ARTIGLIERIA HUSSITA: RIVOLUZIONE NELL’ARTE DELLA GUERRA

di Max Trimurti -

 

Gli Hussiti, la setta dei riformatori cristiani di Boemia, hanno sconfitto formidabili eserciti inviati contro di loro dall’imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Merito anche di un innovativo impiego della nuova arma, l’artiglieria, che utilizzeranno con spregiudicatezza, sia a livello individuale sia a mezzo di carrette, dando così vita anche alla prima artiglieria “semovente” della storia.

L’impiego dei “cannoni maneschi o da braccio” [1] o “schioppi” da parte degli Hussiti, una setta religiosa degli inizi del 1400 costituisce una innovazione tattica di rilievo nell’arte militare, che ha contribuito a cambiare il volto della guerra in Europa. Gli Hussiti, oggi quasi dimenticati, erano una setta di riformatori religiosi del XV secolo, precursori della Riforma Protestante, che avrà luogo un secolo più tardi. Resti delle loro idee esistono ancora in diversi gruppi cristiani, fra i quali la Chiesa Morava o Unità dei Fratelli, che conta 850 mila membri. Ma se la storia si ricorda ancora oggi degli Hussiti, ciò è dovuto più ai loro “cannoni a mano” che per il loro zelo religioso. Grazie a queste armi portatili a polvere gli Hussiti hanno combattuto e vinto potenti eserciti inviati contro di loro dal Sacro Impero Romano Germanico, dalla Chiesa Cattolica e dal Regno di Boemia. Era la prima volta che un tale tipo di armi venivano utilizzate in Europa e questa innovazione tecnica e d’impiego ha contribuito a cambiare il volto della guerra, dimostrando che unità di fanteria, correttamente armate e gestite, potevano avere ragione delle unità di cavalleria pesante (cavalieri in armatura).

La diffusione della polvere da sparo

Viene ormai generalmente accettata l’ipotesi che la polvere da cannone sia esistita in Cina a partire almeno dall’VIII secolo, sebbene alcuni ricercatori abbiano formulato l’ipotesi che la stessa sia stata sviluppata simultaneamente in luoghi diversi e distanti. La conoscenza della sua composizione e della sua utilizzazione si è diffusa dall’Estremo Oriente verso ovest fino al Medio Oriente mussulmano. Un commentatore arabo ha affermato che essa era stata utilizzata in cannoni primitivi contro gli invasori mongoli nel 1260, cannoni che erano probabilmente dei tubi di bambù rinforzati di ferro e utilizzati per lanciare una freccia (altri commentatori arabi contestano questa ipotesi, affermando, invece, che sono stati proprio i Mongoli che hanno introdotto la polvere da sparo in India). Dal Medio Oriente, la polvere da sparo si è diffusa lungo il percorso della strada della seta, fino in Europa, dove è stata introdotta dagli invasori Mongoli. A prescindere dalla rotta seguita, essa è comunque arrivata in Europa nel XIII secolo, quando Ruggero Bacone, alchimista e filosofo inglese, ci ha descritto i suoi ingredienti. “Noi possiamo, con del salnitro ed altre sostanze comporre artificialmente un fuoco che può essere lanciato su lunghe distanze” – scrive Bacone nel suo Opus Major nel 1248. “Utilizzando solamente una piccola quantità di questa materia,si può creare molta luce, accompagnata da un orribile fracasso. E’ possibile mediante il suo uso distruggere una città o un esercito”. Nel 1250 un manoscritto norvegese riferisce anche che la polvere da sparo, composta da carbone e zolfo, è una eccellente arma per le battaglie navali. Il primo vero cannone apparirà circa 100 anni più tardi ed è generalmente attribuito a Berthold Schwartz (1318-1384), che molti ritengono anche essere l’inventore o, comunque, lo scopritore della polvere da sparo in maniera indipendente. Una rudimentale artiglieria d’assedio verrà utilizzata a partire dal 1326 e, nella metà del XV secolo, le armi a polvere da sparo si trasformeranno in cannoni massicci capaci di lanciare pietre da 340 kg circa.
Il primo utilizzo di una bocca da fuoco per fini militari nel mondo occidentale è probabilmente quello dei cannoni moreschi impiegati nella difesa di Siviglia nel 1248 e di Niebla nel 1262. In entrambi i casi gli abitanti arabi delle città hanno tirato sugli assedianti Spagnoli con una specie di “schioppo” primitivo. Il primo cannone in metallo è stato probabilmente il vaso di ferro offerto a Edoardo III d’Inghilterra in occasione della sua incoronazione nel 1327. Si trattava essenzialmente di un vaso di ferro dal collo allungato e stretto, che veniva caricato di polvere da sparo e che tirava un verrettone o una palletta di ferro. Tali tipi di cannone sono stati probabilmente utilizzati in occasione dell’assedio del castello di Stirling nel 1337, durante la seconda guerra d’indipendenza della Scozia. Dalle fonti si evincono sporadiche menzioni di armi a polvere da sparo per tutto il XIV secolo. Nel 1338 un gruppo di incursori francesi saccheggiò e bruciò Southampton, in Inghilterra, impiegando, oltre al normale armamento dell’epoca, un Ribaudequin o Ribadocchino [2], che, di fatto, era una serie di bocche da fuoco divergenti di piccolo calibro, disposte su un grande arco, con possibilità di lanciare sino a un massimo di 48 verrette con poco più di un chilogrammo di polvere da sparo. Nel 1346 vengono impiegati alcuni schioppi in occasione della battaglia di Crecy e nel 1350 il Petrarca scrive che i cannoni sul campo di battaglia erano “così comuni e familiari come gli altri tipi di armi”.

Le prime armi da braccio (manesche o da mano) in Europa

Gli europei hanno contribuito allo sviluppo della tecnologia della polvere da sparo, introducendo il “corning” [3], un procedimento che consisteva nell’aggiungere del liquido al miscuglio della polvere da sparo permettendo la formazione di granuli più grandi e di dimensioni regolari, che, a loro volta, decantavano la polvere e contribuivano alla affidabilità e alla consistenza della polvere da sparo. Altri sviluppi nella fabbricazione della polvere da sparo, in particolare la produzione del salnitro, porteranno a un notevole abbassamento dei prezzi della polvere agli inizi del 1400; una evoluzione che ha permesso la fabbricazione e l’impiego di un numero crescente di armi da fuoco. Nel 1411 Giovanni il Buono di Borgogna, possedeva circa 4 mila armi portatili individuali, conservate nelle sue armerie. I riferimenti alle armi portatili con manico o impugnatura esisteva già da qualche tempo in Oriente, ma esse sono state segnalate per la prima volta da fonti europee intorno al 1350. E’ tuttavia possibile che tale tipo di armi sia stato disponibile prima di tale data. Le prime armi portatili (da mano) venivano chiamate “colubrine”, un termine derivato dal latino colubrinus (che significa “della natura di un serpente”). Esse erano utili, ma poco popolari. Queste armi e gli uomini che le utilizzavano risultavano disprezzati in una società ancora dominata dalla cavalleria e controllata da cavalieri in armatura addestrati al combattimento corpo a corpo. Questo atteggiamento permane fino al XVI secolo, quando le autorità ecclesiastiche si scagliano contro l’utilizzazione delle armi a polvere, qualificandole come blasfeme e associandole alle sedicenti arti nere della stregoneria e del culto del Diavolo. Ma, già verso la metà del XIV secolo, anche gli eserciti del Papa si servivano di armi da fuoco. I cannoni “maneschi” (a mano) dell’epoca erano tuttavia limitati nel loro impiego, a causo dell’ingombro e per la difficoltà di caricamento, che non poteva essere effettuato a cavallo.

Concezione dei primi cannoni “maneschi”

I primi cannoni a mano o schioppi erano semplicemente versioni più piccole dei cannoni. Si trattava di tubi da un colpo, a canna liscia e a caricamento dalla volata (bocca), lunghi da 20 a 30 centimetri e chiusi alla culatta, a eccezione di un piccolo foro (focone) nella stessa. Una miccia a lenta combustione veniva applicata nel foro, in modo di mettere a fuoco la polvere da sparo contenuta nel tubo. La miccia a lenta combustione che era, anch’essa, un’altra innovazione europea, altro non era che un pezzo di tessuto intriso di nitrato di potassio e quindi essiccato, fatto che permetteva di bruciare e consumarsi senza spegnersi. I cannoni maneschi erano generalmente in bronzo o ottone, anche se certuni erano realizzati in ferro. Essi erano appoggiati su un pezzo di legno arrotondato che veniva tenuto sotto le braccia del tiratore, oppure appoggiati contro il suolo per ottenere una migliore stabilizzazione dell’arma. Queste impugnature proteggevano anche il tiratore dal calore della scarica e consentivano di controllare il rinculo dell’arma. Un documento tedesco del 1390 indica che i tubi di queste armi venivano riempiti di polvere per circa tre/quinti della loro lunghezza, poi con uno zeppa di legno e infine con una palletta di ferro o di pietra. Altre armi risultavano meno sofisticate e lanciavano frecce o sassi raccolti a terra. L’impiego di queste armi obbligava il tiratore a usare una mano per tenere il rudimentale schioppo, usando l’altra per poter applicare la miccia a lenta combustione. In determinati casi, tuttavia, il tiratore manteneva lo schioppo con le due mani, mentre la miccia a lenta combustione veniva applicata al focone da un assistente. Verso il 1425 viene sviluppato un metodo per applicare allo schioppo la miccia a lenta combustione con un meccanismo a forma di S, che abbassava la miccia per mezzo di una leva. Questo consentiva al tiratore di concentrare tutta la sua attenzione sul bersaglio, piuttosto che sull’attizzatoio che si abbassava da solo sul punto di contatto. I primi cannoni maneschi avevano la capacità di perforare alcune corazze, anche se la precisione era molto spesso un “optional”, ma risultavano poco costosi e potevano essere prodotti “in serie”. Lo scoppio e il rumore prodotto dall’accensione della polvere da sparo avevano un forte effetto psicologico sul nemico. Il loro potere di penetrazione e la loro rapidità di funzionamento erano più o meno equivalenti a quelli della balestra, all’epoca molto popolare, ma contrariamente ai balestrieri inglesi, gli artiglieri potevano essere addestrati rapidamente e facilmente. Lo schioppo presentava un altro vantaggio: i metodi di forgiatura necessari alla loro fabbricazione consentivano ai governi centrali di esercitare un certo controllo sulla loro produzione e sulla fabbricazione delle munizioni – una considerazione importante in un’epoca in cui le ribellioni violente rappresentavano moneta corrente.

Le guerre hussite: modernizzare l’impiego della polvere da sparo

In effetti, è solo agli inizi del XV secolo e nel corso delle guerre hussite che verranno sviluppate sul campo di battaglia tattiche moderne per permettere alle armi da fuoco di portare un contributo decisivo. Le guerre hussite sono state una serie di scontri che si sono verificati in Boemia, a partire dal 1419 per l’azione dei seguaci di Jan Hus, un prete, filosofo e riformatore ceco accusato di professare “opinioni eretiche” e che, condannato dalla Chiesa cattolica romana, verrà bruciato sul rogo il 6 luglio 1415. All’inizio si trattava di un semplice conflitto interno alla Chiesa, scatenatosi quando i seguaci di Hus si ribellarono dopo la sua morte per reclamare una riforma della Chiesa. Le guerre hussite si sono poi trasformate in una ribellione più ampia, che coinvolgerà parti importanti della Slesia, dell’Ungheria, della Lusazia, del Meissen e della Sassonia. Lo stesso Papa finirà per indire diverse crociate contro i ribelli e, nel 1430, Giovanna d’Arco entra nel conflitto, inviando una lettera agli Hussiti nella quale la Pulzella minacciava di prendere la guida di un esercito contro di loro, se non fossero rientrati nella “fede cattolica e nella vera luce”. “Se io non fossi già occupata dalle guerre contro gli Inglesi – aggiunge – io sarei già venuta a vedervi da molto tempo; ma se io scoprirò che voi non vi siete riformati, io potrei abbandonare la lotta contro gli Inglesi e partire in guerra contro di voi, di modo che per mezzo della spada, se non si potrà fare altrimenti, io eliminerò le vostre superstizioni, folli ed oscene e sopprimerò la vostra eresia o la vostra vita”. La cattura di Giovanna d’Arco da parte degli Inglesi e dei Borgognoni, due mesi più tardi, impedirà di rendere effettive le sue minacce.

La tattica del “carro da guerra” hussita

Carro da guerra hussita

Carro da guerra hussita

Inizialmente gli Hussiti conducevano una guerra difensiva, ma a partire dal 1419-20 iniziano a condurre azioni offensive e a prendere l’iniziativa. È proprio nel corso di questo secondo periodo che essi svilupperanno quella che verrà poi chiamata la “tattica del carro da guerra”, dal nome della colonna di carri nella quale le forze hussite viaggiavano e combattevano.
I carri in questione erano dei semplici carri rettangolari di fattoria, dotati di un solido pavimento di assi a un’altezza di 90-120 centimetri da terra. Ai fianchi venivano applicate tavole supplementari. Queste potevano essere fissate in modo da formare una protezione, attraverso la quale gli artiglieri e i balestrieri potevano tirare. Sotto il cassone si trovava un’altra tavola articolata, attraversata da feritoie di tiro che poteva essere abbassata per chiudere lo spazio sotto lo stesso carro e creare un riparo supplementare per gli artiglieri e i balestrieri.
Alcuni sacchi di pietre venivano attaccati ai carri per assicurarne la loro stabilità e, in caso di necessità, per essere lanciati contro il nemico. La tattica hussita consisteva nel formare con i carri da guerra, tirati da cavalli, un quadrato o un cerchio, legando le ruote e gli attacchi dei carri gli uni agli altri, con catene, protetti sul davanti da un fossato improvvisato. Le aperture fra i carri venivano riempite con scudi e con cespugli spinosi. L’equipaggio di ogni carro si componeva da 30 a 44 uomini, di cui da 4 a 8 balestrieri e due artiglieri, due conduttori, fanti, picchieri e portatori di scudi o di protezioni campali. La cavalleria hussita veniva ammassata al centro del cerchio dei carri. Le scariche di fuoco che si susseguivano, contribuivano a seminare il disordine fra i cavalieri pesanti nemici. I quadrati di carri ussiti presentavano il vantaggio supplementare di sostenersi mutualmente durante i combattimenti ravvicinati. L’artiglieria si componeva principalmente di quattro tipi di pezzi: un tarasniuc, un cannone da 120-150 di lunghezza con un calibro di 5 cm; un haufnitze (da cui potrebbe derivare il nome moderno di obice), un cannone corto con un tubo da 20 a 30 cm; una bombarda, un cannone o un mortaio di grosso calibro che lanciava grosse pietre; il tutto accompagnato da un numero vario di piccoli cannoni. I cannoni erano montati su carri da guerra specificamente costruiti per permettere loro di assorbire il rinculo delle armi da fuoco. E’ probabile che i tarasniuc e gli haufnitze venissero utilizzati per tirare a mitraglia sul nemico. Il fatto di colpire la cavalleria nemica a ranghi serrati con queste armi, spesso provocava, per reazione, una carica di questi fieri cavalieri, che venivano poi decimati dagli artiglieri e dai balestrieri. Ogni cavaliere che sopravviveva al fuoco iniziale e riusciva a introdursi all’interno del quadrato o del cerchio veniva poi a ritrovarsi preso in un mortale fuoco incrociato. Una volta indebolito il nemico, la fanteria hussita, armata di flagelli, spade e picche, insieme alla cavalleria hussita, attaccava dal dietro dei carri, colpendo in genere i cavalieri a piedi e disorientati sui fianchi. I cavalieri attaccanti, presi fra le azioni sul fianco e i tiri dei carri, incapaci di sottrarsi alla lotta, perché a piedi, venivano inevitabilmente annientati. Col passare del tempo, gli Hussiti acquisiranno la reputazione di non fare prigionieri, un elemento in più di una guerra anche psicologica che contribuiva a demoralizzare ancor gli avversari.

L’effetto della tattica dei carri

La tattica dei carri, messa a punto dal capo militare hussita Jan Zizka (1360-1424), è stata qualificata “una degli impieghi più innovativi e più offensivi delle fortificazioni di campagna”. Il forte di carri da guerra hussita non era, in linea di massima, una idea nuova. Il termine “forte di carri” era stato citato già nel IV secolo da un ufficiale dell’esercito romano e i Cinesi avevano utilizzato una formazione simile in occasione della battaglia di Mobei nel 119 a.C. I forti di carri hussiti sono stati parimenti paragonati ai quadrati di battaglia, utilizzati dal generale Arthur Wellesley, I duca di Wellington (1769-1852) a Waterloo. Gli Hussiti hanno combinato l’idea dei forti di carri con la balestra, già esistente, e il nuovo cannone manesco (schioppo), con un risultato decisamente devastante. Queste armi e la tattica di impiego conseguente hanno consentito alle forze hussite di ottenere importanti vittorie in battaglia contro formazioni di cavalleria pesante per tutto il decennio 1420-1430.
Sarà solo nel 1436 che gli Hussiti, in preda a divisioni interne, verranno finalmente costretti a negoziati di pace. Tuttavia, avevano avviato quella rivoluzione tattica che prefigurava la fine dell’era della cavalleria pesante e il ritorno della fanteria come arma regina del campo di battaglia. L’introduzione della polvere da sparo presagì ugualmente una rivoluzione sociale. Ormai anche un contadino analfabeta inserito in una solida e compatta formazione di picchieri e schioppettieri, poteva vincere un nobile cavaliere. Un ammaestramento che una volta appreso non sarà più dimenticato.
In definitiva, le guerre hussite hanno segnato per la prima volta anche l’impiego con successo di armi da fuoco portatili sul campo di battaglia. I Cechi chiamavano l’archibugio “pistola” (pizťal, cioè “canna”) e un cannone anti-fanteria haufnitze (da cui “obice”). I tedeschi avevano appena iniziato a produrre la polvere da sparo “corning”, adatta per l’utilizzo in piccole armi tattiche. Un soldato su un campo aperto, armato solo di una singola arma da tiro non poteva far fronte a un cavaliere a cavallo in carica, ma da dietro un muro di un castello o dal recinto del wagenburg (barricata di carri), molti uomini armati e disciplinati avrebbero potuto utilizzare le armi da fuoco al massimo del loro potenziale. Dalle sue esperienze nella battaglia di Grunwald, Žižka ha appreso esattamente come i suoi nemici avrebbero attaccato e ha individuato nuovi modi per sconfiggere forze numericamente superiori alle sue; egli è considerato tra i più grandi innovatori militari e condottieri di tutti i tempi ed è uno dei pochi comandanti nella storia che non abbia mai perso una battaglia.

Note
[1] Cannone manesco o schioppo: arma da fuoco portatile creata collocando un piccolo tubo (bocca da fuoco) alla sommità di un asta di legno che consentiva allo “schioppettiere” il trasporto dell’arma e il suo impiego.
[2] Ribaudoquin, era un pezzo di artiglieria usato dal XIV fino agli inizi del XVIII secolo come arma ossidionale, principalmente contro la fanteria, formato da una serie di canne affiancate di piccolo calibro (spesso venivano usate canne di archibugio). Nel caso che le canne fossero di calibro maggiore (una libbra), l’arma era detta ribadocchino (ribauldequin). Considerando il peso dell’arma, questa poteva essere utilizzata solo da posizioni fisse, inoltre i tempi di caricamento (caricare dieci canne richiedeva dieci volte il tempo necessario a caricare una canna) ne limitavano pesantemente la cadenza di tiro, anche nei confronti di quella già bassa delle armi dell’epoca, quindi ne sconsigliavano l’uso in campo aperto. I picchieri, una volta scampati alla prima scarica, avevano tutto il tempo per arrivare a contatto con i serventi dell’arma, quindi l’arma non ebbe mai un grande successo. La fine definitiva degli organi e dei ribadocchini si ebbe quando fu realizzato il cartoccio a mitraglia per le artiglierie, che dava una cadenza di tiro molto più elevata ed effetti altrettanto devastanti sulle fanterie che avanzavano a piedi, utilizzando la stessa bocca da fuoco che veniva usata per i tiri a lunga distanza.
[3] Corning: affinché un propellente possa ossidarsi e bruciare rapidamente con efficacia. I suoi componenti devono essere ben mescolati ed essere ridotti alla più piccola forma e dimensioni possibili. In definitiva, il miglior risultato in un cannone, doveva essere in una forma di piccoli e densi grani che si infiammano e trasmettono rapidamente il fuoco agli altri grani. Alla fine del XIV secolo la polvere da sparo viene migliorata in Europa ed in Cina, con una macinazione bagnata con spirito distillato e la cui pasta umida viene successivamente asciugata. Il principio inventato per polvere da sparo di mescolare in ambiente umido per prevenire la separazione di ingredienti asciutti, è usato oggi nell’industria farmaceutica. Fu inoltre scoperto che se la pasta veniva aggregata in piccole palline di dimensioni corrette, prima di asciugare, il prodotto assorbiva meno acqua dall’ambiente, con grandi vantaggi per lo stoccaggio ed il trasporto ed un miglioramento notevole nel rendimento della combustione (l’aria compresa fra un granulo e l’altro favoriva di fatto la combustione), che andava dal 30 al 300% con una grande riduzione della quantità di polvere per ottenere gli stessi risultati di prima.

 

 

Per saperne di più
Enea Silvio Piccolomini, Historia Bohemica, 1458.
Ernest Denis, Jean Huss et la guerre des Hussites, Paris, Leroux, 1878.
Stephen Turnbull, The Hussite Wars 1419-36, Osprey Publishing, 2004.