In libreria: Ribbentrop-Molotov o i destini della storia

Pattoa cura di Alessandro Frigerio -

Il Patto Ribbentrop-Molotov ha profondamente influenzato il corso della storia europea e mondiale del XX secolo. Ad esso sono stati dedicati numerosi studi che hanno cercato di indagare sia la natura di un trattato tra due potenze contrapposte dal punto di vista ideologico sia  le implicazioni di breve e lungo periodo per la politica internazionale in conseguenza dell’intesa sovietico-tedesca. Tuttavia, ci sono alcuni aspetti che potrebbero sembrare minori rispetto al nucleo sostanziale del Patto ma che in realtà nel loro sviluppo politico e diplomatico hanno dato forma e sostanza alla sua evoluzione. Infatti l’accordo nazi-sovietico dell’agosto del 1939 non si comprende completamente se non viene analizzato anche alla luce delle sue ricadute su ognuno degli attori che direttamente o indirettamente ne furono toccati.
Il Giappone, ad esempio, che manifestò molti malumori perché di fatto l’iniziativa tedesca andava a sostenere un competitor, l’URSS, molto attivo in Cina e in Manciuria. L’Italia, che criticò l’aperta violazione del patto anti-Comintern e gli intrinseci tamburi di guerra che il patto rilanciava, facendo venir meno a Mussolini la carta del bluff che finora aveva giocato; nel giugno 1940 si sarebbe giunti a un parziale ma velleitario avvicinamento tra Roma e Mosca, con Mussolini fautore di un via libera all’URSS verso la Romania, la Bulgaria  il Mar Nero per controbilanciare l’espansione tedesca. La Polonia, la cui politica di equilibrio tra Berlino e Mosca fu vanificata dal patto; per un attimo Varsavia – non conoscendo i termini del protocollo segreto – confidò anche nel fatto che l’accordo potesse preludere a un disimpegno sovietico nell’area. La Finlandia, la cui neutralità era vista da Stalin come una minaccia potenziale al proprio confine nord-occidentale: l’accordo nazi-sovietico fu il preludio a richieste territoriali di Mosca e, quindi, alla successiva “guerra d’inverno”. La Romania, dove le  frizioni con Mosca per la Bessarabia (bande armate comuniste infiltrate cercavano di staccarla da Bucarest) rendevano già da tempo palese la fragilità del sistema di Versailles nell’area. Il Partito comunista francese, la più grande formazione comunista occidentale, in preda al panico nei giorni di fine agosto 1939 e in attesa di direttive da Mosca: Stalin, per bocca di Dimitrov, spiegherà che il vero Stato fascista era la Polonia, che opprimeva gli ucraini e i bielorussi. Il Vaticano – preda di infondate illusioni pacifiste suscitate dal ruolo di Mussolini  a Monaco nel 1938, del tutto incapace di assumere un ruolo di rilievo, anche a causa della progressiva marginalizzazione subita nei contesti europei dopo il 1918.
Questi e molti altri aspetti sono stati dibattuti nel convegno internazionale “L’Italia e il Patto Ribbentrop-Molotov, 1939-1941”, svoltosi a Roma nel 2012, e di cui il volume raccoglie la totalità dei contributi. In un lavoro a più mani che ha visto la collaborazione dei più autorevoli storici internazionale: Federigo Argentieri, Stefano Caprio, Giuliano Caroli, Sandra Cavallucci, Ettore Cinnella, Emanuela Costantini, Stéphane Curtois, Pio Eugenio Di Rienzo, Pietro Dini, Emilio Gin, Pirkko Kanervo, Marek Kornat, Massimo Longo Adorno, Maurizio Pasqualetti, Milan Ristović, Angelantonio Rosato, Irena Vaišvilaite, Roberto Valle, Alessandro Vitale, Davide Zaffi.
AA.VV. (a cura di A. Basciani, A. Macchia, V. Sommella), Il patto Ribbentrop-Molotov, l’Italia e l’Europa (1939-1941) – Aracne, Roma 2013, pp. 456, euro 27,00

***

P. Jankowski, La battaglia di Verdun – il Mulino, Bologna 2014, pp. 408, euro 29,00
Combattuta fra il 21 febbraio e il dicembre 1916, quella di Verdun è «la» battaglia del fronte occidentale. In realtà non decise nulla, né da una parte né dall’altra. Resta un mistero perché i tedeschi abbiano deciso di sferrare l’attacco in quel punto di dubbia rilevanza strategica, e per quali logiche infernali tedeschi e francesi in dieci mesi vi abbiano immolato centinaia di migliaia di uomini. Eppure, con la sua immagine di battaglia più lunga e più sanguinosa della Prima guerra mondiale, Verdun è diventata, assai più di altre decisive battaglie, emblematica e leggendaria, come lo sarà Stalingrado per la Seconda. Originale e innovativo, questo libro intreccia storia militare, politica e culturale, per dare conto sia dei fatti sia della costruzione del «mito Verdun».

N. Labanca (a cura di), Dizionario storico della Prima guerra mondiale – Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 504, euro 28,00
La partecipazione alla Grande guerra trasformò radicalmente l’Italia, come e più che tutta l’Europa. Nacque allora il Paese che conosciamo.
Le voci del Dizionario parlano di combattenti, di armi e di battaglie. Di mobilitazione, di lavoro, di donne. Di propaganda e di politica, di governi e di opposizioni. Ma non solo: parlano di religione, di arte e di letteratura perché un senso bisognava trovarlo alla guerra totale.
Testi di Andrea Baravelli, Elena Papadia, Filippo Cappellano, Marco Mondini, Daniele Ceschin, Fabio Degli Esposti, Paolo Pozzato, Fabio Caffarena, Fabio De Ninno, Irene Guerrini e Marco Pluviano, Luca Gorgolini, Hubert Heyriès, Mariano Gabriele, Pierluigi Scolè, Piero Di Girolamo, Andrea Scartabellati e Felicita Ratti, Beatrice Pisa, Maria Concetta Dentoni, Bruna Bianchi, Roberto Bianchi, Matteo Ermacora, Stefania Bartoloni, Antonio Gibelli, Carlo Stiaccini, Mauro Forno, Maria Paiano, Renate Lunzer, Monica Cioli, Fabio Todero, Alessandro Faccioli, Oliver Janz, Nicola Labanca.

R. Bailey, Target: Italy. I servizi segreti inglesi contro Mussolini, 1940-1943 – UTET, Torino 2014, euro 18,00
Il 14 agosto del 1943, in piena notte e da un’altezza di oltre 500 metri, un uomo si lancia con un paracadute da un aeroplano inglese, piombando in acqua. Mentre Dick Mallaby cercava, con quel gesto avventuroso, di raggiungere la riva del lago di Como, nello stesso momento ad Algeri Max Salvadori attendeva di imbarcarsi per la Sicilia insieme alle truppe degli Alleati che si preparavano a colpire le estreme propaggini dell’Italia di Mussolini. Mallaby e Salvadori – un britannico nato a Ceylon e un toscano cresciuto tra Italia e Inghilterra – sono solo due dei molti agenti segreti che, tra il 1940 e il 1943, furono inviati in missione nel nostro Paese. Dietro alle loro storie e ai loro differenti destini – così come dietro alle diverse idee e ragioni che li unirono nella causa congiunta dell’antifascismo – c’era il SOE (Special Operations Executive), il servizio segreto britannico incaricato delle “operazioni speciali”. Frutto della fusione di vari servizi d’intelligence, e creato con lo scopo di fomentare e sostenere la resistenza nei territori dell’Asse e nei Paesi occupati da tedeschi e italiani, il SOE svolse un ruolo determinante nel decidere le sorti finali della seconda guerra mondiale.
In questo libro documentato e avvincente, che rappresenta la prima storia ufficiale delle attività italiane del SOE tra il 1940 e il 1943, il giovane studioso di Oxford Roderick Bailey attinge a fonti inedite e documenti secretati per ricostruire finalmente in modo completo le vere motivazioni celate dietro a un intrico di sabotaggi e azioni di controspionaggio, errori clamorosi e slealtà inaudite. Con competenza storica e talento narrativo, Bailey mette in scena le vicende intrecciate di eroi dimenticati come Fortunato Picchi, cameriere italiano di stanza a Londra che, quasi cinquantenne, s’improvvisò agente speciale, ma anche le azioni dei grandi protagonisti riconosciuti di quegli anni, come Winston Churchill, Franklin D. Roosevelt e Dwight D. Eisenhower, che unirono i loro sforzi nell’obiettivo comune di un mondo liberato dal totalitarismo.

M. Avagliano e M. Palmieri, Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte, 1940-1943 – il Mulino, Bologna 2014, pp. 376, euro 25,00
Come hanno veramente vissuto la guerra gli italiani che fra il 1940 e il 1943 la combatterono, all’insegna della famigerata parola d’ordine mussoliniana «Vincere e vinceremo»? I diari e la corrispondenza dei soldati, i biglietti clandestini, le lettere censurate o sequestrate, le relazioni delle autorità militari e di polizia, le note delle spie fasciste che gli autori hanno ritrovato negli archivi, e su cui costruiscono un resoconto originale, fanno emergere speranze, ideali, miti, aspettative degli italiani rispetto alla guerra e al fascismo. Anche se in alcuni non tardò a insinuarsi un senso di delusione, nell’insieme ci troviamo davanti alla diffusa adesione e anzi all’entusiasmo con cui la guerra fu accolta e combattuta da tanti italiani, sedotti dai sogni di gloria dispensati dal fascismo. Un consenso che solo con gli sviluppi catastrofici del conflitto si trasformò, ma piuttosto lentamente, in distacco e avversione.

P. Bricco, L’Olivetti dell’Ingegnere (1978-1996) – il Mulino, Bologna 2014, pp. 432, euro 20,00
Nel 1978, all’arrivo di Carlo De Benedetti, la Olivetti è in grave difficoltà. Un’impresa senza imprenditore, nel declino seguito alla morte di Adriano. Sotto la guida dell’Ingegnere l’azienda vive un’intensa stagione di sviluppo, fondata sulla produzione di personal computer (l’M24 è il pc più venduto al mondo) e sull’ampliamento dei prodotti: fax, fotocopiatrici, stampanti. A cavallo fra anni Ottanta e Novanta, condivide con le altre imprese elettroniche europee di radice fordista la dura rimodulazione dell’informatica, ma sperimenta pure la felice metamorfosi nella telefonia con Omnitel. Un mutamento di natura, unico nel panorama internazionale: dalla crisi della fabbrica ai nuovi servizi. Il cerchio si chiude nel 1996, quando De Benedetti lascia la guida del gruppo. L’autore ha per primo consultato il Fondo Presidenza Carlo De Benedetti dell’Archivio Storico Olivetti e le Carte Private dell’imprenditore. Grazie a una documentazione ricca e inedita, ha ricostruito una vicenda esemplare del Novecento italiano che, con i suoi successi e i suoi limiti, ha avuto nella Olivetti uno snodo essenziale: industria e tecnologia, politica e cultura, storia e destino.

J. A. Davis, Napoli e Napoleone, l’Italia meridionale e le rivoluzioni europee (1780-1860) – Rubbettino, Soveria Mannelli 2014, pp. 576, euro 29,00
Durante l’età napoleonica, gli stati italiani furono interessati da ambiziosi progetti di riforma che ebbero un impatto traumatico sulle strutture dell’Antico Regime, percorse già da lungo tempo da una crisi profonda. Il volume di John Davis si concentra sulla situazione del Mezzogiorno, cercando di superare le letture settoriali e faziose che si sono susseguite negli ultimi decenni, offrendo una prospettiva complessa, capace di fondere i temi principali della storia economica, sociale, politica, militare, la storia delle idee, la storia “culturale” e quella religiosa. Sovvertendo alcuni luoghi comuni tendenti a ingabbiare il Sud in un quadro di persistente immobilità e arretratezza, l’autore guarda con rinnovata attenzione alle trasformazioni che ebbero luogo nel corso del XVII e del XIX secolo. Ne viene fuori un quadro originale e sorprendente, che invita a guardare in una prospettiva totalmente nuova l’intero processo di unificazione della penisola italiana.

C. Mercuri, La vera croce, storia e leggenda dal Golgota a Roma – Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 192, euro 16,00
È la più suggestiva rappresentazione della passione di Cristo, l’emblema stesso del cristianesimo e insieme un simbolo di potere. Tutti vorrebbero vantarne il possesso.
Dalla Terra Santa a Costantinopoli, da Aquisgrana a Roma, la storia della Vera Croce, tra pietà religiosa e interesse sacrilego, tra esaltazione fanatica e scellerate persecuzioni.
Nell’anno 326, secondo un’antichissima tradizione, Elena, madre di Costantino, scopre a Gerusalemme il legno della Croce. Quel ‘legno’ può, secondo l’imperatrice, ribadire il passaggio fisico di Cristo sulla terra e rendere più salda la fede della comunità dei cristiani, lacerata da divisioni interne. Per sollevare gli animi e stringere i fedeli attorno alla loro storia comune, Elena fa costruire un’imponente basilica sul Golgota, il ‘Martyrium’, emblema della passione di Cristo. Ma un luogo non è abbastanza. La basilica non può restare un guscio vuoto, bisogna dotarla di un cuore vivo, una reliquia. I Vangeli, però, lo dicono con chiarezza: non è possibile cercare il corpo di Gesù, i cristiani sono destinati ad adorare un sepolcro vuoto. La Croce, allora, può diventare il miglior surrogato di quel corpo. Quel legno intriso prima dal suo sudore, durante l’ascesa al monte Calvario, e poi dal suo sangue, durante le lunghe ore dell’agonia, può cambiare di segno e da patibolo diventare il fondamento della fede cristiana. L’imperatrice cerca, scava e infine trova: da quel momento la reliquia diviene l’emblema della Gerusalemme cristiana e la protagonista di una complessa serie di vicende, sempre al confine tra storia e leggenda, tra realtà e immaginazione.

L. Celi e A. Santangelo, Mai stati meglio. Guarire da ogni malanno con la Storia – UTET, Torino 2014, euro 12,00
Addio ansiolitici, antidepressivi e fiori di Bach, bye bye strizzacervelli e guru motivazionali: il rimedio più efficace ed economico per i disturbi che tormentano corpo e anima dell’uomo moderno si chiama Storia. Basta scorrere i secoli passati per capire che, a dispetto di quel che vuol farci credere un’informazione chiassosa e piagnona, stiamo vivendo uno dei momenti più positivi, confortevoli e ricchi di opportunità dall’apparizione dell’uomo sulla Terra: rendersene conto significa sentirsi già meglio. Questo libro insegna a usare la Storia come un armadietto dei medicinali a costo zero e a effetto rapido per fronteggiare e ridimensionare i malanni più vari, dall’emicrania all’eterno mal di fegato a certe disfunzioni intime, e ritrovare la gioia di vivere nel presente. Quindi, bando al pessimismo: ringraziamo la nostra fortuna sfacciata e rimbocchiamoci le maniche perché in un futuro molto prossimo tutti gli abitanti della Terra possano dire, come noi oggi: «non siamo mai stati meglio».