L’OLIO D’OLIVA, L’ORO DEL MEDITERRANEO

di Max Trimurti -

L’olio d’oliva, che spicca sulle nostre tavole e nelle nostre cucine, è anche un importante elemento della storia europea, il frutto emblematico di una civiltà. Per dirla come lo storico Fernand Braudel, «là dove finisce l’olivo finisce anche il Mediterraneo».

L'olio d'oliva era usato nell'antico Egitto per la preparazione di unguenti e balsami

L’olio d’oliva era usato nell’antico Egitto per la preparazione di unguenti

Probabilmente l’uso dell’olivo per uso domestico fu scoperto nell’isola di Creta circa 3500 anni prima della nostra era. Ne sono prova il ritrovamento di numerose anfore destinate alla conservazione dell’olio. Ma un gran numero di lampade in alabastro, in marmo o in materiale meno nobile come l’argilla, così come presse e silos di stoccaggio, forniscono ampia testimonianza di una vera e propria civiltà dell’olivo. Le olive venivano allora raccolte a mano, i frutti frantumati nel mortaio e la pasta così ottenuta era posta in dei sacchi e spremuta. Questa tecnica per ricavare l’olio sarebbe stata utilizzata in tutta l’area del Mediterraneo fino agli albori della civiltà industriale. Essa risulta ancora praticata nei piccoli mulini individuali e comunali, dal Maghreb all’Anatolia.
I Fenici adottarono l’uso dell’albero dell’olivo più o meno nello stesso periodo ed è senza dubbio a loro che se ne deve l’introduzione in Egitto. In questo paese l’olivicoltura è attestata intorno al 1500 a.C. e l’olio viene utilizzato nelle offerte agli dei e ai faraoni e come ingrediente per la composizione di balsami e di unguenti. La sua introduzione nella farmacopea egiziana ne fa quindi un prodotto terapeutico di primo piano.

Eracle, Athena e l'olivo sacro

Eracle, Athena e l’olivo sacro

Verso il 1600–1500 a.C. l’olivicoltura si diffuse in Grecia, ma senza che l’olio andasse più in là dell’impiego sotto forma di offerte o come componente di unguenti. Il prodotto evocato da Omero era probabilmente un olio di importazione. Secondo le leggende stato il mitico Re Cecropio d’Atene che avrebbe portato la prima pianta d’olivo dall’Egitto, piantandola sull’Acropoli. Ma la tradizione greca riporta anche un’altra leggenda, narrata da Pausania nella sua Periegesis. Due dei dell’Olimpo si disputavano l’egemonia sull’Attica e su Atene, a quel tempo denominata Cecropia. Uno era Poseidone, padrone delle terre e delle acque, l’altra era Atena, figlia di Zeus e dea della Ragione. Le due divinità decisero che quello dei due che avesse fatto la più eccezionale prodezza sarebbe stato il vincitore. Il dio del Mare colpì quindi l’Acropoli con il suo tridente, facendone sgorgare un bacino di acqua salata. Atena da parte sua colpì invece una roccia, facendone nascere il primo olivo, tutto coperto di frutti, ottenendo in tal modo la vittoria finale. Ed è proprio in omaggio a questa prodezza che Eretteo, il Re di Attica, successore di Cecropio, chiamerà la sua capitale Atene ed erigerà un tempio sull’Acropoli, l’Erecteion (distrutto poi dai Persiani) nel quale veniva conservato il famoso olivo, la statua d’Atena, il bacino di acqua salata e la roccia colpita dal tridente di Poseidone.
Nella Genesi, mentre la terra era ricoperta dalle acque del Diluvio, Noé inviò una colomba per capire se le acque si erano abbassate. L’uccello ritornò con un ramoscello d’olivo nel becco, diventato poi segno universale del legame fra Dio e gli uomini. Un simbolo di pace che è stato ripreso per emblema dalle Nazioni Unite.
Ma per tornare alla storia, sembrerebbe che l’olivo si sia definitivamente fissato nella penisola greca al tempo di Solone (640-558 a.C.), che promulgò delle leggi destinate a regolarne la coltura. Poco tempo dopo Eschilo qualificò la località di Samo, nei suoi scritti, come “l’isola degli olivi”, fatto che dimostra implicitamente come anche tutte le altre isole dell’Egeo si dedicassero già a questa coltura.
L’olivo arrivò poi anche nella penisola italiana, grazie alla fondazione di colonie greche e fenicie. Plinio il Vecchio afferma che l’olivo era sconosciuto nel mondo romano al tempo dei Tarquini (tra la fine del VII secolo e l’inizio dell’VIII secolo a.C.). In questo caso furono le virtù terapeutiche dell’olio a rappresentare la carta vincente. Veniva infatti utilizzato nelle palestre per massaggiare gli atleti prima degli esercizi, al fine di evitare stiramenti muscolari, crampi e raffreddamenti repentini. L’olio d’oliva era talmente rinomato che, una volta raschiato sul corpo dell’atleta con l’aiuto di uno strigilo, veniva rivenduto a prezzo d’oro per le sue virtù curative, proprio perché “rinforzato” dal sudore degli atleti più virili, come raccontano Dioscoride e Plinio.
L’olio era utilizzato anche come base dei profumi. L’olio profumato, destinato sia agli uomini sia alle donne, era presente nei banchetti come alle Terme ed era una offerta obbligata agli dei.

Noè, la colomba e il ramoscello di olivo in un mosaico del duomo di Monrealecon il ramoscell

Noè, la colomba e il ramoscello di olivo in un mosaico del duomo di Monreale

I Focesi dello Ionio avrebbero introdotto a loro volta l’olivo in Francia, fondando Massilia (Marsiglia) nel 600 a.C. e da questa città la coltura dell’olivo si diffuse ai territori circostanti, in particolare in Linguadoca (la provincia romana Narbonense).
L’olio presente nei templi, nei bagni pubblici e dentro le abitazioni, divenne anche la principale sorgente di illuminazione, consentendo così di lavorare o di banchettare anche durante la notte.
Ma è a partire dal XVI secolo che l’olivicoltura assume tutta la sua dimensione internazionale e commerciale, quando cioè passa dalla produzione e dall’uso sostanzialmente familiare e locale alla dimensione degli scambi commerciali di maggior respiro. Questi diventano ancora più importanti perché l’olio risulta un componente indispensabile alla fabbricazione del sapone. Il sapone esisteva già nel IX secolo a.C., come miscuglio di olio e di ceneri lavate, ma diventa progressivamente un prodotto lavorato su grande scala, come nel caso del sapone di Marsiglia nel XVIII secolo.

L’olio è altresì un prodotto prezioso per l’attività tessile. I tessuti di lino e di lana, ruvidi, rigidi o irsuti, vengono lisciati e ammorbiditi grazie all’olio. Tutti i grandi paesi produttori di panni – l’Inghilterra e i Paesi Bassi in particolare – importano l’olio per la loro industria tessile.
I residui della pressatura dell’olio risultano necessari ai trasporti, perché servono da ingrassaggio degli assi e delle ruote. Essi vengono anche utilizzati per l’ingrasso del bestiame, specialmente dei suini. Per quanto concerne il nocciolo, questo viene impiegato come combustibile per il riscaldamento o, una volta stritolato, commercializzato nell’industria chimica e metallurgica.
E’ solo dopo la scoperte del Nuovo Mondo che i Portoghesi e gli Spagnoli portano l’albero in America centrale e meridionale, nel Messico, nel Cile, in Argentina, nel Perù e nelle Antille. I missionari francescani lo introducono in California nella metà del XVIII secolo e, successivamente, i coloni lo portano con sé in Africa del Sud, in Australia, nella Nuova Zelanda e nelle isole dell’Oceano Indiano.

Il Gestsemani, o orto degli ulivi, a Gerusalemme

Il Gestsemani, o orto degli ulivi, a Gerusalemme

Vediamo ora l’aspetto sacrale dell’olio. Esso entra nella composizione del Sacro Crisma, che serve per le unzioni rituali. L’Antico Testamento nel Libro dell’Esodo ne fornisce la ricetta: “Procurati 500 sicli di mirra vergine, la metà di questo peso di cinnamomo odorante, ovvero 250 sicli e 250 sicli di giunco odorifero; quindi… un quartuccio (setiere) di olio d’oliva. Con questo tu preparerai il Santo Crisma”. Questo balsamo sacro serve ad ungere l’Arca dell’Alleanza, gli altari, la tavola ed i suoi strumenti, il gran Sacerdote e i suoi assistenti. Gli antichi Ebrei attendono il Messia, che in ebraico significa “l’unto del Signore” (Kristos in greco). Gesù si raccoglie prima della Passione in un giardino ai piedi del Monte degli Olivi e sarà arrestato in questo luogo che Marco e Matteo chiamano Geth Semani, nome aramaico che significa “pressa per l’olio”.
L’unzione con l’olio d’oliva consacrato ricorre in numerose cerimonie della Chiesa Cristiana, cattolica e ortodossa: Battesimo, Cresima, ordinazione dei preti o estrema unzione. Nel Medioevo serviva anche per la consacrazione dei re o degli Imperatori.
Anche per i musulmani l’olivo ha un carattere sacro. Nel Corano sta scritto: “Dio è la luce del cielo e della terra. Egli illumina come una lampada accesa nel vetro ed il sfavillio assomiglia a quello di una stella. La sua luce viene dall’albero benedetto, da questo olivo che non è né dell’Oriente, né dell’Occidente, del quale l’olio si infiamma al minimo avvicinarsi del fuoco e produce dei raggi sempre rinnovati. Attraverso di essa Egli conduce chi a lui piace”.

Secondo stime attuali sembra che nel mondo si coltivino circa 750 milioni di olivi. Tuttavia, nonostante questa disseminazione a livello mondiale, il 95% della superficie coltivata a olivo si trova nell’area del bacino del Mediterraneo e la Spagna ne è il suo più importante esportatore, con circa un quarto del commercio mondiale, seguita dalla Turchia. I più grandi produttori di olio nel mondo risultano gli Spagnoli e gli Italiani, mentre i Greci sono i più forti consumatori, con 20 litri per abitante/anno, seguiti dagli Spagnoli e dagli Italiani con una decina di litri a testa. La Francia, che pure è un paese mediterraneo risulta un basso consumatore di olio per abitante, con appena un litro d’olio a testa, ma questo dato è dovuto al fatto che nel nord della Francia le abitudini sono orientate verso il burro e gli oli di semi.

Antichi attrezzi per la spremitura delle olive

Antico frantoio per la spremitura delle olive

Nella maggior parte dei paesi mediterranei l’olivicoltura resta in mano ai piccoli produttori. Gli oliveti si estendono dal livello del mare sino ai 600 metri di altezza, limiti al di là del quale l’albero non cresce. Questa coltura estesa particolarmente sui pendii o organizzata su terrazze sovrapposte, sostenute da muretti, consente di poterla praticare anche su pendii scoscesi, come in Liguria. Con una dozzina di alberi, che forniscono ciascuno dai 15 ai 50 chili di frutta, si può agevolmente soddisfare una consumazione di tipo familiare, mentre il resto può essere portato al molino. La raccolta si effettua in inverno, ad eccezione delle varietà precoci, sia meccanicamente sia a mano. Di norma oggi il recupero dei frutti avviene attraverso delle reti poste sotto agli alberi, al momento della raccolta.

Nel XIX secolo la coltura dell’olivo contribuì notevolmente allo sviluppo economico della Terra di Bari, nella cui provincia un’interrotta selva di oliveti copriva oltre il 42% del territorio. Nello stesso periodo la produzione di olio conobbe sensibili incrementi e miglioramenti grazie all’introduzione e alla rapida diffusione del torchio meccanico, ad opera del provenzale Pietro Ravanas. L’innovazione del torchio meccanico portò rapidamente al raffinamento degli oli, ormai quasi tutti da tavola, e al miglioramento delle loro qualità organolettiche.
Anticamente si faceva seccare il prodotto per farne evaporare l’acqua. Oggi viene invece passato nella centrifuga subito dopo la pressatura. La pressatura, per aver un olio di qualità, deve essere effettuata 24-48 ore dopo la raccolta delle olive.
Dopo aver eliminato il frutto dalle sue impurità esterne per mezzo di una lavatura a freddo, le olive vengono scaricate in un molino per la frantumazione. La pasta mista di polpa e noccioli che si ottiene viene quindi ripartita su dei panieri in fibra intrecciata (canapa, cocco o nylon) di forma rotonda (friscoli) e sottoposta a pressione. Il liquido che ne deriva viene sottoposto all’azione della centrifuga, che consente di eliminare l’acqua.

Per saperne di più
G. Carlotta Cianferoni, L’olio d’oliva nell’antichità, in http://www.beniculturali.it
AA. VV., L’olio nella storia, in http://www.anapoo.it
C. Falcó, Il grande libro dell’olio d’oliva – Mondadori, Milano, 2014
R. Durante, L’ oro del Salento. Per una storia sociale dell’olio d’oliva in terra d’Otranto dalle origini alla DOP – Besa, 2005
R. Bosi, L’ olio. Storia, tradizione e usi della millenaria cultura dell’olio d’oliva – Nardini, 2003
F. Braudel, Mediterraneo – Bompiani, 2002