In libreria: Storia, concetti e metodi del terrore

Cover2Non esiste Paese al mondo che non abbia dovuto in qualche modo confrontarsi col terrorismo e con le sue logiche. Il terrorismo è un fenomeno complesso, dalle molteplici modalità e dalle diverse motivazioni. Tecnicamente lo si può definire una azione di tipo politico, o meglio, una continuazione dell’agire politico con altri mezzi. Con il grande vantaggio – in aggiunta all’assunto di Clausewitz – che la violenza estrema delle azioni terroristiche, concentrate in termini di tempo e spazio, contribuisce a massimizzarne soprattutto la strategia comunicativa.
Il saggio di Renzo Paternoster, da anni collaboratore di Storia in Network, fornisce un agile quadro d’unione del fenomeno terroristico, andandone a individuare le metodologie, i concetti ispiratori e le origini. A partire da quelle più remote, che rimandano al Medio Oriente e ai primi secoli della nostra era, per spostarsi poi al terrore di matrice giacobina e trasferirsi alla stagione del terrorismo anarchico del XIX secolo. Ma non solo, perché il terrore non è solo lo strumento di gruppi che ambiscono a conquistare il potere: Paternoster analizza anche il fenomeno dei terrorismi di Stato, organizzato con modalità più o meno nascoste da un’autorità costituita per difendere il proprio potere, cancellare le opposizioni o per generare consenso interno alle istituzioni. E il pensiero corre alla lunga stagione della guerra fredda in Urss, Cina, Cambogia, Corea del Nord e Sudamerica, solo per citare qualche esempio. Un capitolo a sé è dedicato al terrorismo indipendentista e separatista in Europa, dall’Irlanda ai Paesi Baschi alla Corsica, così come uno è riservato alla stagione degli anni di piombo in Italia, dall’extraparlamentarismo di sinistra, al brigatismo all’eversione nera. Gli ultimi due capitoli sono quelli più ancorati all’attualità: da un lato la questione israelo-palestinese, che con il suo carico d’odio e di violenza è da quasi settant’anni il nervo scoperto del Medio Oriente, dall’altro la nuova e ancor più fanatica stagione del terrore islamista, una “teologiazzazione” del terrore attraverso il fenomeno jihadista. In quest’ultimo caso, il salto di qualità è costituito, oltre che dall’efferatezza dei crimini, dal loro trasferimento sul piano mondiale. Grazie alla facilità di connessione e agli intensi movimenti migratori degli ultimi anni, il terrore jihadista, da fenomeno interno si è trasformato in strumento diffuso attraverso tutti i continenti. Da sistema locale a sistema di terrore globale capace di attivare cellule in ogni parte del mondo.
Renzo Paternoster, La politica del terrore. Il terrorismo: storia, concetti, metodi – Aracne, 2015, pp. 398, euro 20,00

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L. Pellicani, L’Occidente e i suoi nemici – Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2015, pp. 444, euro 24,00
L’assalto terroristico al Bataclan di Parigi ha brutalmente riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale un fenomeno che a molti studiosi era sembrato definitivamente estinto: l’odio contro l’Occidente.
Le radici di questo odio risalgono all’epoca durante la quale l’Occidente estese i suoi tentacoli sull’intero Pianeta, sottoponendo alla sua smisurata volontà di dominio e di sfruttamento le società orientali. Tutto ciò, naturalmente, ha suscitato il risentimento e la collera del “proletariato esterno”, tanto più che il dominio coloniale fu caratterizzato dal disprezzo razzista nei confronti dei popoli assoggettati, descritti come biologicamente incapaci di autogovernarsi e, quindi, bisognosi di una “paternalistica tutela”.
Ma quest’odio contro l’Occidente non è nato solo dal “proletariato esterno” bensì anche in seno all’Occidente, infatti le prime significative manifestazioni della rivolta intellettuale e morale contro il mondo moderno si registrano proprio in Europa, dal cui grembo sono scaturiti travolgenti movimenti rivoluzionari di massa – comunismo, fascismo, nazismo – animati dall’intenso desiderio di fare tabula rasa della civiltà liberale.
Questo volume vuole ripercorrere il fenomeno da un punto di vista storico-sociologico per meglio comprendere le radici ideologiche e religiose dell’odio contro la Modernità.

H. Burstin, Rivoluzionari. Antropologia politica della Rivoluzione francese – Editori Laterza, Roma-Bari 2016, pp. 336, euro 25,00
Dal 14 luglio 1789 fino alla caduta di Robespierre, la Francia vive cinque anni di sconvolgimenti che rifondano lo Stato e la società, fissano nuovi valori di riferimento, suscitano una straordinaria adesione. Se molto è stato scritto su questo evento fondatore, meno si è indagato sugli uomini che ne sono stati gli artefici: i rivoluzionari. Chi erano questi uomini comuni che si impegnarono in un percorso spesso senza ritorno? Quando si manifestò in loro la prima presa di coscienza di rivoluzionari? Quando ruppero i ponti psicologici con il passato e si proiettarono verso un futuro tutto da immaginare? Quali furono le modalità di adesione, i meccanismi di attrazione o di repulsione attivati dalla rivoluzione? E una volta entrati in questa dinamica, fu possibile uscirne? Analizzando gli elementi che contribuiscono a formare la complessa personalità del rivoluzionario, Haim Burstin offre una sequenza delle emozioni e delle aspettative suscitate da una rivoluzione in cammino e mostra come tali tensioni entrino in un particolare sistema di creazione del consenso e di affermazione di un’egemonia politica. Un approccio di tipo antropologico che consente di far nuova luce su una tempesta che ha trasformato il mondo.

T. Bonazzi, Abraham Lincoln. Un dramma americano – Il Mulino, Bologna 2016, pp. 312, euro 22,00
Abraham Lincoln (1809-1865), con Washington e F.D. Roosevelt il più famoso presidente degli Stati Uniti, incarna il mito della frontiera e dell’uomo che si fa da sé: dalle foreste del West al Campidoglio, da contadino a presidente. Eletto nel 1860, dovette affrontare la crisi della nazione americana precipitata nella sanguinosissima guerra civile seguita alla secessione degli stati schiavisti. Nel farlo rafforzò il potere federale, modernizzò l’economia e liberò i 4.000.000 di schiavi presenti nel Sud; ma pagò i suoi successi con la vita, assassinato pochi giorni dopo la conclusione della guerra. Il libro delinea il ritratto coinvolgente di un uomo complicato, depresso cronico e quasi insondabile, intrecciandolo alla storia violenta, vitale e contraddittoria di un paese in formazione.

Alberto Rosselli, I vichinghi in America. Le mutazioni climatiche e l’espansione vichinga oltre oceano – Mattioli 1885, Fidenza 2015, pp. 69, euro 6,00
Studiare i complessi rapporti tra il Clima e la Storia è certamente un impegno affascinante, anche se molto delicato. Anche perché se è vero che ogni determinismo climatico risulta ragionevolmente improponibile – ritenere, cioè, che le variazioni climatiche possano automaticamente determinare mutamenti storici – è però necessario reputare le fluttuazioni delle temperature quali elementi sostanziali per una più profonda comprensione dei fenomeni storici.
Nel rapporto tra mutazioni climatiche medioevali e culture umane, nella fattispecie quella nordica scandinava, fu il popolo vichingo a sfruttare meglio e per primo l’‘optimum climatico’ medioevale e a dare un prezioso apporto allo sviluppo dell’Europa.
Tra la fine del X e l’inizio del XII secolo d.C., gran parte delle terre europee e nordamericane furono interessate dal più rimarchevole innalzamento della temperatura registrato in epoca post-glaciale. Tale situazione, chiamata dagli scienziati “optimum climatico medioevale” o Mediaeval Warm Period (PCM) favorì non soltanto la ripresa della vita economica e culturale del Continente, ma indusse anche popoli navigatori, come i Vichinghi, a spingere le loro piccole navi in pieno Oceano Atlantico settentrionale e verso il Circolo Polare Artico.

C. Vercelli, Il dominio del terrore. Deportazioni, migrazioni forzate e stermini nel Novecento – Salerno Editore, Roma 2016, pp. 168, euro 12,00
Nel Novecento alle speranze di una società migliore si sono spesso contrapposte le politiche dell’esclusione, l’annientamento fisico delle minoranze, le violenze di Stato, la condizione marginale dei tanti apolidi in fuga. La storia dei Lager e dei Gulag, la presenza dei luoghi di internamento e la vicenda degli spostamenti forzati di popolazioni, si incrocia con la crisi delle società liberali e con la affermazione dei poteri totalitari.
Deportare, concentrare, annientare non sono patologie del passato ma il lato oscuro dei tempi correnti, quelli che si vorrebbero governati dal diritto, e che tuttavia rivelano ancora la tentazione di cancellare quella umanità considerata un’intollerabile “eccedenza” rispetto agli interessi delle maggioranze silenziose e consenzienti.

B. Romano e S. Romano, Berlino capitale. Storie e luoghi di una città europea – Il Mulino, Bologna 2016, pp. 220, euro 15,00
Da quando è tornata ad essere la capitale della Germania Berlino gode di un’aura straordinaria e intrigante. Da centro della Guerra fredda è diventata una metropoli al confine tra le due Europe, a metà strada tra Londra e Mosca. Nel contempo è ormai una delle città più visitate al mondo.
Fra le capitali europee Berlino è una delle più giovani e forse quella maggiormente condizionata dalle sorti politico-militari del proprio paese, con il suo ciclo di sconfitte e di rinascite. Dopo la disfatta del grande impero guglielmino nella prima guerra mondiale, la città seppe rigenerarsi nella Repubblica di Weimar diventando un centro fra i più effervescenti sul piano artistico e culturale. Ridotta a cupo campo di battaglia negli ultimi giorni di Hitler, fu ricostruita mattone su mattone. Le Berlino ricostruite in realtà furono due, divise tra le repubbliche dell’Est e dell’Ovest, e rispecchiarono fisicamente, oltre a due ideologie, aspetti diversi del carattere nazionale. Oggi, nella Germania riunificata, l’identità di Berlino, forte e dinamica, è fatta di storia e apertura al futuro.

F. Agostini (a cura di), Il Veneto nel secondo Novecento. Politica e istituzioni – Franco Angeli, pp. 448, euro 39,00
La storia del Veneto, dalla fine della seconda guerra mondiale sino ai nostri giorni. L’eredità della guerra e della Resistenza, il ripristino dell’ordinamento democratico, la prolungata egemonia democristiana, l’affermarsi dei movimenti autonomistici e delle rivendicazioni federali, sino alle questioni dell’identità, al ruolo delle donne e alla loro presenza nelle istituzioni.