Senti che storie…

Siamo quel che crediamo

«Il valore di ognuno è in stretto rapporto con il valore delle cose alle quali ha dato importanza. Noi siamo ciò in cui crediamo, gli dei che albergano nella nostra mente».
Marco Aurelio

Le forze della politica

«La politica non è fatta tutta di bugie, ma non si fa senza bugie; non è fatta tutta di compromessi, ma non si fa senza compromessi; non è fatta tutta d’immaginazione, ma non si fa senza immaginazione; non è tutta retorica, ma non si fa senza molta retorica, e chi non è capace di mentire, di imbrogliare, di sottintendere, di far l’istrione, ecc. fa meglio a scegliere un altro mestiere. Un politico deve tener conto delle forze reali della maggioranza degli uomini, che son l’ambizione, la vanità, l’avarizia, la cupidigia, la vendetta, l’imbecillità e quindi deve anche soddisfarle. La politica delle mani nette non è mai durata, e coloro che l’hanno tentata han fatto fallimento…»
Giuseppe Prezzolini, L’italiano inutile, 1983

L’insegnamento della Storia

«… la diffusione e l’organizzazione della “Storia del partito comunista (bolscevico) dell’URSS” [scritta da Stalin, ndr] costituiscono il mezzo decisivo per l’elevamento ideologico e per la conquista di un’attiva unità ideologica del Partito, sulla base della teoria e della pratica rivoluzionaria del marxismo-leninismo. La “Storia” insegna ai nostri militanti le leggi secondo le quali la lotta di classe si sviluppa, fino all’abbattimento del capitalismo e alla costruzione di una società senza classi; documenta la funzione dirigente che il Paese del socialismo vittorioso e del glorioso Partito bolscevico, hanno avuto ed hanno nel movimento operaio e democratico internazionale».
Per lo studio della “Storia del partito Comunista dell’URSS“, «l’Unità», 18 novembre 1948

Ipse dixit

«[I Napoletani sono] un popolo semibarbaro, di un’ignoranza assoluta, di una superstizione sconfinata, ardente e passionale come lo sono gli africani, un popolo che non sa né leggere né scrivere e la cui ultima parola è il pugnale».
Klemens von Metternich, commentando i moti del 1820