusti.
Le difese paraguaiane erano in apparenza molto diradate. López aveva fatto scavare una lunga linea trincerata che si spingeva sulla propria destra sino al Potrero Sauce, e a sinistra occupava un’isoletta dell’Estero Bellaco chiamata Yataytì Corà.
Sembrava una posizione difficile da tenere con meno di 25.000 uomini e 100 cannoni; ma l’esperto colonnello inglese George Thompson aveva realizzato robusti ripari, e lo Stato Maggiore paraguaiano aveva progettato una manovra difensiva-controffensiva particolarmente promettente. Il piano prevedeva di attendere l’attacco alleato, opponendogli una resistenza passiva lungo le trincee del centro e della sinistra (ossia l’ala destra argentina), per poi contrattaccare il corpo brasiliano sulla destra. Per farlo, attraverso i boschi che coprivano le lagune di Potrero Piris e Potrero Sauce, i genieri paraguaiani avevano tagliato un sentiero che giungeva a ridosso delle posizioni nemiche, lasciando intatto solamente l’ultimo tratto di boscaglia, per non allarmare i Brasiliani. Al momento dell’attacco, i Paraguaiani avrebbero rapidamente eliminato l’ostacolo, liberando la via alla colonna d’attacco. Era un piano che sapeva sfruttare il terreno, al fine di annullare il vantaggio numerico alleato; ma quando alcuni prigionieri svelarono a López la data esatta dell’attacco nemico, fissato per la mattina del 25 maggio (lo storico 25 de Mayo, anniversario dell’indipendenza argentina del 1810), il Caudillo prese la disastrosa decisione di anticipare Mitre di 24 ore, per coglierlo di sorpresa e rovinargli la festa. Se nell’alto comando paraguaiano qualcuno aveva obbiezioni da sollevare, se le tenne per sé; dopo la fucilazione dello sventurato generale Robles e dei suoi aiutanti, risultava poco igienico contraddire il presidente, che già dopo la ritirata da Corrientes aveva chiarito le cose col suo Stato Maggiore: “Io lavoro per il bene della patria, ma nessuno mi aiuta e non posso avere fiducia in nessuno. Però state attenti: sinora ho perdonato, d’ora in poi non lo farò più”.

La battaglia di Tuyutì (24 maggio 1866)

L'attacco della cavalleria uruguaiana

L’attacco della cavalleria uruguaiana

Attaccare una forza quasi doppia della propria armata, nonché meglio equipaggiata e addestrata, e dovendo coordinare una complessa manovra di ben quattro colonne d’assalto era un’impresa al di sopra delle possibilità dei Paraguayani: ma López sognava la gloria napoleonica di Austerlitz, e mise subito in atto i preparativi, avendo un solo giorno per cambiare i piani accuratamente preparati.
L’ala destra fu rinforzata: affidata allo stesso ministro della Guerra Barrios, con 8.000 fanti e 1.000 cavalleggeri, avrebbe dovuto sbucare dal sentiero celato nella boscaglia per travolgere le avanguardie uruguaiane e le divisioni di fanteria brasiliane 1a, 2a, 3a e 4a, e la 5a di cavalleria. L’azione di Barrios era fissata per le ore 9; immediatamente sarebbero partite all’attacco anche le due brigate guidate dai colonnelli Diaz e Marcò, per premere frontalmente sulle forze di Osorio con 5.000 uomini e il supporto diretto di una batteria campale, mentre sulla sinistra Resquin – che doveva coordinare l’intera manovra – avrebbe tenuto a bada gli Argentini con il grosso della cavalleria (7.000 effettivi, in parte appiedati), e una riserva di 2.000 fanti. L’artiglieria avrebbe dovuto spianare la strada all’attacco, per poi supportarlo con le batterie campali mobili.
Ovviamente, la manovra era più facile da disegnarsi sulle mappe che non da attuarsi. Gli Alleati intuirono che in pentola bolliva qualcosa, visto l’improvviso risvegliarsi del fronte nemico. Dal canto suo Barrios, partito all’alba, giunse in posizione con ben tre ore di ritardo e solo alle 12.15 lanciò un razzo per avvisare che era pronto ad attaccare i Brasiliani, i cui comandi erano ormai in allerta.
L’artiglieria paraguaiana aprì il fuoco lungo l’intero fronte, ben presto controbattuta dalle batterie alleate: in pochi minuti si trovarono in azione 250 cannoni, la più alta concentrazione di fuoco mai prodottasi nella storia militare sudamericana, e paragonabile solo a poche delle battaglie da poco combattute nella guerra civile che aveva spaccato i vicini nordamericani (sebbene a Tuyuti prevalessero pezzi di piccolo calibro).
La brigata dell’irruento Diaz, muovendosi nella boscaglia riuscì ad aggirare i battaglioni uruguaiani mettendoli in rotta prima di essere bloccata dalla 2a Divisione brasiliana, che si aggrappò al terreno coperta dal fuoco dei 28 moderni cannoni rigati dell’ottimo 1º Regimento de Artilharia a Cavalo del colonnello Emilio Mallet, un vecchio veterano (e “patrono” dell’artiglieria brasiliana) che creò una vera barriera di fuoco. Col suo tiro rapido e preciso, Mallet respinse tre furiosi attacchi alla baionetta, e a chi lo interpellava preoccupato per la pressione avversaria rispose tranquillo: “Eles que venham. Por aqui não passam”. Con la sua brigata e quella di Marcò decimate, Diaz (cui non difettavano energia e spirito d’iniziativa) decise di spostarsi sulla sinistra per appoggiare Resquin, che nel frattempo aveva a sua volta scatenato l’attacco contro i battaglioni argentini della Guardia Nazionale reclutati a Corrientes, già poco entusiasti di quella guerra; nelle province interne dell’Argentina, come Corrientes, Mendoza ed Entre Rios, ostili al governo federale controllato da Buenos Aires, si guardava infatti al Paraguay come ad un possibile alleato, e Mitre vi dovette fronteggiare alcune rivolte, durante la guerra.
Ulteriormente demoralizzati per essere finiti sotto il fuoco incrociato dei Paraguaiani e dell’artiglieria alleata, gli Argentini cedettero, lasciando in mano al nemico diversi cannoni. Mitre reagì inviando rinforzi, che si urtarono con la sopravveniente colonna di Diaz; la lotta si riaccese furibonda attorno ai pezzi argentini, più volte passati di mano. Resquin tentò la soluzione di forza, lanciando ad ondate la cavalleria di riserva. Gli attaccanti furono falciati dal fuoco alleato: uno squadrone di cavalleggeri paraguaiani al comando del maggiore Olabarrieta riuscì ad aprirsi un varco a colpi di lancia e sciabola, ma solo per ritrovarsi dietro le linee nemiche. L’ufficiale – poi promosso al comando di un reggimento – non si perse d’animo, e continuò ad avanzare girando attorno all’accampamento alleato, prima di ricongiungersi alla colonna di Barrios. Ma l’attacco sferrato dal ministro della Guerra (e cognato) di López si era risolto in un fallimento, nonostante avesse inizialmente travolto gli avamposti brasiliani. L’intera manovra non era infatti sfuggita all’esperto generale Osorio: il comandante del I Corpo brasiliano aveva quindi conservato sottomano adeguate riserve, che ora passarono al centrattacco, respingendo tre assalti paraguaiani.
Verso metà pomeriggio l’offensiva voluta dal López era fallita: i combattimenti si spensero, e Resquin e Barrios si sganciarono coperti dall’artiglieria.
Poteva sembrare un combattimento cruento ma tatticamente indeciso, con i contendenti privati di risultati decisivi. Ma verso sera il quadro si chiarì drammaticamente per i comandi paraguaiani.
La disfatta subita era lampante: non solo lo scopo strategico dell’attacco era fallito, ma le perdite erano state devastanti, con 13.000 caduti – il 55% della forza impiegata – e per quasi la metà morti. Gli Alleati catturarono appena 350 prigionieri (molti feriti si trascinarono verso le proprie linee durante la notte, altri preferirono suicidarsi o chiedere il colpo di grazia), oltre a 5.000 fucili, 4 cannoni e 5 bandiere. La vittoria tuttavia non pose fine alla campagna, poiché anche l’armata di Mitre era troppo esausta per passare all’offensiva, contando 996 morti e 2.935 feriti. Tra i caduti brasiliani, i generali Antônio de Sousa Neto, anziano comandante la Brigada Ligeira di Rio Grande, e Antonio de Sampaio, ucciso alla testa della 3a Divisione, mentre anche Osorio rimase seriamente ferito, e poche settimane più tardi dovette rientrare in Brasile per una lunga convalescenza.
La guerra era destinata a proseguire: e alla vittoria ottenuta dagli Alleati a Tuyutì, seguirono le pesanti disfatte nelle battaglie combattute nello stesso settore del 16-18 luglio 1866, e davanti alle fortificazioni di Curupayty (22 settembre 1866), che avrebbe inchiodato gli invasori nell’assedio del “Quadrilatero” sino al 1868.
La guerra si sarebbe conclusa solamente nel marzo 1870, dopo la completa occupazione del Paraguay da parte degli Alleati, la morte nell’ultima battaglia di Solano Lopez, e un bilancio di vittime semplicemente agghiacciante: almeno 500.000 morti, tra guerra, fame e malattie – ma c’è chi ha stimato le perdite in 1.200.000 anime – su una popolazione complessiva, nei quattro paesi coinvolti, di 10 milioni di persone.

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Per saperne di più

I. Cancogni-M. Boris, Il Napoleone del Plata, Rizzoli, Milano 1970.
G. Da Frè, La guerra paraguaiana 1864-1870, Chillemi, Roma 2015.
V. Ilari, Storia Militare dell’Argentina 1861-1917, vol. 3, Soldiershop Kindle, 2015.