LA RIVOLUZIONE FRANCESE E L’INDUSTRIALIZZAZIONE

di Giancarlo Ferraris -

Il sistema sociale e economico dell’Ancien Régime, forte di una burocrazia opprimente e di un sistema fiscale ingiusto, colpiva le attività dell’industria francese che, potenzialmente, sarebbe stata florida. L’abolizione del sistema feudale e le guerre rivoluzionarie contro le principali potenze europee avrebbero cambiato di molto le cose.

 

Nascita in sordina di una nazione industriale

La Rivoluzione francese ha molti simboli, dalla Bastiglia alla ghigliottina, ma ben pochi di essi afferiscono in modo diretto e pregnante all’economia che fu invece l’ambito in cui la Rivoluzione stessa, al di là di tutte le sue note implicazioni politiche e sociali, ebbe origine.
Nella seconda metà del Settecento in diversi paesi europei si andò delineando un forte processo di sviluppo economico che dette vita a una società dominata dall’industria, dalla ricerca scientifica e dal progresso tecnologico. Fu, com’è noto, la famosa Rivoluzione industriale che investì fortemente l’Inghilterra e che avrebbe potuto interessare anche la Francia. Ciò, tuttavia, non avvenne nonostante la disponibilità da parte di quest’ultima di risorse e di conoscenze che le avrebbero permesso di raggiungere gli stessi livelli di crescita della sua secolare avversaria. Alcuni storici affermano che la Rivoluzione e la successiva età napoleonica ebbero l’effetto di bloccare lo sviluppo industriale della Francia; altri storici asseriscono, invece, che tale sviluppo sarebbe iniziato proprio con la Rivoluzione, in particolare attraverso le guerre condotte dai rivoluzionari contro l’Europa, e proseguito, a maggior ragione, grazie alle imprese militari di Napoleone.

L’industria francese prima della Rivoluzione

Prima di parlare delle condizioni e del ruolo dell’industria francese prima e durante la Rivoluzione è bene tracciare un quadro, sia pur generale, di quella che era la situazione dell’economia della Francia verso la fine del Settecento.
L’agricoltura costituiva l’attività predominante anche se veniva condotta con sistemi ancora arcaici dal momento che i contadini usavano il vecchissimo aratro di legno capace di dissodare i campi solo superficialmente e vastissime estensioni di terreno, pari a un terzo o addirittura alla metà del totale, venivano lasciate alternativamente incolte per far riposare la terra e per raccogliere il fieno destinato agli animali da pascolo. Fra l’altro la nuova dottrina economica della fisiocrazia, affermatasi proprio in Francia nella seconda metà del secolo, aveva proposto di rendere produttiva l’agricoltura nazionale senza però alla fine cambiare nulla.
Accanto all’agricoltura un modesto, sia pur diffuso, artigianato costituito da piccole botteghe dislocate nei centri urbani, provviste di modeste attrezzature e in grado di garantire una produzione assai ristretta di manufatti destinati alla vendita diretta.
Altrettanto modesto il commercio interno reso ancora più difficoltoso da un sistema fiscale e burocratico iniquo e soffocante.
Infine l’industria, sparsa in diverse aree geografiche e rappresentata da attività operanti in pochi settori: in Alsazia, lavorazione della carta e del cotone a Strasburgo; in Aquitania, lavorazione dei metalli, della carta e oleifici a Bordeaux; in Alvernia, lavorazione dei metalli a Clermont-Ferrand; in Borgogna, lavorazione dei metalli a Digione; in Bretagna, lavorazione della canapa e del lino a Nantes e a Rennes nonché cantieri navali a Brest; nella Champagne-Ardenne, fonderie a Troyes e lavorazioni tessili a Reims; in Lorena, lavorazione dei metalli e lavorazioni tessili a Metz; nel Limousin, produzione di porcellane a Limoges (passata poi a Sèvres); in Linguadoca-Rossiglione, lavorazione della lana a Tolosa; in Normandia, oltre a una diffusa attività tipografica, lavorazione del cotone e della lana a Rouen, lavorazione dei metalli ad Alençon, cantieri navali a Cherbourg e Le Havre; in Piccardia, lavorazioni tessili ad Amiens; in Provenza, lavorazione dei metalli e lavorazioni tessili a Marsiglia; nella regione del Rodano-Alpi, lavorazione della seta a Lione. A tutte queste attività bisogna poi aggiungere la presenza di alcuni porti affacciati sul Mediterraneo, quali Marsiglia e Tolone, e anche sull’Atlantico e sul Canale della Manica, i già citati centri di Brest, Cherbourg e Le Havre. Dal punto di vista produttivo l’industria francese alla fine del XVIII secolo usava ancora procedimenti antiquati poco redditizi, si avvaleva ben poco delle macchine utilizzando in gran parte il lavoro manuale e anche la sua manodopera era costituita da operai che in realtà erano contadini legati parzialmente alla terra.
Nonostante lo sviluppo limitato e la sostanziale arretratezza delle strutture, l’industria francese era in espansione per due motivi: l’alta qualità dei suoi prodotti, che avevano un loro sia pur ristretto, ma vivace mercato interno; una forte domanda proveniente dai mercati esterni insieme a una serie di cospicui investimenti effettuati da una piccola, ma attiva schiera di imprenditori detentori di capitali finanziari. Tuttavia tale espansione era fortemente limitata dalla sostanziale arretratezza dell’economia nazionale fondata come si è detto su una agricoltura condotta ancora con metodi arcaici e fondata sulla rendita di posizione, due fattori che impedivano la crescita della produzione rurale e il conseguente reinvestimento di una parte dei redditi fondiari nell’industria. A ciò si aggiungeva poi la situazione politica e sociale dell’Ancien Régime la quale, con la rigida suddivisione della popolazione in classi, una burocrazia opprimente, un forte corporativismo e un sistema fiscale ingiusto che privilegiava la grande proprietà fondiaria e colpiva le masse popolari, gravava pesantemente sulle attività industriali. Infine anche i progressi scientifici e tecnologici, benché non avessero nulla da invidiare a quelli dell’Inghilterra, non si traducevano in applicazioni concrete per la mancanza di stimoli da parte di questo settore così fortemente penalizzato.

L’industria francese durante la Rivoluzione

Il moto rivoluzionario ebbe l’effetto di porre fine all’Ancien Régime anche dal punto di vista economico e non solo politico-sociale. Nella notte del 4 agosto 1789 l’Assemblea Nazionale Costituente, l’organo legislativo della Francia rivoluzionaria, procedette all’abolizione del sistema feudale che venne effettuata su due piani diversi: i servigi o le prestazioni d’opera gratuita che i nobili titolari dei feudi imponevano ai loro sottoposti vennero abrogati insieme alla giustizia signorile mentre rimasero in vigore i diritti sulle rendite di cui beneficiavano i proprietari terrieri, soprattutto quelli di estrazione borghese, i quali ebbero così modo di percepire un’indennità che in parte avrebbe salvaguardato e anche consolidato la loro posizione economica e sociale e in parte sarebbe stata investita in attività produttive di tipo industriale. L’abolizione del feudalesimo determinò anche la fine di tutte le barriere doganali, sia quelle interne che quelle di frontiera, delle esenzioni fiscali di cui godevano la nobiltà e il clero e delle imposizioni tributarie che si opponevano alla libera circolazione delle merci e dei capitali all’interno della Francia e verso i paesi esteri. Tuttavia i cambiamenti messi in atto dalla Rivoluzione, le lotte politiche che si accesero tra le varie fazioni parallelamente al venir meno del potere monarchico e la necessità di fronteggiare una situazione economica sempre più grave non permisero, almeno per un certo periodo, di mettere a frutto le opportunità che si erano venute a creare in seguito al crollo dell’Ancien Régime, al declino dell’aristocrazia fondiaria e al rafforzamento della proprietà terriera borghese, precorritrice di investimenti nel settore industriale.
L’industria francese, tesi sostenuta come abbiamo detto all’inizio da alcuni storici, era però destinata a conoscere inaspettatamente una fase di reale sviluppo in occasione della guerra che la Rivoluzione si trovò a combattere tra il 1792 e il1797 contro le principali potenze europee quali l’Inghilterra, la Prussia, l’Austria, la Spagna, il Portogallo, l’Olanda oltre a diversi Stati italiani, scesi in campo per bloccare l’espansionismo della Francia e per impedire ai nuovi ideali rivoluzionari di diffondersi in tutto il vecchio continente. I vari organismi che si succedettero alla guida della Francia, dall’Assemblea Nazionale Legislativa alla Convenzione Nazionale dal Comitato di Salute Pubblica al Direttorio, misero in campo, sia pure operando in una situazione drammatica, un esercito i cui effettivi crebbero in maniera impressionante per l’epoca, passando dai centomila uomini del 1792 ai seicentomila del 1793 fino a raggiungere il milione nel triennio 1794-97. La creazione di una forza militare così grande pose subito il problema del suo approvvigionamento in fatto di uniformi, di equipaggiamenti, di mezzi per il movimento e per il trasporto, di rifornimenti alimentari e soprattutto in fatto di armamenti per quanto attiene sia le armi individuali (fucile, baionetta, pistola, sciabola), sia le armi di reparto (artiglieria), sia i diversi tipi di munizionamento (cartucce, proiettili da cannone). Una situazione analoga, pur con le ovvie differenze di settore, si verificò anche per la marina militare, la quale vide il varo di nuove navi da battaglia con relative artiglierie ed equipaggi che necessitavano di approvvigionamenti di vario genere. A tutte queste esigenze così fondamentali per la sopravvivenza della Francia seppe dare una risposta, nel complesso efficiente nonostante l’instabilità politica e la grave crisi economica e finanziaria, proprio il suo apparato industriale che ricevette linfa vitale specificatamente dalla guerra sia in termini di investimenti finanziari statali e di origine fondiaria che di manodopera di matrice artigianale, settore quest’ultimo segnato da una profonda crisi dovuta alla situazione particolare in cui versava la Francia. Importanti furono poi le trasformazioni a cui andò incontro l’industria francese durante la Rivoluzione: la conversione dei vari settori, da quello metallurgico a quello tessile dalle fonderie ai cantieri navali, nella produzione militare; la creazione di, sia pur piccole, reti di imprese connesse tra di loro; l’inizio di una produzione in serie; la nazionalizzazione delle imprese ormai tutte o quasi tutte operanti nel settore della produzione bellica.
Lo sviluppo dell’industria in Francia durante la Rivoluzione non fu tuttavia accompagnato né dall’introduzione di nuove tecnologie né da mutamenti nell’organizzazione del lavoro tanto che il settore, relativamente a questi due aspetti, rimase fermo alle condizioni del periodo precedente lo scoppio del moto rivoluzionario. L’unico cambiamento riguardò il rinnovamento della manodopera la cui provenienza da agricola divenne artigianale poiché gli imprenditori, pur rimanendo nel complesso restii a rinnovare l’organizzazione e la gestione del lavoro, la considerarono maggiormente funzionale alle esigenze della produzione.

Per saperne di più
A. Cobban, La società francese e la rivoluzione, trad. it., Firenze, 1967
F. Furet – D. Richet, La Rivoluzione francese, trad. it., Bari, 1974
A. Soboul, L’ottantanove nella storia del mondo contemporaneo, trad. it., Parigi, 1969