RUSSIA 1453-1667: IL REGNO DEI “CESARI” DELLA TERZA ROMA

di Massimo Iacopi -


 

Nel 1721 Pietro il Grande proclama formalmente la nascita dell’Impero russo, ma la pretesa della dinastia regnante alla monarchia universale è molto più antica. Questo orientamento si è affermato in diverse tappe, dalla caduta dell’Impero bizantino alla guerra russo polacca del 1654-1667.

La riunione delle terre russe

Quando cade Costantinopoli (che gli Slavi denominano “Tsargrad”), conquistata dagli Ottomani il 29 maggio 1453, la Russia esce da una lunga guerra dinastica vinta da Vassili II (a volte chiamato Basilio II), il Gran Principe di Mosca. Questa vittoria consente di modificare le regole di successione: egli pone fine alla successione laterale, vale a dire nell’ambito della stessa generazione, fatto che implicava sparizioni territoriali e che aveva trasformato la Rus (Russia) (1) in un vero e proprio mosaico di principati. Al posto della vecchia regola viene stabilita una successione verticale,di padre in figlio, sistema che dà maggiore forza al potere centrale, senza sopprimere completamente le spartizioni.
In parallelo, il clero attribuisce a Basilio II, con sempre maggiore frequenza, i titoli di “autocrate” (somoderjets) e di “sovrano” (gossudar o gospodar). Il territorio che egli controlla resta comunque limitato fra i fiumi Volga e Oka, fiancheggiato da numerosi altri principati sui quali regnano dinastie cugine, tutte derivate dal principe Vladimir I di Kiev (956-1015). Inoltre, le città di Novgorod e di Pskov sono governate da magistrati eletti, che godono sempre di una molto ampia autonomia.
Basilio II non porta il titolo di Zar (2). All’epoca questo termine designa, nelle fonti russe, sia i re biblici David o Salomone, sia il basileus (imperatore) bizantino, sia uno dei Khan ereditari dell’impero mongolo. Esso può essere stato attribuito a un principe russo, ma come epiteto laudativo e in generale postumo.
L’azione di Basilio II si pone anche sul terreno ecclesiastico. Nel 1488 egli organizza il distacco della Chiesa russa dal Patriarcato di Constantinopoli, rendendolo autocefalo di fatto. Questa rottura tuttavia ha provocato la perdita di metà delle sue diocesi, quelle sotto la tutela temporale del re di Polonia e Granduca di Lituania.
La riunione delle terre russe va in effetti attribuita all’opera di Ivan III (1440-1505) e di Vassili-Basilio III (1479-1533). Durante il loro regno le annessioni si concatenano: Novgorod nel 1478, Tver nel 1485, Pskov nel 1510, Smolensk nel 1514 e Riazan nel 1521. Da allora le frontiere religiose e politiche della Moscovia coincidono a un punto tale da poter parlare di una Chiesa per uno Stato. Inoltre, nel 1485, Ivan III effettua un passo supplementare e si attribuisce il titolo di “Sovrano di tutta la Rus” (gossoudar vseia Roussi), affermando i suoi diritti sui territori tenuti a suo tempo dal suo antenato Vladimir I di Kiev, ovvero le province bielorusse e ukraine del Graducato di Lituania, popolate da sudditi ortodossi.
E’ stato attribuito a Ivan III un disegno imperiale e la rivendicazione di porsi nel solco bizantino, specialmente a motivo del suo matrimonio con Zoe (Sofia) Paleologa, nipote dell’ultimo imperatore bizantino (1472) e dell’impiego puntuale sui sigilli moscoviti (1497) dell’aquila bicefala, emblema dei Paleologhi. Il senso di queste iniziative è però diverso. Zoe è stata inviata dal Papato, che spera ancora di fare applicare in Russia l’Unione di Firenze, il riavvicinamento delle chiese cattoliche e ortodosse, che era stato accettato nel 1439 dai Bizantini di fronte alla minaccia turca. La Chiesa russa, però, rifiuta ogni compromesso e Zoe viene ribattezzata Sofia, per assicurarsi della sua ortodossia.
L’aquila bicefala, indubbiamente simbolo di una dimensione imperiale, sembra essere stata piuttosto una concessione degli Asburgo più che dei Paleologi, ed è proprio in occasione dei negoziati con l’imperatore romano germanico, nel 1489, che la cancelleria di Ivan III tenta per la prima volta di farsi riconoscere come Zar (vedasi anche Kaiser, anch’esso derivato da Caesar).
Tuttavia, è proprio nella prima metà del XVI secolo che vengono elaborati testi che tendono a giustificare la traslazione (translatio) dell’Impero o della vera fede (ortodossia), da Roma e Bisanzio a Mosca. Si attribuisce al monaco metropolita di Kiev Spiridione-Savva la Cronaca dei Principi di Vladimir-Suzdal, redatta nel 1510 circa, anche se una prima stesura esisteva già intorno al 1480-1500. Essa afferma che Riurik, conosciuto da tutte le cronache russe come il fondatore della dinastia regnante sulla Rus, aveva per antenato, Prous, un parente dell’imperatore Augusto, che si sarebbe insediato in Prussia. In tal modo, la dinastia moscovita si attribuisce una ascendenza romana, così come, a suo tempo, i monarchi franchi si sono attribuiti paternità mitiche, rivendicando lontane origini troiane da un certo Francion, discendente di Enea.

“Autocrate dei paesi russi

Sempre secondo la predetta cronaca, Vladimiro II Monomaco, gran principe di Kiev dal 1103 al 1125, avrebbe ricevuto dall’imperatore bizantino Constantino IX Monomaco una corona imperiale che avrebbe cinto, diventando in tal modo “Autocrate dei paesi russi”. E’ vero che Vladimir Monomaco era, per parte di madre (Maria Anastasia Monomaco, morta nel 1067), imparentato alla famiglia imperiale bizantina, ma la differenza di periodo storico fra il suo regno e quello di Constantino IX Monomaco rende impossibile l’effettiva trasmissione della corona, che, d’altronde, non risulta attestata da nessun testo o documento. Nonostante queste imperfezioni, la Cronaca dei principi di Vladimir-Suzdal e le sue tesi fanno parte dell’arsenale ideologico della Moscovia agli inizi del XVI secolo e conoscono una rilevante diffusione, perché corrispondevano alle ambizioni del momento. La narrazione offre il vantaggio di mostrare una perfetta continuità fra l’epoca d’oro di Kiev e la Moscovia in formazione, predisponendo, in questo modo, gli spiriti a un eventuale incoronazione imperiale a Mosca. Grazie al precedente di Vladimir Monomaco, non si tratterebbe più di una usurpazione e neanche di una innovazione, ma piuttosto di una restaurazione.
Meno diffuse, all’epoca, eppure destinate a una lunga posterità, sono le idee del monaco Filoteo o Filofej del monastero Eleazar di Pskov, autore di diverse epistole indirizzate a Basilio III, quindi al giovane Ivan IV il Terribile fra il 1510 e il 1550. Questi testi, che sono in primo luogo un appello alla responsabilità del sovrano, garante supremo della perfetta ortodossia del suo regno, stabiliscono una correlazione stretta fra la caduta di Constantinopoli e l’accettazione da parte dei Greci dell’Unione con Roma. Al contrario, l’ascensione di Mosca si spiega con il rifiuto di compromettere la vera fede, la fede dritta o diretta. Di fatto nella lettera del monaco Filoteo o Filofej al gran principe Basilio III, scritta tra il 1515 e il 1521, si afferma: «Ascolta e ricorda, piissimo Zar, che tutti i regni cristiani si sono riuniti nel tuo regno, che due Rome sono cadute, ma che la terza sta eretta e che non ce ne sarà una quarta: il tuo regno cristiano non sarà sostituito da nessun altro». In definitiva, l’ideologia di “Mosca, terza Roma” ha trovato in questa lettera una perfetta e definitiva formulazione come vengono contemporaneamente affermati due significati – legittimità e rinnovamento -, insiti nella translatio. In altre parole, la Russia viene presentata come il nuovo Israele e Mosca come la “città regina” (epiteto tratto da Constantinopoli), ovvero “la città che Dio salva”.
Il 16 gennaio 1547, per celebrare la raggiunta maggiore età del gran principe Ivan IV, figlio di Basilio III, San Macario, metropolita di Mosca, organizza l’incoronazione imperiale del giovane, secondo il rito bizantino. Lo sviluppo della cerimonia comprende un richiamo alla leggenda dell’incoronazione di Vladimir I Monomaco. Per la prima volta uno zar si stabilisce sul trono di Russia e Mosca ottiene il riconoscimento di questo nuovo titolo dal patriarca (3) di Constantinopoli nel 1561.
Secondo Jacques Margeret (1565-1619), un moschettiere mercenario francese al servizio di Boris Federovic Godunov (1151-1605), i Russi «pensano che non ci sia titolo più grande di quello che hanno, facendosi chiamare zar». Bene a conoscenza delle richieste russe e delle reticenze delle potenze straniere ad accettarle, egli aggiunge che, «per concludere la pace fra la Russia e la Svezia, essi hanno discusso per più di due giorni sul titolo di imperatore che Fedor (Ivanovic, figlio di Ivan il Terribile) pretendeva di avere e con gli Svedesi che non volevano riconoscerlo come tale. I Russi dicevano che il titolo di Zar è ancora più grande di imperatore ed alla fine si sono accordati nel nominarlo zar e Granduca della Moscovia, convinte ciascuna delle parti di aver ingannato l’altra». Occorre dire che, nel frattempo, Ivan IV il Terribile aveva fatto in modo di avvalersi anche di un’altra successione imperiale: quella dei Mongoli.

L’eredità di Gengis Khan

Fra il 1552 e il 1556 le truppe di Ivan IV il Terribile conquistano i Khanati (4) tartari (5) di Kazan e di Astrakan, posti sul medio e basso Volga. La loro acquisizione porta i russi ai piedi della catena del Caucaso e sulle rive del Mar Caspio; la nuova conquista apre loro le porte dell’Asia settentrionale. Ormai, il monarca russo è non solo l’imperatore cristiano universale,ma anche il successore di Gengis Khan, del quale può legittimamente reclamare il resto della sua eredità.
Egli non regna più solo su sudditi ortodossi, ma anche su sudditi musulmani e animisti. Kazan e Astrakhan sono state trasformate in città cristiane, vengono fondati monasteri su questi nuovi territori e gli agenti del potere russo portano con loro anche la religione ortodossa.
Tuttavia le conversioni forzate dei Tartari e dei “pagani” autoctoni del Volga e dell’Ural vengono quasi subito interrotte. L’Impero russo nascente adotta piuttosto una politica di tolleranza che aveva già dato buoni frutti ai Mongoli. A condizione che i sudditi dello zar gli restino sottomessi, essi possono conservare le loro fedi e negli antichi khanati una larga frangia della popolazione rimane musulmana. La chiesa ortodossa russa provvede ai bisogni spirituali dei Russi e riceve nel suo ambito l’aristocrazia tartara, che adotta il cristianesimo per meglio integrarsi ala nobiltà russa, secondo l’esempio degli Yussupov, discendenti dei dignitari tartari Yussuf. Verso la metà del XVI secolo l’impero di Ivan il Terribile assume la forma di una monarchia multietnica e plurireligiosa.
La costruzione iniziata con l’incoronazione imperiale del 1547 si completa, nel 1589, con l’erezione di un patriarcato russo, nuovamente con l’accordo del Patriarca di Constantinopoli, Geremia II Tranos. L’autocefalia della Chiesa di Russia viene ufficialmente riconosciuta e il suo capo è pari in dignità ai patriarchi di Constantinopoli, Antiochia, Gerusalemme e Alessandria. L’antica pentarchia (governo dei cinque) della Chiesa Cristiana viene, in tal modo, a essere ristabilita e, soprattutto, a Mosca, si trova restaurato l’ideale bizantino della symphonia (accordo perfetto) fra lo zar e il patriarca i quali, uno nella sfera temporale e l’altro nella sfera spirituale, presiedono al buon governo di tutta la Cristianità.
Questa nuova costruzione viene rapidamente messa alla prova dalla crisi del Periodo dei Torbidi (smutnoe vremja), la cui prima causa è stata l’estinzione della dinastia moscovita dei Riurik o Rirukidi, alla morte di Fedor I Ivanovic nel 1598. Per quindici anni il paese si lacera in lotte intestine fra partiti rivali e vede pullulare i falsi Dimitri zarevic (eredi al trono), subendo, nello stesso tempo, l’intervento dell’esercito polacco e svedese. Di fatto, il 17 febbraio 1598 viene convocato, dal Patriarca di Mosca, lo zemskij sobor, assemblea composta da rappresentanti della Chiesa, dei boiardi, delle alte cariche dello Stato, degli agricoltori, dei commercianti e degli artigiani, che vota in una seduta regolare, l’elezione di Boris Godunov. Alla morte di Godunov nel 1605 segue un periodo di agitazioni durante il quale il primo falso Dimitri riesce per breve tempo a diventare zar e nel 1606 viene quindi eletto zar Basilio IV Sujskij di Moscovia, discendente della dinastia dei Riurik e parente dei Romanov. Ma, dopo quattro anni di regno e numerose turbolenze, Basilio viene sconfitto dai Polacchi nel 1610 nella battaglia di Klusino e tradotto prigioniero in Polonia, dove muore nel 1612.
Nel 1610 il principe Ladislao IV Wasa, figlio del re di Polonia, Sigismondo III Wasa, viene accettato come zar dall’aristocrazia moscovita, ma non riesce ad imporsi. Alla fine, dopo tre anni di interregno e l’occupazione di Mosca da parte dei Polacchi, Michele I o III Romanov viene eletto il 7 febbraio 1613 da una assemblea nazionale e si fa incoronare l’11 luglio seguente.

La legittimità dello Zar

La crisi ha rivelato delle faglie sociali profonde, specialmente fra l’alta nobiltà e piccoli gentiluomini, che lottano per assicurarsi il controllo dei contadini, in via di asservimento. La Russia, in quanto territorio e potenza politica, riesce comunque a sopravvivere ai torbidi e si ricompone rapidamente dopo l’elezione di Michele Romanov. Certamente, essa deve cedere provvisoriamente alcune regioni periferiche agli Svedesi ed ai Polacchi, ma essa rimane un potente Stato centralizzato. Da un punto di vista politico, le scelte successive che sono state operate nel Periodo dei Torbidi, fanno risaltare, per eliminazione, quello che effettivamente legittima uno zar nel periodo di passaggio dal XVI al XVII secolo.
Il primo criterio è la legittimità dinastica: non ci sono uomini nuovi in Russia. Tutta l’avventura del falso Dimitri, preteso figlio di Ivan IV il Terribile, che accede al trono nel 1605-1606 e dei suoi imitatori meno fortunati, si basa proprio sulla loro pretesa di essere l’ultimo figlio di Ivan il Terribile, nato nel 1582 e il cui decesso era stato constatato nel 1591, ma che si sarebbe miracolosamente salvato. Egli è il migliore esempio di un “re nascosto” che effettua un ritorno provvidenziale nel momento in cui il paese è in un periodo di smarrimento. La sua venuta corrisponde ad una attesa non solo negli strati popolari, ma anche nell’ambito dell’aristocrazia. Boris Godunov, per quanto lo riguarda, al potere dal 1598 al 1605, poteva avvalersi del fatto che sua sorella era la vedova dello Zar Fedor I, figlio di Ivan il Terribile. Tutti quelli che hanno esercitato il potere, hanno trovato un legame diretto, fino a Michele Romanov, parente di Anastasia, la prima moglie di Ivan il Terribile.
Il secondo criterio è la religione ortodossa. Proprio su questo aspetto inciampa il falso Dimitri, il cui comportamento suscita rapidamente dubbi. Il suo matrimonio a Mosca con una polacca cattolica, Marina Mniszek, scatena lo scandalo (8 maggio 1606). Di fatto l’evento è seguito qualche giorno più tardi da una sommossa, nel corso della quale Dimitri viene ucciso (17 maggio). Allo stesso modo Ladislao IV Wasa, principe cattolico, viene eletto solo a condizione di convertirsi all’ortodossia, atto che egli non compirà mai. Al contrario, Boris Godunov, Basilio Sujskij e Michele Romanov risultano incontestabilmente ortodossi. L’ortodossia viene riconosciuta, in ogni caso, dall’ambiente dell’aristocrazia e dal popolo, ma la testimonianza del Patriarca e dei dignitari della Chiesa lo conferma: il Patriarca Ermogene galvanizza in questo modo la resistenza dei suoi fedeli, diffondendo lettere, esortanti a respingere uno zar polacco nel 1610-11. Occorre segnalare il fatto che anche i sudditi tartari mussulmani vengono inclusi in questi appelli a «unirsi come una sola persona per difendere la fede ortodossa cristiana… e purificare il regno moscovita dalla gente polacca e lituana».
Il terzo criterio di legittimità è rappresentato dall’incoronazione imperiale nella Cattedrale della Dormizione della Vergine di Mosca. Di fatto, Ladislao IV Wasa non viene a Mosca e non può quindi avvalersene.
Infine, l’approvazione del paese e il ristabilimento della pace sono gli ultimi due segni della legittimità. Riunire un’assemblea del paese, dove sono rappresentati la nobiltà, il clero, i mercanti ed i notabili di Mosca e delle province è una logica di consultazione delle dirigenze relativamente recente (il primo esempio risale al 1566) e che, di norma, serve in primo luogo ad approvare l’introduzione di nuove imposte o la condotta della guerra. Nel 1598 e nel 1613 l’assemblea acquisisce un ruolo inedito: l’elezione dello zar, o più esattamente di una nuova dinastia. Ma occorre ancora provare che l’assemblea abbia fatto la buona scelta: sconfitte, rivolte non represse, cattivi raccolti ed altre manifestazioni funeste contribuiscono a logorare e minare una legittimità incerta. E’ in questo modo che Boris Godunov muore sul trono, ma considerevolmente indebolito dai primi successi del falso Dimitri.
Lo zar, in quanto monarca ideale deve incarnare i due ruoli del sovrano, quello di eroe carismatico del momento, vittorioso e glorioso e quello del re di sempre, restauratore e fondatore. Il falso Dimitri comandante in guerra intrepido e fortunato, incarna perfettamente l’eroe provvidenziale, ma moltiplicando, in seguito, gli attentati ai costumi tradizionali ed agli scrupoli religiosi dei Russi, dimostra la sua inadeguatezza a ricoprire il ruolo del “re di sempre”. Basilio Sujskij, al potere dal 1606 al 1610, assume iniziative, mettendo in evidenza la sua attitudine ad incarnare il re di sempre, restauratore e fondatore: egli fa trasferire a Mosca il corpo del vero Zarevic Dimitri, gettando le basi della sua venerazione, come santo martire ed organizza una grande cerimonia di perdono collettivo con il vecchio patriarca, che era stato deposto dal falso Dimitri. Ma egli non riesce ad incarnare l’eroe vittorioso e glorioso, in quanto le sue truppe saranno senza tregua e sistematicamente tenute in scacco.
Michele Romanov, di appena 16 anni. al momento della sua elevazione al trono, rappresenta il migliore compromesso (o forse il meno peggio) le fra le due vocazioni, ma egli troverà effettivamente il suo seggio solo nel 1619, quando suo padre Filarete, rientrerà dalla prigionia in Polonia, assumendo, al suo fianco, le funzioni di Patriarca della Chiesa russa. In precedenza, capo del clan Romanov, Filarete era stato costretto a diventare monaco da Boris Godunov nel 1600 (con l’ingresso negli ordini cambierà il suo nome di Fedor Nikitic in Filarete). Fino alla morte di quest’ultimo, nel 1633, è con una diarchia che inizia la dinastia dei Romanov.

 

 

 

Note
(1) Rus. Nome dell’etnia scandinava che estende la sua sovranità sull’Ukraina e la Bielorussia attuali, una parte della Russia a partire dal X secolo. Viene chiamato Rus di Kiev il territorio essa esercita il suo potere; Nell’XI-XIV secolo, questo so divide in diversi principati, di cui la Moscovia o Russia di Mosca, che, con il favore della dominazione mongola, estende progressivamente il suo dominio sugli altri principati;
(2) Zar. Termine derivato dal latino Caesar, attraverso il quale i sovrani russi designano, in primo luogo i re della Bibbia e l’imperatore bizantino, quindi i Khan mongoli. Il primo monarca a portare questo titolo è Ivan IV il Terribile, incoronato nel 1547 secondo il rito bizantino: il termine porta in sé stesso la vocazione di Mosca a diventare la “terza Roma”, dopo Roma e Constantinopoli;
(3) Patriarca. In origine designava il titolo portato da un vescovo dotato di una autorità superiore (i cinque Patriarchi dell’antichità che formavano la Pentarchia erano: Roma, Antiochia, Alessandria d’Egitto, Gerusalemme e Constantinopoli). Successivamente il termine è passato a designare il capo supremo di una chiesa autonoma, come il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, proclamato indipendente dal Patriarcato ortodosso di Constantinopoli nel 1589;
(4) Khanato. Territorio sottoposto ad un Khan, titolo concesso ai sovrano degli imperi delle steppe. Il titolo di Gran Khan era riservato all’imperatore dei Mongoli;
(5) Tatari o Tartari. All’origine nome di un popolo nomade di stirpe turca dell’Asia centrale.Il temine viene utilizzato nelle fonti russe per designare i Mongoli. Il “giogo tartaro” (1240-1480) ha profondamente segnato la memoria e l’identità russe.

 

 

Per saperne di più
Berelowitz W., Le grand siècle russe d’Alexandre Ier à Nicolas II, Gallimard, 2005;
de Meaux L., La Russie et la tentation de l’Orient, Fayard, 2010;
Gonneau P., Ivan le Terrible ou le métier de tyran, Tallandier, 2014;
Laruelle M., L’idéologie eurasiste russe ou comment penser l’empire, l’Harmattan, 1999;
Le Donne J., The Grand Strategy of the Russian Empire, 1650-1831,Oxford, Oxford University Press, 2004;
Lieven D., The Russian Empire and its Rival, New Haven, Yale University Press, 2002;
Peyrat E., Storia del Caucaso nel XX secolo, Fayard, 2000;
Rey M.-P., La Russie face à l’Europe: d’Ivan le Terrible à Vladimir Poutine, Flammarion, 2016;
Sarmant T., Pierre le Grand: La Russie et le monde, Perrin, 2020;
Shield Kollmann N., The Russian Empire, 1450-1801, Oxford University Press, 2017.