In libreria: Vietnam ’68, inizia la fine

hueIl 1968 segnò un passaggio cruciale della storia moderna. E non solo per i moti studenteschi e gli omicidi di Martin Luther King e Robert Kennedy. In quell’anno, secondo il generale William Westmoreland, la guerra in Vietnam sarebbe dovuta entrare in una nuova fase, perché «le speranze del nemico erano alla fine». In un certo senso il comandante delle forze statunitensi aveva ragione, ma i piani dei Viet Cong non prevedevano la resa.La notte tra il 30 e il 31 gennaio, in cor-rispondenza del capodanno locale, il Fronte di liberazione nazionale diede il via a una vasta operazione militare divenuta celebre come offensiva del Têt: alle due e trenta del mattino diecimila uomini scesero dalle montagne e conquistarono – oltre a centinaia di altri obiettivi considerati inespugnabili – la capitale intellettuale e culturale del Paese, Huê. I comandi americani, però, ri-fiutarono di accettare la portata di una simile disfatta, e a lungo si ostinarono a mandare in avanscoperta piccole unità di marines, sistematicamente trucidati. Solo tempo dopo il tenente colonnello Ernest Cheatham avviò la riconquista della città, combattendo quartiere per quartiere. Ventiquattro giorni di scontri terrificanti, che alla fine costarono la vita a decine di migliaia di persone tra militari e civili. Quella di Huê´ fu di gran lunga la battaglia più sanguinosa dell’intera guerra, e cambiò per sempre l’approccio americano al conflitto: da allora, anziché di vittoria, si cominciò a parlare di disimpegno.Attraverso una mole di documenti senza precedenti e interviste a reduci di entrambi gli schieramenti, Mark Bowden ricostruisce con precisione ogni fase di quello scontro, raccontandoci un momento che cambiò per sempre il destino della guerra, e del mondo intero.
Mark Bowden, Hue 1968: l’anno cruciale della sconfitta americana in Vietnam – Rizzoli, Milano, 2018, pp. 688, euro 24,00

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F. Fattore, Gli inviati di Mussolini: i corrispondenti di guerra 1940-1943 – Mursia, Milano, 2018, pp. 352, euro 19,00
«Se vi volessi male, sapete cosa vi augurerei? Di fare il corrispondente di guerra in una campagna nazionale. Dico nazionale, perché nessuna autorità militare straniera, amica o nemica che fosse, ci ha mai trattato come fanno i nostri, militari e civili.» (Indro Montanelli)
Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Mussolini decide che gli inviati dei giornali siano richiamati alle armi e inquadrati in nuclei. Il suo modello è quello tedesco delle Propagandakompanie, ma la versione italiana dei giornalisti-soldati resta lontana dall’originale della Wehrmacht. Il risultato, infatti, è un conflitto permanente tra autorità politica (ministero della Cultura popolare), militare (Comando supremo, ministeri della Guerra, della Marina e dell’Aeronautica, comandi locali) e direzioni dei singoli quotidiani, per la gestione, l’orientamento e la censura dei giornalisti. Indro Montanelli, Dino Buzzati, Curzio Malaparte, Paolo Monelli e tanti loro colleghi, più o meno noti, devono indossare la divisa e destreggiarsi in una giungla di ordini e divieti, per cercare di raccontare la guerra agli italiani.

G. Di Fiore, L’ultimo re di Napoli: l’esilio di Francesco II nell’Italia dei Savoia – UTET, Torino, 2018, pp. 365, euro 18,00
«Mai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza silenziosa e la dignità di Francesco II. Colui che era stato o era parso debole sul trono, travolto dal destino, dalla ineluttabile fatalità, colui che era stato schernito come un incosciente, mentre subiva una catastrofe creata da mille cause incoscienti, questo povero re, questo povero giovane che non era stato felice un anno, ha lasciato che tutti i dolori umani penetrassero in lui senza respingerli, senza lamentarsi.» Così Matilde Serao tratteggiò la figura disgraziata ed eroica di Francesco II di Borbone due giorni dopo la sua morte.
Sbeffeggiato come “Franceschiello” dalla stampa risorgimentale, ricordato dai più come l’imbelle sovrano di un Regno delle Due Sicilie destinato al tramonto, Francesco è in realtà solo un ragazzo quando, con la capitolazione di Gaeta, perde per sempre il trono su cui era salito da meno di due anni. Per i successivi trentatré vivrà in esilio. Ma è proprio in questo periodo, negli anni trascorsi tra Roma e la Baviera, tra Parigi a Vienna, che si delinea il carattere di un uomo complesso, capace di riscattare con compostezza, sobrietà e intelligenza, la sconfitta e la scomparsa di un mondo di cui fu l’ultimo sovrano.
Con la consueta vivacità narrativa e l’aiuto di documenti inediti o poco noti, Gigi Di Fiore ripercorre la seconda vita di Francesco II, riconsegnandoci una vicenda umana ricca di sorprese e ingiustamente dimenticata: nel racconto scopriamo un personaggio curioso e quasi romanzesco, aristocratico autentico e uomo sensibile segnato da grandi passioni e sofferenze. E nello stesso tempo sperimentiamo uno sguardo diverso, in controluce, sull’Italia di quegli anni e sui suoi protagonisti: Vittorio Emanuele II e Umberto I, Depretis e Crispi, gli anarchici, i diplomatici, i papi e gli imperatori. Tutti gli interpreti di un periodo cruciale per la storia del nostro paese, tra i quali trova finalmente il posto che gli spetta anche uno dei grandi vinti del Risorgimento, Francesco II di Borbone, L’ultimo re di Napoli.

M. S. Mazzi, La mala vita: donne pubbliche nel Medioevo – Il Mulino, Bologna, 2018, pp. 184, euro 14,00
Anche nel Medioevo troviamo donne disposte a vendere il proprio corpo «pro pretio, lucro et questu»: condannata e ritenuta una vergogna, la prostituzione era però considerata ineliminabile e persino necessaria. Giustificabile, perché salvava da mali peggiori come la corruzione delle vergini e delle spose e «l’abominevole vizio della sodomia». Ma qual era la posizione della Chiesa e dei pubblici poteri nel regolare questo fenomeno divenuto assai rilevante? Nel Trecento, infatti, si assiste ovunque in Europa al proliferare dei postriboli, a volte quasi piccole fortezze del piacere, a volte strade o quartieri riservati, e la vita delle donne pubbliche – forestiere o straniere, spesso sopraffatte dai debiti – dentro e fuori fu sottoposta a rigide norme. «Idio sempre schifa i maggiori mali, e d’ogne male ch’egli sostiene sempre trae un maggior bene… Or non vedi che ssi sostengono le meretrici nelle cittadi? Questo è un grande male, e se si sottraesse, sì ssi sottrarrebbe un grande bene, però che ssi farebbero più adulterii, più soddomie, che sarebbe molto peggio» (Giordano da Pisa).

W. C. Jordan, Nel nome del Signore: l’Europa dall’anno Mille alla fine del Medioevo – Laterza, Roma-Bari, 2018, pp. 456, euro 20,00
Parentesi luminosa fra il caos dell’anno Mille e un quattordicesimo secolo infestato dalla peste, dalle carestie e dalle guerre, gli anni che troveremo in queste pagine furono ricchi di possibilità e di speranza, di crescita e di conquiste. Dalle controversie Chiesa-Stato ai conflitti religiosi e ai movimenti riformatori, dalla crescita demografica alle straordinarie conquiste intellettuali come la nascita della letteratura in volgare, il fiorire delle grandi università inglesi, francesi e italiane e i capolavori dell’architettura gotica. William Chester Jordan ripercorre il cammino lungo il quale, con creatività e a passo sicuro, si sviluppò quello che può ben essere definito il primo vero Rinascimento europeo.

L. Tedoldi, Storia dello Stato italiano: dall’Unità al XXI secolo – Laterza, Roma-Bari, 2018, pp. 304, euro 24,00
Lo Stato italiano celebra nel 2018 un doppio anniversario: i 170 anni dalla proclamazione dello Statuto albertino e i 70 anni dall’entrata in vigore della Costituzione repubblicana. È giunto il tempo di fare un bilancio, di analizzare quanto e come lo Stato abbia inciso nella storia italiana. Questo libro ha l’ambizione di tracciare, per la prima volta, una storia della costruzione dello Stato nelle sue strutture fondamentali: da quelle monarchico-liberali a quelle autoritario-fasciste; da quelle repubblicano-democratiche a quelle dello Stato decentrato. Nel contempo vengono delineati il consolidamento e la mutazione degli organi, degli enti e degli apparati politici, sociali e ‘imprenditoriali’. Al termine della lettura, ci saranno più chiare le ragioni che hanno reso lo Stato italiano così resistente alle riforme e incline allo sviluppo per giustapposizione delle proprie funzioni.

S. Portinari, Anni settanta: la Biennale di Venezia – Marsilio, Venezia, 2018, pp. 329, euro 30,00
La Biennale di Venezia attraversa gli anni settanta con una traiettoria che ne trasforma l’orientamento curatoriale. Dal conflitto ideologico innescato alla «Biennale poliziotta» del 1968 all’evocazione del rapporto tra arte e natura nel 1978, la rassegna compie una metamorfosi da cui emergono l’impostazione tematica e il ruolo dei critici militanti. Scompaiono i premi, l’ufficio vendite e le arti decorative, si mostrano videotape e performance; voci dissonanti vorrebbero abbatterne i padiglioni o renderla un organismo pervasivo, mentre l’espansione al di fuori dei Giardini si affianca all’ampliarsi delle sezioni di architettura. La sua storyline si compie tra l’innesto di condizionamenti politici e il cambiamento di gerarchie nell’ente, valicando le edizioni senza numero o il dissenso alla metà del decennio. La storia delle mostre di questa esposizione internazionale consente di creare cartografie di sguardi su protagonisti e momenti fondanti, ma anche di istituire raffronti attraverso lo specchio prismatico dell’arte contemporanea.

AA. VV, Geopolitiìca del mare: dieci interventi sugli interessi nazionali e il futuro marittimo dell’Italia – Musia, Milano, 2018, pp. 216, euro 25,00
Economia, energia, alimentazione, sicurezza: tutti i grandi snodi della globalizzazione passano dal mare. Definire gli interessi nazionali e le strategie marittime è di vitale importanza per il futuro dell’Italia.
La globalizzazione ha modificato il concetto di distanza e di spazi geografici, il mare assume sempre più un ruolo di importanza vitale quale elemento di unione per le economie nazionali e per l’interdipendenza tra le nazioni. E oggi più che mai «il tridente di Nettuno è lo scettro del mondo», ovvero il controllo delle vie marittime è di vitale importanza. In particolare per l’Italia, Paese dalla vocazione marittima per eccellenza, che deve al mare e alle attività ad esso connesse gran parte della sua prosperità e del suo benessere.
Questo volume raccoglie dieci interventi di alcuni tra i più importanti esperti e studiosi del settore e analizza, sotto differenti punti di vista, la stretta relazione esistente tra interessi nazionali e il mare, delineando un quadro chiaro e aggiornato e, allo stesso tempo, fornendo preziosi spunti di riflessione sul futuro marittimo dell’Italia.

R. Cucchi, Radiogol: trentacinque anni di calcio minuto per minuto – Il Saggiatore, Milano, 2018, pp. 272, euro 18,00
La voce di Riccardo Cucchi è stata il cuore di ogni domenica per circa trent’anni. Dalla sua postazione appartata, isolata in mezzo alla folla formicolante sulle tribune, ha riempito i nostri pomeriggi di emozioni narrando da testimone diretto decine di campionati, centinaia di partite, migliaia di minuti di calcio. In una notte d’estate ha gridato per quattro volte «Campioni del mondo», ed è iniziata la festa di tutti, da Berlino alle piazze di paesi e città dell’Italia intera. Attraverso il suo microfono ha accompagnato vittorie impossibili da dimenticare: la Champions League dell’Inter, lo scudetto travolgente della Roma, quello del riscatto bianconero nel 2012.
Il segreto della sua voce è un paradosso: l’equilibrio perfetto tra passione ed eleganza, entusiasmo e riservatezza. Ecco perché Riccardo Cucchi ha confessato di essere un tifoso biancoceleste soltanto al termine dell’ultima radiocronaca, quando è stato abbracciato dal pubblico di San Siro come si fa con i grandi campioni e i grandi amici. Ed ecco perché diciassette anni prima, mentre annunciava lo scudetto della sua squadra, lo ha tradito una vibrazione sottile, una palpitazione che in pochi hanno saputo percepire fra le pieghe del suo annuncio: «Sono le 18 e 4 minuti del 14 maggio 2000, la Lazio è campione d’Italia!».
Oggi la voce che ha trasformato quegli attimi in racconto radiofonico, dando vita a una piccola epica dell’istante, abbandona il microfono e si riversa in un libro, ancora entusiasmante, ancora più intimo. Un libro che ci mostra come, a televisione spenta, la radio sappia trasformare lo sport in parola, ritmo, narrazione: perché la radio è il mondo, come lo immaginiamo noi. Radiogol è un memoir in cui scorrono trentacinque anni di calcio perduto e ritrovato e un autentico atto d’amore per la radio e i suoi protagonisti, da Enrico Ameri a Sandro Ciotti. Attraverso le sfide a cui ha assistito in prima persona, i ricordi di un’infanzia trasognata e gli incontri con fuoriclasse come Carlo Ancelotti, i fratelli Abbagnale e Diego Armando Maradona, Riccardo Cucchi ci sintonizza su un’epoca e un calcio che sono parte di noi. Minuto per minuto.