L’OMOSESSUALITA’ NELLA LEGISLAZIONE PENALE FRANCESE

di Michele Strazza -

 

Dalla Rivoluzione francese al codice napoleonico: i cosiddetti “comportamenti devianti”, in passato puniti con il rogo, furono oggetto di diversi interventi legislativi, inseriti però nell’ampia categoria dello stupro.

In epoca moderna la repressione dell’omosessualità in Francia, come negli altri Paesi europei, avveniva innanzitutto mediante la punizione del reato di sodomia.
In Francia la legislazione antisodomitica venne abolita dall’Assemblea costituente nel 1791 sulla base nelle necessità di eliminare la «massa di crimini immaginari che affollavano le vecchie raccolte di legge», come dichiararono i relatori del progetto di codice penale.
La massima istituzione della Rivoluzione Francese cancellava, così, la crudele pena della morte sul rogo attribuita a chi si fosse macchiato di atti di pederastia e sodomia.
Certo quella pena era già stata da tempo sostituita, nei fatti, da esilio o internamento in qualche ospedale, ma essa era rimasta nella legislazione penale ed alcune esecuzioni venivano comunque eseguite. Si legge in un resoconto del 1726: «Il 24 marzo 1726 il luogotenente di polizia Herault, assistito dai “signori che occupano il seggio tribunalizio dello Chatelet di Parigi”, rende pubblica una sentenza secondo la quale “Etienne Benjamin Deschauffours è dichiarato debitamente reo convinto dei delitti di sodomia menzionati al processo. Per riparazione, e per altri motivi, il suddetto Deschauffours è condannato a essere bruciato vivo sulla piazza di Gréve, le sue ceneri disperse al vento, i suoi beni requisiti e confiscati dal re”. L’esecuzione ebbe luogo quello stesso giorno».
L’ultima esecuzione pubblica a Parigi per sodomia omosessuale, in assenza di altri reati, avvenne il 6 luglio 1750. I tre condannati Bruneau, Lenoir e Diot furono messi al rogo in Place de Greve.
Tali comportamenti devianti erano ritenuti piuttosto frequenti nella Francia del tempo, connotando, in particolare, le relazioni sessuali tra individui di genere maschile. A tali pratiche, anche prima degli eventi rivoluzionari del 1789, erano spesso dediti pure esponenti delle classi agiate, verso i quali la polizia usava una certa accondiscendenza, limitandosi ad intervenire soltanto nei luoghi pubblici.

Anche gli illuministi, peraltro, non avevano preso una posizione netta nei confronti dell’omosessualità, verso cui ebbero un atteggiamento oscillante tra condiscendenza e biasimo.
E comunque, con la legislazione del 1791 gli omosessuali ripresero una certa libertà, quantomeno nella sfera privata. Tale normativa penale si basava su due raccolte legislative, ambedue approvate dall’Assemblea costituente.
Da un lato, vi era il Codice Penale del 25 settembre-6 ottobre che si occupava degli oltraggi e delle offese punibili con più di due anni di prigione. Dall’altro lato, invece, era già entrato in vigore (legge 19-22 luglio) il codice di polizia municipale e di polizia correzionale sulle violazioni meno gravi.
Le norme del Codice Penale punivano un unico crimine sessuale, quello di stupro. Del resto, proprio il codice di procedura penale del 1791 sostituì il termine «ratto» con quello di «stupro», ad indicare la centralità della lesione della vittima rispetto al pregiudizio del marito o padre «proprietario».
La giurisprudenza e gli stessi giuristi del tempo ritenevano, tuttavia, che tale reato potesse consumarsi soltanto su vittime di sesso femminile.
Del resto, anche le disposizioni di polizia correzionale, occupandosi di violazioni della pubblica decenza, solo indirettamente contemplavano i rapporti omosessuali.
Le stesse sentenze di merito pronunciate dalle corti francesi non fornirono mai una interpretazione univoca, almeno fino alla legislazione penale napoleonica.

catturaFu, infatti, il Codice Penale voluto da Napoleone che, nel 1810, risolse il problema allargando i limiti giuridici della fattispecie dello Stupro, comprendendovi sia le vittime di sesso femminile che quelle di sesso maschile.
Il tutto veniva completato dalla collocazione del reato (art. 331) all’interno del Libro III Dei crimini, dei delitti e delle loro pene, al Titolo II Crimini e delitti contro i privati, sotto il Capo I Crimini e delitti contro le persone- Sez. IV Attentati ai costumi.
L’articolo precedente, il 330, puniva, invece, il semplice oltraggio al pudore, mentre quello successivo (art. 332) prevedeva come aggravante del reato di stupro l’averlo commesso su minore di 15 anni e comminava la pena dei lavori forzati a tempo.
Una ulteriore aggravante era contemplata dall’art. 333 che sottoponeva ai lavori forzati a vita il colpevole di stupro che avesse rivestito la qualifica di istitutore, domestico, pubblico funzionario o ministro di culto, o in caso di partecipazione al crimine di più persone.
L’art. 334 prevedeva, poi, il favoreggiamento della corruzione della gioventù, al di sotto degli anni ventuno, per ambedue i sessi. Disposta anche l’aggravante per genitori, tutori o persone incaricate della vittima.
Per la punizione di tali reati, tuttavia, nel periodo napoleonico si preferì utilizzare gli strumenti di polizia piuttosto che il ricorso alle corti penali, non solo per ragioni di maggiore efficienza ma, soprattutto, per evitare la pubblicità che dibattimenti giurisdizionali avrebbero fornito a turpi vicende.
La polizia, inoltre, coordinata dai prefetti, non agì mai distinguendo i comportamenti consensuali da quelli violenti, utilizzando gli stessi strumenti repressivi nei confronti di qualsiasi relazione omosessuale, prescindendo dalla individuazione di specifici episodi delittuosi.
Anche le garanzie di legge non vennero quasi mai rispettate, protraendo arresti e detenzione addirittura per anni senza la celebrazione di un processo.

 

Per saperne di più
Courouve C., L’Affaire Lenoir-Diot, Paris, Courouve, 1980.
Fioravanti M., “L’età rivoluzionaria e napoleonica”, in Dani A., Di Simone M.R., Diurni G., Fioravanti M., Semeraro M., Profilo di storia del diritto penale dal Medioevo alla Restaurazione, Torino, Giappichelli, 2012.
Foucault M., Storia della follia nell’età classica, Milano, Rizzoli, 1963.
Foucault M., La volontà di sapere. Storia della sessualità, Milano, Feltrinelli, 1993.
Lascoumes P.-Lenoel P., Au nom de l’ordre, une histoire politique du Code penal, Paris, Hachette, 1983.
Rey M., “Nascita di una minoranza”, in Duby G. (a cura di), L’amore e la sessualità, Bari, Edizioni Dedalo, 1994.
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Vigarello G., Storia della violenza sessuale, Venezia, Marsilio, 2001.
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