LEUTTRA, SCONFITTA FATALE PER SPARTA

di Max Trimurti -

 

Nella piana di Leuttra, in Beozia, un esercito di Sparta viene pesantemente sconfitto dalle truppe guidate da Tebe. Punizione divina o errore tattico? Di certo, un capovolgimento degli equilibri geopolitici.

Nel 404 a.C., grazie alla vittoria su Atene al termine della guerra del Peloponneso, Sparta raggiunge il culmine della sua potenza. Tuttavia, una trentina di anni più tardi, nell’estate del 371, il suo esercito subisce, una sconfitta dagli effetti irrimediabili nella piana di Leuttra, in Beozia. Se gli storici vedono ormai l’avvenimento come il risultato di un progressivo indebolimento di Sparta, esso nondimeno colpisce per i suoi esiziali effetti, in quanto il territorio controllato dalla città-stato viene invaso e largamente amputato. La battaglia di Leuttra provocherà anche una considerevole modifica negli equilibri fra le città greche.

Una volontà divina ostile a Sparta?

Gli autori antichi hanno tentato di spiegare l’inattesa sconfitta di Sparta al culmine della sua potenza. Le truppe di re Cleombroto I, della dinastia degli Agiadi, dovevano contare fra i 10 e gli 11 mila uomini, di cui solo 700 Spartiati propriamente detti. Di fronte a loro i Tebani e i loro alleati della Beozia, guidati da Epaminonda e da Pelopida, con un effettivo di 6-7 mila uomini.
Per Senofonte, il solo storico contemporaneo, la sconfitta è da attribuire a qualche daimonion, cioè a una potenza soprannaturale ostile a Sparta. Plutarco riporta la stessa giustificazione e sottolinea che, a seguito di uno stupro perpetrato anticamente dai lacedemoni a Leuttra, su questo luogo pesava una maledizione: essa sarebbe stata riattivata durante la battaglia attraverso il sacrificio di una puledra, ordinato dal tebano Pelopidas.
Senofonte spiega che lo scontro inizia male per le truppe di Sparta. I soldati avrebbero «bevuto troppo a mezzogiorno ed il vino li aveva abbastanza eccitati». Tutto questo potrebbe spiegare perché Cleombroto lancia la carica contro i Tebani «prima ancora che le sue truppe si fossero rese conto che egli aveva assunto il comando».
I primi ad impegnarsi in battaglia sono i cavalieri, schierati sulla fronte invece che sulle ali. Tale scelta rompeva con la tradizione militare greca. Ma l’effetto sorpresa non ottiene gli effetti sperati: questo perché la cavalleria spartana veniva tradizionalmente poco utilizzata e, conseguentemente, risultava di mediocre qualità. I cavalieri Tebani prendono facilmente il sopravvento, con il risultato che la cavalleria di Sparta è costretta a ritirarsi, provocando il disordine fra i ranghi della loro fanteria oplita. Con le truppe in fase di riordinamento, Cleombroto non è in condizioni di applicare il seguito del suo disegno tattico: diversi comandanti di Sparta erano stati vittoriosi a Mantinea nel 418, quindi sul fiume Nemea nel 394, avvolgendo il fianco sinistro del nemico, movimento che gli Spartani non potranno effettuare a Leuttra.

Il serpente muore dalla testa

La tattica tebana, anch’essa innovativa, si dimostrerà più efficace. Approfittando della confusione nelle truppe lacedemoni, il comando tebano da un lato rifiuta il combattimento sula sua ala destra e dall’altro ricorre a una tattica che da allora verrà chiamata “falange obliqua”. Diodoro Siculo e Plutarco non descrivono però la manovra allo stesso modo. Per il primo, si tratterebbe di un dispositivo particolare, adottato da una parte delle truppe e avente una forma determinata e specifica. Per il secondo, si tratterebbe di un dispositivo adottato dalle truppe in movimento. I due autori si trovano comunque d’accordo su un punto: i Tebani hanno concentrato i loro sforzi sull’ala destra degli spartani, la più forte, quella composta dai temibili opliti spartiati. Va in effetti sottolineato che, secondo uno schema tradizionale di ispirazione pitagorica, il migliori soldati venivano schierati sulla destra del dispositivo (cosa che faranno, a differenza dei tebani, gli Spartani).
Un autore del II secolo a.C., Polieno (Polyaenus Macedo), scrittore, retore e teorico militare nato in Macedonia, spiega così la scelta operata dai tebani. «Per incitare i Tebani ad attaccare proprio il contingente lacedemone, Epaminonda prese un grosso serpente e mostrandolo loro gli stritola la testa davanti a tutti dichiarando: “Vedete come il resto del corpo rimane inerte quando viene annientata la testa. Così sarà della testa dei nemici. Se schiacceremo allo stesso modo l’elemento laconico (quello che guida l’esercito nemico), il resto del corpo degli alleati rimarrà inoperante”. I Tebani, convinti da questa dimostrazione, si slanciarono contro la falange laconica, la distrussero e la massa degli Alleati si dette alla fuga».
Attaccare la frazione più solida dell’esercito nemico presupponeva, da parte di Epaminonda, una grande fiducia nei suoi mezzi e ciò implicava anche di legare la sorte del combattimento a quello del comandante che guidava l’offensiva. I Tebani lo capiranno bene in occasione della battaglia di Mantinea, nel 362, quando la morte di Epaminonda, in un’operazione similare, li renderà incapaci di trarre vantaggio dal successo iniziale.
La tattica dei Tebani a Leuttra è significativa anche per un altro punto: lo schieramento delle truppe in profondità a scapito dell’ampiezza della linea di fronte. I 4 mila opliti tebani vengono probabilmente schierati in profondità su 50 righe, mentre, in effetti, l’articolazione tradizionale della falange, di norma, ne prevedeva solo otto in profondità. Questa articolazione presentava il doppio vantaggio di rendere il dispositivo più facilmente manovrabile sul campo di battaglia e gli conferiva una forza d’urto accresciuta in quanto concentrata in un determinato e ristretto punto della fronte. La coscienza di questi vantaggi poteva inoltre apportare agli stessi soldati una grande fiducia in sé stessi.
Nel racconto della battaglia di Mantinea del 362, Senofonte chiama questo dispositivo a “sperone” (embolon). Plutarco precisa che a Leuttra la punta del dispositivo era costituita dal Battaglione Sacro, corpo scelto dell’esercito tebano dell’antica Grecia, forte di 300 soldati guidati da Pelopida. Gli effetti di rottura ottenuti dovettero risultare devastanti e lo furono in maggior misura a motivo della relativa confusione che regnava nei ranghi lacedemoni, che si trovavano in corso di modifica del dispositivo della loro ala destra.
In definitiva, i Tebani hanno vinto perché l’esito della battaglia si è sviluppato secondo i loro piani: il faccia a faccia fra i due eserciti si è trasformato in uno scontro fra la parte migliore di ciascuno di loro. Questo fatto ha consentito di temperare la loro inferiorità numerica: il contingente tebano era composto di 4 mila uomini, contro i 700 di quello di Sparta. Il bilancio sarà pesante proprio per gli Spartani che perderanno 400 uomini, fra cui il re Cleombroto, mentre alcuni dei loro alleati se cavarono persino senza perdite.
La distruzione dell’avversario, quindi, non fu completa ma, in valore relativo, le perdite spartiati risultarono considerevoli. In effetti, a quell’epoca, Sparta poteva contare su un contingente di 1000-1200 cittadini soldati e le perdite subite hanno rappresentato un terzo degli effettivi e del corpo civico, un colpo molto elevato per una città il cui numero di cittadini risultava in decrescita da più di un secolo. I Tebani erigeranno un trofeo con le armi dei Lacedemoni vinti; quindi costruiranno un monumento di pietra per inscrivere nella memoria il risultato della battaglia.
La sconfitta di Leuttra non può essere compresa e considerata a sé stante: di fatto, essa costituisce il compimento di una evoluzione globale della potenza di Sparta.

Une fragile egemonia

Sparta, la cui superiorità militare era ampiamente riconosciuta, dopo aver costituito verso l’anno 525 il sistema di alleanze della “Lega del Peloponneso”, aveva naturalmente guidato i Greci contro i Persiani in occasione della seconda guerra contro i Medi (480-479 a.C.). Anche durante la sconfitta delle Termopili (480 a.C.), dove Leonida e i suoi Trecento si erano distinti, Sparta aveva palesato le sue qualità guerriere. Tuttavia, la vittoria di Platea contro i Persiani (479 a.C.), sotto il comando degli Spartani, non è sfociata in una affermazione completa della città: nel corso del V secolo a.C., Sparta si è dedicata a migliorare la sua potenza militare terrestre, mentre Atene organizzava la Lega di Delos, con caratteristiche fondamentalmente navali.
La rivalità, che nel corso della guerra del Peloponneso (431-404 a.C.) vede lo scontro fra le due città, trova uno sbocco perché Sparta ha saputo ricorrere al sostegno finanziario del satrapo Ciro il giovane, il figlio del re persiano Dario II, e determinare la decisione nel campo navale. A quel punto, il quasi totale annientamento della flotta ateniese ad Aigos Potamoi, sull’Ellesponto, nel 405, seguito dalla dissoluzione della Lega di Delos, assicurerà a Sparta una vera e propria egemonia nel mondo greco. «Tutte le città – scrive Senofonte – obbedivano allora a quello che un Lacedemone aveva loro ordinato». Ma tale situazione non rispecchiava i mezzi intrinseci a disposizione della città.
La realtà degli equilibri emerge quando Sparta inizia a condurre spedizioni in Asia minore per liberare i Greci sottomessi all’Impero persiano (dal 400 al 394 a.C., sconfitta di Cnido). Tuttavia i Persiani rimarranno in posizione di forza, grazie ai loro mezzi finanziari: nel 395 Artaserse II Mnemone fomenta, per mezzo della corruzione, una rivolta di quattro città contro l’egemonia spartana: Atene, Tebe, Argos e Corinto. Sparta riuscirà a vincere questa guerra (395-386 a.C.) solo grazie a un rovesciamento di alleanze: Artaserse, preoccupato dai successi degli Ateniesi, decide di cambiare di campo e fornisce il sostegno agli Spartiati che riusciranno così a imporre (386 a.C.) la cosiddetta “Pace dei Re”. Ancora una volta, i Lacedemoni dovevano il loro successo ai Persiani, ai quali nella stessa logica di alleanze, abbandoneranno le città greche dell’Asia minore e Cipro.
La potenza degli Spartiati si rafforza anche nello spazio limitato della Grecia balcanica, dove diventano i garanti della pace. Agesilao II, re dal 371 al 370, vi si dedica con attenzione: egli impone la dissoluzione della Confederazione della Beozia, alleanza dominata da Tebe, città detestata e nella quale riconosceva la più pericolosa rivale della loro città. Tuttavia, a partire dagli inizi del 370, il re spartano successore di Agesilao, Cleomene II, non potrà evitare il rinforzo tebano. In tale contesto, il rinnovo della Pace dei Re nel 375 non impedirà a Tebe di riprendere il controllo di Tanagra e di Tespi, dove in precedenza Sparta aveva insediato guarnigioni. Le mura di queste città verranno distrutte e i loro abitanti costretti a sottomettersi. Sparta riuscirà, comunque a impedire ai Tebani di impadronirsi della Focide, inviandovi truppe condotte da Cleombroto, lo stesso contingente che in seguito si scontrerà a Leuttra.
I Persiani, che interferiscono sempre negli affari greci, cercano nel 371 a.C. di riconfermare la pace favorevole a Sparta con dei nuovi giuramenti. In effetti, alcune clausole del trattato avrebbero costretto i Tebani a rinunciare alle loro recente influenza sulle città della Beozia; Epaminonda, a quel punto, sarebbe riuscito a convincere gli altri ambasciatori tebani presenti a Sparta che poteva valere la pena di correre i rischi derivanti da un rifiuto della Pace dei Re. Nelle sue argomentazioni può aver giocato un ruolo decisivo l’indebolimento demografico di Sparta. La battaglia e le sue conseguenze mostreranno che i suoi calcoli non erano sbagliati. A tale riguardo vale la pena approfondire questo particolare aspetto del calo demografico di Sparta che evidenzia la cruda realtà di un progressivo indebolimento della potenza spartana. Da un serbatoio umano iniziale di ben 10 mila cittadini soldati, i Laconici vedono il loro contingente ridotto esattamente alla metà già nell’anno 479. Tale diminuzione continua inesorabilmente negli anni che seguono, per raggiungere, nel 418, la cifra di 1.400 cittadini soldati, che nel 371, quello della Battaglia di Leuttra, scenderà a circa 1.200. Dopo Leuttra, nel 241, si ridurrà a soli 700 cittadini soldati.

L’invasione della Laconia

Dopo Leuttra, i Tebani cercano di rinforzare la loro potenza militare. Essi speravano di contare sul sostegno di Atene, tradizionale rivale di Sparta, ma gli Ateniesi non furono soddisfatti dall’esito della battaglia di Leuttra. Essi, in effetti, avevano contribuito alla pace del 371 a.C. e temevano che la vittoria tebana potesse modificare gli equilibri esistenti. Soprattutto essi volevano approfittare degli eventi per presentarsi come i nuovi garanti della pace.
Per Sparta, l’effetto più immediato è stato la perdita dei suoi alleati. Alla pace proposta da Atene gli ambasciatori Lacedemoni si impegneranno solo a titolo della città e non più in nome delle città-stato del Peloponneso, precedentemente sotto il loro dominio. Elei, Mantinei e Arcadi, in particolar modo, riprendono le loro ambizioni. Numerosi peloponnesiaci ostili a Sparta cominciano a prendere in considerazione il momento favorevole per attaccare Sparta. Tebe dal canto suo cerca l’appoggio dei suoi alleati per portare un nuovo colpo alla rivale. Nell’inverno del 370/369 la Laconia viene invasa e devastata. Gli Spartani riescono a difendere la città con successo, ma numerosi agglomerati urbani subiscono danneggiamenti.
Gli invasori passano successivamente in Messenia, al di là del Taigeto. Epaminonda, nell 369 a.C. fonda la città di Messene Questa indipendenza della Messenia indebolisce irrimediabilmente Sparta, privata, a quel punto di una parte considerevole delle sue terre e dei suoi schiavi, gli Iloti, popolazioni autoctone della Laconia e della Messenia ridotte in schiavitù dal IX-VIII secolo a.C. Infine, nel 367, una nuova Pace dei Re sancisce il trasferimento dell’egemonia da Sparta a Tebe.
A posteriori ci si potrebbe domandare se i Tebani non abbiano in un certo modo salvato Sparta indebolendola e privandola della Messenia. In tal modo, hanno permesso al sistema di conservare i propri equilibri poiché alla scomparsa di numerosi Spartiati ha corrisposto la perdita di controllo esercitato sulle popolazioni della Messenia, che in quelle condizioni sarebbero state certamente difficili da dominare.

Per saperne di più
W.G. Forrest, A History of Sparta 950-192 B.C., New York; London, W.W. Norton, 1968.
Cartledge, Paul, Agesilaos and the Crisis of Sparta. Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1987.
Paul K. Davis, Leuctra, in 100 Decisive Battles, Oxford University Press US, 2001,