LE SPEDIZIONI SCIENTIFICHE NELL’EPOCA DEI LUMI

di Max Trimurti -

 

 

Il secolo dei Lumi è il trionfo di una curiosità senza limiti che si esprime attraverso regole universali e per mezzo sistemi di classificazione dettagliati di piante e animali. Le spedizioni scientifiche vengono a trovarsi al centro di nuove sfide scientifiche, morali e filosofiche.

Il 20 aprile 1758, il capitano di fregata José Solano y Bote y Carrasco (1726-1806) indirizza una lettera al Ministro di Stato spagnolo, di origine irlandese, Ricardo Wall (1694-1777), dalla lontana località di Raudales, sulle rive dell’Orinoco. L’evocazione di sentimenti personali risultava inappropriata negli scambi epistolari ufficiali, ma il capitano si arrischia, tuttavia, a rendere partecipe l’alto funzionario di ciò che pensava sul compito che gli era stato affidato. Secondo il suo scritto, «gli inconvenienti inevitabili in questi deserti impongono una grande resistenza, oltre che un immenso merito per superarli e non riuscire più a sentirli, in modo che la debolezza non arrivi a falsare il giudizio. La sete di gloria è necessaria, poiché la speranza di trovare l’Eldorado è minima e l’apprensione per i pericoli che la natura riserva risulta considerevole. Occorre infine essere assolutamente al di fuori di sé, per essere interamente presente a quello che si ha nelle mani e fare qualcosa». La figura dell’esploratore, che, così come la descrive Solano, doveva dimostrare forza fisica, resistenza psicologica, una preparazione adeguata e desiderio di operare in condizioni estreme, esprime chiaramente una certa ambivalenza nel pensiero dei Lumi. Questi avventurieri esperti, che si presentano volentieri come araldi del progresso universale, incarnano fondamentalmente la volontà di espansione dell’Occidente trionfante del XVIII secolo; ma essi sono ugualmente, per una buona parte di loro, portatori di ideali nei quali si mescolano la compassione e l’apertura ad altre culture. E’ forse proprio questa tensione ideale che impedisce di fare delle generalizzazioni. L’esploratore del XVIII secolo presenta molteplici aspetti, a prescindere dalla nazione d’origine: ricco o povero, curioso o avido, nobile o borghese, religioso o ufficiale di marina, medico o matematico, accademico o trafficante, esso impiega tutte le conoscenze del secolo alle imprese dell’esplorazione.

Obiettivi delle spedizioni

Dalla fine del XVII secolo lo sviluppo della fisica newtoniana – che ha avuto un impatto decisivo su molte discipline come l’astronomia, la cartografia o la geografia – favorisce l’organizzazione di missioni speciali conseguenti dai risultati di precedenti spedizioni scientifiche. Il loro obbiettivo consisteva nella raccolta di informazioni e di dati da studiare per dare vita a nuove teorie o interpretazioni. Nel migliore dei casi, le spedizioni potevano permettere persino di determinare leggi di comportamento universale. Se il mondo era un libro che l’azione umana doveva decifrare, queste spedizioni rappresentano la prima tappa di una mentalità dei Lumi, un visione interventista che pretendeva di “rimediare attraverso l’arte i difetti della natura”.
Nella misura in cui tali imprese esigono trasferimento in luoghi lontani di uomini e di strumenti, quindi la loro protezione e il loro rifornimento, le spedizioni scientifiche vengono modellate secondo gli schemi della logistica militare. Esse integrano la grande tradizione delle esplorazioni e delle scoperte, ma costituiscono una esperienza specifica, adattata alla realtà d’oltremare e agli obiettivi specifici tipici del campo dell’astronomia, della botanica, dell’idrografia o della mineralogia. Sotto questo aspetto esse rispondono alle esigenze di informazioni degli imperi europei, ma vanno incontro anche a un dinamismo planetario ancora poco conosciuto.
Gli aspetti che derivano dall’interazione con gli ambienti locali, siano essi asiatico, americano, africano o australiano, sono stati spesso ignorati: il discorso dominante era rappresentato da una logica evoluzionistica che si riassume nel progresso dell’umanità dalla barbarie verso la civiltà. A questo si affianca la celebrazione dell’eroismo costituito dalla vita e dalle opere degli scienziati, repliche laiche dei vecchi santi e martiri della Chiesa. In questo senso, la presenza di membri delle spedizioni scientifiche nelle città, nelle campagne, nelle montagne, nelle foreste, nelle missioni o nei villaggi di frontiera rivela in primo luogo l’esistenza di un nuovo tipo di potere, centralizzato, tendente al guadagno e anticipatore del capitalismo. I risultati delle loro attività sono conseguentemente diversi a seconda dell’ambiente nel quale gli scienziati hanno operato. Essi hanno portato a termine la geometrizzazione della terra, rendendo, in tal modo il territorio sicuro e prevedibile come mai lo era stato in precedenza; navigabile grazie alle carte, misurabile e governabile grazie a statistiche e censimenti affidabili e sicuri, suscettibile di essere studiato ed essere riprodotto in serre o giardini, o di essere descritto in riviste scientifiche animate dall’idea del progresso.
Le scuole di matematica, di navigazione e di cartografia, i giardini botanici, i laboratori scientifici e i progetti cartografici processano e utilizzano le informazioni delle spedizioni scientifiche al loro ritorno. Tutte queste spedizioni presentano, nel loro insieme, un’ottimistica fiducia nella capacità umana di classificare le specie, le lingue e i popoli, di realizzare un inventario esaustivo delle risorse sia materiali che umane o di disegnare un’immagine coerente dell’immensità del globo terrestre.
A causa della combinazione eterogenea di interessi e di aspetti particolari che esse riuniscono, le spedizioni scientifiche risultano di difficile classificazione cronologica o tematica. Al loro inizio, a partire dal 1730, dedicano i loro sforzi alla realizzazione di un inventario generalizzato. Esse costituiscono l’espressione emergente di una scienza metropolitana europea esploratrice, sistematica, centralizzata, individualista e monarchica. Le loro funzioni erano strettamente legate all’espansione commerciale marittima e alla ricerca di materie prime, all’apertura di nuovi mercati, all’organizzazione di territori e al consolidamento delle frontiere.
Nei decenni seguenti queste spedizioni evolvono dal generale verso lo specifico e il particolare. Se le grandi avventure oceaniche del Pacifico riprendono la vecchia mistica del navigatore che affronta la desolazione e la morte, esse si concentrano tuttavia su obiettivi e discipline molto varie.
Alcune di esse si consacreranno allo studio delle piante, altre alle rovine o ai minerali. A partire dal 1800 le spedizioni avranno tendenza a trasformarsi in teste di ponte di imprese politiche o in futili proiezioni burocratiche.

Una preparazione minuziosa

La messa in opera di un’importante spedizione veniva organizzata nei suoi aspetti generali come nei suoi minimi dettagli. Preliminarmente veniva redatta la lista esaustiva delle conoscenze disponibili sul territorio oggetto dell’impresa e ne venivano conseguentemente definitivi gli obiettivi. La consultazione di piloti e di uomini di scienza, di accademici e di società scientifiche, come anche lo studio di libri, di resoconti e di rapporti diplomatici, facevano parte delle attività preparatorie. In seguito si procedeva alla selezione dei membri della spedizione, nazionali e stranieri: astronomi, cosmografi, geografi, ingegneri, naturalisti, medici, chirurghi, botanici, preti e disegnatori entravano a far parte dell’impresa. Venivano inoltre acquistati libri e strumenti, mentre le autorità redigevano istruzioni precise sugli itinerari da seguire, i metodi da mettere in pratica, gli obiettivi, dichiarati e segreti, e anche i dettagli relativi all’organizzazione della vita quotidiana, specialmente per quanto riguarda gli abiti, gli orari, i salari e l’alimentazione.
I membri della spedizione provenivano generalmente da istituzioni gerarchizzate e disciplinate (marina o esercito), ma vi si contavano anche numerosi civili e religiosi. Per l’equipaggio, l’obiettivo degli organizzatori era quello di trovare “persone robuste, competenti e leali”, che venivano ricompensate con promozioni, buoni salari e favori. I mezzi messi a loro disposizione erano considerevoli, a testimonianza dell’importanza delle sfide e delle poste scientifiche e politiche in gioco. Questo spiega anche perché sono state costruite numerose navi per questi fini: imbarcazioni solide e facilmente manovrabili, dotate delle ultime innovazioni tecnologiche, con laboratori, erbari e biblioteche a bordo. Una particolare attenzione era destinata all’acquisizione di strumenti scientifici come bussole, cronometri, pendoli, binocoli a astronomici e quadranti. I notevoli costi organizzativi necessitavano una partecipazione rilevante delle monarchie e delle repubbliche, anche se compagnie di commercio, società scientifiche e privati contribuivano spesso alle spese. Ma non ci saranno solo costi: al di là degli effetti moltiplicatori derivanti dallo sviluppo di innovazioni cartografiche, botaniche o mineralogiche, le spedizioni generavano anche entrate, per effetto delle vendita di mercanzie, la commercializzazione di prodotti d’oltremare e la pubblicazione di carte terrestri e marittime.

Leggere il cielo

Il mappamondo di Delisle, XVIII secolo.

Il mappamondo di Delisle, XVIII secolo.

Le prime spedizioni organizzate per determinare la forma della terra sono state quelle di Pierre Louis Moreau de Maupertuis (1698-1759) e di Charles Marie de La Condamine (1701-1774). Entrambi sono state condotte nel corso del 1735, rispettivamente in Lapponia (per la misura del meridiano terrestre) ed a Quito, in Ecuador. Una nuova spedizione astronomica viene organizzata intorno al 1769, quando si presenterà l’occasione di studiare il passaggio di Venere in California, un’operazione necessaria per determinare la distanza Terra-Sole e l’ampiezza del sistema solare. Questa spedizione, come quella di Quito, è stata il frutto di una collaborazione franco-spagnola e ne hanno fatto parte l’abate Jean Baptiste Chappe d’Auteroche (1728 circa-1769), l‘ingegnere Jean Pauly, il disegnatore Jean Noel, l’orologiaio Jean Jacques Dubois, i luogotenenti di vascello Vicente de Doz (1734-1781) e Salvador Medina, come anche il creolo messicano Joaquin Velazquez de Leon (1732-1786). Mentre vengono programmate osservazioni simultanee in Europa e nel mondo, vengono preparati, pendoli, quarti di cerchio, macchine parallattiche di Pierre Bernard Megnié (1751-1807) e visori astronomici.
I membri della spedizione, riuniti a Cadice, iniziano la traversata verso Veracruz, che viene raggiunta il 6 marzo del 1769. Due settimane più tardi arrivano nella capitale messicana e il 30 di aprile iniziano la tappa finale del viaggio verso la “penisola californiana”. Dopo aver traversato le regioni del Queretaro e di Guadalajara, raggiungono il porto di San Blas ed il 3 giugno dello stesso anno, Chappe, Doz, Medina e Velazquez potranno finalmente osservare il fenomeno di Venere per calcolare la distanza fra il Sole e la Terra. Appena due giorni più tardi un’epidemia di tifo provoca la morte di Chappe e Medina, oltre a quella di numerosi soldati e ausiliari indigeni. Nonostante questo grave inconveniente, l’osservazione è stata una delle più riuscite fra quelle mai realizzate e ha consentito di correggere la posizione astronomica del Vicereame della Nuova Spagna.
Pochi anni dopo, la Repubblica francese, in piena rivoluzione, intraprende il calcolo della lunghezza dell’arco di meridiano Dunquerque-Barcellona, operazione preliminare per la determinazione del metro come unità di misura base universale. Nel 1799, la commissione corrispondente accetta la proposta di una Conferenza internazionale di scienziati. Questa stabilisce che la nuova misura dovrà avere il valore di 443,296 linee di Toise “dell’Accademia”, considerando un appiattimento polare della terra pari a ad 1/334. Il metro verrà a quel punto definito come un decimilionesimo della metà dell’arco del meridiano terrestre.
Il sistema metrico decimale vede la luce in tale contesto e, secondo i suoi promotori, esso nasce proprio come modello universale derivato dalla natura, fatto che costituisce un’affermazione assolutamente rivoluzionaria.

Linneo e i suoi discepoli

La curiosità per le piante fa della botanica la scienza regina del XVIII secolo, cos’ come la confezione di erbari dove le escursioni di raccolta costituivano generalmente una parte fondamentale dell’educazione di ogni persona per bene. Carlo Nilsson Linneus (1707-1778) gioca un ruolo fondamentale. Lo scienziato svedese inventa la tassonomia moderna degli animali e vegetali, basata sulla determinazione del genere e della specie. Linneo ha dedicato la sua vita alla promozione di questo metodo di classificazione binomiale, a partire da una organizzazione accademica che si basava sull’invio di discepoli competenti nei quattro angoli del mondo. La diffusione di questo nuovo ordine vegetale era legato agli interessi dei mercanti della Svezia, ma dissimulava progetti imperiali. In occasione di un viaggio nella regione settentrionale della Lapponia nel 1732, che beneficiava del patronato dell’Accademia reale delle scienze di Uppsala, Linneo ricerca piante, animali e minerali e osserva alcuni autoctoni, i Samis, allevatori nomadi di renne che vivono nella tundra. Egli pubblica la sua Flora Lapponica nel 1737. Viaggi di questo tipo verranno poi estesi alla Norvegia, alla Finlandia, alla Germania, all’Inghilterra e nei Paesi Bassi. Sarà proprio in quest’ultimo Paese che si verificherà un incontro cruciale. Il botanico Herman Boerhaave gli suggerisce di orientarsi verso l’Africa del Sud e l’America, con il risultato della scoperta di un nuovo e vasto mondo vegetale. Linneo declina personalmente l’offerta perché non “abituato al caldo”, ma concepisce, tuttavia, una strategia globale che cercherà di mettere in pratica quanto prima: i suoi discepoli viaggeranno in suo nome e si assumeranno tutti i rischi. La loro mortalità sarà notevole, mentre Linneo non uscirà più dalla Svezia a partire dal 1738 e diventerà eroe di sé stesso e riferimento per tutti.
Si ignora il numero esatto dei discepoli di Linneo, che molti indicano intorno alla ventina. Fra di essi: Christopher Tarnstrom (1703-1746), che parte per esplorare la flora della Cina e morirà di febbri nel 1746 in Vietnam; Frederic Hasselquist (1722-1752) percorrerà la Palestina e la Terra Santa, morendo a soli 30 anni; Pehr Lofling (1729-1756) si affiancherà alla spedizione dei limiti spagnoli dell’Orinoco, e dopo aver preparato la Flora Cumanensis (la prima classificazione linneiana del Nuovo mondo) morirà anch’egli di febbri nel 1756; Pehr Osbeck (1723-1805) andrà anch’egli in Cina per studiare la flora della regione di Canton e sarà in grado di ritornare per esporre le sue scoperte, ma senza riportare la pianta del tè che gli aveva richiesto Linneo; Pehr Forsskal (1732-1763) farà parte, nel 1761, di una spedizione danese comandante da Carsten Niebuhr (1733-1815) verso i luoghi biblici, l’Egitto, l’Arabia Felix e il mar Rosso, ma morirà di malaria due anni più tardi; Pehr Kalm (1716-1779), finlandese, percorrerà la costa orientale dell’America del Nord fra il 1747 e il 1751, descrivendo le cascate del Niagara e pubblicherà con successo i resoconti dei suoi viaggi. Numerosi altri discepoli di Linneo partiranno per il Suriname, per le isole Spitzberg, per la Guinea, per la Tunisia, la Libia, la Russia, il Giappone, l’Africa del Sud, il Pacifico, l’Australia e la Nuova Zelanda. Nel caso della spedizione nel Pacifico, un discepolo, molto amato da Linneo, Daniel Carlsson Solander (1733-1782), rientrerà con 30 mila piante dal viaggio di circumnavigazione del capitano James Cook, effettuato fra il 1768 e il 1771. Solander cercherà di emanciparsi dal maestro e rifiuterà di sottostare alla sua autorità non rientrando più in Svezia.

Eldorado vegetale

Mentre i discepoli di Linneo scorazzano per il mondo, l’idea che la botanica fosse una scienza utile si diffonde ovunque. A tal fine la monarchia spagnola organizza tre grandi spedizioni nei territori americani. La prima si interessa ai territori del Vicereame del Perù e della Capitania generale del Cile, il cui studio approfondito prefigurava, come principale obiettivo, una possibile commercializzazione. I preparativi hanno inizio nel 1777. Vi faranno parte i botanici Hipolito Ruiz Lopez (1754-1816) e José Antonio Pavon y Jimenez (1754-1840/4), il medico francese Joseph Dombey (1742-1794), i pittori José Brunete e Isidro Galvez. Essi arriveranno a Callao, in Perù, nell’aprile del 1778. Ben accolti a Lima, specialmente dal prete e botanico Francisco Gonzales Laguna (1729-1799), il matematico Francisco Cosme Bueno (1711-1798) e il medico Hipolito Unanue (1755-1833), i membri della spedizione iniziano l’esplorazione della flora nei pressi della capitale peruviana e nelle vicine province del litorale. Nel 1780 essi si recano ad Huanuco, dove scoprono diverse specie di quinquina, ma la rivolta del cacicco indiano Tupac Amaru II (José Gabriel Condorcanqui 1738-1781) contro le autorità spagnole li obbliga a trasferirsi nel Cile. Dopo un viaggio nella Cordigliera per osservare il celebre pino del Cile – l’Araucaria – essi si dedicano alla esplorazione della flora di Santiago e di Valparaiso, per poi rientrare a Lima. Dombey che doveva consegnare un esemplare della sua raccolta di erbe agli Spagnoli, prepara il suo rientro, che avrà luogo nel 1784. Ruiz, Pavòn e i suoi collaboratori proseguiranno le loro esplorazioni nel Perù, ma non avranno molta fortuna: la nave San Pedro de Alcantara, che trasporta i risultati delle ricerche, farà naufragio al largo del Portogallo mentre l’incendio di una fattoria distruggerà gran parte dei risultati delle loro ultime ricerche.
L’anno seguente, il farmacista Juan José Tafalla Navascues (1755-1811), si associa al disegnatore Francisco Pulgar per innovare le esplorazioni. Insieme danno inizio a nuove collezioni e partecipano alla creazione e alla sistemazione del giardino botanico di Lima. Essi studiano ugualmente nel dettaglio la vegetazione di Guyaquil nell’Ecuador e le piante di quinquina di Lojas e di Jaen.
La spedizione botanica effettuata nel Vicereame di Nuova Granada fra il 1783 ed il 1816 sarà molto diversa e darà origine alla creazione di un Istituto di Scienze e Arti incentrato sulla persona carismatica dello scienziato, naturalista José Celestino Mutis (1732-1808): de facto una iniziativa locale, sostenuta dalla metropoli iberica. Le squadre dell’Istituto, ripartite fra Mariquita e Santa Fè de Bogotà, multidisciplinari e composte da numerosi creoli, rivendicano una forte autonomia. Mutis, dopo aver studiato medicina a Siviglia, si imbarca nel 1761, come medico personale del Viceré Pedro Messia Corea de la Cerda, marchese di Vega de Armijo (1700-1783). Egli si dedica alla medicina e all’estrazione dei minerali fino al 1783, anno in cui viene nominato botanico e astronomo della spedizione di cui era già il direttore. In un primo tempo, fino al 1791, questi uomini lavoreranno con l’ausilio di naturalisti e disegnatori di Nuova Granada e di Quito. Una volta insediati a Santa Fè de Bogotà, essi verranno raggiunti dal disegnatore e anatomista di piante Francisco Javier Matis (1774-1851), dai botanici Francisco Antonio Zea (1766-1822) e Sinforoso Mutis Consuegra (1773-1822), dallo zoologo Jorge Tadeo Lozano (1771-1816) e dal geografo e astronomo Francisco José de Caldas (1768-1816).
Grazie a un attivo gruppo di corresponsabili, viene notevolmente allargata la zona coperta dai lavori scientifici. L’apporto botanico della spedizione, limitato al livello tassonomico, sarà comunque magistrale sotto il punto di vista iconografico. La spedizione andrà però incontro a una fine movimentata, in quanto molti dei suoi membri aderiranno alle lotte di indipendenza. Ciò nondimeno, il suo impatto a lungo termine sarà determinante per la storia scientifica e la formazione del territorio dell’attuale Colombia.

Un giardino botanico creolo

La terza spedizione botanica si svolge nel Vicereame della Nuova Spagna fra il 1787 ed il 1803, organizzata grazie agli sforzi del medico aragonese Martin de Sessé y Lacasta (1751-1808). Le istruzioni reali prefigurano lo studio delle produzioni naturali del vice regno, al fine di promuovere il progresso delle scienze fisiche e della medicina e di “perfezionare” gli scritti di Francisco Hernandez de Toledo (1514-1587), lo pseudo medico inviato nel 1571 dal re Filippo II d’Asburgo Spagna (1527-1598) per studiare la storia naturale messicana. Il gruppo di scienziati affiancato a Sessé, comprendeva il botanico Vicente Cervantes (1755-1829) e Juan Diego del Castillo (morto nel 1793), il farmacista Jaime Senseve (1750-1805), il naturalista José Longinos Martinez (1756-1802), il medico e botanico messicano José Mariano Mociño y Losano (1757-1820), i disegnatori dell’Accademia reale di San Carlos de Mexico, Vicente de La Cerda (1768 circa-?) e Atanasio Echevarria y Godoy (1771-1803). La fondazione di una cattedra di botanica nel 1788 e la creazione contemporanea di un giardino botanico sottolineano l’influenza di questa spedizione sullo sviluppo delle scienze creole messicane, sotto lo sguardo lontano della metropoli.
La spedizione conduce tre grandi campagne di esplorazione botanica. La prima esplora nel 1788 i dintorni di Mexico e di Cuernavaca. Un’altra percorre il cammino che collega Mexico ad Acapulco nel 1789 e la terza, che dura fino al 1791, esplora il Queretaro e, fra le altre, le l’aree di Guanajuato, Colima ed Uruapan. Ci saranno, peraltro, spedizioni speciali, quale quella di Mociño nella baia di Nootka (in Alaska) e al vulcano di Tuxla, o quelle di José Longinos. Quest’ultimo partecipa nel 1792 a una escursione in California e fonderà un museo di storia naturale in Guatemala. Dopo la fine della spedizione, nel 1803, Sessé, Mociño ed il disegnatore Echevarria rientrano in Spagna. I manoscritti che riportano i principali risultati degli studi botanici verranno pubblicati solo qualche decennio più tardi.
Parallelamente, numerosi botanici spagnoli, fra gli altri Europei, percorrono il mondo. Baltasar Manuel Boldo (1766-1799) e il cubano Antonio Parra y Callado (1739 circa-1800 circa) lavoreranno a Cuba. Lo spagnolo padre Francisco Noronha o Noroña (1748-1788) si recherà nelle Filippine e in diverse colonie olandesi e francesi. Egli lavora, specialmente, per la Società economica degli amici del territorio di Manila e per la Compagnia olandesi delle Indie Orientali. Il farmacista Juan de Cuellar y Villanueba (1739-1801) studia in Spagna, in Francia e in Gran Bretagna e successivamente si reca nell’isola di Ceylon e nel continente indiano, prima di essere inviato nelle Filippine nel 1786 in qualità di medico botanico per perfezionare la produzione della cannella. Egli si reca, in seguito, nell’isola di Giava e sarà il primo botanico autorizzato a esplorare le regioni interne dell’isola. Egli redige durante il viaggio una storia naturale giavanese, nella quale enumera le possibilità delle colture alimentari. Vi include anche la descrizione della fauna e dei minerali. Successivamente egli studia nell’Ile de France (Isola Mauritius), nel 1787, il Giardino botanico di pompelmi, un luogo di acclimatazione di numerose specie esotiche. Dopo un breve soggiorno nel Madagascar, Cuellar muore nell’isola di Mauritius, probabilmente di malaria.