SUSHI AL MERCURIO: LA TRAGEDIA DI MINAMATA

di Mario Veronesi -

Gli sversamenti di acque reflue contaminate al mercurio di un’industria giapponese produssero uno dei peggiori disastri ambientali che la storia ricordi. Era il 1956 quando nella baia di Minamata – cittadina di pescatori nella prefettura di Kumamoto – fu scoperta per la prima volta quella che è passata alla storia come la “malattia di Minamata”.

Ogni industria produce rifiuti e scarti ed elimina sostanze derivanti dai processi di lavorazione. L’industria chimica ha avuto un grande sviluppo nella seconda metà del secolo scorso, scaricando in acqua cloro, ammoniaca, anidridi, solfuri, solfati, fosforo. L’industria metallurgica libera ammoniaca, acido solforico e altri veleni. Le industrie della carta e del legno riversano nei fiumi acido nitrico e solforico, cloruri di calcio, mentre i residui della cellulosa sono responsabili dei processi di eutrofizzazione (processi degenerativi dell’ecosistema acquatico dovuti all’eccessivo arricchimento in nutrienti). Dell’industria petrolchimica e degli idrocarburi è superfluo parlarne perché i suoi danni sono cronaca di tutti i giorni. Nella categoria dei metalli tossici, il mercurio è tra quelli che più gravemente contaminano l’ambiente e il più letale per l’uomo se ingerito con gli alimenti. La sua tossicità è permanete e si accresce in acqua. Gravi concentrazioni locali si sono verificate in zone costiere, con conseguenze drammatiche.

La posizione della Chisso rispetto alla baia di Minamata

La posizione della Chisso rispetto alla baia di Minamata

Tra il 1953 e il 1970 in Giappone un centinaio di persone accusò disturbi nervosi e visivi gravi e diarrea acuta senza che nessuno potesse capirne la causa. Gli studi e le ricerche che ne seguirono mostrarono che tutte le vittime avevano mangiato pesci e crostacei provenienti dalla baia di Minamata, luogo in cui un’industria produttrice di formaldeide scaricava in mare il mercurio che era servito come catalizzatore del processo chimico. Uno sversamento costante, avvenuto ininterrottamente dal 1932 al 1968. Il metilmercurio si depositò nei fanghi, sul fondo del mare, di cui si nutrono numerosi microrganismi alla base della catena alimentare. La sostanza fu quindi assorbita anche da crostacei e molluschi risalendo la catena alimentare fino alla tavola degli abitanti del luogo, la cui dieta era (ed è) principalmente a base di pesce.
I primi ad avvertire i sintomi della malattia furono proprio i pescatori che lavoravano nella baia. Quel mercurio aveva già ucciso quarantatré persone e provocato danni genetici tali da provocare la nascita di diciannove bambini con gravi lesioni cerebrali. Il mercurio infatti, oltre che a ledere nervi e tessuti cerebrali, danneggia i globuli rossi: una persona colpita da tale avvelenamento perde il controllo della muscolatura, delle funzioni corporali, diventa cieca. Oltre a ciò, passando attraverso la placenta, il mercurio danneggia il feto e provoca nascite mostruose. Da allora i casi di avvelenamento e i conseguenti decessi si susseguirono a ritmo incalzante per più di trent’anni, includendo uomini e animali.

Né l’azienda Chisso né il governo Giapponese fecero alcunché per evitare il disastro. Dopo i primi casi eclatanti, il morbo di Minamata fu ufficialmente riconosciuto, ma di anni, da quel 1956, ne passarono almeno dodici prima che fosse stabilito il legame fra l’inquinamento prodotto dalla Chisso e la malattia. Durante questo periodo di tempo, non solo l’industria chimica negò la propria responsabilità per la sindrome, ma anche l’utilizzo del mercurio nei propri impianti. Nel 1968 il governo giapponese riconobbe ufficialmente la correlazione tra il morbo di Minamata, che ha prodotto danni permanenti a decine di migliaia di persone e causato centinaia di decessi, e l’inquinamento da scarichi di mercurio riversati nelle acque marine dall’azienda chimica. Nel luglio 1997, dopo la dichiarazione del governatore della prefettura di Kumamoto in merito alla sicurezza del consumo di pesce e molluschi della baia, furono rimosse le reti che per un trentennio avevano impedito al pesce contaminato dal mercurio di disperdersi in mare aperto: l’atto ebbe anche il valore simbolico di liberarsi dalla pesante eredità dell’immenso danno ambientale causato dall’inquinamento industriale.

Le proteste dei familiari delle vittime - W.E. Smith

Le proteste dei familiari delle vittime – W.E. Smith

Nel 1969 il Governo di Tokyo stabilì che la diffusione della malattia si era conclusa nel 1968, con l’interruzione degli sversamenti: nessuno che fosse nato dopo quell’anno, dunque, avrebbe potuto essere avvelenato. Questo nonostante la comunità scientifica internazionale sostenesse che il veleno non era stato smaltito dal mare. Da allora furono intentati numerosi procedimenti civili da parte di gruppi di malati o parenti di persone decedute per il morbo contro il governo, considerato responsabile di norme troppo restrittive nel riconoscimento della malattia e nell’esenzione dalle spese mediche.
Fino a marzo 2001 circa 2.265 vittime sono state ufficialmente riconosciute (1.784 delle quali sono morte) e più di 10.000 hanno ricevuto risarcimenti dalla Chisso. Solo nell’ottobre del 2004 la Corte Suprema ha dichiarato enti locali e governo responsabili del disastro ecologico di Minamata e ha intimato il pagamento di risarcimenti, decisione che ha però solo in parte soddisfatto le parti lese. Si calcola che nel contenzioso siano coinvolte ben trentamila persone che attendono il riconoscimento della propria malattia. Nel 2009 il Governo nipponico ha approvato una nuova legge per dare assistenza ai pazienti affetti dal morbo, ampliando la gamma di sintomi necessari per entrare a far parte del programma. A tutti coloro che ricevono gli aiuti governativi, però, è stata chiesta come contropartita di ritirare qualsiasi causa intentata contro il Governo e la Chisso. Tuttora ci sono 3.800 abitanti della zona che attendono un riconoscimento di infermità che ritengono legate alla sindrome.

In seguito alla sciagura di Minamata e altre verificatesi nel giro di pochi anni in Giappone, Svezia e Stati Uniti sono state prese misure dirette a controllare il trattamento dei rifiuti che contengono mercurio. Oltre a ciò, l’impiego di pesticidi a base di mercurio è stato drasticamente ridotto. Nel 1965 un secondo disastro ambientale nella Prefettura di Niigata provocò il riemergere della malattia (alla quale venne dato il nome di malattia di Niigata Minamata). Entrambi i casi sono considerati fra i maggiori disastri da inquinamento in Giappone.
Se con il trascorrere degli anni le conseguenze della tragedia hanno finito per essere ignorate in gran parte del mondo, lo scalpore che essa produsse all’epoca della sua scoperta ha rappresentato per l’opinione pubblica un punto di non ritorno, una presa di coscienza senza precedenti sui temi della salvaguardia dell’ambiente, della salute e della lotta contro l’indifferenza per gli abusi ecologici.

Per saperne di più

Masazumi Harada, Minamata Disease – Kumamoto Nichinichi Shinbun Centre & Information Center Shoten Publishers, 1972
W. Eugene Smith, A. M. Smith, Minamata – Chatto & Windus, Ltd., Londra, 1975
Timothy S. George, Minamata: Pollution and the Struggle for Democracy in Postwar Japan, Harvard University Press, 2001