LE SFIDE DEL CONGRESSO DI VIENNA

di Max Trimurti -

Inghilterra, Austria, Prussia e Russia hanno in mente una sola idea: ridisegnare l’Europa a loro vantaggio. In questo modo vengono seppelliti i sogni di unità, indipendenza e libertà suscitati dalla Francia napoleonica sul vecchio continente.

L'edificio dove si svolse la conferenza, oggi sede della Cancelleria federale

L’edificio dove si svolse la conferenza, oggi sede della Cancelleria federale

Il crollo dell’impero napoleonico rende necessario, dopo l’abdicazione senza condizioni di Napoleone Bonaparte, il 6 aprile 1814, un rimaneggiamento della carta dell’Europa. Occorre instaurare un nuovo equilibrio che assicuri una pace duratura sul Continente. E’ sulla base di questa logica che nell’ottobre 1814 vengono convocate a Vienna tutte le potenze europee, ad eccezione della Turchia.
Obiettivo: attribuire i territori abbandonati dalla Francia, cioè la riva sinistra del Reno, il Belgio e la parte italiana annessa all’Impero. Il Congresso deve anche decidere la sorte dei paesi sottomessi ma non annessi da Napoleone. In realtà, il Congresso non si riunisce mai in seduta plenaria. Tutti i problemi vengono risolti dalle quattro potenze vittoriose: Austria, Inghilterra, Russia e Prussia. La Francia – invitata a Vienna e il cui destino è stato regolato dal Trattato di Parigi – riuscirà comunque, grazie a Talleyrand, ad introdursi in questo circolo esclusivo.
Ognuno cerca di curare i propri interessi, senza preoccuparsi veramente dell’avvenire del continente. L’Inghilterra vuole contenere a tutti i costi una Francia che sospetta di essere rimasta rivoluzionaria, e cerca così di sbarragli la via del Belgio. L’Austria teme la concorrenza della Prussia in Germania e le ambizioni della Russia nei Balcani. Prussiani e Russi vogliono impadronirsi della Sassonia, il cui monarca è rimasto per lungo tempo fedele a Napoleone, ma più ancora del Granducato di Varsavia, riedizione napoleonica del vecchio Regno di Polonia.

Maurice de Talleyrand

Maurice de Talleyrand

La forza della Francia sta proprio nel fatto che non ha nulla da rivendicare. Davanti al padrone di casa Klemens von Metternich, di fronte a Nesselrode, che rappresenta la Russia, a Wellington e Castelreagh, difensori degli interessi inglesi, a Hardemberg e a Humboldt, rappresentanti della Prussia, Charles Maurice de Talleyrand, divenuto Ministro degli Esteri di re Luigi XVIII dopo esserlo stato anche sotto Napoleone, si pone come arbitro dei conflitti latenti, facendo persino dimenticare che la Francia è un paese vinto. “Occorreva – scrive il plenipotenziario francese nelle sue Memorieche la Francia facesse comprendere di non volere nulla di più di quanto aveva, che si trovava abbastanza forte nei suoi antichi confini e che non aveva intenzione di estendere i suoi domini e che essa riponeva la sua gloria nella moderazione”.
Talleyrand diventa così il difensore dei piccoli stati minacciati di essere assorbiti nei previsti rimaneggiamenti dei vincitori. Egli propugna il principio della legittimità: ristabilire ovunque gli Stati e i sovrani pre-1789, come peraltro si era fatto in Francia, dove i Borboni erano stati reinsediati sul trono. Questo implicava la restaurazione della case regnanti in Italia e specialmente a Napoli, dove Murat era ancora sul trono, essendo passato dalla parte di vincitori.
Ma il Congresso, incaricato di assicurare la pace, viene rapidamente attraversato da correnti bellicose. L’alleanza formata a suo tempo contro Napoleone è ormai solo un ricordo. La Sassonia costituisce la principale materia del contendere. Berlino, appoggiato da San Pietroburgo ne vuole lo smembramento, a proprio vantaggio, naturalmente. L’Austria si oppone, temendo un incremento della potenza prussiana in Germania.

Il principe di Metternich

Il principe di Metternich

Nello stesso tempo la Russia si augura di mettere le mani sul Granducato di Varsavia, ma l’Inghilterra non intende lasciare installare lo zar nel cuore dell’Europa centrale, primo passo verso una dominazione del continente. Allo scopo di creare una situazione di fatto, i Prussiani invadono la Sassonia nel dicembre 1814. Immediatamente, a Vienna, Metternich, Castelreagh e Talleyrand firmano un trattato di alleanza (3 gennaio 1815). Un rumore di stivali scuote il Congresso, che smette di danzare. I preparativi di guerra accelerano allorché nella notte tra il 6 e il 7 marzo arriva a Vienna una notizia che cambia le carte in tavola: Napoleone ha lasciato l’isola d’Elba, il regno da operetta che gli era stato attribuito dal Trattato di Fontainebleau.
Metternich, informato del fatto, si reca immediatamente dal suo sovrano che gli dice: “Napoleone sembra avere voglia di correre dei grandi rischi, ma è affare suo. Il nostro è quello di dare al mondo la tranquillità che ha turbato per troppi anni. Andate immediatamente a trovare l’Imperatore di Russia ed il Re di Prussia; dite loro che sono pronto a dare l’ordine al mio esercito di prendere ancora una volta la strada della Francia”. Questo incontro avviene alle ore 8. Alle 8 e 15 Metternich ottiene l’accordo dello zar e alle 8 e 30 quello del re di Prussia. Alle 10 vengono convocati i rappresentanti di Austria, Inghilterra, Russia, Prussia e Francia, nonostante la sfiducia che ispira ormai Talleyrand, stimato suscettibile di un nuovo tradimento a favore di Napoleone. Ma il “diavolo zoppo” non crede al successo del ritorno dell’Imperatore. E’ proprio lui che ispira la dichiarazione del 13 marzo, affermando che “Bonaparte ha rotto il solo titolo legale al quale era legata la sua esistenza”. Egli si è ormai posto “fuori dalle relazioni sociali e civili” ed è diventato “il perturbatore della pace del mondo”, esponendosi in tal modo alla “pubblica vendetta”.

L’inatteso ritorno napoleonico serve a ricucire l’unione delle potenze europee. Si transige sulla Sassonia e si affrettano le decisioni, poiché la guerra riprende ma stavolta contro Napoleone. L’atto finale del Congresso di Vienna viene firmato il 9 giugno 1815, nove giorni prima di Waterloo.
Le grandi potenze si ritagliano la parte del leone. In primo luogo l’Inghilterra, che recupera l’Hannover, culla della dinastia, e che mantiene Malta e le isole dello Ionio. Su suo suggerimento, il regno belga-olandese viene affidato al principe d’Orange, protetto di Londra. Anversa, “questa arma puntata al cuore dell’Inghilterra”, cessa di essere francese. La Prussia riceve la Pomerania, svedese, fra cui Stralsund, Posen, un terzo della Sassonia e soprattutto la riva sinistra del Reno con Coblenza, Treviri e Magonza, venendo a contatto con la Francia e ottenendo un aumento complessivo di 2 milioni di abitanti. La Polonia passa per due terzi sotto il controllo della Russia, che mantiene la Finlandia, staccata alla Svezia, e la Bessarabia, vecchio dominio turco. L’Austria recupera le province illiriche, il Tirolo, la Galizia e il Regno Lombardo- Veneto, con Milano capitale e con un aumento complessivo di 4 milioni di sudditi.

L'Italia dopo il Congresso di Vienna

L’Italia dopo il Congresso di Vienna

In Italia si ritorna alla situazione del 1789. Pio VII, liberato da Napoleone, recupera lo Stato Pontificio, i Borboni ritrovano il Regno delle Due Sicilie e i Savoia rientrano nei loro domini. Anche il tradimento viene ricompensato. La Svezia che, grazie a Bernadotte, principe ereditario (sebbene vecchio maresciallo napoleonico), ha saputo prendere le distanze dall’imperatore, guadagna la Norvegia a danno della Danimarca, punita per una troppo lunga fedeltà a Napoleone. Tuttavia il sovrano danese ottiene a titolo personale i ducati di Schleswig-Holstein, che saranno successivamente oggetto di contenzioso fra Danimarca e Germania. I sovrani di Baviera, del Wurtemberg e del Baden, che hanno saputo cambiare campo al momento opportuno, si ingrandiscono in maniera significativa. Infine. la neutralità della Svizzera viene garantita. Ulteriori modifiche decise in tutta fretta a causa del ritorno di Napoleone in Francia, non riusciranno a garantire quel futuro di pace che era negli scopi del Congresso.
In Italia le aspirazioni all’unità ed all’indipendenza risvegliate prima dalla Rivoluzione Francese e poi da Murat nel suo Proclama di Rimini del 30 marzo 1815 (“Italiani unitevi e che un governo di vostra scelta, una costituzione degna di questo secolo e di voi, proteggano la vostra libertà e le vostre proprietà”) non vengono ascoltate. L’Austria, installata a Milano, domina la penisola fino a Roma. Il Granducato di Toscano e il Ducato di Modena vengono attribuiti a degli arciduchi austriaci, mentre Parma viene assegnata a Maria Luisa d’Austria. Il risultato è una indubbia regressione rispetto alla situazione sotto il dominio napoleonico, uno smembramento e uno spezzettamento che allontana ogni sogno di libertà e di unificazione. La stessa cosa avviene in Germania, nonostante la creazione di una Confederazione Germanica di 38 Stati, diretti da una dieta federale insediata a Francoforte. La confederazione, presieduta dall’Austria, riesce a costituire un’associazione di sovrani ma non un unione di popoli.

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L’Europa dopo il Congresso di Vienna

La Polonia resta divisa. Al Granducato di Varsavia, il Congresso di Vienna sostituisce un regno costituzionale autonomo affidato al fratello dello zar, il Granduca Costantino, ma questo regno risulta amputato della sua parte prussiana, affidata a Berlino, e di Cracovia, sotto dominio austriaco. La creazione del regno belga-olandese costituisce un’ulteriore fonte di problemi: risulta difficile alla maggioranza della popolazione cattolica accettare l’annessione ai protestanti olandesi. La Rivoluzione Francese aveva invocato il diritto dei popoli a disporre del proprio destino ma nessuna delle sue idee viene ripresa dal Congresso di Vienna. Dalla Spagna all’Italia vengono reinsediati regimi tirannici e oscurantisti.
I Tedeschi si ricordano che sono stati chiamati alle armi contro Napoleone nel 1813 in nome del pangermanesimo e con la speranza di ottenere una Costituzione. Le promesse di libertà non vengono mantenute. Un sordo scontento si sviluppa nell’ambito della borghesia: al diritto divino reintrodotto e restaurato dal Congresso di Vienna vengono opposte le libertà di pensiero e d’impresa. Questo liberalismo si mescola, in Germania come in Italia, al nazionalismo. La Francia, dopo aver dominato l’Europa, si ritrova più piccola del 1789: non sopporta questa situazione e fa ricadere sui Borboni il peso della sua umiliazione.
Nel 1815 Metternich, dominatore del Congresso, è convinto di aver costruito definitivamente l’Europa, con la Santa Alleanza a garanzia del nuovo ordine. Ma non ha tenuto in debito conto la crescita del nazionalismo e ha sottovalutato la forza della corrente liberale. Nel 1830 dovrà subire le grida di “Viva la libertà” e “Viva la Nazione”. E nel 1848 sarà scalzato dal potere da questo vento nuovo che anima le società europee.

Per saperne di più
M. Jarrett, The Congress of Vienna and its Legacy: War and Great Power Diplomacy after Napoleon – London, I. B. Tauris & Company, Ltd., 2013
G. Ferrero, Ricostruzione: Talleyrand a Vienna, 1814-1815 – Corbaccio, Milano, 1999
H. von Trietschke, Il Congresso di Vienna: 1814-1815 – Einaudi, Torino, 1943
N. Cortese, Il Congresso di Vienna: 1814-15 – Libreria Scientifica, Napoli, 1962